Brano: [...]dita nei paesi limitrofi e nei mercati. Naturalmente niente serve, niente garzoni: per quest'ultimo, a malincuore, lo confesso, lo rimpiazzai io, curando e governando, strigliando il somarello, a cui mi ero affezionato molto, unico forse superstite di una triste famiglia agiata. Si usciva quasi tutte le notti per trovarci presto sui mercati, e il sabato sera (vuoi sabato inglese, vuoi sabato fascista) si usciva alle venti di sera caminando tutta la notte, per trovarci al mercato di domenica mattina a Caiazzo, vicino a Piedimonte d'Alife, e questo mercato non si poteva trascurare, perché il più redditizio. Venivo su grandicello, ero un pochino invidioso di qualche mio compagno che vestiva molto meglio di me, ed a furia di insistenza, ottenni, per la prima volta, un vestito nuovo, che mia madre comprò a credito da una sua sorella che aveva negozio di tessuti e siccome questa sorella di mia madre non aveva figli, pensò bene mia madre non pagarglielo più: pagò,, s'intende, solo al sarto, pochi soldi. Descrivervi la moda della confezione è inutile[...]
[...]e se non inocui«.
(2) Grand chemin d'Aix.
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atripaldesi, che come noi raggiungevano i loro cari. Erano passate circa venti ore che stavamo a bordo e nessuno aveva toccato cibo. Facevamo a gara, a chi piú rovesciava (per il mal di mare) non abituati, e credo che a stento rimasero gl'intestini: i limoni furono la nostra salvezza, e ci trovammo una buona provvista, perché quel parente Martino ce lo aveva consigliato. Sopravvenne la notte, e verso le ventuno arrivammo al golfo di Genova, golfo pericoloso, come diceva il personale del vapore. Fu tale una tempesta, che tutti credevamo fosse vicino la nostra fine. Le grida maggiori furono degli atripaldesi che invocavano S. Sabino, e tutti gli altri invocavano il loro protettore.
Fu tale lo spavento e la compassione, che il capitano diede ordine di farci passare tutti dalla coverta ai saloni di prima e seconda classe. Non l'avesse mai fatto: riducemmo quei tappeti e quei mobili un porcile, da tutta la biancheria che buttavamo dalla finestra (per non dire altro). Venne l'indomani[...]
[...]rco Minghetti » di Palermo] c'imbarcammo, prendendo posto (unito ad altri emigranti, forse pili poveri di noi) in coverta (1). Alle tredici incominciammo a bordo il primo pasto, e si partì alle ore sedici, tempo bellissimo. Salutammo Marsiglia col suo grande porto, e anche il santuario della Bonne Mère (2) della Garde, a cui rivolgemmo una preghiera, perché ci facesse arrivare sani e salvi. Alla sera facemmo il secondo pasto con appetito e tutta la notte fu deliziosa, mare bellissimo, contrariamente a quello burrascoso dell'andata. Col mare bellissimo e con la paura passata del padron di casa di Marsiglia ci sviluppò tale un appetito, che in meno di ventiquattr'ore avevamo esaurito la scorta che avrebbe dovuto bastare cinque giorni. Arrivammo a Genova alle ore tredici del giorno dopo. Fummo avvisati che potevamo scendere per sole quattro ore, e che alle ore diciassette dovevamo trovarci tutti a bordo. Sbarcammo io e mia madre per comprare qualche cosa, ma ci avvedemmo che i generi
(1) Ho ritrovato i dati esatti, segnati a matita, sul librett[...]
[...]ciante, che aveva preso alloggio all'Hotel Columbia, vicino alla stazione Principe, prendendo i pasti nei migliori ristoranti. Ho vissuto tutta la vita (tanto necessaria) dal pane duro e salacche, al burrothe, e marmellata, dalla taverna dormire sulla paglia, al vagone letto, a Genova).
Salimmo a bordo, ma i viveri erano per esaurirsi. Mio padre era timido per chiedere qualche cosa, mia madre era audace, ma era sempre donna. Avevamo passato quella notte il golfo di Genova con un mare tranquillo. Avevo fatto amicizia con un marinaio di bordo, siciliano come tutto l'equipaggio, e quella mattina domandai al marinaio chi era il comandante. Ero ragazzo, e non sapevo distinguere il grado: me lo indicò da lontano. Mi avvicinai, e nel chiedergli scusa, lo pregai di ascoltarmi. Mi porto nella sua gabina, ed io gli raccontai tutta l'odissea della mia famiglia: dato il bel tempo di mare avevamo esaurito la scorta di viveri ed il denaro. Pregandolo che ci avesse aiutato, dandoci un piatto di minestra e siccome aveva visto per caso fare il trasbordo (da [...]
[...]in che modo io vedevo la festa da Avellino. La chiesa del Carmelo a Montefusco era situata al principio del paese e proprio sul fronte del paese verso Avellino, .e su una piazzetta vicino alla chiesa venivano addobbate delle bellissime luminarie, che erano ben visibile dalla nostra stazione ferroviaria di Avellino, quindi il sabato, vigila della festa, fu per me una tortura, vedere da lontano quella festa, e non poterci andare. Non riposai tutta la notte e né anche la domenica fino alla sera, e senza pensarci due volte, dissi a mio zio Sabina, se mi permetteva alle undici di andare a Montefusco, con l'impegno di trovarmi il lunedì mattina alle sette per aprire (anche con qualche ora di ritardo) il buffet. Mio zio in un primo momento non era consenziente, dicendo che avrei dovuto fare setteotto chilometri a piedi in salita, di notte, e altrettanto al mattino; ma poi fini per accontentarmi.
Alle ventitrè vi era l'ultimo treno che, proveniente da Napoli, passava per Avellino, e proseguiva per Benevento. Feci in cinque minuti succintemente la mi[...]
[...] ferroviario e con la distruzione di parecchi chilometri della ferrovia. E proprio in quell'epoca vi doveva essere un forte passaggio di truppe che dovevano prepararsi per la Libia, e tutte queste truppe dovettero passare per molti giorni per Avellino, finché non fosse riattivata la ferrovia nel Salernitano. Descrivervi il lavoro per noi, giorno e notte è impossibile. Mentre il giorno si lavorava con i pranzi per gli ufficiali ininterrottamente, la notte si doveva lavorare con la truppa, fornendo vino in fiaschi e liquori. Mobilitai diversi ragazzi e, insieme a me, svegliavamo tutti i soldati, e tutti acquistavano vini, liquori e panini imbottiti. Basti dirvi che dopo un anno dalla morte di mio zio, avevo non solo pagato tutti i
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debiti, rifornito abbondantemente il buffet dai migliori salami di Modena ai formaggi di ogni specie, ai vini pregiati di Chianti, ai migliori liquori. Avevo in cassa come riserva lire 6000, somma favolosa per quei tempi, e che al momento che scrivo non si può comprare neanche un paio di scarpe mo[...]
[...] — Facendo dello spirito, risultato: tutti abili.
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Comunque ebbi l'esonero, fui subito incaricato per gli acquisti. Da un mese la città era senz'olio, e in due giorni comprai ad Andria q.li 450 olio, dalla Sardegna 250 q.li di formaggio, tanto che ebbi un elogio dal Prefetto, il quale mise a mia disposizione fondi e personale. Ero soddisfatto, sia per l'esonero, che mi dava l'agio di guardare la mia azienda. La notte per me non esisteva, la passavo in treno, sui carretti, e pur di fare bella figura e in parentesi anche redditizia.
Come se non bastassero tutte le occupazioni, non tralasciavo coltivare le altre che si presentavano.
Una sera fioccava la neve a. larghe falde, si presentò un signore sulla cinquantina chiedendomi in francese una camera, e fu molto soddisfatto quando gli risposi anche in francese che potevo ospitarlo. Presi le sue generalità, e gli domandai che cosa fosse venuto a fare,
e con tutta la franchezza mi disse che doveva acquistare 45 mila q.li di vino. Allora gli risposi che ero m[...]