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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 25

Brano: Albertini, Luigi

e frammenti, Bari, . 1939; Il problema morale nella filosofia di Platone, Roma, 1939.

Alberti, Berto

N. a Cesena (Forlì) il 5.7.1908; muratore. Membro dell’organizzazione comunista clandestina, per la sua attività antifascista nel 1931 fu condannato dal Tribunale speciale a 12 anni di reclusione. Uscito dal carcere in seguito ad amnistie, allo scoppio della guerra di Spagna, nel 1936, accorse volontario nelle Brigate Internazionali. Dopo T8.9.1943 prese parte alla Guerra di liberazione, nelle file della Resistenza, comandante deirvill Brigata d’assalto Garibaldi « Forlì », operante in Romagna.

Alberti, Rafael

Poeta spagnolo. N. nel 1902 a Puerto.de Santa Maria (Cadice). Prima vocazione di R.A. fu la pittura e nel 1917 egli si trasferisce a Madrid, dove studia aH’Accademia delle Belle Arti. Nel 1922 espone per la prima volta le sue opere in una sala dell’ateneo di Madrid e, nello stesso periodo, inizia a scrivere. Nel 1924, col suo primo libro di poesie (Marinerò en ti erra) vince il Premio nazionale di letteratura; fanno parte della giuria, tra gli altri, Ramon Menendez Pidal e Antonio Machado. Diviene in quegli anni amico di Juan Ramon Jimenez (che lo definisce uno dei migliori giovani poeti di lingua spagnola), di Federico Garcia Lorca e di Jorge Guillen Salinas che, con Cernuda, Aleixanare, Diego, Damaso Alonso e altri ancora formano la cosiddetta « generazione del ’27 ». Negli anni dal

1925 al 1927 scrive Sobre los angeles che, insieme al Romancero gitano di Lorca e al Cantico di Guillen, pubblicati quasi contemporaneamente, è considerato come uno dei libri fondamentali della poesia spagnola. In questo stesso periodo pubblica Elegia civica, suo primo tentativo di poesia sociale e politica, e scrive opere di teatro. Nel 1933, di ritorno da un viaggio in Europa (nel frattempo aveva sposato la scrittrice Maria Teresa Leon) fonda, insieme alla moglie, la rivista Octubre. Nel 1935 compie un primo viaggio in America (Stati Uniti, Cuba e Messico). Da questa esperienza nasce il poema 13 bandas y 48 estrellas, spietata accusa contro l’imperialismo yankee nell’America Latina.

Allo scoppio della guerra civile spagnola R.A. si schiera decisamente a fianco della Repubblica; iscrit

to al Partito comunista, dirige con altri la rivista per le trincee El Mono Azul, scrive brevi opere teatrali per i soldati e pubblica Capital de la gloria, dedicato alla difesa di Madrid. Nel 1939, alla vittoria falangista, va in esilio, dapprima a Parigi e poi in Argentina, dove rimane per 24 anni, scrivendo nuovi libri di poesia e opere teatrali. Nef 1963, con la moglie e la figlia Aitana, si trasferisce a Roma, dove attualmente risiede. Qui pubblica X Sonetos Romanos, con sue incisioni (Primo premio d’incisione alla V Rassegna d’arte figurativa di Roma e del Lazio, nel 1965). Nel 1965 gli viene conferito il premio Lenin per la pace.

Principali traduzioni italiane delle opere di R.A.: Poesie, a cura di Vittorio Bodini, Milano, 1964: Ritratti di contemporanei e Trifoglio fiorito, a cura di Dario Puccini, Milano; Lo spauracchio, a cura di Eugenio Luraghi, in « Il Dramma >\ Torino. Poesie di R.A. si trovano anche nel Romancero della Resistenza spagnola, a cura di Dario Puccini, Milano. E ancora: Poesie d’amore, Milano 1966. Traduzione di M. Eusebi Ciceri.

Albertini, Francesco

N. il 30.12.1906 a Gravellona Toce (Novara) ; avvocato. Per la sua attività antifascista fu più volte arrestato durante il ventennio della dittatura. All’8.9.1943 è tra gii organizzatori della Resistenza nell’Ossola; catturato, è deportato a Mauthausen.

Dopo la Liberazione, viene eletto consigliere provinciale di Novara; quindi deputato, nel 1958 e nel 1963, e senatore nel 1968. Ha fatto parte, come sottosegretario al ministero del Tesoro, del 2° e 3° governo Moro.

Albertini, Giovanni

N. a La Spezia nel 1910; operaio, comunista. Attivo antifascista, nel 1932 fu condannato al confino per 5 anni. Dopo T8.9.1943 è stato organizzatore della Resistenza a La Spezia e comandante della Divisione d’assalto Garibaldi « A. Gramsci », operante in Liguria.

Albertini, Luigi

N. ad Ancona il 19.10.1871, m. a Roma il 29.12.1941; giornalista, scrittore, senatore del Regno dal 30.12.

1914. Entrato come segretario di redazione al Corriere della Sera (v.), L.A. diresse l’importante quotidiano milanese dal 19G0 al 1921 e, fino al 1925, ne diresse anche la

società editrice appartenente ai fratelli Silvio e Mario Crespi, della nota famiglia industriale lombarda. Tra i più accesi sostenitori dell’intervento italiano nella guerra nel

1915, L.A. assunse posizioni conservatrici e autoritarie che lo portarono a sostenere il movimento fascista, del quale doveva divenire in seguito fiero oppositore.

« Corriere della Sera » e fascismo

L’atteggiamento assunto dall'A. e dal * Corriere della Sera » nei confronti del fascismo è indicato in un articolo di Novello Papafava, pubblicato nel 1923 sulla rivista di Piero Gobetti Rivoluzione Liberale. « Il Corriere della Sera — vi si legge — coraggiosamente antisocialista e coerente fermissimo assertore dei principi economici liberali fu, specialmente dopo la risoluzione della questione adriatica (trattato di Rapallo), alquanto filofascista; poiché sperava di vedere nel fascismo, malgrado le intemperanze e molti errori, una giovanile corrente di restaurazione liberale. Ma volle sempre che questa restaurazione avvenisse non contro, ma neM’ambito dello stato liberale, ed appunto pur di vedere salvi I princìpi costituzionali, quando vide che il ministro Facta aveva perso ogni capacità di dignitosa fermezza, invocò la formazione di un ministero che includesse le forze fasciste ».

Lo stesso giornale di Gobetti così sintetizza la posizione di L.A.: « Approvazione di alcune idee espresse nei programmi fascisti, giustificazione e approvazione di alcuni atti del governo fascista, recisa avversione alla concezione fascista dello Stato ».

Il « Corriere della Sera ». al pari di Salandra, si era compiaciuto di vedere nei fasci « la fine dei vecchi partiti, nei loro antagonismi di angusti interessi e di programmi retorici ». Nel novembre del 1919, quando Mussolini fu arrestato con M.T. Marinetti e Ferruccio Vecchi in seguito al lancio di bombe contro un corteo socialista a Milano, L.A. ne sollecitò presso Nitti il rilascio. Un anno dopo, abbandonando ogni cautela, L.A. definì « santa » la reazione antisocialista della borghesia, fornendo un cinico giudizio sui fatti di Palazzo d’Accursio: « Nessuna dei socialisti — scrisse il ” Corriere della Sera ” — ha il diritto di lagnarsi se nella lotta scatenata non c’è soltanto un attivo di colpi dati, ma un passivo di colpi ricevuti ». Alla fine del 1922, dopo aver proposto al Senato di accettare la partecipazione di Mussolini al governo, Albertini precisò di aver operato quella scelta per salvare l’Italia dal pericolo socialista, secondo « l’aspirazione più intensa di tutti gli italiani » e in omaggio allo spirito del paese « evidentemente orientato in favore del fascismo e del suo capo ».

L.A. parve non avvedersi della sorte inevitabile delle istituzioni democratiche, sorte che egli stesso aveva contribuito a determinare. Quando, il 29.5.1923, parlò contro l’abuso dei decreti legge, le sue parole non sollevarono altro che un accresciuto fastidio del fascismo verso la libertà e verso di lui personalmente. I decreti legge divennero la regola del governo (nel 1925 si arrivò a convertirne in legge ben duemila) e uno di essi, il 15.7.1923, introdusse le

25



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 26

Brano: Albertini, Luigi

fi

Luigi Albertini

prime norme restrittive sulla stampa, quali la diffida e la facoltà di destituire il direttore responsabile. Il « Corriere della Sera » ormai non sosteneva più il fascismo, ma lo combatteva, a fianco de « li Mondo.» di Giovanni Amendola, de «La Stampa » di Luigi Salvatorelli e de « Il Popolo » di Giuseppe Donati. Sulle colonne del quotidiano milanese comparvero ripetuti attacchi contro la corruzione e gli arbitrii del governo. Nel giugno del 1924 L.A., con Giovanni Amendola e Carlo Sforza, fornì al re le prove che Mussolini era il mandante dell’assassinio di Matteotti. Al Senato denunciò le violenze, le sopraffazioni dei fascisti e i pericoli che incombevano sull’istituto parlamentare.

Appare significativo che il compito di difendere, senza esito, la democrazia, spettasse proprio a un uomo che, oltre ad avere appoggiato il fascismo per combattere il socialismo, non aveva esitato, dopo la rotta di Caporetto (v.), a invocare la soppressione dell’attività parlamentare e della libertà di stampa, avendovi scorto lo spettro del disfattismo: « Si verifica il solito tristissimo spettacolo di un'Assemblea — scriveva infatti L.A. nell’aprile del 1918 — che dopo aver votato l’intervento con la sola esclusione dei socialisti, manifesta contro la guerra e i suoi uomini un rancore inestinguibile». In quel periodo,

, rilevava Antonio Gramsci, si parlò anche di una congiura AlbertiniCadorna per un colpo di stato che instaurasse la dittatura militare. Di fatto, L.A. si collocava al fianco dei Comandi militari e dei ceti più retrivi, rifiutando persino di pubblicare sul suo giornale le obiettive osservazioni di Luigi Barzini a proposito delle responsabilità della ritirata e delle «celate magagne morali » dei comandanti (« se ogni soldato fosse comprato come un mulo e rappresentasse una cifra — aveva scritto Barzini — sarebbe meglio difeso, perché da noi si difende tutto quello che costa»).

La conseguenza immediata degli articoli e dei discorsi antifascisti di L.A. fu il suo allontanamento dalla direzione del giornale,

nella quale venne sostituito dal fratello Alberto. Questi potè continuare a dirigere il « Corriere » per qualche anno, finché i Crespi, per togliersi dai piedi i due scomodi fratelli (dato il regime in corso), chiesero lo scioglimento della società, nella quale gli Albertini avevano una quota. Continuando la sua polemica dai banchi del Senato, L.A. votò contro la riforma elettorale e contro i Patti Lateranensi. Durante la raccolta dell’oro, del 1935, consegnò nondimeno, come tutti gli altri senatori, la propria medaglietta alla « Patria », considerando questo gesto (al pari di Benedetto Croce) un omaggio ai soldati d’Italia. Nella vita privata L.A. si occupò della bonifica di terreni agricoli presso Roma.

Albinea, Azione di

Nella notte del 27.3.1945, paracadutisti del Battaglione Alleato (v.)r insieme a partigiani del « Gufo nero » e di unità garibaldine, effettuarono un’audace azione contro la V sezione del Comando tedesco del 51° Raggruppamento Korp, dislocata nel comune di Albinea, a 9 km da Reggio Emilia. In questa località, nelle due ville Calvi e Rossi alla periferia del paese, sotto la protezione di 500 uomini, avevano sede l’istituto Cartografico, nonché centralini telefonici e telegrafici direttamente collegati con il Comando Supremo della Wehrmacht a Berlino. Gli obiettivi erano stati in precedenza rilevati da aerei da ricognizione inglesi.

II comando generale dell’operazione partigiana fu assunto dal capitano Lees, capo della missione militare britannica. Un nucleo composto da

10 paracadutisti britannici e 25 garibaldini, comandati da Giovanni Farri (Gianni), doveva attaccare Villa Calvi; un secondo gruppo, composto da paracadutisti e da uria squadra di partigiani del « Gufo nero », comandati dal tenente Glauco Monducci (Gordon), doveva invece investire, nello stesso momento, Villa Rossi. Un reparto di

40 partigiani sovietici, al comando di Modena, avrebbe infine dovuto proteggere gli attaccanti da eventuali sorprese.

L’azione ebbe inizio, come previsto, alle ore 2 del 27 marzo. I tedeschi, dopo l’iniziale sbandamento dovuto alla sorpresa, reagirono con violento fuoco, ma i partigiani riuscirono ugualmente a penetrare nelle due ville e a incendiare gli uffici e

11 materiale. L’impresa riuscì più facilmente a Villa Calvi, mentre a Villa Rossi gli attaccanti dovettero attraversare un lungo tratto allo scoperto, sotto il fuoco delle armi tedesche.

Tra i tedeschi si ebbero una trentina di uomini fuori combattimento, tra morti e feriti. Tra gli attaccanti,

persero la vita 3 paracadutisti inglesi e furono gravemente feriti il capitano Lees e Glauco Monducci.

Il 27.3:1946, a cura del Comune di Reggio Emilia, all’entrata di Villa Rossi è stata posta una lapide con la seguente epigrafe: « Aprendo il varco alla vittoria finale il XXVII marzo MCMXLV nel segno della gloria per la libertà dei popoli contro l’oppressore qui caddero: Lieutenant I.A. fìiccomini, Sergeant Guscot, Corporal Samuel Bolden del 2° ND S.A.S. e ancora una volta sangue inglese e sangue italiano si fuse ».

Albona

Cittadina di 6.000 abitanti a 47,5 km da Pola, sulla costa orientale dell’lstria, a 3 km dal mare. Nel territorio di A., oltre a cave di bauxite, esiste una miniera di carbon fossile nella quale, prima della seconda guerra mondiale, lavoravano

1.600 operai.

Il 13.9.1943 una colonna motorizzata tedesca mosse da Pola, nelTintento di occupare il bacino minerario AlbonaArsia che; sotto la guida di Aldo Negri (v.), era divenuto uno dei più forti centri insurrezionali dell'lstria. I minatori impegnarono la lotta armata e, nell’aspra battaglia, 48 di essi (tra i quali il vecchio dirigente sindacale italiano Serpi) lasciarono la vita; ma la colonna tedesca, dopo aver subito gravi perdite, 'dovette ritirarsi. Albona e altri centri istriani furono liberati in quei giorni con azioni insurrezionali e il potere, in gran parte della regione, passò nelle mani dei Comitati popolari di liberazione. Ma all’inizio di ottobre i tedeschi scatenarono una grande offensiva, alla quale presero parte la divisione corazzata « Adolf Hitler » e altri reparti minori. L’Albonese, come altre zone dell’lstria, fu interamente messo a ferro e fuoco, e l'insurrezione popolare venne soffocata nel sangue. Un comunicato tedesco del 13.10.1943 parlò di 13 mila « banditi », in parte uccisi e in parte catturati. Questa cifra era esagerata, ma il numero dei caduti ammontava certamente ad alcune migliaia; mo!ti anche i catturati, tra i quali centinaia di soldati e di ufficiali italiani. L’insurrezione armata, anche se duramente sconfitta, segnò un momento decisivo per lo sviluppo successivo del movimento popolare di liberazione in tutta l’Istria.

Aiciati, Giuseppe

N. ad Asti il 28.5.1903; ferroviere. Comunista, per la sua attività antifascista nel 1927 fu condannato

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 309

Brano: Il Comando della 121a Brigata “Walter Marcobi” dopo la liberazione di Varese

zio, Gallarate, Saronno, Tradate e Somma Lombardo le operazioni militari si svolsero con sorprendente rapidità, sebbene non mancassero qua e momentanee difficoltà che i partigiani seppero comunque superare. A Gallarate, un ostacolo duro fu rappresentato dagli avieri del maggiore Visconti, asserragliati nelle scuole Ponti.

Il pericolo più grave era costituito dalla presenza di forti colonne tedesche che si sapeva disposte a tutto. In un primo momento ci furono scontri a fuoco che portarono alla caduta di altri patrioti: a Cardano al Campo caddero Napoleone Ruperto e Pasquale Grossoni; a Samarate, Gaetano Bottini. Poi, vista l’impossibilità sia di marciare su un qualsiasi obiettivo militare che di allontanarsi indisturbati in direzione della Germania, i tedeschi vennero a più miti consigli. Importante fu, alle porte di Busto Arsizio, la resa della colonna guidata dal colonnello Stamm.

Nella zona di Luino invece i tedeschi raggiunsero, sotto scorta partigiana, la Svizzera.

Il territorio varesino (in particolare la fascia costiera del lago Maggiore) fu attraversato in quei giorni dalle formazioni partigiane provenienti dalla provincia di Novara e dirette a Milano. Non mancò quindi il loro contributo per la liberazione di cittadine come Sesto Calende, Vergiate, Somma Lombardo e per costringere alla resa il maggiore Visconti.

L'intera provincia riuscì comunque a liberarsi da sola. Da una parte ciò fu il frutto dell'efficienza raggiunta dall'organizzazione partigiana, ma dall'altra non va sottovalutata la vasta partecipazione popolare intorno alla lotta al nazifascismo, che creò il vuoto fra gli stessi reparti della R.S.I., facendo crollare in loro ogni voglia di combattere. Perciò si può dire che la Resistenza fu il vero battesimo della provincia, un cemento che unì tutti i ceti sociali predisponendoli a una collaborazione che si sperava sincera e duratura per il dopo, per la ricostruzione.

Al termine delle operazioni militari, dopo venti interminabili e duri mesi di sacrificio la Resistenza varesina poteva presentare un bilancio di 2.100 partigiani combattenti, 305 caduti, 900 deportati in Germania, 25 decorati al valor militare.

Antifascisti varesini condannati dal Tribunale speciale (fra parentesi, gli anni e i mesi di condanna inflitti): Federico Zanzi (3 e

9 m.), Giuseppe Colombo (5), Fausto Oggioni (5), Edoardo Braga (5), Umberto Gai

marini (2), Paolo B roggi ni (3 e 10 m.), Luigi Suzzani (6 e 2 m.), Enrico Bonfanti (5), Giovanni Maroni (3 e 10 m.), Antonio Gaggini (5), Gustavo Antognazza (8 e 8 m.), Giuseppe Ossola (5 e 2 m.), Alessandro Maccazzola (1 e 2 m.), Federico Destrieri (1 e 8 m.), Umberto[...]

[...] in Germania, 25 decorati al valor militare.

Antifascisti varesini condannati dal Tribunale speciale (fra parentesi, gli anni e i mesi di condanna inflitti): Federico Zanzi (3 e

9 m.), Giuseppe Colombo (5), Fausto Oggioni (5), Edoardo Braga (5), Umberto Gai

marini (2), Paolo B roggi ni (3 e 10 m.), Luigi Suzzani (6 e 2 m.), Enrico Bonfanti (5), Giovanni Maroni (3 e 10 m.), Antonio Gaggini (5), Gustavo Antognazza (8 e 8 m.), Giuseppe Ossola (5 e 2 m.), Alessandro Maccazzola (1 e 2 m.), Federico Destrieri (1 e 8 m.), Umberto Croci (3), Aldo Ghiringhelli (2), Francesco Bietti (3), Angelo Demolii (4), Pietro Bortolon (4), Carlo Ghiringhelli (3), G. Battista Reggiori (6), Alessandro Reggiori (8), Ettore Zocchi (1), Francesco Carnevali (5 e 8 m.), Giuseppe Banfi (4).

Bibliografia essenziale: L.A. Ambrosoli, Varese e il Risorgimento Nazionale, Varese, 1959; L. Ambrosoli, I periodici operai e socialisti di Varese dal 1860 al 1926, Sugarco, Milano, 1975; A. Nascimbene, Il movimento operaio lombardo tra spontaneità e organizzazione (18601890), Sugarco, Milano, 1976; A. Di StefanoF. Salanga (a cura), La formazione del movimento sindacale a Varese, Castellanza, 1974; R. Ghiringhelli (a cura), Momenti di storia sociale dell'Italia tra ottocento e novecento: Varese e Malnate, Varese, 1984; T. Colombo, Le società operaie di mutuo soccorso nel Varesotto, in “Rivista della Società Storica Varesina”, a. Vili, dicembre 1964; A. Bianchi, 18601882 La sinistra varesina dall'unità al trasformismo, tesi di laurea, Università studi Mila

no, anno 198283, prof. Vigezzi; E. Ducrocchi, Un istituto di credito, una economia, una società: le vicende della Banca di Varese di Depositi e Conti correnti, tesi di laurea, Università Bocconi, anno 1979, prof. De Maddalena; AA.VV., Partito Comunista e Società Varesina, Varese, 1983; P. Macchione (a cura), I congressi del P.C.I. in provincia di Varese, Varese, 1979; G. Grilli, Como e Varese nella storia della Lombardia, Varese, 1968; E. Giacometti, Il dopoguerra e le origini del fascismo nel Gallaratese, tesi di laurea, Università di Milano, anno 1980, prof. Canavero; C.A. Chiurco. Storia della rivoluzione fascista, Vallecchi, Firenze, 1929; FascismoInchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Milano, 1922; A. Dal PontS. Carolini, L'Italia dissidente e antifascista, La Pietra, Milano, 1980; E. Bassani, Fonti per lo studio della Resistenza nel Varesotto, in “L’insegnamento della storia della Resistenza nelle scuole medie superiori”, Convegno, Varese, 23 maggio 1976; Il S. Martino e la sua battaglia, Varese, 1980; G. Macchi, La 121a Brigata d'assalto Garibaldi “Walter Marcobi", Varese, 1978; Don A. Giussani, Diario clandestino, Milano, 1978; A. De Bortoli, A fronte alta, Varese, 1975; La resistenza in provincia di Varese — Il 1943 —, Varese, 1983.

P.Mac.

Garibaldini della 121a Brigata presso la scuola di via Como in Varese dopo la Liberazione (aprile 1945)

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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine L.A., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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