Brano: [...]zione » che una « società di poesia », e sarà ancora lecito parlare della nuova Arcadia nel vecchio senso desanctisiano.
EDOARDO ESPOSITO
LO STRAORDINARIO GOETHEINSTITUT DI LISBONA, 19691976
Un libro straordinario, un grande scrittore, un letterato colto e raffinato, esperto di letteratura e della civiltà lusitana, con alle spalle una lunga esperienza brasiliana, traduttore e mediatore di culture. Cosí si rivela nei suoi Diari portoghesi Curt MeyerClason, che dal settembre del 1969 alla fine del 1976 ebbe la ventura di dirigere il GoetheInstitut di Lisbona [Portugiesische Tagebücher (19691976), Königstein/Ts. Verlag Autoren Edition im Athenäum Verlag, 1979, pp. 417]. Un capitolo quindi della politica culturale all'estero della Repubblica federale tedesca. E bisognerebbe aggiungere un capitolo assai felice, se il GoetheInstitut non avesse ritenuto opportuno, allo spirare del contratto, privarsi della collaborazione di un uomo che nel panorama della politica culturale esterna della Bundesrepublik ha rappresentato certamente un'eccezione. Errore[...]
[...]lturale all'estero della Repubblica federale tedesca. E bisognerebbe aggiungere un capitolo assai felice, se il GoetheInstitut non avesse ritenuto opportuno, allo spirare del contratto, privarsi della collaborazione di un uomo che nel panorama della politica culturale esterna della Bundesrepublik ha rappresentato certamente un'eccezione. Errore del GoetheInstitut? Esperimento? Calcolo? Forse tutti questi elementi insieme portarono alla nomina di MeyerClason, insieme probabilmente alla sottovalutazione della personalità dell'interessato, refrattario a farsi ridurre al rango della gestione burocratica e soprattutto ad assimilare gli stereotipi della concezione dell'ordine e della politica culturale come pura gestione dell'esistente iscritti nei regolamenti e nelle istruzioni della casamadre, costruite sull'esercizio costante di censura e autocensura, appena coperte dall'ipocrisia (dopotutto, si trattava di gestire fondi del contribuente tedesco...) del servizio pubblico e del rispetto per la collettività.
Non fosse servito ad altro, l'errore del [...]
[...]li stereotipi della concezione dell'ordine e della politica culturale come pura gestione dell'esistente iscritti nei regolamenti e nelle istruzioni della casamadre, costruite sull'esercizio costante di censura e autocensura, appena coperte dall'ipocrisia (dopotutto, si trattava di gestire fondi del contribuente tedesco...) del servizio pubblico e del rispetto per la collettività.
Non fosse servito ad altro, l'errore del GoetheInstitut ha dato a MeyerClason la possibilità di offrirci con questo libro una testimonianza di grande civiltà e di grande umanità, di uno spirito di indipendenza e di libertà che certo non rifletteva i valori e le istruzioni che un direttore del Goethe avrebbe dovuto
I
NOTERELLE E SCHERMAGLIE 729
rappresentare a Lisbona. Un valore di testimonianza doppiamente significativo in quanto MeyerClason si è trovato a dirigere l'istituto di cultura di un paese della Comunità economica europea nel Portogallo a cavallo tra la dittatura e la rivoluzione dei garofani del 25 aprile del 1974. È singolare come attraverso le pagine di questo libro la frattura tra MeyerClason e i suoi superiori, anziché ricomporsi, dopo il 25 aprile finisca per allargarsi: non ultimo motivo d'interesse della sua testimonianza e motivo per riflettere anche sul modo in cui il mondo ufficiale occidentale, e in particolare della Bundesrepublik, ha vissuto la rivoluzione dei garofani, nella quale invece la nuova sinistra europea uscita dal 1968 fini per investire in parte le sue frustrazioni, in parte, la reale speranza che dalla periferia dell'Europa, da una posizione piú vicina al terzo mondo che all'Europa, potessero nascere i germi di un processo di trasformazione di tipo nuovo, no[...]
[...]oluzionarie, non solo una rivoluzione senza violenza, fatta da soldati che non sparavano ma che inalberavano i garofani rossi sulla bocca dei fucili, ma la rivoluzione di un popolo intero, uscito sulle strade e sulle piazze di Lisbona invasa dalla « trasparenza leggendaria della luce lusitana », che è uno dei connotati, quella luce, quel colore, dell'atmosfera carica e insieme sonnolenta (non è un caso che uno degli interlocutori privilegiati di MeyerClason sia José Cardoso Pires, l'autore de Il delfino tradotto da noi l'anno scorso dagli Editori Riuniti) dalla quale l'A. legge i segreti e i pensieri nascosti di un popolo schiacciato e represso dalla dittatura e da una secolare letargia, una sorta di introversione (l'encoberto) , un'altra faccia della sua malinconia piú che della sua solitudine (la saudade), due concetti chiave della civiltà e della società portoghesi, ma animato anche da una infinita e costruttiva pazienza, da una volontà di emancipazione piú forte di quel lungo lavoro di interiorizzazione delle proprie frustrazioni cui sembrav[...]
[...]encoberto) , un'altra faccia della sua malinconia piú che della sua solitudine (la saudade), due concetti chiave della civiltà e della società portoghesi, ma animato anche da una infinita e costruttiva pazienza, da una volontà di emancipazione piú forte di quel lungo lavoro di interiorizzazione delle proprie frustrazioni cui sembrava averlo costretto la pratica dell'autocensura, esercitata per decenni anche solo per sopravvivere.
Le reazioni di MeyerClason, catapultato a Lisbona nella fase calante della dittatura di Salazar, colpita a morte dalla guerra coloniale che ha letteralmente dissanguato il paese, interessano certo per l'atteggiamento dell'intellettuale democratico (quanti direttori di istituti di cultura della Bundesrepublik citano Rosa Luxemburg?) che rappresenta una delle potenze egemoni dello schieramento atlantico in un paese in cui la dittatura è tollerata dagli alleati anche perché il Portogallo è una base Nato di importanza strategica insostituibile, una testa di ponte verso l'Atlantico e verso l'Africa. Ma interessano soprattut[...]
[...] con il reddito piú basso d'Europa, meno di metà di quello italiano, il 33 per cento del reddito proveniente dall'agricoltura, con il 3 per cento del latifondo che controlla il 61,3 per cento della superficie coltivabile, con il 3040 per cento di analfabeti), perché, è la sua convinzione incrollabile ribadita contro il sabotaggio dei suoi collaboratori, « il lavoro culturale comincia con il modo di trattare la gente ».
Si può vedere il libro di MeyerClason appunto come la testimonianza di un democratico, ma anche come il documento di ciò che non deve essere una politica culturale, prima ancora di quello che essa può essere. Tutte le istruzioni che egli riceve parlano il catalogo delle cose proibite: la censura e l'autocensura, che nel caso specifico regnano nel Portogallo di Salazar e di Caetano, sono anche la legge della burocrazia del GoetheInstitut. Non cercare rischi, non correre pericoli, non sfidare nessuno, non cercare cattive compagnie, non esportare autori tedeschi non conformisti (ma perché proprio Mitscherlich?), non fare tante altre[...]
[...]tura marxista... Brecht e Grass sotto chiave... Lei sottostà all'ambasciata! È l'ambasciata che decide sul suo programma... ». Non fare attività politica, non contravvenire ai « bene intesi interessi tedeschi » dice il contratto: ma che cosa sono questi « bene intesi interessi »? L'ambasciatore: attenzione, la cultura non è politica. Il responsabile della Sprachabteilung: bisogna piacere non dispiacere, andare incontro, non urtare, adattarsi...
MeyerClason per fortuna pensa tutto il contrario. E soprattutto non pensa affatto di farsi avvolgere dall'atmosfera di un paese « che vive fuori dal mondo », nel quale pertanto non si può « fare altro che sciupare il tempo, dato che qui non lo si può mettere all'unisono con il fare... ». Che cosa fare dell'istituto germanico? « Un club privato per iniziati di lingua tedesca? ». Assecondare i consigli paternalistici? Ascoltare cerimonie ufficiali delle quali non vale serbare una sola parola? Ascolta e pensa: « In me avrete uno sul quale non potrete costruire ». E incomincia il suo paziente e tenace lavoro[...]
[...]opposizione, attraverso il tentativo di programmare insieme agli intellettuali del luogo, trasformare la sede in occasione di incontro, punto di riferimento di discussione, dare prestigio agli intellettuali del luogo presso un istituto straniero e quindi dare loro risonanza all'estero e all'interno, appoggiare in altre parole l'opposizione senza provocare apertamente le autorità ufficiali. « Imparare dall'astuzia contadina dei portoghesi », dice MeyerClason, cui probabilmente basta l'astuzia brechtiana della sua cultura.
Lungi quindi dal chiudersi nel proprio guscio, che pure pagherebbe, lungi dal portogallizzarsi (v. a p. 342 quanti diversi significati si possono attribuire a questa espressione, uno dei tanti esempi della sensibilità linguistica e letteraria, oltre che politica, dell'A.), MeyerClason assume anch'egli qualcosa della « seconda lingua del Portogallo », del linguaggio degli eufemismi, una delle poche cose forse che accomuna il regime e l'opposizione, e senza preoccuparsi delle velleità di controllo dell'apparato diplomatico contro le « eventuali mene sovversive » o della paralisi cui rischia di ridurlo la situazione (« Portogallo, una spugna che toglie mordente ai miei denti ») dà inizio alla sua politica dei « piccoli passi »: il 1969 non sarà anche l'anno della vittoria di Willy Brandt nella Bundesrepublik? Importa le nuove tendenze del cinema tedesco, deciso a proseguire c[...]
[...]ighenzia critica tedesca (contro Böll l'ambasciatore e l'addetto militare si esprimono come si sarebbero espressi i nazisti: « Fäkaliensprache ») aiuterà i portoghesi a scrollarsi di dosso la dittatura piú delle conferenze di Otto d'Asburgo nei clubs ufficiali. L'ambasciatore protesta contro l'intervento di Werner Herzog a un seminario sul cinema tedesco; risposta di Herzog: « il mio nuovo film si chiama Ciascuno per sé e Dio contro noi tutti ». MeyerClason deve lottare contro la dittatura, ai cui occhi il Goethe appare ora una « cellula segreta del partito comunista portoghese illegale », ma piú ancora contro i rappresentanti della Bundesrepublik. « Perché vedere sempre tutto in chiave cosí critica? » si domanda l'ambasciatore e forse è anche sincero nel suo tranquillo conformismo.
732 NOTERELLE E SCHERMAGLIE
Che cosa cambia la rivoluzione del 25 aprile? Accresce la sintonia di MeyerClason con l'ambiente locale, la sua volontà di prestare gli strumenti dei quali dispone al servizio dell'emancipazione di un popolo da un incubo cinquantennale, registra acutamente stati d'animo e attese, risponde positivamente a tutte le sollecitazioni della gente del luogo, concede l'istituto persino per l'assemblea di una formazione politica incorrendo ancora una volta nella censura dell'ambasciata. Perché quello che non sembra cambiare è appunto l'atteggiamento delle autorità ufficiali della Bundesrepublik. Una rapida annotazione sul Portogallo nuovo:
Parole d'ordine della stampa per il primo [...]
[...]oporivoluzione si presenta ancora piú difficile del prima e non solo per le difficoltà reali che la rivoluzione deve affrontare, ma anche perché sono presto all'opera i suoi nemici. Nell'ottobre del 1974, Willy Brandt, non piú cancelliere ma pur sempre presidente della SPD, è a Lisbona circondato dalle insidie di un ambiente interessato a denigrare la rivoluzione: « Chissà se W. Brandt avverte in quale inadatto ambiente è costretto a parlare? ». MeyerClason registra con sensibilità assai pronta il processo attraverso il quale la rivoluzione ristagna mentre la minoranza silenziosa diventa mag
gioranza. L'attività del GoetheInstitut diventa un barometro sensibile del rapporto tra lo sviluppo della rivoluzione e quello dei suoi appoggi esterni: pochi
mesi prima della rivoluzione l'unità dell'opposizione portoghese si era misurata intorno alla presenza di Tankred Dorst, ora la sua divisione è dimostrata dalle reazioni all'esecuzione del Mockinpott di Peter Weiss ad opera di attori portoghesi cui si rimprovera di fare gratuita pubblicità all'istitu[...]
[...]re sotto processo in Germania ». E poi « la riforma agraria è in contrasto con le idee del governo portoghese ». Un esempio sopraffino di mistificazione e insieme del modo in cui viene trasmesso il messaggio conservatore delle potenze della NATO, non interessate a modificare
NOTERELLE E SCHERMAGLIE 733
i rapporti di classe e di potere, dopo avere condiviso le responsabilità della guerra coloniale del regime fascista.
Quando alla fine del 1976 MeyerClason dovette lasciare il suo posto, il processo di svuotamento della rivoluzione portoghese era già in pieno svolgimento. Oggi i garofani del 25 aprile sono quasi totalmente appassiti. Questo bellissimo libro non racconta solo la vicenda personale di un intellettuale tedesco a contatto con una funzione pubblica; non interessa soltanto la politica culturale della Bundesrepublik, aiuta anche a comprendere che cosa la « democrazia » occidentale poteva dare al Portogallo e che cosa non ha dato. Aiuta a capire i limiti posti all'autogoverno e alla volontà di trasformazione di un piccolo popolo dalla lo[...]
[...] i limiti posti all'autogoverno e alla volontà di trasformazione di un piccolo popolo dalla logica di potenza di opposti schieramenti di ben altre dimensioni. Perché anche il Portogallo vive sulla sua pelle l'ipoteca che gli è imposta dalle esigenze di una strategia che non gli appartiene ma alla quale viceversa appartiene il Portogallo. Perché l'ordine tornasse a regnare a Lisbona dovevano accadere molte cose e probabilmente anche il ritorno di MeyerClason in Germania rientrava tra queste condizioni.
ENZO COL LOTTI