Brano: [...] nella questione della teleologia » apparisse piú vistosamente difettoso, poiché a tale proposito quel saggio popolare presentava « le dottrine filosofiche passate su uno stesso piano di trivialità e banalità, cosí che al lettore pare che tutta la cultura passata sia stata una fantasmagoria di baccanti in delirio... Cosí il Saggio presenta la quistione della teleologia nelle sue manifestazioni piú infantili, mentre dimentica la soluzione data da Kant. Si potrebbe forse dimostrare che nel Saggio c'è molta teleologia inconscia, che riproduce senza saperlo il punto di vista di Kant: per esempio il capitolo sull'Equilibrio tra la natura e la società» 2. Ed a questo proposito, tanto del vieto finalismo teologico o trascendente ed intrinseco (degenerante spesso ad un livello volgare ed infantile), quanto di una teleologia razionale e scientifica (che ben poteva meritare di essere adoperata anche
M.S., pp. 1645.
2 La critica qui fatta da Gramsci a Bukharin è tanto piú seria e degna di meditazione in quanto egli vi denunziava un metodo riprovevole di esporre le dottrine storiche, poiché, a causa di esso, « un lettore serio, che estenda le sue nozioni e approfondisca i suoi[...]
[...]lli manifestamente naturali e razionali, per cui iniziò il suo ragionamento con questa ferma battuta: « Il parait qu'il faut être forcené pour nier que les estomacs soient faits pour digérer, les yeux pour voire, les oreilles pour entendre».
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dalla scienza naturale, e di essere accortamente adottata dalla filosofia della prassi), Gramsci prese posizione a questo punto in una lunga e concettosa nota, valendosi del pensiero di Kant, di Goethe e di Croce. In tale nota Gramsci comincia col citare dalle Xenie del Goethe (nella traduzione del Croce)' l'esortazione satirica contro il finalismo volgare: «Il Teleologo: — II Creatore buono adoriamo del mondo, che, quando — il sughero creò, inventò insieme il tappo » ; poi riporta questa breve ed importante chiosa del Croce stesso: « Contro il finalismo estrinseco, generalmente accolto nel secolo decimottavo, e che il Kant aveva di recente criticato surrogandolo con un piú profondo concetto della finalità »; poi egli si attacca di nuovo al Goethe, scrivendo che questi « altrove e in altra forma » aveva ripetuto « questo stesso motivo », e infine ne dichiara la derivazione dal Kant riportando questi giudizi del Goethe: « Il Kant è il
più eminente dei moderni filosofi, quello le cui dottrine hanno maggiormente influito sulla mia cultura; la distinzione del soggetto dall'oggetto
e il principio scientifico che ogni cosa esiste e si svolge per ragion sua propria ed intrinseca (che il sughero, a dirla proverbialmente, non nasce per servir di turacciolo alle nostre bottiglie) ebb'io comune col Kant, ed io in seguito applicai molto studio alla sua filosofia». Da ultimo Gramsci trae il succo di tali anteriori motivi di pensiero, e conclude la sua interessantissima nota con questa franca dichiarazione di teleologismo storico: « Nella concezione di missione storica {sottint.: del proletariato moderno) non potrebbe scoprirsi una radice teleologica? E infatti in molti casi essa assume un significato equivoco e mistico. Ma in altri casi ha un significato, che, dopo il concetto kantiano della teleologia, può essere sostenuto e giustificato dalla filosofia della prassi ».
Gramsci dunque, con si[...]
[...]o studio alla sua filosofia». Da ultimo Gramsci trae il succo di tali anteriori motivi di pensiero, e conclude la sua interessantissima nota con questa franca dichiarazione di teleologismo storico: « Nella concezione di missione storica {sottint.: del proletariato moderno) non potrebbe scoprirsi una radice teleologica? E infatti in molti casi essa assume un significato equivoco e mistico. Ma in altri casi ha un significato, che, dopo il concetto kantiano della teleologia, può essere sostenuto e giustificato dalla filosofia della prassi ».
Gramsci dunque, con siffatto suo orientamento filosofico piú avanzato
e decisamente fuori del quadro convenuto del materialismo causalistico, cioè meramente naturalistico e meccanico, era rivolto ad una concezione
e spiegazione causalefinalistica della natura ed ancora piú ad un finalismo immanente e volontaristico della prassi storica umana. Ed il suo merito per tale orientamento è stato tanto maggiore in quanto egli non ebbe modo di scoprire, né di poter rendere manifesto alcunché di preciso
e nett[...]
[...]o loro proprio, specifico (Leibniz, fondatore della matematica dell'infinito, di fronte al quale Newton, schiacciato daI
1 Opera postuma di Engels, da lui lasciata incompiuta e in gran parte allo stato frammentario (qui citata nella trad. ital. La dialettica della natura, Roma, Ed. Rinascita, 1950, 2' ed.).
2 ENGELS, oli. cit., p. 198.
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metodo induttivo come un asino dalla soma, fa la figura del plagiario e del guastatore; Kant, teoria delle origini cosmiche prima di Laplace; Oken, il primo in Germania ad accettare la teoria dell'evoluzione; Hegel: la sintesi e i1 raggruppamento razionale delle scienze naturali da lui fatti sono un'impresa molto piú grande di tutti gli assurdi materialistici messi insieme)... Gli scienziati credono di liberarsi dalla filosofia ignorandola o insultandola; ma poiché senza pensiero non vanno avanti e per pensare hanno bisogno di determinazioni di pensiero e accolgono però queste categorie, senza accorgersene, dal senso comune delle cosí dette persone colte dominato dai residui di una f[...]
[...]gels alcuni riferimenti relativi all'idea della finalità. A p. 202 è criticata la netta contrapposizione delle causae finales e delle causae efficientes compiuta da Haeckel (nella sua Antropogenia), il quale rifiutò semplicisticamente le prime, in quanto per lui la causa finalis senz'altro è = Dio, mentre Engels ammette la conciliabilità delle due forme di causalità, ed osserva ad Haeckel che « ciò che egli dice qui della Critica del giudizio di Kant non è in accordo con Hegel » (il quale aveva lodato altamente Kant per le sue riflessioni sulla finalità interna della natura). Pure contro Haeckel è l'altra osservazione di Engels, che non è vero che il vitalismo o la teleologia sia dualismo: « già in Kant e in Hegel la finalità interna è una protesta contro il dualismo; il meccanicismo applicato alla vita » — al modo di Haeckel — « è una categoria inerme » (e qui Engels rimanda alla trattazione della finalità nella Logica di Hegel, ne riproduce alcuni passi relativi al meccanismo ed alla teleologia, e inoltre non trova né esagerato, né paradossale o inammissibile (pas trop fort) ciò che Hegel dice dell'istinto (o tendenza : Trieb), e conclude con questa battuta che non mi sembra un fin de non recevoir: « Nell'organismo la finalità interna si manifesta attraverso l'istinto », che mette « piú o [...]
[...]Premessa da lui l'esplicita ammissione che sia impossi
1 È l'opera di G. LUKÀcs, Der ¡unge Hegel Ueber die Beziehungen von Dialektik und Oekonomie, Zürich Wien, 1948. Lukàcs, mentre omette « la ricerca dell'originalità filosofica di Hegel » in ordine alla finalità della natura, poiché per essa occorrerebbero delle « ricerche specifiche», e carica alquanto l'opposizione che Engels (in Dialektik in der Natur, pp. 6545) avrebbe visto tra Hegel e Kant circa la «finalità interna », inoltre a me sembra che avrebbe potuto un po' meglio intendere la posizione di Engels sul nostro problema, e non avrebbe dcvuto troppo facilmente ritenere che Kant avesse dimostrato scarsa lungimiranza
e non molta intelligenza del vero col suo motto sul « filo d'erba » (in Critica del giudizio: « $ cosa sciocca per gli uomini anche il solo sperare che possa un giorno nascere un Newton, il quale renderebbe concepibile anche la sola produzione di un filo d'erba secondo leggi naturali, che nessuna veduta finalistica abbia. ordinata »), poiché mezzo secolo dopo, nella persona di Darwin, sarebbe sorto questo « Newton dei fili d'erba » (p. 436). Lukàcs ignora certamente il lavoro di approfondimento occorso a B. Spaventa per congiungere insieme l'evoluzione d[...]