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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale La guerra è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 1298Entità Multimediali , di cui in selezione 210 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 214

Brano: [...]tario con il corpo di spedizione del generale Baldissera in Eritrea. Dopo aver trascorso alcuni anni in fortino, rivelandosi buon organizzatore e addestratore, nel '1898 interruppe il suo primo contatto con l’Africa per impegnarsi in una solida preparazione, prima alla Scuola di guerra (dove si affermò al sesto posto su 41 idonei), poi al corso per ufficiali di stato maggiore. Nello stesso tempo collaborava alla rivista militare La preparazione. La guerra di Libia lo trovò inserito in posti di responsabilità, fino a diventare capo di stato maggiore agli ordini del generale Frugoni. Distintosi nella conquista dell’oasi di Zanzur, ebbe la medaglia di bronzo.

Prese parte alla prima guerra mondiale, assolvendo compiti di responsabilità, quale quello della preparazione dei trinceramenti sul Sabotino. Nel maggio 1916, con il grado di colonnello, divenne capo di stato maggiore del generale Luigi Capello, distinguendosi sul Sabotino, sugli Altipiani, alla Bainsizza, guadagnandosi altri avanzamenti, fino a ottenere — di fatto nell'agosto, di diritto[...]

[...]II non sarebbe dispiaciuta) di intermediari tra il fascismo e la Corona. Nel maggio 1926 Mussolini nominò Badoglio Maresciallo d’Italia, imponendogli però i propri criteri di riordinamento dell’esercito; nel giugno 1928 gli conferì il titolo di marchese del Sabotino, ma dopo aver ridotto le funzioni del capo di stato maggiore generale a una mera consulenza «tecnica» (febbraio 1927). Nel dicembre 1928, dopo avergli imposto, come sottosegretario alla guerra, il generale Cavallero, gli conferì il Governatorato della Tripolitania e della Cirenaica; un mese dopo il re, quasi a sottolineare in lui un garante della corona nei riguardi del regime, lo insignì del collare dell’Annunziata.

Lasciato il Governatorato ai primi del 1934, nel novembre 1935, un mese dopo l’inizio dell’aggressione fascista all’Etiopia, Badoglio fu designato a sostituire il generale De Bono nel comando delle truppe colonialiste. Riservandosi il settore operativo eritreo e affidando quello ( somalo al generale Rodolfo Graziani (v.), non esitò a mettere in atto una guerra parti[...]

[...]nte spietata contro un avversario praticamente disarmato, attuando veri massacri all’Amba Aradam, all’Amba Alagi ed infine al lago Ashanghi, che gli apri

rono rapidamente la via su Addis Abeba (9.5.1936). Come premio per l’impresa ebbe, sul campo, l’investitura a viceré d’Etiopia e il titolo di duca di Addis Abeba. Tuttavia, lasciata a Graziani l’incombenza di « pacificare » il paese, preferì rientrare subito in Italia, dove scrisse un libro {La guerra di Etiopia) per esaltare la propria abilità strategica. Alla fine del 1937 fu chiamato a succedere a Marconi alla presidenza del Consiglio nazionale delle ricerche.

AH’inizìo della seconda guerra mondiale i rapporti tra P.B. e il regime subirono una nuova crisi. Inizialmente contrario alla guerra, il maresciallo finì con l’accondiscendervi, dirigendo le operazioni come capo di stato maggiore generale. Al pessimo volgere dell’aggressione alla Grecia, un attacco sferratogli da Farinacci su « Regime Fascista » lo convinse, per quanto tardivamente (4.12.1940), a dimettersi dalla carica, nella quale fu sostituito dal più fidato Cavallero, e a scindere le proprie responsabilità individuali da quelle del regime.

Dal 25 luglio all'8 settembre

Ritiratosi dalla vita pubblica negli anni cruciali (194142) dell’ascesa e del declino dell’Asse, nella primavera 1943 ebbe un colloquio col re, ne[...]

[...]ramite il ministro della reai casa Acquarone, fu informato del colpo di stato che, dopo il convegno di Feltre, in tutta fretta, i militari si sarebbero decisi ad attuare e nel quale il maresciallo non avrebbe avuto parte alcuna. II pomeriggio del 25 luglio, a cose fatte, Badoglio fu convocato da Vittorio Emanuele III e investito della carica di primo ministro. Il re gli impose un governo di tecnici e V.E. Orlando gli redasse l’ambiguo proclama « La guerra continua ». ?

L’azione del governo Badoglio du, rante i 45 giorni successivi restò gravemente condizionata dalle sue stesse origini: dovette subire la pressione degli « alleati » tedeschi che, dal 26 luglio, facendo affluire attraverso il Brennero le divisioni fino ad allora rifiutate, intrapresero una metodica occupazione della penisola; dovette districarsi tra le prerogative strettamente « tecniche » della formazione governativa, il predominio della Corte e degli ambienti militari, e una blanda apertura verso i partiti antifascisti. Questa apertura si espresse fondamental

214



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 242

Brano: [...]e e le invidie delle nazioni ricche, ” degli arrivati ", dei soddisfatti, dei ” conservatori

Il fascismo utilizza il poco, pochissimo lavoro che dà per creare ordigni di distruzione e di morte, per dire alle centinaia di migliaia di operai, da anni disoccupati: "Vedete, io vi porto il lavoro e la gloria! Il fascismo agita i magri, sudati, insanguinati risparmi che i braccianti, i manovali, i contadini, inviati in Africa a costruire strade per la guerra, inviano a casa, per tentare di illudere le masse sulle ricchezze, sul lavoro, sulla terra che il popolo italiano può trovare in Abissinia. [...]

Noi sappiamo che questa guerra è la guerra del fascismo, non delI'Italia, non del popolo italiano. L’abbiamo detto al Congresso di Bruxelles: essa è la conclusione di 13 anni di dittatura fascista e di asservimento delle masse popolari agli interessi e al dominio di un pugno di sfruttatori e di parassiti. Essa è il punto di arrivo dell’esasperato sciovinismo fascista e lo sbocco delle campagne demagogiche con cui il fascismo ha cercato di ingannare le masse; essa è l’estremo tentativo della dittatura di consolidare le sue basi minacciate sugli allori insanguinati di una vittoria militare: essa getterà nel baratro di una campagna lunga[...]

[...]con cui il fascismo ha cercato di ingannare le masse; essa è l’estremo tentativo della dittatura di consolidare le sue basi minacciate sugli allori insanguinati di una vittoria militare: essa getterà nel baratro di una campagna lunga e difficile le già scarse riserve dell'Italia.

Noi sappiamo che questa guerra, vittoriosa

o disastrosa per le sorti delle armi italiane, non risolverà nessuno dei problemi che tormentano i lavoratori italiani. La guerra non risolve la crisi e le sue terribili conseguenze sulle masse. Anzi, i miliardi che si sono già spesi e che si spenderanno, obbligheranno a ridurre ancora il tenore di vita e di cultura delle masse popolari. Anche oggi, in piena produzione per la guerra, con 1.200.000 lavoratori sottratti alla produzione, la disoccupazione italiana non è diminuita che di 200300.000 unità, cioè non è diminuita, ma relativamente aumentata.

La guerra non darà al capitalismo italiano le fonti di materie prime importanti che esso cerca; 1) perché non è affatto detto che l’Etiopia possegga grandi ricchezze naturali; i dati relativi ad essa sono contraddittori e non controllati; 2) perché, anche se esistessero simili ricchezze, occorrerebbero anni per realizzarle e capitali che i conquistatori italiani non hanno. Comunque, di queste eventuali conquiste, i lavoratori sarebbero solo destinati a subire le spese; gli utili li intascherebbero i capitalisti.

La conquista deH'Abissinia non darà la terra ai contadini italiani, non darà lavoro ai n[...]

[...]n hanno. Comunque, di queste eventuali conquiste, i lavoratori sarebbero solo destinati a subire le spese; gli utili li intascherebbero i capitalisti.

La conquista deH'Abissinia non darà la terra ai contadini italiani, non darà lavoro ai nostri emigranti perché nessuna conquista coloniale ha mai dato la terra ai contadini, ma alle banche e agli sfruttatori e perché in Abissinia il lavoratore italiano non può vivere per le condizioni di clima. La guerra oggi, il possesso eventuale dell’Abissinia domani dopo sacrifici immensi di vite e di denaro sopportati dalle masse lavoratrici, potranno costituire, al massimo, una fonte di lucri e di guadagni certi per qualche decina o centinaia di sfruttatori e di finanzieri ». (Dall'archivio del P.C.I.; testo pubblicato su « Rinascita » del 13.3.1970).

Il rapporto di forze

Il 3.10.1935, mentre alla Società delle Nazioni si sperava ancora nel compromesso, Mussolini ordinò a De Bono di sferrare l’offensiva, quantunque non vi fosse stata nessuna dichiarazione di guerra.

Il 9 ottobre, applicando l’a[...]

[...]Impaziente di ottenere una grande vittoria militare, il « duce » ruppe gli indugi e sostituì il vecchio quadrumviro De Bono con il generale Pietro Badoglio (v.).

Lo stato maggiore etiopico approfittò della pausa per concentrare le proprie forze: ai 30.000 uomini di ras Sejùm furono aggiunti un’armata di 40.000 combattenti al comando di ras Cassà e dei suoi tre figli; quindi un contingente ancora più numeroso comandato dall’anziano ministro della Guerra ras Mulughietà. A tappe forzate si diresse verso il fronte^ dal lontano Goggiam, anche ras Immirù. Nell’inverno 1935 l’esercito etiopico sferrò una controffensiva che, sorprendendo gli italiani, li costrinse a ritirarsi fino ad Axum e al Passo Uarieu. Ras Immirù, con la sua armata, aggirò le truppe di Badoglio e si spinse quasi fino alla frontiera eritrea, minacciandole a tergo nelle vie di comunicazione. Anche ras Cassà sferrò il suo attacco e, dopo una dura battaglia

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 134

Brano: [...]antitativo della fanteria, specie contro carro, che ingenerò un senso di sfiducia di fronte alla potenza ed al numero dei mezzi nemici e in particolare di fronte alla invulnerabile corazza dei carri pesanti russi. Inadeguato equipaggiamento invernale specie di scarpe, di cappotti a pelliccia, inadatti per materiale e per fattura alle condizioni climatiche dell’ambiente. Deficienza di addestramento tecnico delle truppe alle forme più difficili della guerra di movimento (ripiegamento). Deficienza tecnicomorale di qualche quadro di complemento non ben compreso della dignità del grado.

Tali deficienze hanno determinato: risultati talvolta modesti negli innumerevoli episodi di valore individuale e collettivo, perché frequentemente non sorretti dalla indispensabile preparazione tecnica deM'uomo e del reparto; perdite rilevanti particolarmente per unità accerchiate, cioè laddove l’imperizia

o l'errore vengono immediatamente pagati a caro prezzo; forte numero di congelati che pesarono sull’efficienza dei reparti nelle dure vicende dei ripiegamen[...]

[...]rto; perdite rilevanti particolarmente per unità accerchiate, cioè laddove l’imperizia

o l'errore vengono immediatamente pagati a caro prezzo; forte numero di congelati che pesarono sull’efficienza dei reparti nelle dure vicende dei ripiegamenti nel Don.

b) di carattere tecnico:

inadeguata attrezzatura di alcuni mezzi di telecomunicazione e caratteristiche tecniche non sempre rispondenti per portata, mobilità, rusticità alle esigenze deila guerra di movimento in vasti settori operativi, e che portarono alla mancanza di ogni collegamento nelle fasi più critiche della lotta; attrezzatura dei nostri aerei non idonea al volo notturno o con nebbia, che frequentemente ne ha limitato l’azione nei giorni della battaglia.

L’epica vicenda, pur nelle sue sfortunate conseguenze, ha fatto brillare di nuova luce il valore del soldato italiano ».

A.Ba.

Bibliografia essenziale: Ministero della Difesa, Stato Maggiore, Ufficio Storico, Le operazioni del C.S.i.R. e deii’A.R.M.I.R., Roma, 1947; Fidia Gambetti, I morti e i vivi deii'Armir, Milano[...]

[...]volo notturno o con nebbia, che frequentemente ne ha limitato l’azione nei giorni della battaglia.

L’epica vicenda, pur nelle sue sfortunate conseguenze, ha fatto brillare di nuova luce il valore del soldato italiano ».

A.Ba.

Bibliografia essenziale: Ministero della Difesa, Stato Maggiore, Ufficio Storico, Le operazioni del C.S.i.R. e deii’A.R.M.I.R., Roma, 1947; Fidia Gambetti, I morti e i vivi deii'Armir, Milano, 1949; Giovanni Messe, La guerra sul fronte russo, Milano, 1947; Nuto Revelli, Mai tardi, Cuneo, 1946; id. id., La guerra dei poveri, Torino, 1962; G. Sotgiu e M. Paone, La tragedia deii’Armir, Milano, 1950; Aldo Valori. La campagna di Russia, Roma, 1951.

Armistizio di Cassibile

Accordo firmato il 3.9.1943 per sospendere le ostilità tra l’esercito italiano e le forze militari degli Al

leati; fu reso pubblico I’8.9.1943. Alle ore 22,30 del 19.8.1943 gli Alleati comunicarono le condizioni di armistizio al generale Giuseppe Castellano (v.), che le ricevette nella veste di rappresentante personale del maresciallo Badoglio. Erano presenti alla riunione, che si svolse nella sede dell’ambasciata britannica in [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 389

Brano: Bucharin, Nikolaj Ivanovic

viaria — scelsero come nuova sede Bruxelles.

Anche se l'iniziativa era stata dei partiti della classe operaia, ispirata alla tradizionale lotta per la pace e contro la guerra capitalistica, il carattere apertamente aggressivo e antinazionale del conflitto che il fascismo stava preparando appariva chiaro a tutte le correnti antifasciste, che subito riconobbero nell’impresa d’Etiopia l’inizio di una svolta, con la quale si accentuavano le caratteristiche antipopolari del fascismo e si apriva una serie di nuovi, gravi sconvolgimenti internazionali.

Così il movimento di « Giustizia e Libertà », pur prendendo posizioni diverse, il Partito repubblicano, la L.I.D.U. e altre organizzazioni antifasciste promossero varie manifestazioni contro la minacciata aggressione al[...]

[...]onale più importante, che più colpiva la sensibilità politica delle masse popolari di tutti i paesi. Le due Internazionali e le federazioni sindacali mondiali intervennero col loro peso. Il 3 settembre fu convocata a Parigi la « Conferenza internazionale per la difesa del popolo etiopico », a cui parteciparono anche rappresentanti di tutti i partiti e movimenti antifascisti italiani, i quali presentarono una dichiarazione collettiva che definiva la guerra « un crimine contro gli interessi, le tradizioni e la volontà della nazione italiana ».

Quello che si aprì a Bruxelles il 12 ottobre fu perciò veramente il «Congresso degli italiani all’estero». Infatti vi parteciparono non soltanto rappresentanze delle due Internazionali e del « Comitato mondiale contro la guerra e il fascismo », ma tutti i partiti antifascisti italiani e numerose organizzazioni di lavoratori: dalla C.G.T. alla L.I.D.U., ai sindacati degli operai italiani emigrati negli Stati Uniti, presieduti da Lujgi Antonini (v.). Il movimento di « Giustizia e Libertà » non fu presente, per divergenze circa il carattere della lotta politica che si doveva svolgere in Italia. Parteciparono al congresso anche delegati giunti dall'Italia.

L'appello agli italiani

L’assemblea votò un appello agli italiani. Dopo aver premesso di rappresentare centinaia di migliaia di lavoratori italiani di ogni cond[...]

[...]oveva svolgere in Italia. Parteciparono al congresso anche delegati giunti dall'Italia.

L'appello agli italiani

L’assemblea votò un appello agli italiani. Dopo aver premesso di rappresentare centinaia di migliaia di lavoratori italiani di ogni condizione sociale e politica, sparsi per il mondo, si affermava che il Congresso degli italiani si era riunito a Bruxelles per

« dichiarare alto e forte l’angoscia del popolo italiano di fronte alla guerra scatenata il 3 ottobre, e la sua volontà di pace; per dire ai nostri fratelli soldati in Italia e in Etiopia, e agli italiani tutti, una parola che susciti nei loro spiriti un incrollabile proposito d’azione contro la guerra; per separare, davanti alla opinione pubblica mondiale, la responsabilità del popolo italiano da quella del fascismo, il quale sta consumando contro l’indipendenza del popolo etiopico e contro l’umanità, il più abominevole delitto.

« La guerra iniziatasi in Africa non è guerra dell’Italia, ma del fascismo. Essa è la conclusione di 13 anni di una folle politica liberticida di asservimento delle masse al pugno di sfruttatori e di profittatori, politica che — dopo aver tentato invano l’ultima sua giustificazione con una inconsistente esperienza corporativa — cerca uno sbocco nella esasperazione dello sciovinismo, seguendo così il destino di tutte le dittature capitai iste e militariste, le quali, dopo aver creduto di risolvere od eludere le crisi politiche ed economiche, da cui furono portate al potere, con Tassassimo della libertà, s[...]

[...]tente esperienza corporativa — cerca uno sbocco nella esasperazione dello sciovinismo, seguendo così il destino di tutte le dittature capitai iste e militariste, le quali, dopo aver creduto di risolvere od eludere le crisi politiche ed economiche, da cui furono portate al potere, con Tassassimo della libertà, si lusingano poi di poter coprire o allontanare l’inevitabile fallimento sotto gli allori insanguinati di effimere vittorie militari.

« La guerra, lungi dal risolvere i problemi del pane e del lavoro, riduce i lavoratori ad una più grande miseria, getta in un baratro di sangue le già stremate risorse del paese, Crea nuove servitù aggravando la stretta degli egoismi capitalisti, falcidia sulle aride ed inclementi ambe africane il fiore della gioventù italiana.

« Già per la breccia aperta dal cannone fascista si affacciano tutti gli appetiti e i contrasti imperialisti e sulle orme fasciste si preparano a marciare tutte le forze reazionarie che in Germania e altrove covano un odio mortale contro l’Unione Sovietica e verso ciò che sopra[...]

[...]la gioventù italiana.

« Già per la breccia aperta dal cannone fascista si affacciano tutti gli appetiti e i contrasti imperialisti e sulle orme fasciste si preparano a marciare tutte le forze reazionarie che in Germania e altrove covano un odio mortale contro l’Unione Sovietica e verso ciò che sopravvive delle libertà democratiche.

« Di fronte agli uomini e di fronte alla storia, noi dichiariamo che il fascismo è

il solo responsabile della guerra, delle sue conseguenze e delle sue complicazioni. Il fascismo ha disonorato l’Italia rompendo con le migliori tradizioni del suo popolo, il quale ha sempre aiutato tutte le lotte di libertà e di indipendenza nazionale; ha esposto l’Italia al disprezzo universale rompendo i patti di pacifica convivenza tra i popoli, tradendo la parola data del rispetto della indipendenza abissina; ha fatto decidere contro l’Italia le sanzioni che la Società delle Nazioni aveva previsto contro gli aggressori; ha sollevato la riprovazione del mondo civile con i bombardamenti aerei di popolazioni indigene.

« I[...]

[...]ertà e di indipendenza nazionale; ha esposto l’Italia al disprezzo universale rompendo i patti di pacifica convivenza tra i popoli, tradendo la parola data del rispetto della indipendenza abissina; ha fatto decidere contro l’Italia le sanzioni che la Società delle Nazioni aveva previsto contro gli aggressori; ha sollevato la riprovazione del mondo civile con i bombardamenti aerei di popolazioni indigene.

« In queste condizioni, lottare contro la guerra africana, imporre con tutti i mezzi la cessazione immediata della guerra significa lottare per la salvezza del popolo italiano, significa evitare all’umanità una spaventosa catastrofe.

« Noi dichiariamo pertanto solennemente che il congresso è fiero di mettersi alla testa di questa lotta ».

A queste parole seguiva l’appello ai soldati, ai lavoratori, ai cittadini tutti per organizzare, sul piano nazionale e interna

zionale, la resistenza, il sabotaggio e le misure concrete della lotta.

A.Pe

Bucharin, Nikolaj Ivanovic

Uomo politico russo e teorico del comuniSmo. N. a Mosca il 27.9.1884, fucilato nel marzo 1938. Militante nel partito bolscevico dal[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 605

Brano: [...]riunirsi e il comitato delle correnti antifasciste di Milano aveva assunto una funzione di guida e di stimolo nei riguardi di quell.o di Roma che, presieduto da Ivanoe Bonomi (v.), era forse più propenso a concedere la sua fiducia al Badoglio o almeno ad attenderne le decisioni senza porgli fermi ultimatum. Invece a Milano la situazione era ben diversa, anzitutto perché c’era una vasta massa operaia che era molto risoluta nel chiedere la fine della guerra e che respingeva l’infelice frase del manifesto del nuovo capo del governo: « La guerra continua ».

Così, ai primi di agosto, il comitato interpartitico milanese approvò al l’unanimità una mozione che reclamava l’immediata firma dell’armistizio, se non si voleva che il proletariato del Nord entrasse in azione. Ma a Roma la discussione su questa mozione fu, come riferisce il Bonomi sul suo Diario, alquanto tempestosa e Io stesso Bonomi, aiutato da De Gasperi, riuscì ad evitare l’appello insurrezionale, sostenendo che lo si sarebbe dovuto lanciare solo quando gli angloamericani avessero «messo piede in Italia ». Tuttavia, in una nuova riunione, sempre a Roma, alla quale non pre[...]

[...]clusione dell’armistizio e la sostituzione del governo Badoglio, qualora non avesse voluto aderire a tale richiesta, con un altro governo, espresso dai partiti democratici. Di nuovo tale mozione venne portata alla Capitale, e qui il comunista Giovanni Roveda riferì sullo stato d’animo degli operai di Milano e di Torino: « Speravano nella pace, ma oggi si sono convinti che per raggiungere la vera, durevole pace occorre battersi contro i tedeschi. La guerra antitedesca sarebbe popolare ». Ma come era già avvenuto nella riunione precedente del 13 agosto, anche quésta volta l’ordine del giorno, che riassumeva le posizioni miianesi, suscitò, dice il Bonomi, « discussioni assai vive ». Tuttavia le richieste del Comitato di Milano erano precise e non era possibile sottrarsi ad esse e, pertanto, il Comitato romano dovette accettarne il contenuto che si riassumeva — afferma ancora il Bonomi — « in due proposizioni: mobilitare lo spirito italiano per prepararlo a una crociata antitedesca e richiedere la formazione di un governo schiettamente democratico[...]

[...] così almeno risulta dal suo Diario, a riferire qu.' sta volontà delle correnti antifasciste al Badoglio, ma intanto il Comitato milanese aveva impostato nei suoi esatti termini il problema politico italiano poiché aveva avanzato le esigenze fondamentali per la ricostituzione di una società democratica e prospettato la necessità della lotta popolare antitedesca contro ogni troppo facile ottimismo, secondo cui ci sarebbe stato possibile uscire dalla guerra senza

605



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 417

Brano: [...]il colpo di stato del 1851, che vide Luigi Bonaparte autoproclamarsi Napoleone III, gli operai si levarono contro questa nuova dittatura. Crisi economiche, guerre, lotte sociali e altre repressioni caratterizzarono gli anni del cosiddetto Secondo Impero (18511870), nel quale la borghesia francese, capeggiata da Napoleone Ili, tentava faticosamente di inserirsi nel più elevato contesto economico europeo dominato dalla Germania e dall’Inghilterra. La guerra francoprussiana del 1870 segnò la fine di Napoleone III.

La Comune

Oltre che una pesante dittatura per la classe operaia (12 ore di lavoro giornaliere, divieto di sciopero e divieto di qualsiasi associazione per

i lavoratori fino al 1864), il Secondo Impero esprimeva il sogno sciovinistico della borghesia francese di riconquistare i territori occupati e poi perduti nelle guerre napoleoniche, per allargare i confini della Francia almeno fino al Reno. Allarmati dal crescere della potenza militare ed economica della Prussia,

i capitalisti francesi decisero perciò di aggredirla. Senon[...]

[...]emocratico popolare dèlia storia. Alla fine, stroncata la resistenza proletaria, il generale Gallifet ordinò quella che sarebbe passata ai posteri come una delle più spietate repressioni borghesi. La strage di migliaia di cittadini inermi durò per molti giorni; i processi, conclusi dalle deportazioni in massa dei superstiti, si protrassero per oltre 4 anni.

Nel 1891 Engels scrisse sulle misure di governo della Comune (Introduzione a: C. Marx, La guerra civile in Francia, nella traduzione di P. Togliatti, Roma, 1950): « Il 30 marzo 1871 la Comune abolì la coscrizione e l’esercito permanente e proclamò che la Guardia nazionale, alla quale dovevano arruolarsi tutti i cittadini atti alle armi, sarebbe stata la sola forza armata. Dichiarò una moratoria di tutte le pigioni dall'ottobre 1870 fino aU’aprile, stabilendo che gli affitti già pagati si dovessero computare in acconto alle pigioni future; e sospese ogni vendita di oggetti impegnati al Monte di Pietà. Lo stesso giorno gli stranieri eletti a far parte della Comune furono confermati nella l[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 615

Brano: [...]o i fascisti possano mettere in esecuzione il loro piano come hanno fatto nelle altre città. La minima debolezza, la minima indecisiòne potrebbe essere fatale ».

E indicava l’obiettivo della risposta operaia: i responsabili, i grandi industriali: « Al primo tentativo fascista deve seguire rapida, spietata, la risposta degli operai, e deve questa risposta essere tale che il ricordo ne sia tramandato fino ai pronipoti dei signori capitalisti. Alla guerra come alla guerra, e in guerra i colpi non si danno a patti [...]. Pericolo di morte per chi tocca la Camera del lavoro, pericolo di morte per chi favorisce e promuove l’opera di distruzione. Cento per uno. Tutte le case degli industriali. La guerra è la guerra: chi tenta l’avventura deve provare il duro morso della belva che ha scatenato. La guerra è la guerra. Guai a chi la scatena. Un militante della classe operaia che debba passare all’altro mondo, deve avere nel suo viaggio un accompagnamento di prima classe. Se l’incendio arrossa il pezzo di cielo di una strada, la città deve essere, provvista di molti bracieri per riscaldare le donne e i figli degli operai andati in guerra » (« Ordine Nuovo », 31.1.1921, n. 31).

Criticava inoltre acerbamente la direzione

del Partito socialista e della C.G.L.: « Il massimalismo che oggi è in rotta e in piena decomposizione, ha applicato nella guerra civile la stessa tattica che il generalissimo Cadorna a[...]

[...]o mondo, deve avere nel suo viaggio un accompagnamento di prima classe. Se l’incendio arrossa il pezzo di cielo di una strada, la città deve essere, provvista di molti bracieri per riscaldare le donne e i figli degli operai andati in guerra » (« Ordine Nuovo », 31.1.1921, n. 31).

Criticava inoltre acerbamente la direzione

del Partito socialista e della C.G.L.: « Il massimalismo che oggi è in rotta e in piena decomposizione, ha applicato nella guerra civile la stessa tattica che il generalissimo Cadorna aveva applicato alla guerra nazionale: ha logorato gli effettivi proletari in una molteplicità di azioni disordinate e caotiche. ha sfibrato le masse, le ha illuse sulla facilità della vittoria. Il massimalismo italiano e il generalissimo Cadorna avevano avuto dei precursori: i boxers cinesi, i quali credevano di poter snidare gli inglesi e i tedeschi dai loro fortilizi, avanzando in folla tumultuante contro le mitragliatrici, preceduti da stendardi di carta con dipinti mostri orribili e spaventosi » (« Ordine Nuovo », 13.11.1921. n. 316).

Nella sede della redazione e della tipografia dell’« Ordine Nuovo » venne orga[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 116

Brano: [...] dei 6 giorni (1967)

Nel 1966 i sintomi di conflitto tra Israele (dove era in atto una recessione economica) e i circostanti paesi arabi divennero più acuti. Il

13 novembre, reparti israeliani attaccarono un villaggio della Giorda

nia e l’incidente fu condannato dall’O.N.U. come violazione degli accordi armistiziali del 1956.

Il 7.4.1967, aerei israeliani e siriani si scontrarono nel cielo di Damasco (Siria), cosa che non accadeva dalla guerra del 1948. Il 22 maggio il presidente egiziano Nasser chiese il ritiro delle truppe dell’O.N.U. dalla frontiera tra Egitto e Israele e, nello stesso tempo, ordinò il blocco del golfo di Akaba, unica via di accesso israeliano all’Oceano Indiano. Il 30 maggio venne concluso al Cairo un Patto di mutua difesa tra la Repubblica Araba Unita e la Giordania. L’1 giugno Israele rispose nominando al Ministero della difesa Moshe Dayan, già comandante dell’esercito. Il 5 giugno, forze armate egiziane e giordane attaccarono da due parti lo Stato di Israele.

Al terzo giorno di combattimento gli israelian[...]

[...]preparati a quel conflitto, avevano distrutto l’intera aviazione egiziana e inoltre conquistato Gaza, la penisola del Sinai e la fortezza di SharmelSheikh all’ingresso del golfo di Akaba. Sul fronte giordano avevano preso l’intera Cisgiordania con la città di Gerusalemme, mentre sul fronte siriano avevano conquistato le colline intorno all’Alta Galilea. Il 10 giugno Israele e Siria dovettero accettare il « cessate il fuoco » imposto dall’O.N.U.. La guerra era durata in tutto 6 giorni.

Il successivo mese di settembre Dayan, forte della sua fulminea vittoria militare e portavoce delle correnti nazionalistiche più oltranziste, dichiarò « intangibili » le nuove frontiere conquistate da Israele. I rapporti tra Israele e il mondo arabo vennero quindi ulteriormente inaspriti, mentre andò organizzandosi (attraverso un processo interno non privo di divisioni e drammatici contrasti) il movimento di resistenza arabo.

Il 7.3.1969, alla morte di Levi Eshkol, la carica di primo ministro venne assunta dalla signora Golda Meir, nel cui governo entrarono[...]

[...]ni di frenare l’avanzata siriana sul Golan, per impegnarsi poi contro le forze egiziane. Nonostante un « cessate il fuoco » ordinato dall’O.N.U. il 22 ottobre, Israele continuò ad avanzare nel Sinai, intrappolando nel deserto la III Armata egiziana. Il 27 ottobre un accordo tra U.S.A. e U.R.S.S., protettori rispettivamente di Israele e dei paesi arabi, portò infine a una cessazione dei combattimenti sulle posizioni raggiunte dai due eserciti.

La guerra del Kippur, seppellendo il mito della invincibile forza militare di Israele e dimostrando la capacità di combattere degli arabi, si risolse in una vittoria morale per questi ultimi. La politica del petrolio messa poi in atto dai paesi arabi a sostegno della causa palestinese dette nuova forza al movimento di liberazione, costringendo anche il governo statunitense a sospendere il suo precedente appoggio incondizionato a Israele. Dimessasi Golda Meir, Itzhak Rabin divenne primo ministro di un governo composto in gran parte di militari. Di fronte a una grave crisi economica aH’interno e a un ind[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 268

Brano: [...]etutamente battute. Infine, nella battaglia di Nam Tha, l’esercito mercenario fu distrutto. L’intervento americano si fece ancora più massiccio, ma non risolse la situazione: nel 1961 Novasan riuscì a rioccupare Vientiane, ma le forze popolari continuarono a tenere salda

mente in mano la Piana di Jarra e tutte le province settentrionali.

La riconvocazione della Conferenza di Ginevra, per affrontare la questione laotiana, portò una pausa nella guerra. Gli americani furono costretti ad accettare un nuovo accordo (firmato nel 1962 a Zurigo e nella Piana di Jarra tra le forze politiche laotiane, nello stesso anno garantito dalla Conferenza di Ginevra) che ristabiliva il principio della neutralità e dell’unione nazionale del Laos, ne riconosceva l’assoluta indipendenza, con esclusione di qualsiasi ingerenza straniera, e sanciva la proibizione per chiunque di inviare truppe o armi straniere nel paese.

Su tale base si ricostituì un governo di unità nazionale che però fu messo immediatamente nell’impossibilità di agire: vari organismi, già pr[...]

[...] di lotta antiamericana.

Per fronteggiare la grave crisi politica provocata dall’iniziativa delle forze popolari, i generali Kuprasith e Sino, appartenenti all’estrema destra, il 19.4.1964 si impadronirono con un ennesimo colpo di Stato del governo, liquidando tutti i residui del gruppo neutralista. Questo si dissolse e la sua maggioranza raggiunse, al Nord, il Pathet Lao che da quel momento prese il nome di « Esercito popolare del Laos ».

La guerra di liberazione

Il 13.10.1965 le forze patriottiche e popolari laotiane tennero al Nord una « Conferenza politica nazionale

di alleanza » tra il Neo Lao Haksat e le « Forze patriottiche Lao », varando un programma politico basato sui seguenti punti essenziali: salvaguardia della pace, della neutralità, della sovranità, della indipendenza, dell’unità e dell’integrità territoriale del Laos nel rispetto e nell’esecuzione degli accordi di Ginevra, di Zurigo e della Piana di Jarra del 1962; lotta contro l’intervento politico, economico, militare degli U.S.A. nel Laos; garanzia al popolo laoti[...]

[...] di Jarra del 1962; lotta contro l’intervento politico, economico, militare degli U.S.A. nel Laos; garanzia al popolo laotiano del diritto di decidere da solo del proprio avvenire, senza alcuna ingerenza straniera; lotta con perseveranza per l’applicazione di un programma di unione nazionale, al fine di fare del Laos un paese democratico, unito e prospero.

Su queste basi di unità nazionale le forze popolari proposero più volte la soluzione della guerra, ma a tali proposte gli U.S.A. e il governo filoamericano di Vientiane risposero sempre applicando al Laos i metodi della « guerra speciale » sperimentati nel Vietnam: campi di concentramento per le popolazioni contadine, terra bruciata nelle province liberate, regime di terrore e di oppressione.

Agli inizi del 1968 un Comunicato ufficiale delle forze popolari laotiane annunciava:

« Le zone liberate non solo sono state preservate, ma sono state estese e consolidate, grazie ai profondi legami tra partigiani e popolazione. Le truppe e il popolo hanno inflitto agli americani e ai loro merc[...]

[...]i concentramento per le popolazioni contadine, terra bruciata nelle province liberate, regime di terrore e di oppressione.

Agli inizi del 1968 un Comunicato ufficiale delle forze popolari laotiane annunciava:

« Le zone liberate non solo sono state preservate, ma sono state estese e consolidate, grazie ai profondi legami tra partigiani e popolazione. Le truppe e il popolo hanno inflitto agli americani e ai loro mercenari numerose sconfitte. La guerra che conducono gli americani è ormai una guerra aerea. Ma anche nel cielo abbiamo loro inferto duri colpi, abbattendo 330 aerei in tre anni. Vincendo innumerevoli difficoltà, con sacrifici immensi il popolo laotiano è ormai deciso a dare un nuovo volto alle zone liberate, per estenderlo il giorno della vittoria a tutto il paese. Tutto ciò è stato possibile, grazie alla esistenza di una forte armata di liberazione nazionale radicata profondamente nel popolo, figlia e espressione del popolo ».

In seguito agli accordi di Parigi per il Vietnam (27.1.1973), anche nel Laos fu raggiunto un accordo[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 313

Brano: [...]che corrispondono a due grandi schieramenti di classe di tutto il mondo capitalistico e che esprimono due politiche (ancor più: due concezioni del mondo) nella questione nazionale ».

È ispirandosi alla teoria leninista sulla questione nazionale che, ancor oggi, tutti i partiti e i movimenti veramente rivoluzionari appoggiano la guerriglia partigiana e le lotte di liberazione nazionale dei popoli dell’Asia, deH’America e dell’Africa.

Contro la guerra mondiale

Con lo scoppio della Prima guerra mondiale i dirigenti dei partiti socialisti della Seconda Internazionale (tranne poche eccezioni) tradirono apertamente la classe operaia, appoggiando i rispettivi governi imperialisti e aiutandoli concretamente a gettare i lavoratori dei diversi paesi gli uni contro gli altri. Nell’ottobre 1914 Lenin diede alle stampe La guerra e la socialdemocrazia russa, denunciando il carattere imperialistico del conflitto e lanciando ai proletari la parole d’ordine « Trasformare la guerra imperialista in guerra civile ». La reale difesa della patria non consisteva, secondo Lenin, nell’appoggiare lo zar e la borghesia che avevano scatenato la guerra al solo scopo di depredare altri popoli, ma nel battersi con tutti i mezzi rivoluzionari contro lo zarismo, contro i grandi

proprietari fondiari e i capitalisti dei rispettivi paesi.

Il 19.2.1915, in una Conferenza estera del P.O.S.D.R. Lenin presentò un rapporto sul tema: La guerra e i compiti del partito.

Frattanto l’esercito zarista subiva dure sconfitte su tutti i fronti; per il crescente malcontento dei soldati e degli operai, nel corso del 1915 vi furono in Russia più di 1.000 scioperi, ai quali parteciparono oltre

500.000 operai. I bolscevichi rafforzarono la loro aziong, nell’esercito e nella marina, esortando soldati e marinai ad unirsi agli operai nella lotta contro l’autocrazia zarista e, al fronte, a fraternizzare con i proletari delle trincee contrapposte.

Gli appelli di Lenin a lottare contro la guerra imperialista e ad espellere i traditori non eb[...]

[...]nti; per il crescente malcontento dei soldati e degli operai, nel corso del 1915 vi furono in Russia più di 1.000 scioperi, ai quali parteciparono oltre

500.000 operai. I bolscevichi rafforzarono la loro aziong, nell’esercito e nella marina, esortando soldati e marinai ad unirsi agli operai nella lotta contro l’autocrazia zarista e, al fronte, a fraternizzare con i proletari delle trincee contrapposte.

Gli appelli di Lenin a lottare contro la guerra imperialista e ad espellere i traditori non ebbero all’inizio larga eco nel movimento operaio internazionale; ma egli insistette tenacemente nel propagandare le sue tesi, stabilendo rapporti con i socialdemocratici dei diversi paesi. Lenin elogiò i socialisti italiani quando all’inizio quest! condannarono energicamente la guerra e il tradimento della socialdemocrazia; additò a esempio i bulgari e i serbi che avevano assunto una giusta posizione e lottavano coerentemente contro la guerra; salutò la nascita di un’opposizione di sinistra in seno alla socialdemocrazia tedesca.

Ai numerosi articoli contro la guerra scritti nel 1915, fece seguito nel

1916 L’imperialismo fase suprema del capitalismo. Lenin partecipò alla Conferenza di Zimmerwald (58.9.1915) e poi a quella di Kienthal (aprile 1916). Quest’ultima, pur rappresentando un passo avanti rispetto alla precedente, non accettò la sua proposta di lanciare un appello per trasformare in ogni paese la guerra imperialista in guerra civile. Ore decisive stavano tuttavia per scoccare.

« L’attuale calma sepolcrale in Europa, — affermò Lenin il 22.1.1917 a Zurigo — non deve ingannarci. L’Europa è gravida di rivoluzione ».

La rivoluzione del 1917

Alla fine di febbraio del 1917 la rivoluzione russa travolse l’autocrazia zarista. Lenin, che si trovava in Svizzera, non esitò ad attraversare in treno l’intera Germania pur di rientrare in Russia e porsi alla testa delle masse operaie. Giunto a Pietrogrado nella notte tra il 2 e il 3 aprile, il 4 aprile egli tenne nel palazzo Tauride, ai delegati bo[...]


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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine La guerra, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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