Brano: [...]eri, ascoltatemi. Abbiamo ottenuto di potervi salutare una per volta, ma voi non rispondete se no ci mandano via con la forza. Non possiamo darvi nemmeno notizie di casa, se no dicono che c'é dell'intesa ».
I prigionieri avevano fatto gruppo sotto le sbarre, erano una trentina e la più parte l'uno all'altro sconosciuto; si mordevano la lingua per trattenere il fiato e le parole.
Incominciò, nel gran silenzio, la chiama.
((Io sono la moglie di Monsani Federigo », gridò la stessa voce. «Diteglielo se lui non ha sentito. Ghigo Monsani, sua moglie lo saluta» .
«Io sono la moglie di Baldinotti Armando. Baldinotti Armando, sono la Gina » gridò la seconda.
E la terza: «Martini Pisacane, sono tua moglie Lidia ».
«Gemignani Mariotto, sono Annita », gridò la quarta.
Nel camerone, a ogni nome, un agitarsi di teste, un improvviso vuoto nella calca perché l'uomo potesse arrampicarsi sulle sbar
UNA PROMESSA ßI MATRIMONIO 117
re, da dove tuttavia non si arrivava a vedere la strada, ma il tetto dirimpetto e le poche stelle in cielo.
« Qui c'é una vecchia che non ha abbastanza voce », tornò a gridare la moglie di Ghigó Monsani. «[...]
[...]ini Pisacane, sono tua moglie Lidia ».
«Gemignani Mariotto, sono Annita », gridò la quarta.
Nel camerone, a ogni nome, un agitarsi di teste, un improvviso vuoto nella calca perché l'uomo potesse arrampicarsi sulle sbar
UNA PROMESSA ßI MATRIMONIO 117
re, da dove tuttavia non si arrivava a vedere la strada, ma il tetto dirimpetto e le poche stelle in cielo.
« Qui c'é una vecchia che non ha abbastanza voce », tornò a gridare la moglie di Ghigó Monsani. «È la mamma di Pananti Sergio... », s'interruppe: «Pananti. Pananti Sergio, fa. il fornaio ».
Metello si teneva da un lato, siccome nessuno l'avrebbe chiamato; non certo sua madre, di cui era figlio unico, e che gli era morta prima ch'egli andasse soldato; non qualcuna delle sue belle, non ci sperava; non la signora Assunta, infine, presso la quale egli stava «a dozzina ».
« Sono la moglie di Fioravanti il tornitore. Fioravanti Giuseppe, il tornitore D.
«Giulio... Giulio Corradi », gridò una voce, si senti il pianto che la strozzava.
«Sestilio! Sono Rosina! ».
«Pantiferi Omero, sono la [...]
[...]il tornitore D.
«Giulio... Giulio Corradi », gridò una voce, si senti il pianto che la strozzava.
«Sestilio! Sono Rosina! ».
«Pantiferi Omero, sono la figliola di Pantiferi Omero. C'é anche la moglie che lo saluta ».
Ora, tra i carcerati, alla sorpresa, al primo impeto di gioia, era succeduto una tensione nervosa, resistevano sempre meno a lasciare senza risposta quei richiami, si capiva che prima o poi qualcuno avrebbe ceduto; già il grosso Monsani aveva dovuto intervenire di prepotenza con la mano sulla bocca di Corradi, il quale davvero non c'entrava con la « rivoluzione », e da due giorni piangeva, le lacrime scendevano a bagnare i suoi baffi di impiegato della Prefettura: «Attraversavo Piazza Goldoni per andare in ufficio e m'hanno preso. Non ho ancora trent'anni e la carriera rovinata. Il Generale Sani mi conosce, ho uno zio capitano, nessuno mi crede », ripeteva, né si rendeva conto che coteste benemerenze poco lo aiutavano ad affiatarsi nella convivenza tra cui si trovava. Tante teste, ora, l'una accanto all'altra; voltati di fi[...]
[...]anni e la carriera rovinata. Il Generale Sani mi conosce, ho uno zio capitano, nessuno mi crede », ripeteva, né si rendeva conto che coteste benemerenze poco lo aiutavano ad affiatarsi nella convivenza tra cui si trovava. Tante teste, ora, l'una accanto all'altra; voltati di fianco, per tendere l'orecchio; tanti visi, nella poca luce, visti di profilo; e attenti, pronti a scattare su per le alte sbarre del camerone.
« Sono ancora io, Antonietta Monsani. Parlo a nome della moglie di Lucarelli Egisto. Sta bene, ma per via degli anni non ce la fa coi polmoni ».
118 VASCO PRATQLINI
Quindi, come anticipando il proprio turno, fu questa l'impressione, precipitosa, si annunciò una giovane e chiara voce.
« Salani Metello, sono Ersilia. Salani Metello, lo saluta Ersilia ».
E subito dopo, uno scalpitare di cavalli, ordini bruschi sulla strada, intimidazioni, urla, invettive, gridi, sui quali, potente, carica di collera e di offesa,, dominò un attimo ancora la voce di Antonietta Monsani. « Carogne, sbirri... Uomini, hanno messo lo stato d'assedio..[...]
[...] non ce la fa coi polmoni ».
118 VASCO PRATQLINI
Quindi, come anticipando il proprio turno, fu questa l'impressione, precipitosa, si annunciò una giovane e chiara voce.
« Salani Metello, sono Ersilia. Salani Metello, lo saluta Ersilia ».
E subito dopo, uno scalpitare di cavalli, ordini bruschi sulla strada, intimidazioni, urla, invettive, gridi, sui quali, potente, carica di collera e di offesa,, dominò un attimo ancora la voce di Antonietta Monsani. « Carogne, sbirri... Uomini, hanno messo lo stato d'assedio... Ghigo, mi portan via anche me ». E come un'eco sola, si innalzarono gli insulti, le bestemmie, le grida del camerone, infine esploso con tutti i suoi uomini aggrappati alle sbarre.
« Antonietta ».
« Gina ».
« Lidia ».
«Rosina ».
« Ersilia.... Ersilia ».
Finché, tornato il silenzio, sopito anche l'uggiolio del Corradi, notte alta, nel tanfo già spesso del camerone, forse Metello fu il solo a vegliare. Era l'alba, ed egli si diceva:
« Esco e la sposo ».
Quando ci vogliamo spiegare certe circostanze, decisive per la nostra v[...]