Brano: [...]bili e permanenti », e « il ritmo del pensiero in isviluppo... più importante delle singole affermazioni casuali o degli aforismi staccati », non potrà nascondersi un costante riferimento, e magari alla fine per combattere o rifiutare, a tutta una problematica legata a quel vario rinnovarsi della cultura italiana che si mosse intorno all’attività del Croce. Anche se poi, spesso, molto più che di Croce, dovrebbe farsi il nome del De Sanctis o del Labriola, o perfino, in sede di critica letteraria, di Renato Serra, che crociano senza
1 La Critica, XXII, 1924 (20 maggio), p. 191 : « non è detto... che la eventuale pioggia di pugni non sia, in certi casi, utilmente e opportunamente somministrata»; Pagine sparse, voi. II, Napoli 1943, p. 37179 (dal Giornale d’Italia, 27 ottobre 1923; Corriere italiano, 1 febbraio 1924; Giornale d’italia luglio 1924). Nell’ultima intervista (luglio ’24), p. 377, si legge: «esso [fascismo] non poteva e non doveva esser altro, a mio parere, che un ponte di passaggio per la restaurazione di un più severo regime lib[...]
[...]a cultura — ma non so, per ora, quanto sarebbe serio il farlo — non dovremmo dimenticare il contributo singolare che all’esaurimento dall’interno di tante tesi ha dato proprio l’analisi gramsciana, la quale, sottolineando con singolare energia la solidarietà di certi ideali e di certe visioni con una situazione, ha aperto la strada ad altre scelte e ad altre possibilità. E come sul terreno dottrinale a un certo Hegel, a un certo Marx, a un certo Labriola er magari, a un certo Machiavelli, oppose un’altra possibilità interpretativa, cosi a un 'altra storia d’Italia volle saldare un’altra azione politica. Alla linea nazionalretorica, più che storicistica idealistica, più che religiosa clericale, più che liberale conservatrice, e più che conservatrice fascista, intese opporre un’Italia capace di riscattare in tutta la sua storia altre possibilità costantemente vinte, soffocate o mistificate. E proprio perché era un politico e non un filosofo — e con ciò si vuol dire solo che era anche uno storico e un filosofo serio, e non un professore — non si[...]
[...]el ’22, presso il Treves, di una antologia molto significativa). Che, per vie mediate, il « positivo » diEugenio Garin
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crociana e gentiliana, che. aveva scelto una propria tradizione storica convergente verso un esito politico molto chiaro, un impegno culturale serio non poteva muoversi che consumando « dall’intrinseco » certe posizioni, ossia svelando le « mistificazioni » di Machiavelli come di Marx, di Hegel come di De Sanctis o di Labriola : ossia ripercorrendo tutta una serie di scelte storiografiche che erano anche scelte politiche, e mettendo via via in evidenza il punto della deviazione: ed anche questo, oltre la semplicistica divisione di ciò che è vivo da ciò che è morto, in una superiore comprensione capace di cogliere la diversa valenza dei temi, in modo da opporre a rifiuti antistorici rapporti precisi.
La rottura con una certa tradizione e la lotta per un’altra Italia, si configurano cosi — agli occhi di Gramsci — saldamente radicate nella, stessa storia d’Italia : rappresentano la vittoria di forze vitali, di poss[...]
[...]voluzionari » in quanto hanno rivelato» al popolo che « il nuovo Stato era il suo Stato, la sua vita, il suo spirito, ia sua tradizione ». La rivoluzione non va mai contro il moto storico : è il punto in cui il processo rompe gli argini che lo volevano chiudere, in cui gli istituti già elaborati come strumenti si irrigidiscono in barriere: è veramente, per usare ancora un’espressione gramsciana, la
Carlo Cattaneo (per usare la distinzione del Labriola fra « positivo » e « positivistico » ) passasse in Gramsci, è comprensibile. Ma una meditazione approfondita non risulta; il nome di Cattaneo (« giacobino con troppe chimere in testa »,
come lo chiama in una lettera nel ’31) compare nei volumi delle opere una diecina di volte circa, e sempre in riferimenti generici, che, come nel caso de La
città, mostrano un desiderio di letture piuttosto che letture già fatte. Certo,,
acuto com’era, Gramsci si rese ben conto che anche in posizioni legate al « positivismo » non mancavano temi fecondi (basterebbero i richiami a Vailati, l’accenno all[...]
[...]co in mezzo a una generazione di positivisti, vagheggiando la determinazione dell’Idea fra genti che non ne comprendevano il nome ». Presso lo stesso editore, nella « Biblioteca di scienze sociali e politiche», n. 32, nel 1900, Croce aveva riunito i suoi « saggi critici » su Materialismo storico ed economia marxista (e nella stessa collana il liliale « positivista » Tarozzi si incontrava con l’ineffabile Enrico Ferri). I sarcasmi di Engels, o di Labriola, erano ben lontani dal raggiungere l’amena leggerezza ^ di quei valentuomini : nel confronto dei quali — non si dimentichi — sì collocava Croce. Del resto sul « positivismo » è da rileggere sempre tutta la lettera di Labriola a Engels del ’94 (Roma, 1949, pp. 14650).'Eugenio Garin
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nascimento », ossia, aggiungeremmo noi, attraverso un preciso programma pedagogicopolitico1. Fedele a questa impostazione, Gramsci venne articolando la sua visione della storia italiana intorno a Machiavelli e al Rinascimento, al Risorgimento e alla lotta culturale del primo Novecento. E proprio nella sua analisi di questi punti nodali, e nei suoi debiti verso interpreti e critici (che per Machiavelli, ad esempio, vanno dal De Sanctis al Croce e al Russo), si colgono bene le differenze della sua posizione, e la sua originalità[...]
[...]isti del 700 alla svalutazione di non poche posizione dell’ ’800. Una serie di ricerche inEugenio Garin
All
questa direzione sarebbe certo giovevole, ma non destinata a incidere sensibilmente sulla prospettiva cosi originale in cui l’opera di Gramsci si colloca. Quando più volte, a proposito della filosofia della prassi, si richiama a Hegel; quando si collega a De Sanctis — e soprattutto quando cosi largamente lo utilizza — quando reca su Labriola quel giudizio tanto notevole circa la possibilità di un’elaborazione autonoma della filosofia della prassi; quando, infine, polemizza con egual vigore contro i “ mistificatori ” del marxismo, siano essi kantiani, o idealisti, o sociologi positivisti, Gramsci precisa con sicura consapevolezza la propria posizione. De Sanctis e Labriola, piuttosto che Spaventa; e Croce per quanto contribuì a mantener vivi i primi due. Ma dalla guerra mondiale in poi Gramsci ripercorrerà a ritroso, sempre più chiaramente, nella lotta prima, nella chiusa meditazione dopo, il cammino crociano; Croce aveva ritrovato, nel distacco da Labriola e nella revisione deU’hegelismo, una direzione « kantiana » di « forma » non storicizzabile : un « sistema » della « filosofia dello spirito », una « natura umana » assoluta. Gramsci, al contrario, non si limiterà a rifiutare l’atto spirituale taumaturgico, e solo retoricamente operoso, per ritrovare il positivo e il concreto processo storico, vivo e reale nel lavoro delle società umane. Anche l’ultimo « aroma speculativo » svanirà : nella critica alla doppia mistificazione del marxismo — sia in direzione idealistica che materialistica — e nella elaborazione di una originale « concezione del [...]