Brano: [...]discussione del proprio itinerario intellettuale, come egli dichiara nella vivace intro
duzione autobiografica.
Qui Williams ricorda i momenti essenziali di un percorso culturale, in cui giungono a saldarsi e a interrogarsi reciprocamente una preparazione letteraria professionale ed una per cosí dire privata consuetudine con la politica e in particolare con il marxismo. Non mancano naturalmente i nomi classici, da Lukács a Brecht, da Sartre a Goldmann e ad Althusser, fino al recupero, senza dubbio di grande importanza per Williams, di Gramsci, Adorno, Benjamin. Quel che caratterizza però Williams, e il suo stile di pensiero, è l'evoluzione del marxismo inglese dallozdanovismo ortodosso degli anni nei quali egli percorreva i primi passi del suo curriculum accademico, fino al New Left e all'acribia spregiudicata e insieme un po' nostalgica degli intellettuali separati da qualsiasi organizzazione di massa.
Il libro, ho detto, può leggersi come un monologo teorico: le punte vi appaiono sempre smussate, i dissensi smorzati; sul rifiuto polemic[...]
[...]iativa di trasformazione, sia di intelligenza dei reali intrecci in cui i concreti problemi storiografici volta a volta si presentano.
Merito di Williams è di illuminare quanto tenacemente tuttavia resista questa dottrina del rispecchiamento, pur dissimulandosi sotto il trasformarsi delle formulazioni discorsive, talvolta ariose e stimolanti, senza mutare però il proprio nocciolo teorico essenziale. Variante del rispecchiamento è per esempio la goldmanniana teoria dell'omologia. Ad essa Williams rivolge sostanzialmente due critiche. La prima, piú ovvia, è che nel delineare i grandi quadri omologici, lo storico finisce con l'applicare un selettore obbligato, sí da accogliere tutto quel che appare già pertinente al sistema, da rifiutare come irrilevante quel che non lo è: « solo l'evidenza culturale che s'attaglia all'omologia viene direttamente introdotta; altre evidenze vengono tralasciate, spesso con la motivazione che l'omologo è l'evidenza significativa » (p. 141).
La seconda critica è però la piú acuta, quella di maggiore valenza teoric[...]
[...]è già palesemente — se pure in modo astratto — strutturata » (p. 141). In altri termini, la realtà sociale viene letta alla luce di un sistema di valori che essa stessa ha prodotto come immagine di sé. La coerenza dell'omologia è quindi meramente formale, la sua ricostruzione esclusivamente descrittiva. Si disattende perciò la pur ostentata avvertenza di Marx che altro è quel che una società è, altro quel che fa credere di essere.
La lezione di Goldmann non appare tuttavia inutile. Williams, come già ho detto, è maestro nel sostituire una scontata, e in fondo vana, polemica con una coerente, non
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eclettica, utilizzazione dei segmenti teorici analizzati. In questo caso la ricostruzione di sistemi di omologia diventa utile quando la si assuma nel quadro di riflessione teorica sull'egemonia. In ogni società v'è un sistema ideologico dominante, che tende a presentarsi come omologo alla struttura sociale; meglio: che pretende di essere l'unica lente che riveli decifrabile la complessità disordinata delle cose. Questo sistema non è[...]