Brano: [...]he ammirazione. Lei non guardava mai nessuno in faccia e si voltava verso il muro ogni volta che qualcuno entrasse nella stanza.
Tutto il giorno giocava con i propri capelli e la notte si agitava nel letto come se avesse caldo; una volta ricordo di avere sentito il battito dei suoi denti.
Mi accorsi presto che qualcun altro la guardava così attentamente come la guardavo io: era la spia, la ragazza che dormiva nel letto accanto al mio. Mi disse Lode, con cui feci subito amicizia, che la spia era innamorata di Coccoletta e cercava sempre di avvicinarsi al letto di lei.
LA MIA STORIA TORNAVA SOTTO L'ALBERO CARRUBO 143
Lode insisteva per raccontarmi la storia di tutte le ragazze che incontravamo anche casualmente per i corridoi. lo mi annoiavo ad ascoltarla, forse perché parlava troppo in fretta e diceva quasi sempre le stesse cose. Allora brontolavo di avere un dolore alla testa che non mi faceva respirare e nascondevo la faccia sotto il cuscino. Lei rimaneva silenziosa per un po', ma poi riprendeva a parlare ed io andavo al gabinetto per sfuggirle e vi rimanevo finché non sentivo la campana del pranzo o la voce della suora che chiamava dal corridoio.
La finestra del gabinetto era quasi sotto il soffitto ed io[...]
[...]o dei tram, a volte lo scoppio di un'automobile come una pietra gettata nell'acqua; più spesso il grido sordo di un'altra, che poteva anche essere un pipistrello o anche la voce di una delle «malate». Io sapevo bene che erano pazze ma non l'avrei detto per nulla al mondo; seguivo l'esempio delle donne angelo e quando volevo alludere a quelle ragazze in grigio che si rotolavano sui letti, dicevo, « le ammalate »; al massimo lanciavo un'occhiata a Lode che era la sola con cui osavo parlare in termini chiari.
Fu Lode che mi raccontò che la Bambina dormiva con la cerata sotto le lenzuola, perché se la faceva addosso ogni notte; « Ha ventotto anni e piange come se ne avesse cinque », mi spiegò Lode; e la sentii anch'io, due notti dopo, che ingoiava lagrime affrettando sempre più il respiro, e piangeva senza forza, lamentosa, come una bambina assonnata. Di giorno giocava col cuscino, abbracciandolo e cullandolo come se fosse una bambola di pezza. Rideva per niente, ma se le si chiedeva qualcosa spalancava gli occhi spaurita e non riusciva ad aprire bocca. Ogni mattina Lode si sedeva accanto a lei per intrecciarle i capelli e poi sorrideva soddisfatta, guardando verso di me; « ecco pronta la Bambina » diceva, e le carezzava la fronte.
Non sapevo cosa pensare di Lode perché sembrava gentile e generosa con tutti, ma poi si divertiva a raccontarmi qualunque segreto di cui per caso si trovasse in possesso, e quando raccontava mi guardava con la bocca piena di saliva, l'espressione estatica, non peritandosi di rivelare le cose più orribili su coloro che poi abbracciava in altri momenti.
Mi disse che la spia era lesbica: « Lo sai cosa vuol dire »? « No », dissi. Fu contenta di spiegarmelo con una gran quantità di parole inutili. « È innamorata di Coccoletta » disse ridendo, « la desidera perché
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é bella, e poi, quei capelli... un giorno o l[...]
[...]vuol dire »? « No », dissi. Fu contenta di spiegarmelo con una gran quantità di parole inutili. « È innamorata di Coccoletta » disse ridendo, « la desidera perché
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é bella, e poi, quei capelli... un giorno o l'altro le salterà addosso » mi sussurrò. E credo che non aspettasse altro.
Ero stata così presa da questi fatti che non avevo pensato affatto a me; da allora mi abituai a scappare più spesso al gabinetto per liberarmi di Lode e li meditavo su tutte le novità della mia vita.
Evitavo di pensare ad Ulisse perché più di una donna angelo mi aveva spiegato la gravità di ciò che avevo fatto. E parole come fratello, figlio dei Signore, morte dell'innocente, erano entrate nella mia mente e la loro presenza mi dava fastidio.
A Trento avevo rinunciato: dopo il suo ultimo tradimento e abbandono, lo avevo dimenticato; o forse cercavo di farlo senza riuscirvi del tutto, ma pensavo a lui molto poco. Questo era bene perché altrimenti avrei sofferto di stare in quella casa, mentre in realtà non mi dispiaceva affatto, anzi avevo [...]
[...]ratello, figlio dei Signore, morte dell'innocente, erano entrate nella mia mente e la loro presenza mi dava fastidio.
A Trento avevo rinunciato: dopo il suo ultimo tradimento e abbandono, lo avevo dimenticato; o forse cercavo di farlo senza riuscirvi del tutto, ma pensavo a lui molto poco. Questo era bene perché altrimenti avrei sofferto di stare in quella casa, mentre in realtà non mi dispiaceva affatto, anzi avevo cominciato ad affezionarmi a Lode, e come lei, prendevo gusto a tormentare la Bambina, seguivo il movimento delle mani di Coccoletta e gli sviluppi dell'amore della spia per lei.
Nella buona stagione ci portarono fuori ed io conobbi per la prima volta un giardino. Dimenticai del tutto i miei libri e Trento; né mi sovvenni più di Ulisse.
Coccoletta si scopriva i seni con la scusa del caldo; si riparava all'ombra degli alberi con un . ciuffo di capelli in bocca e la gonna arrotolata sulle ginocchia. La spia si accovacciava non lontano da lei, giocava con le pietre é le buttava via con rabbia. Le suore la tenevano d'occhio per[...]
[...]caldo; si riparava all'ombra degli alberi con un . ciuffo di capelli in bocca e la gonna arrotolata sulle ginocchia. La spia si accovacciava non lontano da lei, giocava con le pietre é le buttava via con rabbia. Le suore la tenevano d'occhio perché non si avvicinasse troppo a nessuna di noi; ma di non poterci avvicinare poco importava alla spia; le sarebbe bastato potersi accostare solo a Coccoletta.
Io mi ero tanto abituata alle chiacchiere di Lode che potevo udirla parlare ininterrottamente senza percepire una frase.
Chissà perché i miei libri non mi avevano rivelato l'esistenza di un giardino, un vero giardino, come quello in cui trascorrevo le mattinate accanto a Lode che mi raccontava gli ultimi pettegolezzi della notte. A sentir lei, quel pezzo di terra non era degno di chiamarsi giardino, in quanto del giardino non aveva neanche l'aspetto; ma per me andava bene e pensavo con terrore alla stagione fredda che ci avrebbe costrette in quelle stanze buie del piano superiore.
Ero sicura che la finestra del nostro gabinetto desse sul giardino, ma non sono mai riuscita a provarlo, perché dalla finestra del gabinetto non potevo guardare; d'altra parte, viste da sotto, tutte le finestre sembravano uguali e non avrei mai saputo quale fosse quella del ba
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[...] e chissà, forse anche il mare. Il giardino era poco più grande del nostro refettorio, alcuni lo chiamavano cortile, ma naturalmente sbagliavano perché non ho mai visto né sentito che in un cortile crescessero degli alberi, come avveniva nel nostro. E poi, in certe giornate calde, spuntavano le violacciocche lungo i muri, ed io dico che il luogo dove crescono le violacciocche si può senz'altro chiamare giardino, e così lo chiamavo parlandone con Lode, sebbene lei tirasse fuori la lingua in segno di disprezzo.
Nel giardino c'erano tre alberi, ma i posti all'ombra erano regolarmente occupati dalle ragazze del secondo reparto che scendevano con l'anticipo di pochi minuti rispetto a noi. Solo Coccoletta riusciva a mettersi al riparo dai rami, non so se fosse per merito della sua bellezza di regina che incuteva rispetto o per merito della spia, di cui tutte noi avevamo paura. Fatto sta che Coccoletta trovava sempre un posto libero sotto il suo albero preferito, il carrubo che cresceva nell'angolo a sud 'del giardino. E c'era da meravigliarsi [...]
[...] cresceva nell'angolo a sud 'del giardino. E c'era da meravigliarsi perché quello era l'albero piú ricercato per la sua freschezza, dovuta ai folti rami che dondolavano sopra il muro e per la sua altezza che dava a chi vi stava sotto una sensazione di sicurezza e di forza, e forse anche alimentava i desideri di libertà elevandosi così in alto, fuori da tutte le regole della casa, quasi si ribellasse alla prigionia con la sua forza di legno.
Sia Lode che io avevamo rinunciato a quei posti privilegiati che ormai spettavano dì diritto alle ragazze del secondo reparto che scendevano prima di noi e si accovacciavano sotto i rami.
Noi potevamo usufruire delle panchine che erano sparse un po' dappertutto lungo i muri, ma nessuno aveva simpatia per quei sedili che finivano per essere occupati dai gatti e dalle formiche. Era risaputo che i gatti e altri animali del genere non avevano alcun diritto di occupare le panche, anzi credo che fosse proprio proibito, ma nessuno di noi amava sedersi su quelle assi di legno smaltato; e così finiva che vi s[...]
[...]essere occupati dai gatti e dalle formiche. Era risaputo che i gatti e altri animali del genere non avevano alcun diritto di occupare le panche, anzi credo che fosse proprio proibito, ma nessuno di noi amava sedersi su quelle assi di legno smaltato; e così finiva che vi si accoccolavano i gatti e le formiche si divertivano a correre da un capo all'altro delle assi nella smania di scoprire qualche guscio di scarafaggio che però non trovavano mai. Lode ed io avevamo scovato un tappeto puliscipiedi di rete di ferro, con palline bianche che formavano un disegno, o almeno noi immaginavamo che fosse un disegno, per
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ché quando lo trovammo fra le immondizie, portava incastrate si e no dieci palline che luccicavano in mezzo alle maglie arrugginite, e furono proprio quelle palline ad attirare la nostra attenzione. Lo adoperavamo per sederci sopra, appoggiando la schiena contro il muro di mattoni; da li potevamo vedere i quattro muri che si intersecavano, gli alberi non molto discosti fra loro, e un pezzo di cielo simile a un cop[...]
[...]rio quelle palline ad attirare la nostra attenzione. Lo adoperavamo per sederci sopra, appoggiando la schiena contro il muro di mattoni; da li potevamo vedere i quattro muri che si intersecavano, gli alberi non molto discosti fra loro, e un pezzo di cielo simile a un coperchio posato sui quattro muri di uguale altezza.
Quando le nuvole correvano basse, si aveva l'impressione che i muri non stessero più in equilibrio e crollassero addosso a noi. Lode aveva paura e diceva che non voleva guardare, io pure avevo paura ma ero affascinata da quel movimento e buttavo la testa indietro, fino a sentire con la nuca l'attaccatura delle spalle. Alle volte Lode approfittava di questa mia posizione per farmi il solletico al collo e allora non la potevo sopportare, anzi la odiavo e pensavo di ammazzarla come avevo ammazzato Ulisse; ma bastava che lei sorridesse con i suoi denti all'infuori, che cessavo immediatamente di odiarla. Rideva tirando fino a farle diventare pallide, le labbra sui denti troppo numerosi e sporgenti per la sua bocca. Mi diceva in un orecchio che ero la sua sola amica, e secondo lei avrei dovuto essere contenta perché prima o poi lei mi avrebbe fatto uscire di li. « Come farai? » le chiedevo, tanto per parlare, sapendo già che er[...]
[...]erosimili, di cui rendeva protagoniste le ragazze che aveva più in antipatia nel nostro reparto, decideva di insegnarmi dei giochi che era solita fare al suo paese.
Il gioco dei papaveri piaceva anche a me. Bisognava scommettere se il colore del fiore fosse rosso o bianco; poi si apriva il bocciolo, e se i petali si spiegavano polverosi e rossi, aveva vinto uno, se si mostravano bianchi, vinceva l'altro. Era appassionante.
Vinceva quasi sempre Lode ed io mi accanivo per prendere la rivincita, ma presto ci stancavamo per la completa mancanza di papaveri nel giardino. Lode diceva che al suo paese c'erano dei campi addirittura rossi, come macchie di sangue, per la grande quantità di papaveri di quel colore. Io non sapevo se crederle o meno perche cono,scevo la sua capacità di inventare storie che non avevano niente di vero; ma per giocare a quel gioco sarebbe stato molto comodo un intero cam
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po di papaveri e, pur rimanendo diffidente, mi lasciavo sedurre da quell'immagine.
Il gioco della biscia era molto più complicato e non saprei mai ripeterne il meccanismo, sebbene Lode me l'abbia ripetuto tante volte; forse[...]
[...]à di papaveri di quel colore. Io non sapevo se crederle o meno perche cono,scevo la sua capacità di inventare storie che non avevano niente di vero; ma per giocare a quel gioco sarebbe stato molto comodo un intero cam
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po di papaveri e, pur rimanendo diffidente, mi lasciavo sedurre da quell'immagine.
Il gioco della biscia era molto più complicato e non saprei mai ripeterne il meccanismo, sebbene Lode me l'abbia ripetuto tante volte; forse perché non avevo mai visto una biscia in vita mia e poi Lode conosceva la campagna per averci passato la vita, mentre io non sapevo neanche cosa immaginare quando lei parlava di campi, pecore, bisce, e altre cose del genere. Mi veniva in mente il quadro del pastore,
o il mercato vicino a casa; ma erano tutte cose ferme e prive di colori. Del resto non importava perché il gioco della biscia non si poteva fare
e quindi era una scusa di Lode per parlare difilato durante tutta l'ora di ricreazione. Se le dicevo di stare ,un po' zitta, allora tirava fuori la storia delle nipoti, a Sono zia di tre nipoti » diceva, e sorrideva trion fante come se avesse rivelato di essere madre. Le sue tre nipoti vivevano in campagna e una volta l'anno venivano a trovarla con una ruota di formaggio e delle arance. Venivano con Lilla, la sorella di Lode,
e se ne andavano molto prima che facesse buio per non perdere la corriera.
Un giorno la spia tentò di uccidersi; Lode aveva capito tutto, naturalmente, fin dalla sera prima; fiutava l'aria come se avesse due antenne al posto degli occhi, sensibili e mobilissime; mi aveva detto di stare all'erta che ci sarebbero state delle novità. Infatti, quando ci svegliammo la mattina al suono della campana, la spia non era nel suo letto; ed io non mi meravigliai affatto di scoprire che neanche Lode era nel suo letto: era stata lei a salvare la spia che si era tagliuzzata i polsi nel tentativo di recidersi le vene.
La suora invocava Gesù e Maria, non sapeva cosa fare. Vidi entrare la donna angelo e poco dopo non ci fu più traccia di ciò che era successo: la spia fu portata in infermeria e con poche parole la donna. bianca ci rasserenò; sorridendo come solo lei sapeva fare..
La Bambina non aveva smesso di piangere, però; raggomitolata sotto le coperte ripeteva all'infinito un verso, con ritmo uguale e preciso. Solo Coccoletta non si era voltata per guardare e le sue mani disfacevano con[...]
[...]fu portata in infermeria e con poche parole la donna. bianca ci rasserenò; sorridendo come solo lei sapeva fare..
La Bambina non aveva smesso di piangere, però; raggomitolata sotto le coperte ripeteva all'infinito un verso, con ritmo uguale e preciso. Solo Coccoletta non si era voltata per guardare e le sue mani disfacevano con grazia i nodi che si erano formati durante la notte fra i suoi capelli lunghi e fini, simili a ragnatele senza colore. Lode era agitata e rideva per ogni nonnulla; disse che non era successo niente,
quella scema! » ripeté più volte, e indicava il letto ancora macchiato di sangue; ma io vedevo che era pallida e le sue risate continue mi innervosivano.
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Quel giorno in giardino mi park) di Coccoletta: disse che era più bestia di una bestia, disse cosí. « Non pensa che ai suoi capelli e al suo grasso corpo addormentato », disse. Mentre parlava guardava verso il carrubo con le sopraciglia aggrottate. Lontano potevo vedere Coccoletta che si appoggiava al tronco, con le braccia lungo i fianchi, le spa[...]
[...] cosí. « Non pensa che ai suoi capelli e al suo grasso corpo addormentato », disse. Mentre parlava guardava verso il carrubo con le sopraciglia aggrottate. Lontano potevo vedere Coccoletta che si appoggiava al tronco, con le braccia lungo i fianchi, le spalle zbbandonate su se stesse, e il collo piegato morbidamente sul cuscino dei capelli biondi. Pensai che non sapevo di che colore fossero i suoi occhi, non li avevo mai notati. «Infatti», disse Lode, «è come se non li avesse: Più che occhi sono buchi per vedere, e il colore dei buchi è indefinito, scuro e lontano ».
Mi informò che la spia era quasi guarita. «Non sono grandi ferite le sue », mi spiegò, « ma ha il cervello sconvolto, per lo shock ». Pronunciò questa parola con serietà, soffiando fra i denti; ed io non osai chiederle cosa significasse, sebbene potessi immaginarlo, più o meno.
La spia tornò a dormire nel suo letto dopo pochi giorni, ma se prima era scontrosa, adesso non le si poteva parlare affatto. Non sopportava di essere guardata, odiava tutte noi, eccetto Coccoletta, l[...]
[...]do fra i denti; ed io non osai chiederle cosa significasse, sebbene potessi immaginarlo, più o meno.
La spia tornò a dormire nel suo letto dopo pochi giorni, ma se prima era scontrosa, adesso non le si poteva parlare affatto. Non sopportava di essere guardata, odiava tutte noi, eccetto Coccoletta, la quale pareva non si fosse neanche accorta di quei cambiamenti e continuava a pettinarsi i capelli con le dita, interamente voltata verso il muro.
Lode mi aveva detto che un giorno o l'altro sarebbero venuti a prendermi per il processo, ma io non le avevo creduto, e poi me ne ero completamente dimenticata, specialmente al tempo del suicidio della spia. Perciò mi meravigliai quando venne la donna bianca a prendermi e mi disse di infilare il grembiule pulito.
Cercai Lode ma in quel momento non era nella stanza. Non chiesi niente perché della donna angelo mi fidavo poco; tanto sapevo già che mi avrebbe rassicurata con uno dei suoi sorrisi e molte parole buone ma poco chiare e anche poco vere, come avevo avuto modo di constatare altre volte.
La seguii per i corridoi fino alla stanza della direttrice; mi presentò all'avvocato. « Siedi li », disse, « e rispondi con attenzione alle domande che ti farà questo signore ».
Tutti e tre mi guardavano con curiosità; l'avvocato prese a passeggiare e per la stanza, la direttrice disse che ero ana brava ragazza. Par. RI d[...]
[...]ché avevo troppo sonno.
Nella camera di sicurezza trovai la spia; le chiesi che cosa facesse li ma lei non rispose. Ciò che mi colpi fu l'odore di gabbia che riempiva la stanza; un odore troppo dolce di bestie sudate e aspro di disinfettante. Cercai una finestra, ma, non trovandola, poggiai la testa contro le mie braccia e cercai di dormire.
Durante la notte vennero a prendermi; pensai che mi portassero nella mia stanza, avevo voglia di vedere Lode per parlarle delle mie avventure di quella mattina. Mi alzai contenta e seguii i due infermieri che mi spingevano dolcemente verso la porta. Invece di salire al primo piano, capii dal freddo che eravamo giunti in giardino. Lode insisteva a dire che quello era un cortile, ma adesso più che mai avrei giurato che era un giardino per via del profumo; perché solo i giardini hanno profumo di foglie e di terra bagnata; ero contenta che mi portassero in giardino.
Uno degli infermieri mi legò all'albero di carrubo, pensai che era matto ma infine bisogna sempre ubbidire agli infermieri, ed io lo lasciai fare.
L'altro tirò fuori un fucile da dietro le spalle e prese la mira, da poco più di dieci passi di distanza.
Indovinai subito che era un fucile per averne sentito parlare da Lode, ed in quel momento pensai che le descriz[...]
[...] via del profumo; perché solo i giardini hanno profumo di foglie e di terra bagnata; ero contenta che mi portassero in giardino.
Uno degli infermieri mi legò all'albero di carrubo, pensai che era matto ma infine bisogna sempre ubbidire agli infermieri, ed io lo lasciai fare.
L'altro tirò fuori un fucile da dietro le spalle e prese la mira, da poco più di dieci passi di distanza.
Indovinai subito che era un fucile per averne sentito parlare da Lode, ed in quel momento pensai che le descrizioni della mia compagna erano molto precise.
Vidi i due buchi della canna che puntavano esattamente contro il mio viso.
Ebbi la coscienza per un attimo che tutta quella scena non fosse vera, fui sul punto di liberarmi di me stessa, ma ripiombai subito dopo nella realtà e recitai la mia parte sino all'ultimo.
Potei appena respirare ancora una volta, poi qualcuno bussò contro il mio ventre; due leggeri tocchi come punture; e mi trovai a terra
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col viso contro la corteccia umida di resina. Scoprii che era quello l'odore che avevo sen[...]