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Il segmento testuale Lévy è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 45Analitici , di cui in selezione 4 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da (Mito e civiltà moderna) Remo Cantoni, Mito e valori in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]liade (dr. Trattato di storia delle religioni, tr. it. 1954, p. 430), alle nozioni di « azione sacra », di « gesto significativo », di a avvenimento primordiale ». « È mitico non soltanto tutto quel che si racconta circa eventi svolti e personaggi vissuti in illo tempore, ma anche tutto ciò che si trova in relazione diretta o indiretta con tali eventi e con. personaggi primordiali ». (op. cit., p. 430). Cose sostanzialmente non diverse ci dicono LévyBrühl nella sua Mythologie primitive (1935), Kerény in tutta la sua opera dedicata allo studio della mitologia, il Preuss nell'opera Der religiöse Gehalt der Mythen (1933), il Van der Leeuw nella sua fenome nologia della religione intitolata La religion dans sono essence et ses manifestations (1948).
I miti sono per i primitivi — precisa LévyBrühl — storie realmente
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accadute, storie che appartengono a un piano di verità. Ma la loro verità non è quella degli avvenimenti quotidiani. Noi chiamiamo vera la storia di Napoleone e di Cesare, e non vera quella di Pantagruel o di Don Chisciotte. Non è di questa verità appartenente alla storia o alla cronaca che parlano i primitivi. I loro miti sono storie effettivamente accadute, ma accadute in uno spazio, in un tempo, in un mondo distinti dallo spazio, dal tempo e dal mondo di oggi. I miti sono cioè la storia sacra delle società « primitive ». « Se così è, per essi non s[...]

[...]ato : non si ha neanche l'idea di un dubbio del genere. Si tratta dunque di storie vere, rivelazioni relative ad un periodo extratemporale, pieno di esseri ed avvenimenti che appartengono alla sopranatura, ma la natura attuale è ad essi solidale e ne è inseparabile. E precisamente questi rapporti che essi contengono ne attestano il carattere sacro e garantiscono loro un'autorità incomparabile: la qual cosa può parimenti dirsi dei libri sacri ». (LévyBrühl, Carnets, tr. it. 1952, p. 114, 115).
Ci potremmo chiedere — in via preliminare se è legittimo parlare di mito come di un mondo unitario, se cioè esiste una realtà storicoculturale cui si possa, senza essere tacciati di arbitrio o di genericità, dare il name di mito. L'esistenza di questa realtà ci è comprovata dalle mitologie presenti in tutte le culture e in tutte le epoche, ai livelli più diversi di civiltà. Gli studi di Cassirer, Lévy Brühi, Kerény, Eliade, Jung, Gusdorf — per non citare che alcuni studiosi recenti — ci autorizzano a parlare di un « pensiero mitico » o di una « coscienza mitica », come ha fatto, ad esempio, Ernst Cassirer nel secondo volume della sua Filosofia delle forme simboliche. L'esistenza di una forma simbolica, chiamata mito e caratterizzata da una sua particolare struttura, che è possibile descrivere come un mondo unitario, non significa che i contenuti della coscienza mitica siano sempre i medesimi, né che sia possibile cristallizzare il significato e la funzione del mito prescindendo dalle condi[...]

[...]a coscienza, immagini che si coordinano fra loro fino a diventare eventi
e significati. Noi sappiamo bene che i miti australiani sono diversi dai miti greci, dai miti medioevali, dai miti moderni. Ma è pur sempre possibile riconoscere a tutti i livelli culturali la presenza di una funzione miticofabulatrice che di continuo genera prodotti diversi per contenuto, pur conservando costante l'universalità della sua funzione. Dalle ricerche di Lucien LévyBrühl sulla mentalità primitiva, che rimangono fino ad oggi le più importanti in argomento, nasce un problema analogo. Ciò che lo studioso francese ha chiamato partecipazione, ossia i1 complesso dei rapporti magicomitici, o « mistici » come li definisce il LévyBrühl, che collegano individuo e gruppo, gruppo e totem, gruppo
e antenati, gruppo e suolo, non sono una prerogativa esclusiva dei popoli primitivi. Il mondo della partecipazione che il primo LévyBrühl, ad esempio quello delle Fonctions mentales dans les sociétés inférieures del 1910, qualificava come un mondo « prelogico », nettamente distinto dal nostro universo dominato dalla logica e dall'uso dei concetti, ci appare negli interessanti Carnets, scritti nel 19389, e pubblicati postumi, come una esperienza universale e non certo limitata alle sole società inferiori. Ciò non significa che le credenze magiche, le rappresentazioni
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mitiche, le varie pratiche rituali in uso presso i primitivi continuino ad avere valore per noi. Noi non crediamo che le cosiddette e appart[...]

[...]cipazione, la sua funzione antropologica di creare fondamenti e radici, significati e valori. La partecipazione espressa e obiettivata mette in essere una specie di statuto metafisico, più o meno esplicito, più o meno consapevole, ma pur sempre esistente e necessario per vivere e orientarsi in una realtà che ci rifiutiamo di riconoscere come un regno assurdo e angoscioso nel quale saremmo scagliati per i decreti di un dio ostile e straniero.
Il LévyBrühi non ha voluto, se non con timidi cenni, sviluppare il problema della partecipazione fuori dall'ambito della mentalità primitiva. Questa scrupolo fa onore alla sua probità scientifica. Negli stessi Carnets il LévyBrühl si avventura molto raramente e con estrema cautela nella fenomenologia moderna della partecipazione. Egli afferma soltanto che l'esperienza della partecipazione esercita un suo compito nella religione, nella metafisica, nell'arte e anche nella concezione complessiva della natura (cfr. op. cit., p. 260), ma lascia intravedere che la partecipazione, da lui studiata nel mondo delle culture primitive, costituisce il nucleo emozionale di un'esperienza sui generis e index sui assai diversa dall'esperienza fondata sull'uso dei concetti, sulla regolarità del
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le sequenze fenom[...]

[...]ne, nella metafisica, nell'arte e anche nella concezione complessiva della natura (cfr. op. cit., p. 260), ma lascia intravedere che la partecipazione, da lui studiata nel mondo delle culture primitive, costituisce il nucleo emozionale di un'esperienza sui generis e index sui assai diversa dall'esperienza fondata sull'uso dei concetti, sulla regolarità del
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le sequenze fenomeniche e sulla fissità delle forme. Questa esperienza LévyBrühl l'ha chiamata « mistica », sebbene la parola « mistico » non andasse troppo a genio nemmeno a lui. Ma a chi gli suggeriva di sopprimere la s di mistico egli, come ci informa Maurice Leenhardt nella sua Prefazione ai Carnets, «opponeva il suo fine sorriso». Con quel termine LévyBrühl alludeva, secondo il Leenhardt, a « forze impercettibili ma reali, e non si rendeva conto che il vocabolo forza già di per sé é una parola che circoscrive un avvenimento a un dato momento, cioè già un mito » (p. 24). « In realtà » — conclude giustamente il Leenhardt — « mistico era allora, ed é tutt'ora, il termine rifugio in cui si racchiude tutto ciò che, nel comportamento umano, sfugge alla chiara analisi. Ha fatto fortuna oggi, anche se gli etnologi l'hanno abbandonato per usarlo, con cognizione di causa, solo quando si è in presenza di misticismo e di assorbimento nella divinità... [...]

[...]ircoscrive un avvenimento a un dato momento, cioè già un mito » (p. 24). « In realtà » — conclude giustamente il Leenhardt — « mistico era allora, ed é tutt'ora, il termine rifugio in cui si racchiude tutto ciò che, nel comportamento umano, sfugge alla chiara analisi. Ha fatto fortuna oggi, anche se gli etnologi l'hanno abbandonato per usarlo, con cognizione di causa, solo quando si è in presenza di misticismo e di assorbimento nella divinità... LévyBrühl se ne è servito per qualificare la frangia affettiva che contorna ogni esperienza umana e può financo assorbirla » (p. 24). Più adatti sarebbero i termini « mitico » e talvolta « magico » per indicare in modo meno ambiguo la natura della partecipazione. Ma ciò che a noi importa soprattutto porre in rilievo, mettendo a frutto le ricerche del LévyBrühl, é l'universalità storica della partecipazione e la costante presenza in essa di un substrato mitico che ne costituisce il fondamento e quasi il principio di chiarificazione. Non si cerchi in una ricerca complessa e difficile come questa un insieme di definizioni precise e rigide. Lo stesso LévyBrühl, dopo una lunga vita tutta dedicata allo studio di tali problemi, confessava di trovarsi di fronte a una serie di difficoltà non risolte. Egli accusava la nostra terminologia filosofica e psicologica di essere crudamente inadeguata ad esprimere i rapporti complessi che esistono tra
mito », « partecipazione », « categoria affettiva del soprannaturale », « esperienza mistica ». L'esperienza mistica é infatti inseparabile dalle credenze e dai miti, ed anche il sentimento e la rappresentazione del soprannaturale si configura ed esprime nei miti. L'ultimo LévyBrühl si proponeva dunque uno st[...]

[...]ie di difficoltà non risolte. Egli accusava la nostra terminologia filosofica e psicologica di essere crudamente inadeguata ad esprimere i rapporti complessi che esistono tra
mito », « partecipazione », « categoria affettiva del soprannaturale », « esperienza mistica ». L'esperienza mistica é infatti inseparabile dalle credenze e dai miti, ed anche il sentimento e la rappresentazione del soprannaturale si configura ed esprime nei miti. L'ultimo LévyBrühl si proponeva dunque uno studio psicologico e sociologico della partecipazione, e questo studio si sarebbe trasformato in una nuova ricerca approfondita intorno al significato e al valore del mito.
Potremmo dire che la ragione distingue e articola, laddove il mito, le cui categorie sono fortemente impregnate di emozionalità, unifica e
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fonde in una partecipazione che rende l'uomo solidale al destino della natura e della società. Le categorie razionali distinguono, o tendono almeno a distinguere, l'io dal mondo, l'individuo dalla società il mondo vegetale dal mondo anima[...]

[...] pensiero mitico i primi cercano la continuità di mito e ragione, i secondi la discontinuità. James Frazer, Edward B. Tylor, Emile Durkheim, ad esempio, vogliono appunto rintracciare nel pensiero magicomitico dei primitivi i rudimenti, ma anche i fondamenti, del nostro pensiero razionale e scientifico. Essi insistono sulla « omogeneità » della mente umana pur nella varietà delle forme fenomenologiche in cui la mente storicamente si obiettiva. Il LévyBrühl, Mircea Eliade, Rudolf Otto, Walter Otto, Carlo Kerény e molti altri, sono sensibili soprattutto all'elemento di eterogeneità e discontinuità esistente tra esperienza « primitiva », « sacrale », « mistica », da un lato, ed esperienza razionale, profana, logicoconcettuale dall'altro. Il problema di una fenomenologia della ragione si allarga qui nel problema più vasto, e in certo senso più drammatico, di una fenomenologia dell'esperienza. Esisterebbero cioè non solo vari tipi di ragionamento, ma addirittura vari modi di essere nel mondo. Da quest'ultimo punto di vista la ragione stessa e l[...]

[...]na, come argomenti per una polemica a sfondo irrazionalisticodecadente contro l'empirismo e l'intellettualismo del mondo contemporaneo. Non seguiremo certo Eliade lungo questa strada che porta a contrapporre artificiosamente i valori religiosi del mito alle insidie presunte o reali dell'umanismo e dello storicismo moderni. Ma occorre riconoscere che alla comprensione del mito hanno recato un forte contributo proprio quegli studiosi moderni come LévyBrühl, Walter Otto, Eliade, Kerény, che hanno cercato di avvicinarsi alle creazioni culturali del mito dall'interno, simpaticamente invece che polemicamente. Comprendere il mito é problema analogo a quello di capire che cosa sia la musica, la poesia. Kerény ha ragione quando afferma che le grandi creazioni mitologiche costituiscono un fenomeno paragonabile, per profondità, durata, e universalità, soltanto alla natura stessa. Allo stesso modo che poco o nulla comprende della musica o dell'arte chi non si pone in un contatto vivo e diretto con l'opera, così poco o nulla intende della mitologia c[...]

[...] cui scaturisce il mito nelle sue forme più arcaiche é, per così dire, di tipo esistenziale. Il mito è una risposta culturale che emerge da una crisi antropologica, anche se la fenomenologia di queste risposte é di una ricchezza sconcertante e fa perfino dubitare della possibilità di conferire al mito un senso unitario. Ritroviamo, come elemento centrale del pensiero mitico, una ricerca di significati, di valori, di partecipazioni, nel senso che LévyBrühl ha dato a quest'ultima parola. La coscienza mitica vuole anche darsi ragione del mondo, capire i suoi fenomeni, ma più che spiegare concettualmente gli eventi della natura e della società, essa cerca di giustificare il significato metafisico del mondo, il suo esser così (Sosein), la presenza attuale dell'esistere ricollegando la struttura storica del reale e dell'uomo stesso a un suo dover essere, a strutture paradigmatiche e originarie dalle quali si sprigiona senso e luce. La mitologia, ogni mitologia, anche nelle sue metamorfosi più recenti e non chiaramente individuate e consapevoli,[...]

[...]rso a ciò che Bergson avrebbe chiamato a funzione fabulatrice u, introducendo negli aspetti più ingenui della coscienza mitica potenze ausiliatrici e soteriologiche, eroi civilizzatori, forze sopranna turali, se avesse senso parlare di soprannaturale per un tipo d'uomo che ancora non opera le nostre nette distinzioni categoriali tra natura e soprannaturale. Possiamo, in senso lato, chiamare mondo della partecipazione, usando il linguaggio caro a LévyBrühl, il mondo delle connessioni vitali in cui si muove l'uomo primitivo e in cui torna a muoversi mutatis mutandis l'uomo categoriale quando riemerge in lui, in forme storicamente trasfigurate, l'esigenza del mito. La giustificazione mitica, cioè, non è pura dilettosa favola o libero e arbitrario proiettarsi della fantasia non governata da alcuna logica, e non è neppure prefigurazione immaginosa e provvisoria di una spiegazione razionale. Essa contiene tanto l'elemento fabulatore quanto l'elemento logico, ma quell'evento caratteristico che é il mito non viene interpretato secondo la scala or[...]



da (Mito e civiltà moderna) Ernesto De Martino, Mito, scienze religiose e civiltà moderna in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]nto alla concreta varietà dei fenomeni religiosi della storia umana. È un movimento caratterizzato da mutue influenze fra scienze religiose diverse, e da singolari convergenze di orientamento pur nella varietà di indirizzi, di provenienze culturali, di metodi e di prospettive. Etnologi come Frobenius, Jensen, Malinowski, Leenhardt, storici e fenomenologi della religione come R. Otto, Hauer, van der Leeuw, Eliade, W. Otto, Kerényi, sociologi come LévyBruhl, LéviStrauss e Caillois, filosofi come Cassirer, Bergson, Machelard, Gusdorf, psicologi come Jung e Neumann, hanno inaugurato una valutazione della vita religiosa e del mito che, in netto contrasto con l’età precedente, è orientata verso il riconoscimento di profonde motivazioni esistenziali del « sacro », del « mitico », del « simbolico ». Ciò che sorprende di più in questa generale convergenza di indirizzi diversi verso un obiettivo tendenzialmente affine è che ad un certo momento entrano nel movimento, o ne appaiono comunque influenzate, anche tradizioni culturali che, per la loro pro[...]

[...]tivistici si volge, soprattutto per opera della secessione junghiana, ad una rivalutazione della vita religiosa e del mito; la tradizione epistemologica francese, che già col Bergson accentua le radici esistenziali della funzione fabulatrice (2), palesa con Gastone Bachelard una netta flessione verso il mondo dei « simboli » (3).

Una analoga vicenda è possibile riscontrare nella tradizione sociologica francese, particolarmente a proposito del LévyBruhl; il quale nei suoi primi lavori sulla mentalità primitiva si muove ancora sul piano

(1) E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, II (Das mythische Denken), Berlino 1925.

(2) Bergson, Le deux sources de la morale et de la relìgion, Parigi 1932.

(3) G. Bachelard, La psychanalyse du feuy Parigi 1938; L'eau et les rèves, Parigi 1942; La terre et les rèveries de la volontà, Parigi 1948; La terre et les rèveries du repos} Parigi 1948; L’air et les songes, Parigi 1943.6

ERNESTO DE MARTINO

del « progresso della coscienza » come lo intendeva Leone Bruschwicg, e quindi nel[...]

[...], Parigi 1932.

(3) G. Bachelard, La psychanalyse du feuy Parigi 1938; L'eau et les rèves, Parigi 1942; La terre et les rèveries de la volontà, Parigi 1948; La terre et les rèveries du repos} Parigi 1948; L’air et les songes, Parigi 1943.6

ERNESTO DE MARTINO

del « progresso della coscienza » come lo intendeva Leone Bruschwicg, e quindi nella prospettiva di una mentalità prelogica che è soppiantata da quella logica; ma successivamente il LévyBruhl ha sempre con maggiore energia negato che la mentalità primitiva o mitica dovesse essere considerata come fase di sviluppo dell’umanità, sottolineandone invece il carattere di permanente struttura antropologica (4). Naturalmente in indirizzi di pensiero francamente ispirati alle istanze dell’esistenzialismo — si pensi all’Eliade, al Caillois, al Gusdorf e al Cazeneuve — la motivazione esistenzialistica e antropologica del sacro appare più esplicita: ma è significativo il fatto che l'orientamento complessivo fa sentire la sua influenza anche per entro tradizioni culturali che per la loro [...]

[...]asciando da parte questi estremi sussulti, così scopertamente legati alle sorti di un imperialismo politico e la cui stagione fu breve ancorché sanguinosa, è innegabile il fatto che negli ultimi quarantanni le forme tradizionali di vita religiosa, e il cattolicesimo in particolare, sembrano aver riacquistato negli animi prestigio e signoria: tanto che da più parti si è parlato di un « ritorno alla religione », quale che sia

(4) Il disatcco di LévyBruhl dalle posizioni prevalenti in Les fonctìons mentàles dans les sociétés injérieures (1910) è segnato dall’intervento alla Societé fran^aìse de philosophie (1929) e dalle opere successive (Le surnaturel et la Nature dans la mentalité primitive, 1931; La mythologie primitive, 1935; L'experience mystique et les symboles chez les primitives, 1938; e soprattutto i Carnets pubblicati postumi nel 1949). Per questo sviluppo del pensiero di LévyBruhl si veda ora G. Gusdorf, Mythe et métaphisique, 1953, p. 187 sg.

(5) Come giustamente osserva il Gehlen, Urmensch und Spat^ultur, Bonn 1958, p. 292, « Gauguin a Tahiti e Nolde a Raboul hanno cercato qualchecosa di più che dei semplici motivi artistici ».MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

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poi la consistenza e il significato di questo «ritorno» nei diversi ambienti culturali (6).

# * #

L’analisi completa e la corrispondente valutazione critica di un movimento così vasto e complesso richiederebbero molto più di un semplice articolo. Ci soffermeremo pertanto solo su a[...]



da (Mito e civiltà moderna) Diego Carpitella, I «primitivi» e la musica contemporanea in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]sicale dei primitivi (scale, ritmo, polifonia, strumenti, ecc.) e quindi del linguaggio contemporaneo, per stabilire in che misura la musica primitiva sia entrata in forma diretta o mediata nell'esperienza musicale contemporanea. Ma non può limitarsi a questo: l'analisi comporta anche l'esame di alcuni aspetti psicologici e umani dei « primitivi » in relazione ad alcune ragioni della musica contemporanea: Freud, Jung, Aldrich, Adler, Malinowski, LévyBruhl, hanno più volte e in diverse occasioni sottolineato i rapporti tra « mente primitiva e civiltà moderna » (5) nel cui ambito rientrerebbe naturalmente anche la musica contemporanea.
In tal senso un'analisi del « primitivo » assume un valore notevole: sia perché data l'asemanticità dell'espressione musicale il valore dei « simboli » prende più rilievo; sia perché attraverso l'esame di alcuni dati sociologici, psicologici, etnologici, è possibile arrivare all'esplicazio ne di alcuni motivi della musica contemporanea. Uno studio, comunque, che va condotto sulla struttura « essenziale » del[...]

[...]artók, Janacek, ecc.) da quella meccanica (cioè della « citazione » su una struttura lessicale definita) (6). Eguale distinzione è necessario fare nella
(4) Cfr. S. FREUD, Totem e Tabù. Alcune concordanze nella vita psichica dei selvaggi e dei nevrotici. (Ed. it. Bari, Laterza, 1953).
(5) Cfr. Cu. R. ALDRICH, Mente primitiva e civiltà moderna (ed. it. Torino, Einaudi, 1949; C. G. JUNG, L'Io e l'inconscio (ed. it. Torino, Einaudi, 19481954); L. LÉVYBRUHL, L'anima primitiva (ed. it. Torino, Einaudi, 1948); B. MALINOWSKI, Sesso e repressione sessuale tra i selvaggi (id. 1950).
(6) Cfr. B. BART6K, Scritti sulla musica popolare (ed it. Torino, Einaudi, 1955); e Tn. W. AnoRNo, Philosophie der neuen Musik (Tübingen, 1949). Trad. It. di G. Manzoni (Torino, Einaudi, 1959) con un saggio introduttivo di L. Rognoni.. A pag. 43 (note): « Dove la tendenza evolutiva della musica occidentale non si è imposta del tutto, come in alcuni territori agrari dell'Europa del sudest, si è potuto impiegare senza disonore fino al più recente passato un materiale [...]

[...] il primo balletto (Petruska) ammannito gastronomicamente, e l'altro (Le Sacre) cosí tumultuoso, entrambi hanno in comune il nucleo, il sacrificio antiumanistico alla collettività... Questo motivo, che determina totalmente la condotta della musica, lascia l'involucro giocoso di Petruska per presentarsi ndl Sacre con una gravità sanguinosa. Appartiene agli anni in cui si incominciavano a chiamare "primitivi" i selvaggi, alla sfera di Frazer, e di LévyBruhl, e
Danza degli adolescenti Il gioco del ratto Cortei primaverili Gioco delle città rivali Corteo del saggio Danza della terra II Parte: Introduzione Cerchi misteriose degli adolescenti Glorificazione dell'eletta Evocazione degli avi Danza rituale degli avi Danza sacrale dell'Eletta.
(10) T. W. ADORNO, Trad. it., op. cit.; si divide in: Introduzione, Schoenberg e il progresso, Strawinsky e la Restaurazione.
(11) Il concettb di « primitivo » è applicabile soprattutto alle opere del «periodo russo », e cioè: Uccello di fuoco, Petruska, Sagra della primavera, Il Re delle stell[...]



da Andrea Binazzi, Raffaele Pettazzoni in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]eligiosità, sono colte nella loro concreta e complessa interiore contaminazione di motivi24.

Resta comunque la netta sensazione che il Pettazzoni proceda per conto proprio, in stretta relazione con le grandi fonti della conoscenza dei fatti religiosi, con gli autori classici, con gli storici delle religioni, gli etnologi e gli antropologi stranieri25. Gli interlocutori del suo dialogare furono costantemente il Tylor, il Frazer, lo Schmidt, il LévyBruhl, il Lang, Max Miiller: le loro opere gli offrirono la materia fondamentale delle sue riflessioni sull’evoluzionismo, sul comparativismo, sulla scuola storicoculturale. A questi si aggiunsero più tardi van der Leeuw e Eliade. La ricerca empirica, la raccolta cioè dei documenti e delle testimonianze, gli forniva un prodotto che aveva bisogno di essere analizzato e interpretato, non piegato forzatamente a dimostrare una teoria precostituita. Anzi,

i concetti sono sempre in movimento, il pensiero si arrischia a muoversi con i fatti e perciò in modo non sempre lineare, tanto che, per esemp[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Lévy, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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