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Il segmento testuale Infine è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 603Analitici , di cui in selezione 13 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Dacia Maraini, La mia storia tornava sotto l'albero carrubo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]re per la casa e piegarsi su di me sebbene fosse già grassa da far paura.
Diceva che io la volevo morta, e che era tutta colpa mia se era diventata così grassa. Lo diceva ogni volta che poteva, ma Ulisse non l'ascoltava. Del resto Ulisse veniva così poco a casa; credo che la mamma fosse addolorata soprattutto di non vederlo mai, ma non lo rimproverava perché era lui che guadagnava, Ulisse non faceva che ripeterlo e non voleva essere scocciato.
Infine la mamma disse che se ne andassero tutti al diavolo, e marl senza cadere dalla sua sedia a sdraio.
Pensai che aveva smesso di lamentarsi: ma ecco che fissando la gamba di mio fratello, l'udii che ricominciava a piagnucolare sulla sua sedia a sdraio come se non si fosse mai mossa da li: mi aspettavo che chiedesse di essere aiutata a mettersi a letto.
La gamba di Ulisse era vestita di un panno grigio a righe bianche e sottili, alquanto distanti l'una dall'altra. Pensai che in quel momento avrei potuto addormentarmi, il mio respiro si andava appesantendo, notai che il sapore che avevo in bocca[...]

[...] neppure se fosse uno sciroppo vero e proprio o semplicemente dell'alcool con zucchero. Il fatto é che ogni volta che mi spaventavo sentivo il bisogno di bere da quella bottiglia che tenevo nascosta nella mia stanza. Che mi facesse bene o no, era un piacere per me bere da quella bottiglia ed io bevevo ogni volta che mi spaventavo, o anche quando non mi spaventavo affatto, ma ne sentivo lo stesso il bisogno, e ciò accadeva varie volte al giorno.
Infine mi bastava sapere che i miei libri c'erano, e nascosti in qualche luogo, mi bastava essere sicura che fossero in casa, ,e ciò mi tranquillizzava sufficientemente. Non avevo mai desiderato d'altronde un pianoforte né qualche altra cosa del genere, eppure mi sarebbe stato utile sotto molti riguardi, per esempio per suonare, ma io non l'ho mai desiderato,
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neanche un po'; sapevo che Ulisse non m'avrebbe mai accontentata, « Non ho soldi per queste stupidaggini » avrebbe detto. Ulisse aveva da pensare alla sua sirena, io lo sapevo, non voleva spendere soldi per me; io mi acconte[...]

[...] o « cara calmati », cosi stavo tranquilla e aspettavo che tacessero per addormentarmi anch'io. Intanto leggevo il mio libro, quello colorato, o, più spesso, pensavo al progetto del mio tredicesimo libro da aggiungere agli altri dodici che già possedevo.
Da una frase di Ulisse avevo appreso la parola « giocoforza », l'avevo imparata perché trovavo che proprio suonava bene, e la ripetevo fra me. Non sapevo che cosa significasse ma era piacevole, infine credetti di poterla interpretare come una cosa che fa piacere, non un oggetto ma qualche cosa di astratto, come si direbbe felicità o vanagloria. Giocoforza insomma esprimeva una cosa piacevole e forse anche un po' aspra, come quando si soffre e si ha piacere nello stesso tempo.
Ma questo accadeva, credo, all'epoca in cui conobbi Trento, il ragazzo del lattaio, credo di si, perché Trento veniva su tutti i giorni a casa, eccetto la domenica, poco dopo che Ulisse era uscito.
Il solo uomo che conoscevo era Ulisse e non é che mi interessassi molto a lui. Trento non gli somigliava per niente e q[...]

[...]oi star sicuro; tosi io sapevo che Amedeo poteva essere nella sua camera, o al bagno o in cucina, ma pur sempre abbracciato alla sua bottiglia, su questo non avevo dubbi. Lo stesso, però, mi rendevo conto che qualcosa non andava. Non era una situazione, insomma che la mamma avrebbe sopportato senza piagnucolare come una gatta, e sbraitare contro di me, anche se io, questa volta, non avevo colpa.
Avrebbe proibito che io leggessi i suoi libri, ma infine la mamma era morta e i libri erano in mano mia.
Non so perché né quando cominciò a picchiarmi; forse lo fece perché non aveva più la sirena con cui sfogarsi, o forse perché gli feci notare che la casa era piena di bottiglie vuote.
La prima volta che alzò le mani gridai a voce altissima perché non me l'aspettavo; ma poi ricordai che quello che mi afferrava per i capelli
136 DACIA MARAINI
non era Ulisse ma Amedeo o Giovanni; per cui smisi di piangere e lo guardai da sotto, per indovinare se avrebbe continuato a lungo.
Non riuscii ad indovinare perché i suoi occhi non erano più due occhi co[...]

[...]iedevo se non ci fossero più specie di mari.
I diversi autori non parevano d'accordo sul colore, uno diceva che é azzurro, un altro parlava del viola intenso, oppure del verde; io non so tuttora cosa pensare, ma ciò non mi impediva di sognare sempre il mare, come un misto di colori.
In fondo la qualità dei colori non mi interessava, perché il mare era II a farsi bere da me, e amavo il suo sapore, un sapore che non assomigliava a nessun altro.
Infine Ulisse riportava il vassaio in cucina e lasciava che mi addormentassi, con la coperta fin sopra la testa perché la luce mi dava noia. Non speravo di chiudere le persiane fino a che non fossi guarita al braccio e ormai mi ero abituata alla luce. La sola difesa che avessi escogitato era di nascondermi gli occhi sotto le coperte e allora potevo anche avere la sensazione che nella stanza ci fosse buio; cosi mi addomentavo. Era sempre Ulisse che mi svegliava; lo sapevo appena sentivo il contatto freddo della sua gamba che scivolava accanto alla mia. Non piangevo perché Ulisse non voleva. Cercavo d[...]

[...]isposta: ecco, ero chiusa nella camicia di forza, in una stanza dai muri imbottiti. Mentre cercavo di addormentrmi rotolando su me stessa, infagottata a quel modo, mi ricordai improvvisamente dei miei libri. Mi alzai a sedere e cercai di appoggiarmi in modo da non cadere all'indietro. Come avevo fatto a dimenticare i miei libri durante quei giorni? Me lo chiesi tante volte,
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ma non trovavo una risposta che potesse soddisfarmi. Infine rinunziai a capire perché mi fossero usciti di mente; la cosa più urgente a questa punto era di scoprire il mezzo di riaverli presso di me.
Per non abbandonare questo pensiero che mi appassionava, non tentai neppure di dormire quella notte. La mattina dopo avevo preso la decisione di tornare a casa subito, per prendere i libri. Se non mi avessero lasciato andare, sarei scappata, ancora non sapevo come, ma ero certa di trovare il modo: mi ero accorta che si occupavano poco di me. Ma era urgente che mi sciogliessero quelle bende, e mi togliessero la camicia. di forza, perché costretta a quel m[...]

[...]fermieri che mi spingevano dolcemente verso la porta. Invece di salire al primo piano, capii dal freddo che eravamo giunti in giardino. Lode insisteva a dire che quello era un cortile, ma adesso più che mai avrei giurato che era un giardino per via del profumo; perché solo i giardini hanno profumo di foglie e di terra bagnata; ero contenta che mi portassero in giardino.
Uno degli infermieri mi legò all'albero di carrubo, pensai che era matto ma infine bisogna sempre ubbidire agli infermieri, ed io lo lasciai fare.
L'altro tirò fuori un fucile da dietro le spalle e prese la mira, da poco più di dieci passi di distanza.
Indovinai subito che era un fucile per averne sentito parlare da Lode, ed in quel momento pensai che le descrizioni della mia compagna erano molto precise.
Vidi i due buchi della canna che puntavano esattamente contro il mio viso.
Ebbi la coscienza per un attimo che tutta quella scena non fosse vera, fui sul punto di liberarmi di me stessa, ma ripiombai subito dopo nella realtà e recitai la mia parte sino all'ultimo.
Pot[...]



da Ernesto De Martino, Perdita della presenza e crisi del cordoglio in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]edo, tocco, ma non sento come un tempo, gli oggetti non si identificano col mio essere, un velo spesso, una nuvola cambia il colore e l’aspetto dei corpi » (4). E un altro malato: « Voi non siete che un fantasma, come ce ne sono tanti: e non potete pretendere che si abbia obbedienza ed affetto per qualcuno di cui non si avverte la realtà » (5). Ancora un altro malato: « Le cose non sono più nel loro quadro e non indicano più la loro utilità (6). Infine ecco come una schizofrenica sottoposta a trattamento psicoanalitico da A. Sechehaye descrive nel suo diario la perdita del mondo: « Per me la follia era come un paese opposto alla realtà, un paese nel quale regnava una luce implacabile, che non lasciava posto per l’ombra, e che accecava. Era una immensità senza confini, illimitata, piatta, piatta, — un paese minerale, lunare, freddo... In questa estensione tutto era immutabile, immobile, fisso, cristallizzato. Gli oggetti sembravano figure di uno scenario. Le persone si muovevano bizzarramente, compiendo gesti e movimenti privi di valore. Era[...]

[...]alla interpretazione che altri li manovrino, li influenzino, li rubino, o ne siano padroni: a un grado più profondo di alienazióne si avvertono i propri pensieri in atto di staccarsi dal flusso interno del pensare, per ripetersi per loro conto, a guisa di eco psichica, sino a risuonare pubblicamente anche se non comunicati con la parola. L’alienarsi della presenza e l’esperienza immediata della impotenza di qualsiasi scelta formale si rispecchia infine subiettivamente come colpa altrettanto mostruosa quanto immotivata: si tratta infatti della colpa di non potersi motivare, che è — per essenza — radicale e senza motivo. La depressione melancolica è pertanto da interpretare, considerata in questa prospettiva, come l’esperienza di abiezione estrema e di incomparabile miseria che accompagna il senso di sé nel recedere della energia di oggettivazione su tutto il possibile orizzonte formale.

Il rischio radicale della perdita della presenza è segnalato — almeno sin quando la presenza resiste — a una reazione totale che è l’angoscia. Se depuriam[...]

[...]na storia umana. Pertanto quando si afferma che l’angoscia non è mai di qualche cosa, ma di nulla, la proposizione è accettabile, ma soltanto nel senso che qui non è in gioco la perdita di questo o di quello, ma della stessa possibilità del quale come energia formale determinatrice di ogni questo o quello: e tale perdita non è il nonessere, ma il nonesserci, l’annientarsi della presenza, la catastrofe della vita culturale e della storia umana. E infine: l’angoscia è esperienza della colpa, perché la caduta della energia di oggettivazione è, come si è detto, la colpa per eccellenza, che chiude il malato in una disperata melancolia.

Nelle stesse trattazioni della psicopatologia questo carattere dell’angoscia si fa luce talora vincendo le empirie e le superficialità della ordinaria esperienza clinica. « Il malato non ha angoscia di qualche cosa, egli è l’angoscia, senza aver coscienza né di un oggetto, né di un soggetto». «L’oggetto è l’utilizzazione ordinata dell’eccitazione, e la coscienza dell’io è il completamento necessario della cosci[...]

[...]iente per avvertire il profilarsi della crisi. Uno schizofrenico di Arieti si rendeva conto, con crescente ansietà, che insormontabili difficoltà si opponevano alla sua azione: ogni movimento che si apprestava a compiere gli si confi58

ERNESTO DE MARTINO

gurava come rischiosa possibilità di compiere un atto nocivo o inefficace, e pertanto questo malato, dominato dall’angoscia, preferiva non mangiare, non vestirsi, non lavarsi, per ridursi infine alla immobilità assoluta dello stupore catatonico (10). Il carattere estremamente contradditorio e irrisolvente di tale reazione è che l’assenza delle esperienze estatiche connesse alla vita magicoreligiosa della storia culturale umana: l’assenza dello stupore è infatti sulla linea di quella stessa perdita della presenza che costituisce il rischio della malattia, e la clamorosa contradizione del «farsi assente per terrore dell’azione» può metter capo soltanto al nuovo e più grave sintomo morboso del blocco spasmodico della volontà. Il secondo modo della destorificazione irrelativa della crisi[...]

[...]uova uccisione operata su altri, o con l’insorgenza di un indiscriminato furore distruttivo; l’interiorizzazione del morto mercè dell’appropriarsi della sua opera per continuarla ed accrescerla si può degradare nella incorporazione materiale della necrofagia o della fame insaziabile; il compito di instaurare con colui che non è più un nuovo rapporto affettivo alimentato da una benefica memoria può cedere il luogo all’erotismo della necrofilia; e infine la esigenza di una ripresa formale in genere può dar luogo soltanto a modi meramente vitali di recuperare, con l’esaltazione di impulsi aggressivi, o alimentari o erotici. In tutti questi casi lo scacco del trascendimento è palese: si cerca la scelta oltrepassante secondo valore e si trova invece la contraffazione del compito formale sul piano improprio della vitalità, si tenta di svolgere l’ethos del trascendimento ed invece si mette in moto il furore, la fame e la libidine.

Un’altra serie di sintomi di crisi si riferisce più particolarmente al centro della situazione luttuosa, cioè al ca[...]

[...]asta impigliata e prigioniera, onde torna a riproporsi in modo inautentico nella estraneità e nella indominabilità della rappresentazione ossessiva o della allucinazione. Il cadavere è « ambivalente », si dibatte per i sopravvissuti nella infeconda polarità di repulsione e attrazione: infatti il suo scandalo respinge in quanto centro di crisi e di dispersione, ma al tempo stesso comanda perentoriamente il rapporto, in una vicenda irrisolvente. E infine la stessa attrazione, nella carenza della decisione formale, finisce col convertirsi nella esperienza del cadavere che malignamente « attira a sè i vivi » : infatti il cadavere, come oggetto in crisi, non soltanto non mantiene le distanze rispetto agli altri oggetti, ma non rispetta neanche la distanza rispetto alla presenza, e incombe su di essa catturandola e trascinandola via con sè, come Glauca morta il padre Cleonte, allorché esso volle sollevarsi dalla cara spoglia:PERDITA DELLA PRESENZA E CRISI DEL CORDOGLIO

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...Quando ebbe finito di piangere e di singhiozzare, volle risolleva[...]

[...] con sè, come Glauca morta il padre Cleonte, allorché esso volle sollevarsi dalla cara spoglia:PERDITA DELLA PRESENZA E CRISI DEL CORDOGLIO

73

...Quando ebbe finito di piangere e di singhiozzare, volle risollevare il suo vecchio capo. Ma come l’edera ai rami d’alloro, restò preso nel peplo leggero: cercava di rimettersi in piedi, ed essa, in senso inverso, lo tratteneva. Tirava con violenza? Le sue vecchie carni si strappavano dalle ossa. Infine vi rinunciò e rese l’anima, impotente ad aver ragione della sciagura. Giacquero morti la figlia e il vecchio padre, lato a lato — catastrofe fatta per alimentare il pianto (16).

Infine la crisi della presenza in occasione del cordoglio può assumere i modi di un delirio di negazione dell’evento luttuoso: senza compiere il necessario lavoro di interiorizzazione del morto e di trascendimento delPevento luttuoso la presenza malata cerca di instaurare un comportamento come se il morto fosse ancora in vita, concentrando magari su un qualsiasi surrogato l’organizzazione del proprio delirio. In una certa misura ciò può accadere anche nel normale lavoro del cordoglio, come provano gli infiniti espedienti cui talora si ricorre per cancellare o attenuare l’asprezza dell’inaccettabile [...]

[...]i in cui il far morire ideale e interiore può scadere nell’impulso ma
(28) M. Klein, Mouming and its relations to maniedepressive states, in Contributions to Mychoanalyses 19211945, London 1948, pp. 311 sgg.80

ERNESTO DE MARTINO

terialmente distruttivo, l’interiorizzazione del morto smarrirsi nel mangiare il morto, la necessità della ripresa e della liberazione degradarsi nello scoppio irrefrenabile di riso, nell’erotismo e nella fame, e infine il complesso degli scacchi del trascendimento essere avvertito come estrema abiezione e come colpa radicale. Questa critica di principio alle teorie psicoanalitiche del cordoglio ci dispensa, almeno in questa sede, dairesaminarne le singole parti e dal discutere il romanzo etnologico di Géza Roheim: a noi basti aver spinto la polemica quanto occorre per ribadire quella tradizione culturale che assegna al cordoglio il compito di trascendere nel valore la situazione luttuosa, e che interpreta la crisi come impotenza a compiere questo trascendimento.

5. Intorno a un pensiero del Croce sul cor[...]

[...]roposito: viene tessuto un cordone con i capelli del morto, e il fratello minore nel corso del rituale funerario pone uno dei capi di questo cordone in bocca ad un uomo, premendo l’altro capo sul proprio addome, dove cioè avverte l’angoscia. Quindi l’uomo morde il cordone, a significare la cessazione dell’angoscia: la stessa procedura è successivamente ripetuta per tutti i membri della comunità in lutto, prima con gli uomini, poi con la vedova e infine con le altre donne (32). Nelle lamentazioni rituali eseguite dai Paiute si ritrovano espressioni di questo tipo: « Questo era l’ultimo nostro parente. Era un uomo buono. Sia possibile per noi dimenticarlo... Addio, va alla terra dei morti, e non tornare... Abbiamo fatto del nostro meglio per curarti: non tornare a disturbarci... ». In particolare in un rito di liquidazione del periodo di lutto viene versata dell’acqua sul capo di colui che è in cordoglio, accompagnando l’atto con le seguenti parole: « Questo è l’inizio di una nuova vita per te. Acqua, lava via

i dolori e le pene di quest’u[...]

[...] Ethnography of thè Owens Volley Paiute, in « University of84

ERNESTO DE MARTINO

Eppure questi dati etnologici (che potrebbero essere moltiplicati a piacere) non agevolano gran che nel compito di « continuare a pensare» il pensiero racchiuso nel passo del Croce. La nostra lontananza ideale dalle civiltà primitive, la mancanza di una documentazione diretta relativa al loro passato, il carattere equivoco dello stesso termine « primitivo » e infine i limiti inerenti alle monografie etnografiche di cui dobbiamo avvalerci quando manchi la opportunità di una ricerca personale in loco, costituiscono altrettanti ostacoli per chi volesse direttamente appoggiarsi al materiale etnologico al fine di approfondire la formulazione del Croce oltre la cerchia della civiltà cristiana e della sensibilità moderna per entro la quale essa è nata e maturata. D’altra parte approfondimenti di questo genere male cominciano col più arcaico e con l’idealmente più remoto da noi, per giungere poi sino a noi in un vano conato di storia universale, ma — al contrari[...]

[...], una lotta fra Cristianesimo e eredità del mondo antico, una lotta storica, avvenuta una sola volta, ed esattamente individuabile in senso storiografico, col risultato che il lamento cessò, per entro la civiltà cristiana, di far parte organica del rapporto fra morti e sopravvissuti, e di partecipare a un vario e importante processo di plasmazione, per scadere — anche se lentamente — a episodi relativamente secondari di circolazione culturale, e infine a relitti folklorici più o meno inerti e disgregati. D’altra parte vi è una seconda più particolare ragione che ci orienta verso il lamento funebre rituale del mondo antico, ed è il fatto che questo istituto si presenta nel quadro delle antiche civiltà mediterranee come il più adatto a consentire l’esplorazione di tutto l’arco che va dallo « strazio ■» alla oggettivazione del dolore, dalla crisi davanti al cadavere sino al riscatto culturale. Con una singolare ampiezza dinamica che ritrova continua eco nella nostra anima di uomini moderni il lamento antico ci permette di sorprendere il modo c[...]



da Roberto Pertici, Giovanni Amendola: l'esperienza socialista e teosofica (1898-1905) in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]losassone, e la formazione di una borghesia, specie meridionale, evangelmassonica, di mentalità spesso attivistica e filantropica, delusa dell'esito tutto amministrativostatuale del processo risorgimentale, incapace, a suo giudizio, di una parallela, profonda riforma eticoreligiosa: ne scaturivano spesso una insoddisfazione, magari non precisata, a sfondo democratico ed un ripensamento critico dei « limiti » della rivoluzione nazionale italiana. Infine va ricordata la grande popolarità che godette in questi ambienti la figura di Francesco Crispi di cui si ricordavano le glorie garibaldine del 1860, la battaglia da sinistra contro il trasformismo di Depretis, l'anticlericalismo ed al contempo la professione di fede in Dio, le esaltazioni dei valori morali, le sdegnose ripulse dell'ateismo materialistico 6. Insomma, nell'adolescenza di Amendola sembrano coesistere anticlericalismo e nuova religiosità, libero pensiero e suggestioni mistiche, azione politica e riforma morale: anche il suo socialismo giovanile è plasmato, in molti aspetti, da qu[...]

[...]difficile riconoscere, sia pure in confuso, le precoci preoccupazioni etiche e i segni di un carattere volitivo ed intransigente » (ora in Letteratura italiana del novecento, a cura di P. Citati, Milano, Mondadori, p. 1202). Comunque le pagine migliori dedicate ad Amendola teosofo, prima del recente fiorire di studi amendoliani, sono quelle, bellissime, di GIORGIO LEVI DELLA VIDA nel suo Fantasmi ritrovati, Venezia, Neri Pozza, 1966, p. 175 sgg. Infine, piú recentemente, ALFREDO CAPONE Si è accostato a questa materia e, avendo avuto la possibilità di attingere anche all'archivio della famiglia Amendola, ha potuto tracciare un profilo meno impreciso degli anni 18981905 nel libro Giovanni Amendola e la cultura italiana del Novecento (18991914), Roma, Ed. Elia, 1974. Interessanti precisazioni sono contenute anche in altri due saggi dello stesso CAPONE: Moderatismo e democrazia nel pensiero di Giovanni Amendola, nel volume collettaneo G. Amendola nel cinquantenario della morte 19261976, Roma, Fondazione Luigi Einaudi, pp. 93144, in particolare [...]

[...]nni Amendola, in G. Amendola, una battaglia per la democrazia. Atti del convegno di studi con il patrocinio della Regione EmiliaRomagna, Bologna, Forni ed., pp. 4160, in particolare 5960. Si muovono sostanzialmente sullo stesso piano del Capone gli interventi a questo stesso convegno di SANDRO ROGARI, Formazione e pensiero religioso di Giovanni Amendola, pp. 79106 e di ANTIMO NEGRI, Maine de Biran nel pensiero di Amendola, pp. 6177. Recentemente infine è apparso l'articoletto di BEATRICE BISOGNI, Giovanni Amendola teosofo e massone, in AA.VV., La libera muratoria. Massoneria per problemi, Milano, Sugarco, 1978, pp. 109112, opera sostanzialmente apologetica.
Sulle vicende le dottrine, le figure più rappresentative della Società Teosofica, cfr. RENÉ GUENON, Le théosophisme. Histoire d'une pseudoreligion, Paris, Nouvelle Librairie Nationale, 1921, opera di notevole interesse, fortemente ostile alla teosofia, anche se scritta in un'ottica interna al mondo ed ai problemi dell'esoterismo; MARIO MANLIO ROSSI, Spaccio dei maghi, Roma, Doxa, 1929, [...]



da Giovanni Mari, Ritratti critici contemporanei. Louis Althusser in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]toria » che, come l'« unità fittizia » imposta al Capitale dall'esigenza di dover partire dall'« astrazione del valore », rileva un'insufficiente resa dei conti filosofica con l'hegelismo; le ben scarse indicazioni circa la natura e la funzione della « sovrastruttura » (« il diritto, lo Stato, le forme ideologiche »); l'assenza di una riflessione teorica sul problema dell'organizzazione (mo, pp. 113120). L'idea di una crisi del marxismo permette infine una nuova consapevolezza storica: questa crisi non può essere considerata un mero fatto recente ed improvviso, essa appare piuttosto come qualcosa di cui lo stalinismo aveva « bloccato » l'esplosione mediante una sorta di suo congelamento dogmatico e difensivo (« Era, dunque, una crisi che veniva bloccata sotto l'abito dell'ortodossia da parte di un impressionante apparato politico e ideologico », Finalmente, p. 225). Quella di « crisi generale del marxismo » non è, quindi, soltanto una nozione filosofica o politica, è anche un concetto storiografico, almeno per quanto riguarda la storia del [...]

[...]la discontinuità teorica tra la scienza marxista della storia e la sua preistoria hegeliana e, soprattutto, feuerbachiana) ed insieme per sottolineare tutta la « specificità » e « novità » della fondazione del materialismo storico (Marx apre il « continenteStoria », precedentemente occupato dalle ideologie e dalla filosofia della storia, alla scienza: un evento teorico e politico
« irreversibile » e « senza precedenti nella storia umana »). Sia infine la tesi dell'antiumanesimo teorico di Marx. Tuttavia egli dà due interpretazioni della « rottura epistemologica » e quindi della storia e della periodizzazione di Marx. Nel primo periodo (non solo negli scritti compresi nel Per Marx: 196065, ma anche in Lenin e la filosofia: 1968) Althusser non vede le
« condizioni sociali, politiche, ideologiche e filosofiche » della « rottura epistemologica » e riduce questo evento ad un solo fatto interno al pensiero di Marx. Ne « constata » l'esistenza e da questa parte per definire l'ideologia come il regno dell'« errore », della preistoria del material[...]

[...]lard Althusser non trae soltanto l'idea di « rottura epistemologica ».
Il limite speculativo del primo periodo si manifesta quindi, sia nella interpretazione teoricista della « rottura epistemologica » (« Ecco ciò che mancava d'essenziale ai miei primi saggi: la lotta di classe e i suoi effetti nella teoria », EA, p. 41), sia nella contrapposizione razionalista, « in generale », tra la scienza (« la verità ») e la ideologia (« l'errore »), sia, infine nell'appiattimento della filosofia marxista sulla scienza (la filosofia come « Teoria della pratica teorica ») e della scienza marxista (che è invece « rivoluzionaria ») sulla scienza in generale. Nel secondo periodo (cioè a partire dallo scritto Sull'evoluzione del giovane Marx, del 1970, e soprattutto nella Réponse à J. Lewis ed in Elementi d'autocritica, entrambi del 1972), Althusser si pone il problema delle « condizioni » della « rottura epistemologica », individuandole essenzialmente nel « cambiamento di posizione teorica di classe dell"individuo' storico MarxEngels » (EA, p. 42). In qu[...]

[...] modo di produzione dominante in una data epoca) delle strutture subalterne (gli altri modi di produzione presenti nella formazione sociale) e degli elementi determinati (la sovrastruttura). Causalità di cui pure Marx tiene conto e calcola gli effetti. Tuttavia Althusser definisce questa « causalità strutturale », o « causalità metonimica » (termine tratto dalla psicanalisi), come una « causalità assente », ovvero presente solo nei suoi effetti. Infine sottolinea che in questo concetto si deve ricercare la grande novità teorica di Marx rispetto alla « filosofia classica », la quale in base ad una riflessione sulle conquiste scientifiche era pervenuta a due concetti di causalità: quella « transitiva » di Descartes (legata alla scienza di Galilei) e quella « espressiva » di Leibniz e poi di Hegel (legata al calcolo infinitesimale). In Elementi di autocritica Althusser rileva nella propria nozione di « causalità strutturale » un eccesso di « civetteria » nei confronti della terminologia strutturalistica, ed un'effettiva influenza della filosof[...]

[...]n « assoluto » (come invece credeva Marx) dell'« inizio » del discorso scientifico del Capitale (analisi del valore). Siamo ormai evidentemente assai lontani dall'idea della
« totalitàdipensiero » del Capitale sostenuta in Leggere « Il Capitale »: non piú una sola « totalità logica », bensí « diverse » « totalità logiche ». Una sorta di pluralismo di logiche ineguali e disparate coesistenti in un medesimo discorso scientifico. In Marxismo oggi, infine, Althusser liquida come imprudente l'affermazione di Lenin che le « idee di Marx sono tutte efficaci perché sono vere », ed introduce, quindi, una netta distinzione tra verità ed efficacia delle idee che ribalta le posizioni sostenute in Leggere « Il Capitale ». La verità compete alla « forma teorica » delle idee di Marx, l'efficacia politica a quella « ideologica » (Marx esprime le « proprie idee due volte in due forme differenti ») : « se anche le idee fossero vere e f ormalmente dimostrate, non potrebbero essere in sé storicamente attive, ma lo possono solo nelle forme ideologiche di massa[...]

[...]e sull'ideologia del soggetto (il problema gnoseologico). In relazione alla scienza ed agli operatori scientifici, quando elabora le nozioni di « conoscenza come
LOUIS ALTH'USSER 433
produzione », di « rottura epistemologica », di « filosofia spontanea degli scienziati » (temi che vedremo subito). Sul piano politico e della lotta di classe, quando parla di « ideologia dominante », di « ideologia piccolo borghese », di « ideologia proletaria ». Infine, ed è ciò su cui soprattutto mi soffermerò, sul piano della società e della storia, quando elabora gli elementi di una teoria in generale dell'ideologia dedicandovi uno dei suoi scritti piú interessanti e fortunati, Ideologia e apparati ideologici di Stato (1969).
Ai punti estremi della riflessione althusseriana su questi temi troviamo gli scritti raccolti nel Per Marx e Il marxismo oggi (1978). Nei primi il marxismo è visto (ad eccezione del saggio Sul giovane Marx, 1961) solamente come il risultato di una « rottura epistemologica » nei confronti dell'ideologia, la filosofia come determinat[...]

[...]za filosofico » che agisce attraverso l'intermediazione della Fss, anche nella ricerca scientifica. E, affinché tale lotta non si risolva quasi immancabilmente a vantaggio dell'ideologia della classe dominante, Althusser propone una « alleanza » tra gli operatori scientifici e la filosofia materialisticodialettica, la sola in grado di intervenire su tale rapporto di forza modificandolo a vantaggio del materialismo, cioè dell'elemento I.
Vediamo infine le tappe essenziali dell'analisi dell'ideologia in generale, analisi in cui lo studioso francese raggiunge i suoi risultati piú significativi.
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Nel 1961 (Sul giovane Marx) egli non fuoriesce dall'impostazione marxiana dell'Ideologia tedesca: piú tardi (1963) definirà egli stesso questa impostazione dall'ideologia. Il carattere essenziale di questa consiste nella « deforcentrale dell'articolo è quello della possibilità e della necessità della liberazione dall'ideologia. Il carattere essenziale di questa consiste nella « deformazione » della « realtà », nella risposta deforma[...]

[...] Non è difficile, mi sembra, mettere in relazione questi giudizi politici con quelli contenuti in IAIE circa la « crisi » del principale apparato ideologico di stato della società contemporanea, la scuola:
LOUIS ALTHUSSER 439
nella « rivolta ideologica » degli studenti si manifesta la crisi dei meccanismi di riproduzione dei soggetti nella scuola e, piú in generale, la crisi dell'ideologia della classe dominante nell'intera società. Non si può infine non ricordare che in un recente scritto, Quel che deve cambiare nel partito comunista (1978), Althusser affronta il problema del funzionamento ideologico di un altro apparato ideologico di stato, il partito comunista, il quale costituisce i suoi iscritti in soggetti, i « militanti », sulla base di una ideologia che ne
garantisce l'omogeneità e l'unità. GIOVANNI MARI
NOTA BIOBIBLIOGRAFICA
Louis Althusser è nato il 16 ottobre 1918 a Birmandreïs, vicino ad Algeri. Compie gli studi elementari in questa città e quelli secondari (193036) a Marsiglia. Nel 1937, sempre a Marsiglia, fonda la sezion[...]



da Vittorio Lanternari, Religione, società, politica nell'Africa Nera avanti e dopo l'indipendenza in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]S 1954, 6164; HOLAS 1957, 155158.
(12) VANSINA 1959.
(13) RICHARDS 1935.
(14) MARWICK 1950.
(15) FERNANDEZ 1961, 251252. Per altri culti magici, cfr. BOUCHAUD 1956, 9399.
(16) DEBRUNNER 1961, 6667.
RELIGIONE, SOCIETÀ, POLITICA ECC. 149
gena, per spiegare qualsiasi male o incidente, pertinente o meno — al lume della logica — alla presenza dei bianchi.
Dunque sia i culti nuovi antistregonisti, sia i movimenti sincretisti e messianici, sia infine la lotta attiva antibianchi, vanno posti tutt'insieme in una situazione coloniale caratterizzata, per l'Africa nera, da uno stato di oppressione politicasociale e da uno stato di inferiorità culturale, con il senso di frustrazione che ne consegue.
Talora anche il cristianesimo introdotto dai missionari, per quanto paradossale ciò possa sembrare, ha prodotto un incremento di fiducia nella magia e nei poteri magici. Tra i Fang del Gabon il caso studiato dal Fernandez è eloquente. I bisogni e le aspettative del processo di colonizzazione sono rimasti inappagati. ll cristianesimo, nel nome d'un [...]

[...]novata fiducia ai culti magici, che però assumono una marcata tendenza antistregonista. La
potenza mgica (evus) col suo carattere semplice operativo ha
trionfato sull'idea di «anima» portata dai missionari e rimasta inaccessibile, non funzionale per i 'Fang. Senonché la maggior fiducia nella magia ha prodotto competizioni aggressive fra individui volti a impossessarsi dei mezzi di controllo del « potere» magico stesso. Questo processo culmina infine in una situazione di conflitto e tensione interna, nella quale lo stregone é visto come una minaccia per la società. E' interessante che proprio i Fang hanno elaborato simultaneamente da un canto nuovi culti magici (fino al culto « Ndembe » del 19571959), dall'altro un culto sincretistico, i'l culto Bwiti. Il movimento Bwiti offre pur esso parallelamente opportuni mezzi di lotta contro la stregoneria (17).
(17) FERNANDEZ 1961.
150 VITTORIO LANTERNARI
Dunque i movimenti magici — almeno quelli citati — nascono in una situazione tipicamente coloniale. Essi rappresentano una riposta sui generi[...]

[...]iluppo nel Kimbangismo, che corrisponde alla storia dei rapporti fra indigeni e bianchi nelle sue varie fasi. Questa storia segna le fasi di sviluppo del suo sincretismo, che via via si rinnova.
Venendo dopo la fase preliminare di sincretismo t( formale )) (o «convenzionale », o «fallito ») del movimento antoniano, nasce un sincretismo «emancipazionista» il quale diviene, dopo il ((martirio » o la morte dei suoi fondatori, anche «messianico», e infine in una fase contemporanea si trasforma in un sincretismo «autonomista ». Rispettivamente, la fase di violenta persecuzione dei bianchi e di forzata clandestinità (ecco l'emancipazionismo) si maturò via via, in seguito alla tenace resistenza del Kimbangismo stesso, in un atteggiamento di tolleranza e di crecente liberalismo religioso pur sempre (( nazionale» a a etnico» (ecco l'integrismo, l'autonomismo, l'aggiustamento). Varie sono dunque le forme concrete del sincretismo, ed esse vanno storicamente concatenate fra loro in uno sviluppo coerente. Questo riflette e in parte determina altrettant[...]

[...]n fedele presso la sua tomba, e quel tale diventa il «testimone» del messia Nzuza. Tra i fattori d'ambiente e culturali, oltre l'esperienza d'insicurezza, di malessere, di frustrazione e oppressione, che sono comuni al nativismo (di cui il messianismo é una forma), é necessario considerare la presenza di eventuali elementi messianici nella mitologia tradizionale, per comprendere come essi si siano rinnovati ed abbiano assunto una nuova funzione. Infine é da valutare l'influenza del messianismo cristiano o islamico (mahdismo).
Questi vari elementi culturali, parte tradizionali, parte nuovi ed esterni (cristianoislamici), oltre ai vari fattori personali (la personalità, il martirio del profeta) nell'insieme potranno spiegare sul terreno della storia il nascere del messianismo africano, sul ceppo di movimenti profetici nuovi (43). L'esperienza fondamentale che comunque si esprime nel messianismo é quella d'un vibrante bisogno di rigenerazione, di fuga dal presente, d'attesa di salvezza attraverso il ritorno ad una condizione primordiale, miti[...]

[...] integrazione piú che reciproca esclusione.
L'azione insurrezionale autonoma può essere lo sbocco finale d'un lungo processo di preparazione che si svolge su terreno religiososociale. Cosi il Kimbangismo alimenta e prepara i moti insurrezionali congolesi, mentre la setta Mau Mau scatena la rivolta sulla base d'una solidarietá socialreligiosa. L'azione politica insurrezionale può accompagnare ed essere parallela al fermento socialreligioso (47); infine essa può dar luogo ad un'ulteriore fase di fermento religioso. Bisogna vedere caso per caso
(45) WELBOURN 1961, 477.
(46) BALANDIER 1955, 477478, 485.
(47) CoHN 1962, 39.
166 VITTORIO LANTERNARI
le interrelazioni dialettiche fra un aspetto e l'altro, il loro variabile procedere in relazione alle condizioni sociali, ai fattori personali (profeti), alle differenti fasi di rapporti fra indigeni e bianchi. In senso assoluto, fra insurrezione e religione non c'é opposizione, ma interdipendenza. Alcuni dei movimenti insurrezionali più organizzati sono preparati da movimenti religiosi fra
i pi[...]

[...]ta d'un vero movimento panafricano che urta tutta
(61) LANTERNARI, Movimenti religiosi, ecc., 6166.
172 VITTORIO LANTERNARI
via contro delle opposte tendenze nazionali o tribali. In quarto luogo, v'è la tendenza a formare delle organizzazioni ecclesiastiche, come reazione alla segregazione subita, in sostituzione degli antichi aggruppamenti sociali sradicati, e come prodotto dell'autonomismo e insieme dell'istituzionalizzazione dei movimenti. Infine c'è i1 complesso giudaicacristiano, che viene ogni volta selezionato e reinterpretato in modo nativista o auto nomista. Fra le stesse componenti del cristianesimo missionario viene operata una selezione ed una reinterpretazione secondo una tendenza « giudaizzante»: il popolo negro s'identifica col popolo ebraico, sulla base d'una comune origine mitizzata e di analoghe persecuzioni subite. Ecco perché numerosi sono i movimenti « sionisti», «israeliti » presso le società dell'Africa nera (62).
Ora, se si guardano nel loro insieme le risposte dei negri africani ai richiami cristiani trasmessi d[...]



da senza firma, Incerta vigilia elettorale [sopratitolo: Turchia] in KBD-Periodici: Rinascita 1977 - 5 - 20 - numero 20

Brano: [...]aldemocratica. Nel breve periodo che rimase al potere da gennaio a novembre del 1974, alleato con il, piccolo partito proislamico di estrema destra (il Partito della salvezza nazionale di Necemettin Erbakan), 'Ecevit avviò la riforma agraria nella provincia orientale di Urfa, tolse a favore degli agricoltori turchi il bando imposto dagli americani alla coltivazione dell'oppio e accordò l'amnistia a 50 mila detenuti politici e di diritto comune. Infine fece sbarcare un contingente di 40 mila soldati a Cipro in seguito al golpe dei co lonnelli greci contro Makarios. Subito però queste azioni dettero la possibilità alle destre di discreditarlo e la collaborazione con Erbakan risultò im possibile, ed Ecevit fu costretto a dimettersi. 'Determinante fu oltretutto il disagio creato dall'embargo imposto dal Congresso di Washington sulle forniture di armi americane alla Turchia. « Basterebbe ottenere il. 47 per cento dei suffragi per potèr formare il governo da solo », dice oggi Ecevit. Nel caso contrario il Prp sarebbe disposto ad allearsi con il [...]



da Massimo Mila, L'antico e il progresso nel carteggio tra Verdi e Boito in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]refazione « un notes di appunti di mano di Piero Nardi, come dire del più autorevole biografo di Boito, e fogli dattiloscritti, sempre provenienti dal Nardi, relativi a testi di lettere e dispacci indirizzati da Verdi a Boito ». Sono per lo più documenti brevi,152

MASSIMO MILA

d’importanza relativamente minore, ma « attendibili senz’ombra di dubbio » — sono parole di Mario Medici « ed i cui originali sembrano essersi volatilizzati ».

Infine due lettere di Verdi provengono dall’archivio di Sant’Agata dove se ne conserva l’autografo (forse una brutta copia?), e due provengono da altre fonti.

Restava, naturalmente, da ripristinare l’altra voce del dialogo epistolare. Le lettere di Boito a Verdi — salvo due i cui originali si trovano, stranamente, nella Donazione Albertini — sono conservate negli archivi di Sant’Agata, e la cortesia della famiglia CarraraVerdi ne ha consentito le fotocopie all’istituto di studi verdiani. In tutto, 301 lettere, distribuite nell’arco esatto dell’ultimo ventennio dell’Ottocento, e attestanti la coll[...]

[...]tto, 301 lettere, distribuite nell’arco esatto dell’ultimo ventennio dell’Ottocento, e attestanti la collaborazione artistica che produsse l'Otello e il Falstaff, nonché il rifacimento del Simon Boccanegra. Le ultime trattano diffusamente dei Quattro pezzi sacri, per la cui esecuzione, prima a Parigi, poi a Milano e altrove, Boito si batté insistentemente contro la riluttanza e, diciamo pure, la musoneria dell’ottuagenario maestro.

E restava, infine, da trovare i fondi per la costosa pubblicazione. Questa fu resa possibile grazie all’assegnazione all’istituto d’uno dei Premi Mattioli, elargiti dalla Banca commerciale italiana, su proposta congiunta dell’economista Sergio Steve e dello storico Franco Venturi, sobillati con molesta insistenza da chi scrive questo articolo. Ecco dunque riunite 176 lettere di Verdi; in numero un po’ minore quelle di Boito. Ci sono tutte? No, e nella prefazione di Mario Medici si citano casi evidenti di lettere che « dovevano » esserci, ma che sono sparite.

Come in esergo, e riprodotta in facsimile, una le[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Zanardo, Il «manuale» di Bukharin visto dai comunisti tedeschi e da Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]ienze economiche e politiche sovietiche, non ne parlarono. Mancava, in campo socialista, lo stimolo a fare un’analisi particolareggiata di un’opera russa di marxismo filosofico, sia perché l’interesse per le questioni filosofiche era scarso ed eclettico e per lo più limitato ad alcuni esponenti di tendenze neocriticiste, sia perché delle cose sovietiche stavano in primo piano i problemi politici della rivoluzione, dello Stato, dell’economia, sia infine perché la socialdemocrazia aveva un altissimo concetto del livello del suo sviluppo teorico. La discussione con il comuniSmo sovietico, soprattutto dopo la conquista del potere da parte dei bolscevichi (fra i menscevichi cerano Plekhanov, Axelrod, la Sassulic, cioè coloro che avevano avuto rapporti strettissimi con i tedeschi), si articolò essenzialmente fra i due poli di democrazia o dittatura; di socialismo che viene quando sono maturate le sue condizioni economiche e sociali, quando il proletariato è già una maggioranza ed è ideologicamente compatto, e socialismo che viene prima delle sue [...]

[...], dalla corrispondenza con Plekhanov e dalla nota, lettera a Friedrich Adler del 1909 fino alla Concezione materialistica della storia. Si pensi a ciò che scrive Bernstein a Victor Adler : « Per me la dottrina non è sufficientemente realistica, è per cosi dire rimasta indietro rispetto allo sviluppo pratico del movimento. Può ancora andar bene forse per la Russia... ma in Germania nella sua vecchia forma è qualcosa di sopravvissuto » 1. Si pensi infine al materialismo storico esclusivo di Mehring. Qui da noi, in Italia, Antonio Labriola, in alcune lettere a Kautsky, critica Plekhanov perché concepisce il marxismo come Allweisheit, come scienza che ha risolto in anticipo tutti i problemi. Si tratta del resto di motivi noti. La pubblicistica della Terza Internazionale ha molto lavorato a mettere in luce la diversità del marxismo filosofico russo da quello tedesco.

Ma la distinzione fra marxismo sovietico e marxismo europeo, come viene elaborata dai socialdemocratici, non è semplicemente la riorganizzazione di alcuni motivi teorici, non è i[...]

[...]portare i semplici al livello dei colti. Bisogna arrivare alle coscienze perché l'adesione a una causa ha da essere individuale e convinta. Si tratta di « riformare intellettualmente e moralmente strati sociali culturalmente arretrati » 5. Non bisogna trattare i semplici come « persone rozze e impreparate che si convincono 66 autoritativamente ” o per via emozionale ” » 6. Soltanto ciò che è interiormente educativo è ispiratore di vere energie7. Infine (si

1 Theorie des hìstonschen Materialìsmus, p. V.

2 Sulla teoria ancella della pratica, vedi M. S., p. 12,

3 M. S., p. 11.

4 AL S. p. 137.

5 M. S., p. 68.

6 M. S., p. 137.

^ M. S., pp. 1456.354

I documenti del convegno

pensi ai due termini cultura e masse indicati prima) il marxismo è « risultato e coronamento di tutta la storia precedente » 1; e per l’altro verso, le masse popolari organizzate in partiti hanno il compito di costruire una nuova società, di produrre una trasformazione materiale e intellettuale paragonabile ai grandi movimenti con cui le altre class[...]

[...]la relativa autonomia della cultura — è facile individuare la presenza della componente culturale umanistica che si è detta, la complessa nozione di civiltà implicita in questa cultura. È poi rilevabile l'assimilazione, in un impianto che è e rimane rivoluzionario, di quei motivi (elaborati soprattutto dalla tradizione socialdemocratica occidentale) che del rapporto partitomasse sottolineano gli aspetti di raccordo, di stretto contatto. È chiara infine la presenza della concezione, tipica della Seconda Internazionale, del socialismo come coronamento di un’opera di civiltà. Ma questa civiltà non è concepita come un alto grado di sviluppo economico o come un lontano punto

1 Si veda in particolare la lettera a Gorki del 7 febbr. 1908 {Opere, Roma, voi. 34, 1955, p. 295) : « Si può, si deve legare la filosofia con l'orientamento del lavoro di partito? con il bolscevismo? Penso che ora questo non si possa fare. Lasciamo che i nostri filosofi di partito lavorino ancora per un certo tempo sulla teoria, che discutano e... arrivino a mettersi d’a[...]

[...]uare il senso (implicito nel concetto di ma
1 AL S., p. 35.

2 M. S., p. 99.362

l docwnenti del convegno

teria) della necessità di far capo alla realtà, di riferirvisi continuamente. Gramsci sa benissimo tener distinti i concetti di uomo, di società, di natura \ sa che l’uomo non crea la natura, ma gli preme sottolineare che la natura, cosi come, è in rapporto con l’uomo, fa parte della medesima realtà, ne è modificata. È da aggiungere infine che questa impostazione umanistica non sembra determinare conseguenze rilevabili nelle concezioni politiche di Gramsci. Posizioni sindacalistiche, soggettivistiche, se ci sono, non sembra che possano collegarsi con queste concezioni generali.

In direzione non meno polemica contro la continuità, affermata da Bukharin, fra le scienze della natura e le scienze dell’uomo, contro la mutuabilità, se non l’identità, dei due metodi, è orientata anche la concezione gramsciana della scienza della natura. Anche se non mancano spunti di interpretazioni diverse, questa viene in genere considerata una t[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] N. Vaccaro, La dialettica quantità-qualità in Gramsci in Studi gramsciani

Brano: Nicola Vaccaro

LA DIALETTICA QUANTITÀQUALITÀ IN GRAMSCI

La « concretizzazione » della legge hegeliana della quantità che diventa qualità viene definita da Gramsci1, nel corso del suo esame critico del Saggio popolare di Bukharin, come nodo teorico; egualmente la connessione costante della quantità alla qualità è ritenuta da lui la parte più originale e feconda forse della filosofia della prassi2. Infine un’altra osservazione va tenuta presente che « nella fisica non si esca mai dalla sfera della quantità altro che per metafora » 3.

In queste tre indicazioni sono contenuti a mio parere i termini essenziali della problematica che Gramsci svolge intorno alla dialettica quantitàqualità.

Ma per potere procedere nella nostra analisi è necessario partire da alcune constatazioni.

Un esame delle categorie in questione, come di qualsiasi altra categoria filosofica usata dal Gramsci, può essere condotto solo tenendo presente quel che costituisce uno dei punti centrali del pensiero filosofico d[...]



da m.c.c., scheda sintetica di «Il bimestre» (1969-1974) in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: [...]ta verso una articolata proposta del panorama letterario e artistico italiano contemporaneo, pur ospitando abbastanza di frequente saggi e contributi di carattere sociopolitico (ad es.
le rubriche « Società e cultura » e « Scienza e cultura » ecc.) Il Bimestre si suddivide in tre parti: la prima accoglie interventi di critica letteraria, di estetica, di politica; nella seconda parte (Antologia) sono raccolti testi poetici, narrativi e teatrali. Infine la Rassegna dedica rubriche fisse alla poesia (S. Salvi), alla narrativa italiana (M. Forti) e straniera (G. Raboni), alla critica letteraria (S. Pautasso), alla letteratura italiana (S. Ramat), a scienza e cultura (E. Boncinelli), al teatro (L. Baldacci), al cinema (M. Morandini), alla musica (L. Alberti), alle arti figurative (C. Vivaldi), alla attualità culturale (A. Paolini). Particolarmente significativi gli inserti, molto ampi e documentati dedicati ai problemi delle minoranze etniche europee, curati da Sergio Salvi e intitolati « Il terzo mondo in Europa ». Tra i più interessanti si se[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Infine, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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