Brano: [...]ll'eco dei loro domini, fa udire la sua voce — sia pur sommessamente — soltanto quando il saldo potere del discorso s'è attenuato o allontanato. Inesprimibile nella sua intensità, il senso risplende soltanto dietro le parole, che tendono a velarlo o ad offuscarlo.
La poesia di fine secolo si protende spesso verso una ricchezza del senso, che sembra rimanere irriducibile all'espressione e che ogni espressione sembra anzi deformare ed impoverire. Musil, ad esempio, pone all'inizio dei Turbamenti del giovane Törless un passo di Maeterlinck che sottolinea l'entropia implicita in ogni discorso: la goccia portata alla superficie dal profondo abisso non somiglia piú al mare donde proviene e si scioglie fra le dita del pescatore di perle; i tesori della caverna, portati alla luce, si trasformano in « pietre false e frammenti di vetro », ma il bilancio passivo dell'espressione non intacca la sostanza del patrimonio accumulato nei sotterranei, che rimane inesauribile: « nelle tenebre il tesoro seguita a brillare immutato ». In tal modo sembra che, [...]
[...]he vuole trasvalutare tutti i valori, occorre soprattutto liberarsi del soggetto psicologico e sintattico, che organizza e sclerotizza la vita nella formalizzazione categoriale. « L'anarchia degli atomi » celebrata da Nietzsche libera la vita da ogni unità ossia da ogni gerarchia del discorso, che pretende di ordinare la vita e di imporle un significato; questa « disgregazione della volontà », come la chiama Nietzsche — ed anche, sulle sue orme, Musil — restituisce la « libertà dell'individuo », la « vibrazione e l'esuberanza della vita », della vita nuda e selvaggia. La parola è il fondamento del grande stile, come Nietzsche lo chiama, e il grande stile è la capacità della poesia di ridurre il mondo all'essenziale e di dominare il molteplice in una laconica unità di significato; il grande stile costringe e comprime le dolorose dissonanze della vita — ma anche le sue riottose diversità — nella compatta armonia della forma. Il grande stile è quindi pure violenza, è la violenza metafisica di un pensiero che impone alle cose una camicia di fo[...]
[...] il molteplice in una laconica unità di significato; il grande stile costringe e comprime le dolorose dissonanze della vita — ma anche le sue riottose diversità — nella compatta armonia della forma. Il grande stile è quindi pure violenza, è la violenza metafisica di un pensiero che impone alle cose una camicia di forza e fa di esse i simboli di un universale e di un'identità che viola la loro singolarità e la loro autonomia. « I filosofi, scrive Musil nell'Uomo senza qualità, sono dei violenti che non dispongono di un esercito e perciò s'impadroniscono del mondo rinchiudendolo in un sistema. »
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CLAUDIO MAGRIS
campi delle famiglie stesse. L'autorità del padre, nel racconto citato, possiede le cose nell'atto stesso del nominarle — ossia definirle — e con ciò le uccide. Ma il linguaggio, sistema di segni che stanno per le cose, è lo strumento per eccellenza dello scambio, come e piú del denaro, trasmuta le cose l'una nell'altra, è un veicolo della loro circolazione e della loro trasformazione; è — come il denaro — l'anima del co[...]
[...]ell'eco dei loro domini, fa udire la sua voce — sia pur sommessamente —soltanto quando il saldo potere del discorso s'è attenuato o allontanato. Inesprimibile nella sua intensità, il senso risplende soltanto dietro le parole, che tendono a velarlo o ad offuscarlo.
La poesia di fine secolo si protende spesso verso una ricchezza del senso, che sembra rimanere irriducibile all'espressione e che ogni espressione sembra anzi deformare ed impoverire. Musil, ad esempio, pone all'inizio dei Turbamenti del giovane Törless un passo di Maeterlinck che sottolinea l'entropia implicita in ogni discorso: la goccia portata alla superficie dal profondo abisso non somiglia piú al mare donde proviene e si scioglie fra le dita del pescatore di perle; i tesori della caverna, portati alla luce, si trasformano in « pietre false e frammenti di vetro », ma il bilancio passivo dell'espressione non intacca la sostanza del patrimonio accumulato nei sotterranei, che rimane inesauribile: « nelle tenebre il tesoro seguita a brillare immutato ». In tal modo sembra che, [...]
[...]he vuole trasvalutare tutti i valori, occorre soprattutto liberarsi del soggetto psicologico e sintattico, che organizza e sclerotizza la vita nella formalizzazione categoriale. « L'anarchia degli atomi » celebrata da Nietzsche libera la vita da ogni unità ossia da ogni gerarchia del discorso, che pretende di ordinare la vita e di imporle un significato; questa « disgregazione della volontà », come la chiama Nietzsche — ed anche, sulle sue orme, Musil — restituisce la « libertà dell'individuo », la « vibrazione e l'esuberanza della vita », della vita nuda e selvaggia. La parola è il fondamento del grande stile, come Nietzsche lo chiama, e il grande stile è la capacità della poesia di ridurre il mondo all'essenziale e di dominare il molteplice in una laconica unità di significato; il grande stile costringe e comprime le dolorose dissonanze della vita — ma anche le sue riottose diversità — nella compatta armonia della forma. Il grande stile è quindi pure violenza, è la violenza metafisica di un pensiero che impone alle cose una camicia di fo[...]
[...] il molteplice in una laconica unità di significato; il grande stile costringe e comprime le dolorose dissonanze della vita — ma anche le sue riottose diversità — nella compatta armonia della forma. Il grande stile è quindi pure violenza, è la violenza metafisica di un pensiero che impone alle cose una camicia di forza e fa di esse i simboli di un universale e di un'identità che viola la loro singolarità e la loro autonomia. « I filosofi, scrive Musil nell'Uomo senza qualità, sono dei violenti che non dispongono di un esercito e perciò s'impadroniscono del mondo rinchiudendolo in un sistema. »
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CLAUDIO MAGRIS
Da un parte, quindi, la parola è impari a ciò che Nietzsche chiama « il raffinamento dell'organo per la percezione di molte cose piccolissime e fuggevolissime »; il linguaggio, dice Musil, « mette raramente a disposizione per le sottospecie del sentimento dei plurali sufficienti » e finché si pensa in frasi con il punto finale troppe cose non si lasciano dire. Ma in quanto violenza e dominio, il linguaggio anche affascina Nietzsche, gli sembra non certo espressione della vita — della sua verità, del suo senso — bensí forza capace di soggiogare la vita o, com'egli dice, « estensione dello sguardo su maggiori moltitudini e vastità [ ... ] espressione di una volontà vittoriosa, di un coordinamento intensificato, [ ... ] di una spinta di gravità infallibilmente perpendicolare ».
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[...]à non nell'eventuale accostamento a un valore, bensí nella funzionalità del suo meccanismo, come una pedina nel gioco degli scacchi; la parola diviene pura regola di gioco, tecnica di organizzazione, strumento di progettazione — volontà di potenza. Lindicibile, che può essere mostrato e non detto, viene eliminato dall'orizzonte della ricerca, come la stessa idea di soggetto individuale e di sostanza. Non esiste il nucleo dell'Azione Parallela di Musil né il centro dell'anello che Clarisse si sfila dal dito, non esiste la ji — 1, ma il segno i, che indica qualcosa d'inesistente e serve per calcoli utili a fini pratici. Il Sagen rilkiano diviene un gesto assoluto, che non rimanda ad alcun senso bensí soltanto alle proprie regole ed alla propria tecnica; la genziana strappata alle tenebre è la parola « genziana ».
Ogni poesia diverrà per Rilke veramente una cosa, una cosa fra le cose anziché una loro espressione che cerca di dirle. La vita che si ritira nell'invisibile — nota Cacciari —, che si fa parola, non le affida una sua essenza ma sva[...]