Brano: Bucharin, Nikolaj Ivanovic
viaria — scelsero come nuova sede Bruxelles.
Anche se l'iniziativa era stata dei partiti della classe operaia, ispirata alla tradizionale lotta per la pace e contro la guerra capitalistica, il carattere apertamente aggressivo e antinazionale del conflitto che il fascismo stava preparando appariva chiaro a tutte le correnti antifasciste, che subito riconobbero nell’impresa d’Etiopia l’inizio di una svolta, con la quale si accentuavano le caratteristiche antipopolari del fascismo e si apriva una serie di nuovi, gravi sconvolgimenti internazionali.
Così il movimento di « Giustizia e Libertà », pur prendendo posizioni diverse, il Partito repubblicano, la L.I.D.U. e altre organizzazioni antifasciste promossero varie manifestazioni contro la minacciata aggressione all'Etiopia. Grazie anche alla lunga discussione che se ne aveva presso la Società delle Nazioni a Ginevra, questo era divenuto
il fatto internazionale più importante, che più colpiva la sensibilità politica delle masse popolari di tutti i paesi. Le due Internazionali e le federazioni sindacali mondiali intervennero col loro peso. Il 3 settembre fu convocata a Parigi la « Conferenza internazionale per la difesa del popolo etiopico », a cui parteciparono anche rappresentanti di tutti i partiti e movimenti antifascisti italiani, i quali presentarono una dichiarazione collettiva che definiva la guerra « un crimine contro gli interessi, le tradizioni e la volontà della nazione italiana ».
Quello che si aprì a Bruxelles il 12 ottobre fu perciò veramente il «Congresso degli italiani all’estero». Infatti vi parteciparono non soltanto rappresentanze delle due Internazionali e del « Comitato mondiale contro la guerra e il fascismo », ma tutti i partiti antifascisti italiani e numerose organizzazioni di lavoratori: dalla C.G.T. alla L.I.D.U., ai sindacati degli operai italiani emigrati negli Stati Uniti, presieduti da Lujgi Antonini (v.). Il movimento di « Giustizia e Libertà » non fu presente, per divergenze circa il carattere della lotta politica che si doveva svolgere in Italia. Parteciparono al congresso anche delegati giunti dall'Italia.
L'appello agli italiani
L’assemblea votò un appello agli italiani. Dopo aver premesso di rappresentare centinaia di migliaia di lavoratori italiani di ogni condizione sociale e politica, sparsi per il mondo, si affermava che il Congresso degli italiani si era riunito a Bruxelles per
« dichiarare alto e forte l’angoscia del popolo italiano di fronte alla guerra scatenata il 3 ottobre, e la sua volontà di pace; per dire ai nostri fratelli soldati in Italia e in Etiopia, e agli italiani tutti, una parola che susciti nei loro spiriti un incrollabile proposito d’azione contro la guerra; per separare, davanti alla opinione pubblica mondiale, la responsabilità del popolo italiano da quella del fascismo, il quale sta consumando contro l’indipendenza del popolo etiopico e contro l’umanità, il più abominevole delitto.
« La guerra iniziatasi in Africa non è guerra dell’Italia, ma del fascismo. Essa è la conclusione di 13 anni di una folle politica liberticida di asservimento delle masse al pugno di sfruttatori e di profittatori, politica che — dopo aver tentato invano l’ultima sua giustificazione con una inconsistente esperienza corporativa — cerca uno sbocco nella esasperazione dello sciovinismo, seguendo così il destino di tutte le dittature capitai iste e militariste, le quali, dopo aver creduto di risolvere od eludere le crisi politiche ed economiche, da cui furono portate al potere, con Tassassimo della libertà, si lusingano poi di poter coprire o allontanare l’inevitabile fallimento sotto gli allori insanguinati di effimere vittorie militari.
« La guerra, lungi dal risolvere i problemi del pane e del lavoro, riduce i lavoratori ad una più grande miseria, getta in un baratro di sangue le già stremate risorse del paese, Crea nuove servitù aggravando la stretta degli egoismi [...]
[...]avoratori ad una più grande miseria, getta in un baratro di sangue le già stremate risorse del paese, Crea nuove servitù aggravando la stretta degli egoismi capitalisti, falcidia sulle aride ed inclementi ambe africane il fiore della gioventù italiana.
« Già per la breccia aperta dal cannone fascista si affacciano tutti gli appetiti e i contrasti imperialisti e sulle orme fasciste si preparano a marciare tutte le forze reazionarie che in Germania e altrove covano un odio mortale contro l’Unione Sovietica e verso ciò che sopravvive delle libertà democratiche.
« Di fronte agli uomini e di fronte alla storia, noi dichiariamo che il fascismo è
il solo responsabile della guerra, delle sue conseguenze e delle sue complicazioni. Il fascismo ha disonorato l’Italia rompendo con le migliori tradizioni del suo popolo, il quale ha sempre aiutato tutte le lotte di libertà e di indipendenza nazionale; ha esposto l’Italia al disprezzo universale rompendo i patti di pacifica convivenza tra i popoli, tradendo la parola data del rispetto della indipendenza abissina; ha fatto decidere contro l’Italia le sanzioni che la Società delle Nazioni aveva previsto contro gli aggressori; ha sollevato la riprovazione del mondo civile con i bombardamenti aerei di popolazioni indigene.
« In queste condizioni, lottare contro la guerra africana, imporre con tutti i mezzi la cessazione immediata della guerra significa lottare per la salvezza del popolo italiano, significa evitare all’umanità una spaventosa catastrofe.
« Noi dichiariamo pertanto solennemente che il congresso è fiero di mettersi alla testa di questa lotta ».
A queste parole seguiva l’appello ai soldati, ai lavoratori, ai cittadini tutti per organizzare, sul piano nazionale e interna
zionale, la resistenza, il sabotaggio e le misure concrete della lotta.
A.Pe
Bucharin, Nikolaj Ivanovic
Uomo politico russo e teorico del comuniSmo. N. a Mosca il 27.9.1884, fucilato nel marzo 1938. Militante nel partito bolscevico dal 1906, esiliato nel 1910, riuscì a fuggire all’estero; conobbe Lenin (v.) e partecipò all’attività clandestina. Durante la prima guerra mondiale visse in Svizzera, in Svezia e negli Stati Uniti, ove diresse la rivista Novy Mir. Rientrato in Russia dopo
il febbraio 1917, fu tra gli organizzatori della Rivoluzione di ottobre e uno dei più vicini collaboratori di Lenin. Membro del Comitato centrale del Partito comunista dell’Unione Sovietica e direttore della Pravda, dal 1919 al 1929 fece anche parte dell’ufficio politico del partito; dal 1925 al 1929 fu il massimo dirigente deH’Internazionale óomunista (v.).
In diverse occasioni assunse atteggiamenti di opposizione alla linea politica del partito: nel febbraio 1918 fu contro la firma del trattato di pace con la Germania; nel 1929, con Rykov e altri, fu a capo dell’opposizione di « destra » che avversava la collettivizzazione nelle campagne e la rapida industrializzazione del paese. Sconfitto, venne destituito dalle cariche. Successivamente riconobbe i suoi errori e gli venne affidata la direzione del giornale Izvestia. Arrestato nel 1937 e processato nel 1938 sotto l’accusa di tradimento e di essere un agente delle potenze occidentali, negò sempre la propria colpevolezza, riaffermando sino all’ultimo la propria fede nell’ideale comunista. Condannato a morte in uno dei più tenebrosi e sconcertanti processi m[...]
[...]he avversava la collettivizzazione nelle campagne e la rapida industrializzazione del paese. Sconfitto, venne destituito dalle cariche. Successivamente riconobbe i suoi errori e gli venne affidata la direzione del giornale Izvestia. Arrestato nel 1937 e processato nel 1938 sotto l’accusa di tradimento e di essere un agente delle potenze occidentali, negò sempre la propria colpevolezza, riaffermando sino all’ultimo la propria fede nell’ideale comunista. Condannato a morte in uno dei più tenebrosi e sconcertanti processi montati durante l’epoca staliniana, venne fucilato (v. Stalin).
Giudizi su Bucharin
N.I. Bucharin è l’autore di numerose opere, tra le quali spiccano VA.B.C. del ComuniSmo lin collaborazione con Preobrajenski) „ L’economia del periodo di transizione, L’economia mondiale e imperialismo, I problemi della rivoluzione cinese e La teoria del materialismo storico.
A quest’ultima, Antonio Gramsci dedicò nel 1932 un acuto esame critico (cfr. * Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Crocè», Torino, 1949). Nelle critiche di Gramsci riecheggiano quelle di deformazione del marxismo, già mosse da Lenin nel 1922. Gramsci, come Lenin, rimprovera a Bucharin di non comprendere la dialettica e la sua funzione. « Nel saggio — scrive Gramsci — manca una trattazione qualsiasi
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