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Il segmento testuale Grande è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 117Analitici , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Vittorio Lanternari, Discorso sul messianismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]ro della vita religiosa, come futuro apportatore di salvezza.
Ora, nel quadro generale della storia religiosa, ci pare legittimo porre il problema, se l'atteggiamento messianico sia connaturato, peculiare, esclusivo del filone giudaicocristianoislamico (in ordine: Mosé e profeti, Apocalisse, Mahdismo): o se esso piuttosto trovi corrispondenza in religioni eterogenee d'ambiente primitivo, indipendentemente da influenze occidentali.
Già un altro grande filone messianico ricorre nel campo di certe religioni storiche fra le maggiormente progredite, Zoroastri
(:) Per il Mosaismo, come sintesi religiosa di componenti arcaiche, d'origine in parte pastorale e in parte agricola, v. LANTERNARI, La grande festa, Milano, 1959, pp. 44851.
DISCORSO SUL MESSIANISMO 15
smo e Buddismo. Nel Zoroastrismo si attendeva la venuta del Saosyant, futuro Salvatore, per la decisiva lotta contro il dio del male Angramaniu e il finale trionfo del bene. Da questa concezione, intrecciata con le teorie indoiraniche del progressivo corrompimento degli evi cosmici fino alla ripresa di un nuovo ciclo del tempo, nasceva in seno al Buddismo popolare la concezione del Budda futuro, Maitreya, che quando il male avrà saturato il mondo scenderà un di sulla terra per ripristinare il regno del bene (2). Come si vede, l'att[...]

[...]ianico; e ancora: su quale terreno culturalesociale il messianismo alligna in misura tanto evidente da costituire veri e propri movimenti di attesa di salvezza?
Sarà bene brevemente riandare, in proposito, ad uno dei più
(2) E. ABEGG, Der Messiasglarnben ìn Indien und Iran, BerlinLeipzig 1928.
(3) Per quanto riguarda la nascita del Zoroastrismo in rapporto al conflitto di due correnti culturali eterogenee e contrapposte, cfr. il mio volume La grande festa, Milano, 1959, p. 448. Quanto alla nascita del Buddismo e del Cristianesimo in rapporto al conflitto fra sacerdotalismostatalismo e bisogni popolari, cfr., Le mie osservazioni, in « Nuovi argomenti » 4243, 1960, pp. 1001. Quanto al profetismo ebraico d'epoca preesilica (Amos, Isaia, ecc.), esso va posto in rapporto con le catastrofiche calamità in atto (scisma politicoreligioso, caduta del regno di Samaria) e altre intravvisabili all'orizzonte, per il popolo ebraico a causa dell'ostilità di temibili potenze vicine, e della supremazia babilonese. Quanto infine ai profeti dell'esilio, ess[...]

[...]fetici. Secondo il Bastide l'assenza di profetismi fra
i negri brasiliani si giustificherebbe appunto con la mancanza di una adeguata mitologia di eroi culturali (10). In realtà, ogni movimento profetico, pur riallacciandosi a miti tradizionali, rielabora nei modi più vari e imprevedibili quei miti stessi, rinnovandoli, trasformandoli nel contenuto e nella funzione — in vista di nuove esigenze religiose —, fuori di ogni rigido schema. Si ha una grande varietà di casi, di combinazioni, di sincretismi, nelle rielaborazioni moderne del mitico eroe culturale: quest'ultimo può essere identificato coi bianchi, col profeta indigeno, con Gesù. Egli può tornare fra gli uomini, oppure possono gli uomini muoversi verso lui. Può trattarsi di un fondatore puro e semplice, o di un eroebuffone (o trickster, come Qat, Nanabhozo). Non sempre il mito originario ne annuncia il ritorno: talora accenna soltanto a una sua scomparsa, o alla morte. Un esempio, fra gli altri, di eroe culturale scomparso di cui si attende tradizionalmente il ritorno, é ThohoyaNdou,[...]

[...]li uomini, oppure possono gli uomini muoversi verso lui. Può trattarsi di un fondatore puro e semplice, o di un eroebuffone (o trickster, come Qat, Nanabhozo). Non sempre il mito originario ne annuncia il ritorno: talora accenna soltanto a una sua scomparsa, o alla morte. Un esempio, fra gli altri, di eroe culturale scomparso di cui si attende tradizionalmente il ritorno, é ThohoyaNdou, eroe dei, Bavenda. Secondo il mito, dopo aver regnato su un grande impero, egli durante una partita di caccia spari e non fu mai riveduto: ma non era morto; e si ebbe certezza, fra gli indigeni, che « un giorno sarebbe tornato fra il suo popolo, apportatore dell'antica grandezza » (11). Non consta che tale eroe culturale sia passato in alcun mito messianico moderno, nonostante il contenuto millenaristico del mito originario. Come si vede, c'è una libertà infinita nelle possibilità creative della storia religiosa. Un altro mito messianico é riportato dal P. Loupias dal Ruanda. L'eroe culturale dei Watutzi, Mutabazi, scese in terra — secondo il mito —, per preghiera degli uomini, come ambasciatore dell'essere supremo Imana; e portò agli uomini ogni sorta di beni. Ma gli uomini a un certo punto gli si rivoltarono contro e lo inchiodarono a un albero, così ch'egli mor[...]

[...]ente scomparsi. Nell'urto culturale seguito all'avvento dei bianchi questo tema ben si prestava, nelle varie sue formulazioni, a venire riplasmato come espressione delle nuove esperienze ed esigenze messianiche indotte dall'urto stesso. Un esempio di questo processo di riplasmazione religiosa ci sembra significativo, anche al di fuori di veri e propri movimenti profetici. Fra i Babemba (Rhodesia sett.) v'è un essere supremo, Lesa Mukulu (Lesa il Grande), creatore del mondo degli uomini e della morte. Accanto a lui v'è una figura di eroina culturale, che salvò l'umanità dal mostro divoratore, uccidendo quello e ridando vita agli esseri da esso inghiottiti. Ora, i Babemba identificano il loro re, di cui osservano un culto, con l'essere supremo Lesa Mukulu, e la regina con l'eroinademiurgo del mito. Evidentemente l'eroina è un'ipostasi femminile dell'essere supremo, pur essa a sua volta cretrice (= restauratrice) del mondo e dell'ordine. Ma l'interessante si è che gli Europei stessi,
dall'epoca della loro comparsa, vennero identificato dai na[...]

[...] dell'essere supremo, pur essa a sua volta cretrice (= restauratrice) del mondo e dell'ordine. Ma l'interessante si è che gli Europei stessi,
dall'epoca della loro comparsa, vennero identificato dai nativi con Lesa Mukulu, l'essere supremo o eroe culturale (20). Dunque, nel
modo in cui originariamente i sostegni del mondo sociale, cioè il re e la regina, erano identificati con i protagonisti dei miti della creazione, ora i protagonisti del più grande rivolgimento culturale
(18) B. H. THOMSON. The Fijians, London, 1908, pp. 1412.
(19) A. FORNANDER, Collection of Hawaiian antiquities and folklore, B.P.B. Mus. Memoris, Honolulu, VI, 1, 191920, p. 42.
(20) J. J. WILLIAMS, Africa's God, VIII, Rhodesia, Chestnut Hill, 1938, pp. 2503.
DISCORSO SUL MESSIANISMO 23
introdotto fra i nativi, cioè i bianchi, vengono reinterpretati in chiave tradizionale, come esponenti di una mitica creazione o restaurazione del mondo. Ciò avviene anche se il mito non accennava necessariamente ad un futuro ritorno dell'essere supremo o dell'eroe culturale. P. es.[...]

[...] MESSIANISMO 23
introdotto fra i nativi, cioè i bianchi, vengono reinterpretati in chiave tradizionale, come esponenti di una mitica creazione o restaurazione del mondo. Ciò avviene anche se il mito non accennava necessariamente ad un futuro ritorno dell'essere supremo o dell'eroe culturale. P. es. secondo la profezia annunciata da Wodziwob o Tavibo ai Paviotso (Ghost Dance del 1870), un'era di liberazione stava per attuarsi per gli Indiani: il Grande spirito o essere supremo sarebbe disceso in terra, apportatore della nuova epoca paradisiaca; i morti sarebbero tornati; i bianchi sarebbero stati inghiottiti dagli abissi della terra; le loro ricchezze avrebbero appartenuto d'ora innanzi agli Indiani (21).
E' chiaro che anche l'essere supremo celeste, tipicamente ozioso e ininfluente rispetto all'esistenza attuale degli uomini, come è proprio di tante mitologie arcaiche di popoli incolti, può essere spontaneamente reinterpretato, sotto l'impulso sconvolgente del contatto europeo, come ente che dovrà ritornare, apportatore della palingenesi [...]

[...]nte che dovrà ritornare, apportatore della palingenesi cosmica. Il suo potere rinnovatore sta in rapporto di continuità con il suo potere magicocreativo assegnato a lui dal mito. Del resto, l'essere supremo ritorna anche in altre guise a rinnovare la religione tradizionale. Come avviene per gli spiriti dei moti, per l'eroe culturale, anch'egli appare in visione al profeta e lo istruisce sulla fondazione del nuovo movimento. E' questo il caso del Grande spirito da cui ricevettero istruzione Wowoka e i suoi prosecutori (Smohalla, Kanatuk, ecc.), per il grande movimento della Ghost Dance: è altresì il caso di John Wilson e di Handsome Lake, che dal Grande spirito ricevettero ispirazione per fondare rispettivamente il Peiotismo e la « Nuova Religione » irochese: per non dire di altri numerosi casi in cui l'essere supremo funge da elemento di congiunzione fra antico e nuovo, ed é veicolo del rinnovamento della tradizione. L'essere supremo è spesso identificato con il Dio giudaicocristiano: ed é questa un'altra forma di sincretismo, in cui si rivaluta in senso messianico un tema mitico tradizionale.
Fin qui s'è visto che il complesso dell'eroe culturale scompar
(21) J. MOONEY, Ann. Rep. Bur. Amer. Ethn. 1896, pp. 7014.
24 VITTORIO LANTERNARI
[...]

[...]oni di una vera religione del ritorno. La religione del ritorno si manifesta in forme assai varie, legate via via ai differenti contesti culturali, alle diverse tradizioni religiose, alle variabili personalità profetiche. Ma la religione del ritorno è nucleo essenziale del messianismo in quanto tale. In virtù d'essa, l'era della salvezza si configura miticamente come ripristino dell'età delle origini. A ben guardare, ogni mo
(24) LANTERNARI, La grande festa, Milano, 1959, passim.
(25) Cfr., il mito delle origini della festa milamala: op. cit., parte II, cap. I.
26 VITTORIO LANTERNARI
vimento profetico dunque ha un suo aspetto messianico, perché vi si attende una salvezza portata da enti o da eventi mitici quali che siano.
Abbiamo detto « enti od eventi mitici ». Infatti, oltre ai casi suesposti nei quali esiste uno o più d'un demiurgo della rinascita del mondo (eroe culturale, essere , supremo, spiriti dei morti), vi sono casi in cui la religione del ritorno assume forme ancor differenti e più originali: essa si configura insomma come [...]

[...]rno » fondata sulla mitica attesa di personaggi reali. Egli stesso infatti dava l'annuncio di una sua prossima ascesa in cielo, e di un successivo ritorno come redentore dei Negri. Nella religione popolare brasiliana moderna si ha il caso del profeta Joao Maria e di Padre Cicero: di costoro, i quali fondarono i movimenti profetici già menzionati, si attende tuttora vivamente il ritorno: essi ripristineranno il regno di pace e giustizia. Anche il grande filone dei movimenti mahdisti, in Africa ed Asia, esprime con periodicità ricorrente l'identica attesa di un ripristino di condizioni più antiche. In generale, lo stesso Cristo Negro così diffuso nelle religioni profetiche dell'Africa nera, rappresenta la reincarnazione messianica, proiettata in futuro,
(29) Op. cit., Cap. VI.
DISCORSO SUL MESSIANISMO 29
di altrettante, attuali figure di profeti nativi, dei quali si attende dunque il ritorno come liberatori. Alla morte di Isaiah Shembe, fondatore del movimento Sionista sudafricano, si diffuse l'opinione che sarebbe risorto (30). Altro caso[...]

[...]mia di vaiolo, si diffuse la voce che sarebbe risorto; ed alcuni seguaci in fidente attesa ne vegliarono il corpo, finché vinti essi stessi dal contagio non perirono a loro volta (31).
Quando mori Simon Kimbangu, fondatore del movimento profetico di liberazione congolese, i nativi pensarono esplicitamente che sarebbe rinato. I militanti dell'esercito della Salvezza comparsi allora fra loro, furono considerati come altrettante reincarnazioni del grande Simon, del cui nome i militi bianchi portavano il segno nella S scritta sulle loro uniformi (32).
Si tratta di reinterpretazioni in chiave messianica di altrettante figure appartenenti autenticamente alla storia. La storia dunque sbocca insensibilmente nel mito.
Eppure é anche vero il contrario, che il mito tende decisamente verso la storia. Né si comprenderebbe il senso e la funzione dei movimenti profetici in genere, se sottovalutassimo sia le cause storiche che presiedono alla loro genesi, sia i piú immediati e drammatici sviluppi da essi assunti sul piano della storia sociale e poli tic[...]

[...]messianici, in tanto hanno valore, in quanto essi costituiscono altrettanti programmi di trasformazione: in quanto possono alimentare speranze di rinnovamento, e anzi rappresentano essi stessi l'inizio della rinascita. In definitiva, ciò che più conta nei movimenti profetici, al di là e contro il loro conservatorismo apparente, é l'avvio, che in essi si pone, al rinnovamento della vita religiosa, ed anche culturale, socia
(33) Mircea Eliade, il grande storico delle religioni, è fautore di un'interpretazione del tutto misticheggiante e conservatrice, di tali movimenti religiosi. Secondo l'E. la reintegrazione dello stato paradisiaco, che si esprime nei movimenti messianici (e così pure ugualmente nelle cerimonie religiose tradizionali, feste di Capodanno, Iniziazioni) ha un senso ed una funzione assolutamene autonoma; anzi essa darebbe senso all'intera storia, anche politica, delle civiltà religiose. Nei culti messianici, l'uomo agirebbe, secondo l'E., conformemente a un bisogno interiore di coerenza rispetto al cosmo, e non sotto la strett[...]



da Angus Wilson, Totentanz in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...] l'autorità di Dio o nemmeno per le leggi di natura. Una coppia di vecchi pazzi e disutili, imbevuti di scempiaggini nonconformiste, decidono in un atto di ingerenza tirannica sul nostro futuro e tutto quel che sanno dire gli avvocati é che un cittadino inglese é libero di disporre come vuole del suo denaro. Per questo, le nostre vite — quella di Brian e la mia — debbono esser rovinate, e dobbiamo farci rider dietro da tutti. Sentité qui: use Il Grande Mietitore dovesse ritenere opportuno di raccogliere la mia cara moglie e me a sé mentre ci troviamo in alto mare o in qualsiasi altro modo che impedisca ai nostri resti mortali di venir raccolti per una acconcia sepoltura cristiana in luoghi ove i nostri cari nipoti o altri eredi possano decorosamente intrattenersi con noi e in altri modi comunemente approvati dimostrare l'affetto e la devozione che provano per noi, in questo caso dispongo che due monumenti sepolcrali, che ho già fatti fare, siano collocati nella nostra casa di Portman Square nella stanza ove essi riceveranno i loro amici, si[...]

[...]to moderno più esageratamente semplice che un artigiano dilettante, secondo Eric Gill, potesse fare.
« Cara » disse Guy « sono due orrori » e Lady Maude osservò che proprio non erano quel tipo di cose che si ha mai voglia di aver sottocchio. Gli epitaffi, inoltre, erano vistosi, moderni, e molto artificiosi: su uno c'era scritto: « Giuseppe Briggs. Pronto all'appello »; sull'altro: «Gladys Briggs. Sincero come l'acciaio, retto come una lama, il Grande Artefice fece il mio compagno ».
Il professor Cadaver era desolato: « Ma come, nulla! nemmeno le ceneri. Un vero peccato! ». Pareva sentisse che era andata perduta una grande occasione. Nessuno aveva da proporre suggerimenti. La signora Mule conosceva i nomi di molti avvocati astutissimi e persino di un imprenditore criminale, ma non pareva che questo facesse parte delle loro_ competenze. Lady,Maude tra sé pensava che sino a che sala da pranzo e cucina potevano funzionare ugualmente, non c'era motivo di prendersela tanto. Erano tutti. li immersi nello sconforto, quando improvvisamente Guy esclamò: « Come avete detto che si chiamano gli avvocati? ».
(( Robertson, Naismith e White» rispose Isabella «ma non serve a niente, ci siamo già passati ». « Fidati del piccol[...]



da Giovanni Testo, Ritratti critici di contemporanei. Lalla Romano in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]non imitazione », perché allora finiremmo per cadere in una specie di gioco nominale (ad esempio, per Pavese, si è dovuta inventare la formula, che sta come un ossimoro, di « realismo simbolico ») e dovremmo riprendere da capo ogni concetto: cosa, è ovvio, che quand'anche ne fossimo capaci, sarebbe fuori luogo. Qui piuttosto ci interessa dire che la poetica di Lalla Romano non va ascritta, se non in modi estremamente indiretti e condizionali, al grande (ottocentesco) alveo realista e meno ancora può patire l'etichetta, ancor piú angusta, di neorealista. Ne fa fede non tanto l'esordio poetico, che avvenne nel 1941 con la raccolta Fiore pubblicata dall'editore Frassinelli di Torino e che si collocava in un ambito di risonanze elette e preziose — condotte con modulazioni di personale ermetismo —, ma il vero e proprio esordio narrativo che avvenne di contromano con Le metamorfosi (1951), un'antologia di sogni secchi e concreti, che passò, pour cause, sotto silenzio. Né bastano a smentita, tacendo d'altri pochi minimi, l'appetito curioso e non s[...]

[...] esordi e chiuse sono sempre, nella Romano, vere e proprie chiavi della volta:
Quando entrammo nella nostra casa, c'era già Maria. Eravamo di ritorno dal
viaggio, e camminammo in punta di piedi, perché era mezzanotte.
Io non conoscevo Maria, se non per averla vista, quando era venuta a pre
' Citiamo dalla ristampa einaudiana dei « Nuovi Coralli » (1974), p. 66.
LALLA ROMANO 673
sentarsi. Affrontare la conoscenza delle persone mi metteva in grande imbarazzo; cosí, da una stanza vicina, avevo spiato, attraverso l'uscio socchiuso.
Stava seduta sull'orlo della sedia, con i piedi incrociati e le mani raccolte nel grembo; era magra e minuta, vestita di nero: con un colletto, rotondo, di pizzo. Teneva la testa reclinata su una spalla; i suoi occhi azzurri e fermi, dalle palpebre piegate all'ingiú, avevano un'aria rassegnata e un po' triste. Non ne avevo concluso niente: piú che altro avevo pensato che era una figura adatta a ritrarsi nei quadri (Maria, Torino 1953, p. 9).
Dalla figura di Maria cosí nitidamente delineata nell'uscio socchius[...]

[...]a.
3. Con La penombra che abbiamo attraversato inizia dunque un periodo che non sapremmo deciderci a dire nuovo. Nuovo infatti propriamente non è, e basterebbe leggersi il capitolo xxii di Maria:
Rividi, quando fu l'autunno, i boschi del Villar: velati da una sottile bruma.
Era il primo pomeriggio, quando passai il ponte sul Maira, e cercai con gli occhi il balconcino alto sul Borgo Sottano, dal quale Maria aveva salutato il bambino diventato grande che ripartiva sulla sua motocicletta.
Prima di scendere, per la gradinata di pietra, al vicolo di Maria, volli rivedere il paese.
Rividi, nell'attraversarlo, la villa dei Maina, che dietro l'alterigia della f acdata celava le sue storie oscure, e le fastose alcove, che Maria spolverava con tanta fatica.
4 La villeggiante, Torino 1975, p. 95.
LALLA ROMANO 677
Percorsi i piccoli portici, uscii nella piazza, e m'indugiai nel leggere le piccole lapidi bianche, murate in memoria dei fucilati dell'ultima guerra. Cercai il nome di Milio; ecco: Emilio Martini, di anni ... Una bicicletta attraver[...]

[...]oetico. Come non muta la « sostanza » dei luoghi non muta la « sostanza » della storia perché la poesia cerca il « permanente », la consistenza oltre le parvenze e la realtà storica è rispecchiata meglio « da una visione personale (poetica) che dalle analisi sociologiche »9: un'idea che risulta particolarmente attiva nell'ultimo romanzo, Una giovinezza inventata.
Già nella Penombra i fatti della storia erano come messi tra parentesi (« c'era la Grande Guerra », p. 23), e la loro parzialità era un fatto poetico. Cosi in Maria la storia era un evento tra gli eventi e interessava per i suoi tratti di tragedia improvvisa e fatale. In Una giovinezza inventata la questione raggiunge l'apertura massima. Una giovinezza inventata è la storia della formazione di una ragazza borghese e provinciale che prende la strada della città. È anche la storia stessa della scrittrice, come sempre. Lalla Romano è nata a Demonte ed ha vissuto infanzia e adolescenza tra il paese che l'ha cresciuta e la cittadina di provincia (« Cuneo città "d'antan" », p. 133) dove[...]

[...]ese che l'ha cresciuta e la cittadina di provincia (« Cuneo città "d'antan" », p. 133) dove ha compiuto gli studi ginnasiali e liceali. Il suo approdo torinese coincide con gli anni dell'Università, con gli umori, le inquietudini, le contraddizioni di una vitalità ispida e inappagata.
È la storia di una iniziazione, dei rituali e delle sofferenze che tale iniziazione comporta; la storia di un personaggio di angoscia (e di allegria?) dentro la « grande misteriosa città » (p. 73) autunnale, che sta come una favola dal fascino intenso, come un amore doloroso e senza futuro: che anzi con quest'amore fatalmente coincide. La Torino di una tardiva belle époque vibra di una sua doppiezza ed è il luogo emblematico dei fatti memorabili. La vita della ragazza si snoda per frammenti tra le pareti protettive di un pensionato (molto esclusivo) di suore, e le ciance, le alleanze, i ripicchi di una comunità di giovani curiose e anche petulanti, tra le lezioni all'Università e le sedute di pittura, tra zie e compagni, tra affabulazioni epistolari e incontr[...]

[...]o Le parole tra noi leggère. Qui infatti il dramma di un rapporto assume le sue tinte piú forti, e il modo di rappresentarlo una spregiudicatezza inventiva mai sperimentata prima.
Le parole tra noi leggère sciolgono in chiarezza intellettuale (e poetica) i nodi di uno scacco. Il romanzo racconta un assedio, una contesa, un duello e tutt'e due i personaggi sono in primo piano, sono dei protagonisti. La lotta è aspra — certo dolorosa — e richiede grande impegno. Ma la caccia insidiosa che la madre dà a suo figlio è sfortunata, e la scrittrice di fatto è relegata, in un crescendo pieno di significato, negli spazi riservati delle postille, delle chiose, dei piccoli commenti.
Ma poi basterebbe leggere, con l'esordio (magnifico), che enuncia il motivo conduttore, il finale, risolto in una battuta, che contiene, nel suo umorismo compassato e sornione, il senso di una commedia tutt'altro che da ridere, perfino un poco surreale.
Le prime avvisaglie di un rapporto difficile compaiono già in Maria. Quel tratto, ad esempio (« Quando prendeva il mio [...]

[...]cronologico (questo, nella Romano, non c'è mai: la memoria insegue la sua cronologia) ma nel senso che rispetta grosso modo delle tappe che si succedono e riprende il discorso — il romanzo è anche un saggio, e un viaggio —, lo aggiorna, se si vuole, in corrispondenza con i diversi stadi evolutivi.
Il libro si può leggere come il dramma delle affinità non appagate, delle attese frustrate, di una vocazione elusa insomma — quella dell'arte —, come grande frammento di un discorso amoroso e insieme costruttivamente (morfologicamente) come esempio di romanzo nuovo. Nuovo nella storia dell'opera di Lalla Romano e nuovo nel panorama della nostra letteratura.
Il suo cuore, come sempre, è nell'attacco:
Io gli giro intorno: con circospezione, con impazienza, con rabbia. Adesso, gli giro intorno; un tempo invece lo assalivo. Ma anche adesso ogni
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tanto — raramente — sbotto. Allora lui mi guarda con la sua famosa calma e dice: — Tu mi manchi di rispetto! La mia collera di ora dev'essere un residuo delle antiche battaglie, quando i[...]

[...]o 1969; A. Banti, « Paragone », giugno 1969; G. Pullini, « Comunità », giugno 1969; C. Salinari, « Vie Nuove », 3 luglio 1969; D. Straniero, « La Notte », 7 luglio 1969; A. Paolini, « Il Giorno », 9 luglio 1969; G. Gramigna, « Corriere d'Informazione », 12 luglio 1969; M. Visani, « Il Giornale d'Italia », 26 luglio 1969; A. Borlenghi, « L'Approdo Letterario », luglio 1969; M. Di Cagno, « La Rocca », luglio 1969; G. Giordanengo, « Cuneo Provincia Grande », agosto 1969; A. Cambria, « Noi donne », 16 agosto 1969; G. Arpino, « La Stampa », 29 ottobre 1969;
I. A. Chiusano, « Settanta », V, 1970; M. Forti, « Il Bimestre », gennaiofebbraio 1970; W. Pedullà, « Avanti! », 22 luglio 1971; A. Bocelli, « La Stampa », 23 luglio 1971; A. M. Catalucci, « Corriere del Ticino », 25 luglio 1971; A. De Lorenzi, « Il Messaggero Veneto », 8 agosto 1971; M. Serini, «L'Espresso », 4 marzo 1973; E. Siciliano, « Il Mondo », 29 marzo 1973; L. Surdich, « Il Secolo XIX », 13 aprile 1973; V. Vettori, « L'Adige », 13 aprile 1973; V. Lisiani, « La Notte », 18 aprile 197[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Grande, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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