Brano: [...]uribile: « nelle tenebre il tesoro seguita a brillare immutato ». In tal modo sembra che, al di là del linguaggio, esista e palpiti qualcosa, forse addirittura l'essenziale, cosí come per Hofmannsthal la natura morta non si risolve interamente nella struttura delle sue linee e dei suoi colori, ma rinvia a ciò che sta al di là di essa, dietro oppure oltre la superficie e l'armonia della tela: « voglio dire la vita », come scrive Hofmannsthal. Nel Malte gli oggetti parlano una lingua non linguistica, che non gerarchizza il molteplice né sostituisce la sua immediatezza, bensí coincide col loro apparire, con il loro presentarsi: il fiore, nel Malte, non dice di appartenere all'una o all'altra classe o sottoclasse di vegetali né sta per alcun fiore, ma dice soltanto « rosso », esibisce con evidenza la propria den sità semantica al di là di ogni convenzione e sostituzione segnica. La crisi del linguaggio sembra dunque indirizzare Rilke, come Lord Chandos, alla ri
QUANDO È IL PRESENTE? RILKE DI FRONTE ALLE PAROLE 623
cerca di un'altra lingua « in cui parlino le cose mute », di un'epifania del senso non riconducibile alle articolazioni del linguaggio. Letta con quest'intonazione d'animo, la famosa ed ambigua frase che conclude il Tractatu[...]
[...]uribile: « nelle tenebre il tesoro seguita a brillare immutato ». In tal modo sembra che, al di là del linguaggio, esista e palpiti qualcosa, forse addirittura l'essenziale, cosí come per Hofmannsthal la natura morta non si risolve interamente nella struttura delle sue linee e dei suoi colori, ma rinvia a ciò che sta al di là di essa, dietro oppure oltre la superficie e l'armonia della tela: « voglio dire la vita », come scrive Hofmannsthal. Nel Malte gli oggetti parlano una lingua non linguistica, che non gerarchizza il molteplice né sostituisce la sua immediatezza, bensí coincide col loro apparire, con il loro presentarsi: il fiore, nel Malte, non dice di appartenere all'una o all'altra classe o sottoclasse di vegetali né sta per alcun fiore, ma dice soltanto « rosso », esibisce con evidenza la propria densità semantica al di là di ogni convenzione e sostituzione segnica. La crisi del linguaggio sembra dunque indirizzare Rilke, come Lord Chandos, alla ri
QUANDO È IL PRESENTE? RILKE DI FRONTE ALLE PAROLE 623
cerca di un'altra lingua « in cui parlino le cose mute », di un'epifania del senso non riconducibile alle articolazioni del linguaggio. Letta con quest'intonazione d'animo, la famosa ed ambigua frase che conclude il Tractatus[...]
[...]si gli decantano le gioie e le soddisfazioni che egli, tuttavia, ha l'impressione non lo riguardino, come se fossero le mercanzie dell'emporio Dobrowolski & Dobrowolski magnificate dai titolari della ditta.
Rilke è un grande poeta di questo iato che, nella letteratura e nella realtà moderna, s'è aperto fra l'io e la vita, per cui quella non è piú la sua vita, ma un territorio nel quale egli non riesce a penetrare e ad insediarsi. L'esistenza di Malte è un'estraneità che non gli appartiene ed alla quale egli non sente di appartenere, una continua fuga di qualcosa ch'egli non ha mai posseduto, e che quindi non è suo, ma di cui egli ha nostalgia, come se l'avesse perduto. Malte vive nella nostalgia della vita: non di una sua forma particolare e determinata di cui egli lamenti la mancanza, o di qualche bene la cui privazione la renda dolorosa e infelice, ma della vita in sé, come se essa stessa fosse assente. Malte cerca il senso del suo esistere nei ricordi o negli oggetti che sono stati di altri, memorie di famiglia o tradizioni storiche; anche la sua vita è tutta e soltanto il « rimpianto senza nome / muto in me della vita », di cui dice una lirica di Hofmannsthal, è un vedere allontanarsi la vita.
La nostalgia di Malte va ad un'esistenza che non c'è stata mai, a una pienezza di senso e di felicità che il bambino soltanto attendeva e l'adulto soltanto rimpiange. Vivere, per Malte, significa estraniarsi alla vita, prendere ininterrottamente congedo da essa. Quando è il presente, si chiede Rilke, cosí come Oblomov s'era chiesto: quando si vive? Per Malte l'unico presente è quello delle parole, ch'egli scrive ricordando o immaginando la vita, non quello della vita ricordata (cioè passata) o immaginata (ossia futura) e dunque mai presente. La vita non è mai. Scrivere significa, all'inizio, arginare o differire questo mai. La metropoli ovvero la civiltà moderna, nella quale Malte si disgrega, non sembra conoscere il presente ma soltanto un trascorrere, un divenire che non è un itinerario a una meta, il quale dia senso ad ogni tappa del cammino, bensí un dileguare, un continuo nonessere. Privata di fini e alienata, l'esistenza moderna — la Parigi del Malte —è una martellante miriade di esigenze momentanee e parziali che si susseguono senza posa e senza prender fiato come nella catena di montaggio d'una immane produzione, bruciando e sacrificando ogni attimo a quello che gli succede. L'individuo è come il peso di cui parla Carlo Michelstaedter nelle prime righe del suo capolavoro La persuasione e la rettorica, uno dei piú grandi libri sul nichilismo del secolo; il peso vuol solo scendere, preci
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CLAUDIO MAGRIS
pitare sempre piú in basso senza posarsi mai, perché in tal caso perderebbe la sua identità, non sarebbe piú un peso: « la sua [...]
[...]o ogni attimo a quello che gli succede. L'individuo è come il peso di cui parla Carlo Michelstaedter nelle prime righe del suo capolavoro La persuasione e la rettorica, uno dei piú grandi libri sul nichilismo del secolo; il peso vuol solo scendere, preci
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CLAUDIO MAGRIS
pitare sempre piú in basso senza posarsi mai, perché in tal caso perderebbe la sua identità, non sarebbe piú un peso: « la sua vita è questa mancanza della sua vita ».
Malte non vive al presente, perché il pulviscolo di scopi ed obblighi convenzionali impedisce al presente di appagarsi ed al pensiero di soffermarsi sull'essenziale, incalzando l'io in una corsa affannosa, che lo distoglie da ciò ch'esso ama o vorrebbe amare. « La vita preme, urge da ogni parte! » esclama angosciato Oblomov rigirandosi nel letto; la vita è un impedimento alla vita, la quotidianità con lo sciame delle sue cure assale l'individuo allontanandolo dalla sua verità, l'esistenza stritola l'essenza, che cerca di difendersi filtrandola e tenendola a distanza, per smorzarne l'impeto distrutt[...]
[...] vorrebbe amare. « La vita preme, urge da ogni parte! » esclama angosciato Oblomov rigirandosi nel letto; la vita è un impedimento alla vita, la quotidianità con lo sciame delle sue cure assale l'individuo allontanandolo dalla sua verità, l'esistenza stritola l'essenza, che cerca di difendersi filtrandola e tenendola a distanza, per smorzarne l'impeto distruttore e per estrarre dalla sua lutulenta e frenetica banalità qualche frammento luminoso. Malte cerca di vivere nella sottile crepa che s'apre fra l'esistenza
e la scrittura autobiografica, che la passa al setaccio e le dà forma ma anche l'irrigidisce. La quotidianità moderna frantuma la pienezza vitale in un inesorabile meccanismo e spegne quel bagliore unico e irripetibile nel quale la vita dovrebbe far trasparire il suo senso. Già Ibsen ammoniva che pretendere o illudersi di vivere nell'autenticità era ormai una pura megalomania; i grandi poeti che hanno cercato di difendere almeno un riflesso di quel bagliore — Svevo, Proust, Canetti — hanno frapposto una serie di difese
e di barr[...]
[...]smo e spegne quel bagliore unico e irripetibile nel quale la vita dovrebbe far trasparire il suo senso. Già Ibsen ammoniva che pretendere o illudersi di vivere nell'autenticità era ormai una pura megalomania; i grandi poeti che hanno cercato di difendere almeno un riflesso di quel bagliore — Svevo, Proust, Canetti — hanno frapposto una serie di difese
e di barriere (la scrittura, il ricordo, il vuoto) fra se stessi e l'accidentalità quotidiana. Malte scrive, ma intuisce il carattere mortale di questa difesa, autodistruttiva come i labirinti dell'animale kafkiano o come la grande muraglia di Canetti, che viene sempre più rafforzata ed ingrossata sino a coprire integralmente e quindi a soffocare il territorio ch'essa doveva proteggere. « Io sarò scritto », dice Malte, la vita e l'individualità saranno consegnati al rigor mortis della pagina immutabile. In tal modo, egli dice,
« ogni senso si dissolverà come le nuvole e ricadrà come acqua ». La scrittura sembra uccidere il senso: la vita viene bloccata, non può rivelarsi ed apparire nella pura evidenza dei fenomeni che si offrono allo sguardo nella loro essenza svincolata da ogni accidentalità empirica, libera da ogni riferimento restrittivo. Con la scrittura, dice Malte, verrà il tempo in cui la mano scriverà parole che non saranno quelle volute da lui, verrà il tempo dell'« altra spiegazione », ma quest[...]
[...]a e l'individualità saranno consegnati al rigor mortis della pagina immutabile. In tal modo, egli dice,
« ogni senso si dissolverà come le nuvole e ricadrà come acqua ». La scrittura sembra uccidere il senso: la vita viene bloccata, non può rivelarsi ed apparire nella pura evidenza dei fenomeni che si offrono allo sguardo nella loro essenza svincolata da ogni accidentalità empirica, libera da ogni riferimento restrittivo. Con la scrittura, dice Malte, verrà il tempo in cui la mano scriverà parole che non saranno quelle volute da lui, verrà il tempo dell'« altra spiegazione », ma questa spiegazione imprigionerà la mobilità della vita
e spegnerà la sua luce, renderà la vita un paese inabitabile: « nel mondo spiegato e interpretato — dice la prima Elegia — noi non siamo di casa ». La parola che spiega, specialmente quella scritta, isterilisce e dissecca quel terreno vitale nel quale l'individuo vorrebbe affondare le proprie radici, legarsi organicamente col tutto onde poter veramente abitare, essere a casa nella vita.
L'aridità che segue a[...]
[...]mprigionerà la mobilità della vita
e spegnerà la sua luce, renderà la vita un paese inabitabile: « nel mondo spiegato e interpretato — dice la prima Elegia — noi non siamo di casa ». La parola che spiega, specialmente quella scritta, isterilisce e dissecca quel terreno vitale nel quale l'individuo vorrebbe affondare le proprie radici, legarsi organicamente col tutto onde poter veramente abitare, essere a casa nella vita.
L'aridità che segue al Malte, la siccità spirituale che avvolge gli anni
QUANDO È IL PRESENTE? RILKE DI FRONTE ALLE PAROLE 627
successivi e che Rilke piú volte confessa, deriva forse anche da questa scissione fra la spiegazione ed il senso, la parola e la vita. Con radicale e dolorosa coerenza Rilke opterà per la rinuncia al senso, accogliendo la lezione piú pura del pensiero negativo fiorito con particolare rigore nella cultura danubiana. La crisi che investe le scienze — soprattutto la matematica — e la filosofia, distruggendo la possibilità di fondarle oggettivamente, conduce — con Hertz e Boltzmann e specialmente c[...]