Brano: [...]arretrata. E dopo, tutto finisce. Viene giù dal cornicione e cammina sulle quattro zampe. E va in un cortile dove non ci sia a far guardia un cane ringhioso. Si sdraia ai piedi di un pagliaio e dorme la sua nottata senza timore e rancore. Che gli importa, dunque, di tante cose a quel gatto che sta in cima al cornicione? Che gli importa di me, della Pavana, del nostro
QUELLA VOLTA CHE VENNE IL FEDERALE 107
campo, della nostra casa da poveri, di Mangione che é entrato in que
sta casa col frustino e mi ha incoronato? ».
Senti un vocio confuso. Era davanti alla casa del fascio. Li fuori
c'erano: Quattro Tèmpora (poeta ufficiale); Bucaneve (ruffiano); Man
gione (segretario politico). E c'erano gli altri. Discutevano, ad alta voce,
sulla stagione e sui raffreddori estivi.
Il primo ad accorgersi di lui fu Bucaneve.
« Buona sera camerata — disse — non si salutano gli amici? ».
«« Sono stanco », disse Libertario.
Mangione intervenne. Prese subito le sue difese.
« Ha ragione. Lavora più di tutti noi. Va a fare il bracciante e
lavora il suo[...]
[...]
sta casa col frustino e mi ha incoronato? ».
Senti un vocio confuso. Era davanti alla casa del fascio. Li fuori
c'erano: Quattro Tèmpora (poeta ufficiale); Bucaneve (ruffiano); Man
gione (segretario politico). E c'erano gli altri. Discutevano, ad alta voce,
sulla stagione e sui raffreddori estivi.
Il primo ad accorgersi di lui fu Bucaneve.
« Buona sera camerata — disse — non si salutano gli amici? ».
«« Sono stanco », disse Libertario.
Mangione intervenne. Prese subito le sue difese.
« Ha ragione. Lavora più di tutti noi. Va a fare il bracciante e
lavora il suo campo. Non ha un minuto di riposo, poveretto ».
Ci sarebbe la notte, — disse Bucaneve ma la notte l'amico
non si riposa ».
Quattro Tèmpora tirò fuori la sua parola di poeta.
« FA l'orgia — disse — l'orgia notturna ».
Bucaneve ridacchiò e osservò che l'orgia è la virtù dei grandi e
degli eletti. Sulla storia romana c'è un'orgia dietro l'altra.
Libertario non sentiva. Aveva gli occhi addosso a Mangione. Sen
tiva il cuore battere forte e il sangue correva su e giù per[...]
[...] noi. Va a fare il bracciante e
lavora il suo campo. Non ha un minuto di riposo, poveretto ».
Ci sarebbe la notte, — disse Bucaneve ma la notte l'amico
non si riposa ».
Quattro Tèmpora tirò fuori la sua parola di poeta.
« FA l'orgia — disse — l'orgia notturna ».
Bucaneve ridacchiò e osservò che l'orgia è la virtù dei grandi e
degli eletti. Sulla storia romana c'è un'orgia dietro l'altra.
Libertario non sentiva. Aveva gli occhi addosso a Mangione. Sen
tiva il cuore battere forte e il sangue correva su e giù per le vene.
Una cosa che faceva impressione. Mangione se ne accorse e cercò di
non guardarlo, ma Libertario insisteva. Lo seguiva da ogni parte. An
che dietro l'albicocco. Anche dietro il muro di cinta. Allora, Man
gione si fece coraggio e gli si avvicinò. Gli parlò con voce calma,
suasiva. Da angelo custode.
« Tu l'hai con me! » disse Mangione. Libertario non rispose.
« Fu uno scherzo — disse Mangione — uno scherzo e nulla più,
te lo posso giurare. Tua moglie non l'ho neppure toccata ».
« Gli hai anche sputato addosso! » disse Libertario. II fiato alla gola
lo strozzava.
Mangione avrebbe avuto piacere che questa frase non fosse stata
detta ad alta voce. Così. Di fronte agli altri. Ma tant'è. Bisognava ri
mediare.
« Queste donne che inventiva! — disse — La Pavana mi dette un
bicchiere d'aceto e io sputai fuori dalla finestra ».
« Io ho del vino buono », fece l'altro.
« Tua moglie sbagliò il fiasco ».
« Maiale! » disse Libertario.
Mangione gironzolò. Fece finta di nulla. Scambiò quattro chiacchie
108 RUTILIO CATENI
re con un tale che si chiamava Lentini. Libertario stava per andargli sul muso ma la pancia enorme di Quattro Tèmpora si interpose.
«Conosci Achille? — disse Quattro Tèmpora — Achille era protetto dagli dèi ».
« È un maiale. Ha rovinato la mia famiglia! ».
« Dalle rovine nasce la santità — disse Quattro Tèmpora. — Rassegnati. Coraggio ».
Bucaneve ridacchiava in un crocchio a parte e non scopri nulla di queste manovre. Stava spiegando dei misteri osceni sulla Sacra Famiglia. D'un tratto si senti il rombo violent[...]
[...] ».
« È un maiale. Ha rovinato la mia famiglia! ».
« Dalle rovine nasce la santità — disse Quattro Tèmpora. — Rassegnati. Coraggio ».
Bucaneve ridacchiava in un crocchio a parte e non scopri nulla di queste manovre. Stava spiegando dei misteri osceni sulla Sacra Famiglia. D'un tratto si senti il rombo violento di un motore. Era una motocicletta. Si fermò proprio li, davanti alla casa del fascio. Il fanale acceso illuminava un pezzo di strada. Mangione si avvicinò subito e domandò al conducente se c'era niente in vista. Intanto, Bucaneve, infilò una sequela di moccoli perché il motore non smetteva di rombare. Allora il conducente spense il motore, si allargò la giubba di pelle e disse di tenersi pronti: la macchina del federale aveva lasciato la strada cilindrata e stava dirigendosi verso il paese a velocità moderata. Tutti zittirono. Allora Mangione disse:
« Il gagliardetto. Presto! Fate presto! » Bucaneve si mosse come un fulmine e andò a prendere il gagliardetto. Tornò quasi subito.
« La bandiera! » urlò Mangione.
Bucaneve consegnò il gagliardetto a un tale e corse a prendere anche la bandiera.
La motocicletta si allontanò rombando.
Disse Quattro Tèmpora: «Peccato che il federale non abbia voluto una bella adunata coi fiocchi! La serata è bella. Avremmo fatto una bellissima figura ».
Mangione disse che bastavano loro. La crema del paese. Allora, Quattro Tèmpora, squadrò bene tutte le teste intervenute e si considerò capo spirituale di quella claque.
Intanto si misero in fila indiana e aspettarono impazienti l'arriva del federale. Le sigarette bruciavano l'aria. Quattro Tèmpora si mise accanto a Libertario perché non commettesse qualche sciocchezza.
La voce di un uomo (doveva essere quella di Lentini) disse: « A me le visite pastorali mettono sempre un tremore addosso ».
« Anche a me — disse un altro. — Ma è questione della prima impressione. Quando si è baciato l'anello, tutto [...]
[...]tono sempre un tremore addosso ».
« Anche a me — disse un altro. — Ma è questione della prima impressione. Quando si è baciato l'anello, tutto finisce ».
« Che anello! — disse Bucaneve. — Non è mica un arcivescovo! ». «Portavo un paragone », disse quell'altro.
QUELLA VOLTA CHE VENNE IL FEDERALE 109
Finalmente stava arrivando l'automobile. Era una vecchia « Ba
lilla ». A prima vista sembrava che reggesse l'anima coi denti.
« Eccola! — disse Mangione — state pronti! ».
Difatti l'automobile svoltò e inforcò direttamente la via del paese. Pareva che lasciasse una scia di fumo. Invece era polvere sollevata
dall'impeto della corsa. Quando i fanali scoprirono, lungo il ciglio della strada, la fila indiana dei fascisti, l'auto rallentò, e frenò proprio all'imbocco dell'ingresso alla casa del fascia. L'auto dondolò un poco sulle vecchie molle arrugginite, poi corse subito Mangione. Aprì lo sportello. Gridò: « A...ttenti! ».
I piedi batterono in terra e spolverarono.
« Per il signor federale, eia! eia! ».
E il coro compatto: «Alalà! ».
Il signor federale scese comodamente dall'auto. Si irrigidì sull'attenti e salutò romanamente (forse rise con un labbro). Poi volle dare lui stesso il riposo e la fila si sciolse con precauzione. Il federale si rivolse all'autista: « Beniamino, vai a bere qualcosa alla bottega. Fra un'ora partiamo ».
« Come! — disse Mangione. — Non rimanete a casa mia a pren dere un boccone? ». Il federale disse di no con la testa.
« Questa é la sed[...]
[...]...ttenti! ».
I piedi batterono in terra e spolverarono.
« Per il signor federale, eia! eia! ».
E il coro compatto: «Alalà! ».
Il signor federale scese comodamente dall'auto. Si irrigidì sull'attenti e salutò romanamente (forse rise con un labbro). Poi volle dare lui stesso il riposo e la fila si sciolse con precauzione. Il federale si rivolse all'autista: « Beniamino, vai a bere qualcosa alla bottega. Fra un'ora partiamo ».
« Come! — disse Mangione. — Non rimanete a casa mia a pren dere un boccone? ». Il federale disse di no con la testa.
« Questa é la sede — disse allora Mangione — e questi sono gli uomini. Fidati. Fidatissimi ».
« Vedo », disse il federale. E difatti guardò casa e uomini. Entrarono. Lo stanzone era pulitissimo. Pavesato di bandiere tricolori. Il tavolino era ricoperto di un panno nero. Sul davanti aveva un bel fascio dorato che spiccava alla luce della lampada. Sopra al tavolino, una bottiglia con l'acqua e il bicchiere. Il federale andò in cima alla stanza e si siedé comodamente dietro al tavolino. Accanto a lui c'era Mangione. Alle parti: Bucaneve, Quattro Témpora e qualche altro.
Il federale era un uomo massiccio. Alto. Impettito. Con un berrett[...]
[...]li uomini. Fidati. Fidatissimi ».
« Vedo », disse il federale. E difatti guardò casa e uomini. Entrarono. Lo stanzone era pulitissimo. Pavesato di bandiere tricolori. Il tavolino era ricoperto di un panno nero. Sul davanti aveva un bel fascio dorato che spiccava alla luce della lampada. Sopra al tavolino, una bottiglia con l'acqua e il bicchiere. Il federale andò in cima alla stanza e si siedé comodamente dietro al tavolino. Accanto a lui c'era Mangione. Alle parti: Bucaneve, Quattro Témpora e qualche altro.
Il federale era un uomo massiccio. Alto. Impettito. Con un berretto a visiera che gli tappava i sopraccigli folti e la testa calva e schiacciata. Chiacchierò un po', sottovoce, con Mangione guardando davanti a sé. Poi, con un sospiro, si alzò dalla sedia appoggiando le mani al tavolino.
Bucaneve subito gridò: « A...ttenti! ». La sua voce fu molto spettacolare. Tutti si irrigidirono. Allora parlò Mangione: «La parola al camerata Tarquinio Andò, nostro amatissimo federale ». Scoppiò un uragano di applausi. Erano cinquanta e parevano mille. La stanza rimbombava furiosamente. Bucaneve si avvicinò a Mangione. Gli disse:
110 RUTILIO CATENI
« Il rimbombo! » e Mangione alzò gli occhi al cielo e in cuor suo schiacciò un moccolo grosso come una casa. Non c'era niente da fare. I1 rimbombo c'era e ci stava. Quando si fu schiarita la gola, il federale, fece la sua predica. Cominciò a parlare con un tono piuttosto calmo e sottomesso. Allora Bucaneve disse a Quattro Tèmpora: «Va bene. Su questo tono va bene ». E l'altro disse: «Se parli per il timbro di voce, ti avverto che il bello ha da venire. Quando si fa una predica ci vuole il suo periodo di combinazione, di riscaldamento. Se invece vuoi riferirti al fatto che Tarquinio è un meridionale spaccato... ».
Ma il[...]
[...]ce vuoi riferirti al fatto che Tarquinio è un meridionale spaccato... ».
Ma il federale esigeva, giustamente, che tutti ascoltassero quello che diceva, cosicché tutti ascoltarono. Compresi Bucaneve e Quattro Tèmpora.
« Non vi farò un discorso — disse il federale. — Vi illuminerò un poco sulla situazione politica attuale. Guerra d'Africa. Santissima guerra d'Africa. Eppoi sono tra voi per un'altra faccenda. Una faccenda che vi fa disonore... ». Mangione allibì. Dette un'occhiata di traverso a Bucaneve che gliela restituì pari pari. Pensava: « Chi può essere stato ad avvertire il federale? A chi ha potuto interessare quella benedetta storia di corna? ». Aspettò il resto del discorso e allora si rinfrancò. I1 federale diceva: «Infatti: quanti volontari ci sono in questo paese? Quanti fascisti di questa sezione sono andati a combattere in terra d'Africa? ». Mangione era come estasiato.
« Dico a voi, segretario politico! » urlò il federale.
« Nessuno » disse allora Mangione con un gentile soffio di voce.
Il federale, di fronte a questa laconica risposta, s'incattivì. Gli occhi gli diventarono gialli come tuorli d'uovo. Era la bile che faceva il suo corso. « Mi fate schifo tutti quanti! — disse. — Siete una massa di smidollati! ».
La stanza rimbombava. « Siete una massa di somari! ».
Mangione si fece piccino piccino: « Anche qui c'è da lavorare.. Siamo gente operosa ».
« Gente inutile! » gridò il federale. — Gente che si sta a grattare
i coglioni dalla mattina alla sera. Che cosa ci fate qui, tappati in questo paese? In questo paese puzzolente? Bisogna andare dove la Patria chiama ».
« Ci andremo » disse Mangione per consolarlo.
« Alzi una mano chi vuol partire! ». Ma nessuno alzò una mano. « Fiato sprecato! » disse il federale sudando.
QUELLA VOLTA CHE VENNE 1L FEDERALE 111
« Parlate più piano, federale. La gente si impaurisce... » azzardò Bucaneve.
Il federale cominciò a parlare più calmo per via del sudore. Parlò di un sacco di cose. Poi si mise a sedere e tornò calmo.
Disse: « Se c'è qualcuno che vuol fare qualche domanda... Dico: c'è qualcuno che vorrebbe sapere qualcosa sulla situazione attuale del mondo? ».
« Vorrei fare una domanda sulla giustizia» disse Libertario.
« Vieni avanti camer[...]
[...]avanti al federale. Fece il saluto romano. «Riposo! » disse l'altro. E lui rimase sull'attenti e fissò intensamente e senza paura gli occhi di Mansione. Tutti capirono il perché di quella domanda. Erano li. Incantati di vedere Libertario che aveva chiesto la parola, che si era staccato dal loro gruppo ed era distante quattro passi da loro. Già una barriera. Anche Quattro Tèmpora disse: «Però é coraggioso ». Ma Bucaneve si sentiva rodere dentro e Mangione tremava impercettibilmente, con la paura addosso che lo ghiacciava.
«Allora? » disse il federale, bonario.
« Ecco... » Non trovava le parole adatte. Si sentiva confuso. Eppure vedeva negli occhi di Mangione (ah! com'erano quegli occhi!) l'immagine piangente e indifesa della Pavana. La carne di lei. L'ombelico. Il pube... Tutti aspettavano con ansia che lui continuasse a parlare. E allora si fece forte e disse nel grande silenzio: « Signor federale, quanti anni di galera diamo a quel farabutto di Mangione? ».. Mangione si irrigidì, colpito da quell'offesa gridata e improvvisa. Il federale si alzò di scatto dalla sedia. Gli altri tacevano. Impalati come statue. Allora Quattro Tèmpora, con una calma studiata, si mosse dal posto. Si avvicinò al tavolino. Disse: « È un minorato » e si batté una mano, sulla fronte. Il federale stava quasi per cedere, ma la pancia di Quattro Tèmpora si muoveva. Urtò nel tavolino. La bottiglia cadde e versò l'acqua sui pantaloni del federale. Mangione disse: «Signor federale, questo è un nostro poeta. E un genio. Ha scritto una poesia su donna Rachele ».
Ma il federale urlò: « La[...]
[...]dì, colpito da quell'offesa gridata e improvvisa. Il federale si alzò di scatto dalla sedia. Gli altri tacevano. Impalati come statue. Allora Quattro Tèmpora, con una calma studiata, si mosse dal posto. Si avvicinò al tavolino. Disse: « È un minorato » e si batté una mano, sulla fronte. Il federale stava quasi per cedere, ma la pancia di Quattro Tèmpora si muoveva. Urtò nel tavolino. La bottiglia cadde e versò l'acqua sui pantaloni del federale. Mangione disse: «Signor federale, questo è un nostro poeta. E un genio. Ha scritto una poesia su donna Rachele ».
Ma il federale urlò: « Lasciatelo parlare! ». E Quattro Témpora. si allontanò di nuovo con le mani pigiate sulla pancia.
Allora Libertario rimase ancora li. Fermo e muto. E tutto intorno era un sussurare soffocato. Un ronzio di mosche e di libellule_ Lo guardavano. Lo scrutavano. Lo ingoiavano con gli occhi per quella
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sua posizione di privilegio. Era il padrone assoluto della stanza. Ma proprio per questo si senti come stringere l'anima in una morsa, come soffocare. [...]
[...]la
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sua posizione di privilegio. Era il padrone assoluto della stanza. Ma proprio per questo si senti come stringere l'anima in una morsa, come soffocare. Quel coraggio che aveva avuto si andava annebbiando. (E dopo? Dico: dopo cosa accadrà a me, alla casa, al campo, alla Pavana?). Eppure, nel briciolo di coraggio che gli rimase, legato proprio fra la gola e lo stomaco, disse ad alta voce (e la voce era troncata): « Federale. Mangione é entrato in casa mia. Ha preso con la forza la mia Pavana. E poi le ha sputato addosso ». Il federale aspettava queste parole. Ormai conosceva già da molto tempo Mangione e sapeva di lui vita e miracoli.
Disse: «Camerata, ci vogliono le prove! ». Il federale, chissà perché, sperava in cuor suo che le prove ci fossero. Quel Mangione ne stava combinando troppe. Ma Libertario era ormai troncato. Si guardò intorno, notò i quattro passi che lo distanziavano dagli altri ed ebbe le vertigini di quell'abisso. Si cercò le mani e se le strinse. Piagnucolò: « Federale io... sono cornuto! ».
« Ma le prove, le prove ci sono? » disse ancora il federale.
Non rispose. Non rispose piú. La testa gli girava per via di quella barriera oltrepassata. Allora, per la stanza, cominciò a girare la pancia di Quattro Témpora. Voluminosa. Potente. Entrava in mezzo ai fascisti. Strusciava le altre pance. Le cozzava. Le comandava come una regina. C[...]
[...]role. Lo misero in un angolo e lo dimenticarono. Il federale riattaccò discorso con . gli altri. Un discorso feroce. Africa, Addis Abeba, Negus Neghesti. Ma poi la stanza si vuotò. Un'automobile portò via il federale (forse la Pavana, dalla finestra, vide la strada cilindrata illuminata dai fanali).
Rientrarono quasi tutti nel grande stanzone. Anche questa volta ignorarono Libertario. Parlarono un poco di lui. Così. Di sfuggita. Poi la bocca di Mangione si aperse. Disse: « In Abissinia ci manderemo Libertario ». E nessuno pensò di ridere. Anzi Quattro Témpora disse: « Volontario ». E fece un poco di rima.
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