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Il segmento testuale Giolitti è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 81Analitici , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Paolo Alatri, Il Governo Nitti e la questione adriatica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]iani per riallacciare le trattative, interrotte esattamente un mese prima dalla crisi ministeriale italiana (1). Non pare che ciò sia de tutto esatto: il nuovo incontro non era stato ancora fissato; tuttavia é certo che se nel giugno 1920 Nitti avesse superato la crisi e fosse restato al goveron, i negoziati diretti per la soluzione della questione adriatica sarebbero stati ripresi entro breve tempo e, con ogni probabilità, portati a compimento. Giolitti, che gli succedette a capo del governo, lasciò invece passare qualche tempo prima di riprendere le trattative, che furono poi concluse il 12 novembre 1920 con la firma del Trattato di Rapallo.
L'accordo concluso da Giolitti e Sforza a Rapallo fu lievemente migliore, per l'Italia, di quello che Nitti e Scialoja stavano per raggiungere Pallanza e che avrebbero probabilmente realizzato dopo il giugno se fossero rimasti al potere: in modo particolare fu migliorata la linea di frontiera terrestre italojugoslava (2). Bisogna tener presente, da una parte che Nitti era convinto che fosse opportuno sacrificare eventualmente qualcosa alla celerità
(*) Il presente articolo riproduce alcune pagine conclusive di un ampio lavoro dallo stesso titolo di prossima pubblicazione presso l'editore Feltrinelli.
(1) FRANCESCO SAVERI[...]

[...]o ottenute di lì a qualche mese in condizioni che, sotto qualche aspetto, poterono sembrare meno favorevoli ad essi s.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 161
della conclusione dell'accordo con la Jugoslavia per essere in grado di dare rapida attuazione al programma di smobilitazione militare, politica e psicologica del Paese, in vista di una politica di riduzione delle spese, di concentrazione interna, di ricostruzione economica, mentre Giolitti, tornato al potere con l'appoggio di una maggioranza assai più vasta di quella che appoggiava il Governo Nitti, poteva permettersi di temporeggiare; e dall'altra parte che Giolitti poté trattare in condizioni più favorevoli, per alcune congiunture internazionali determinatesi nel frattempo: infatti la posizione della Jugoslavia fu gravemente indebolita, tra il giugno e il novembre 1920, sia dall'esito del plebiscito di Klagenfurt (3), sia dal definitivo tramonto di Wilson, che aveva costituito, per tutto il tempo in cui Nitti era rimasto al potere, il maggiore appoggio di Belgrado e il più forte ostacolo a una soluzione positiva del problema fiumano; inoltre le intensificate mène francesi nell'Europa balcanica e danubiana, preoccupando la Jugoslavia e facendole intrave[...]

[...]rte ostacolo a una soluzione positiva del problema fiumano; inoltre le intensificate mène francesi nell'Europa balcanica e danubiana, preoccupando la Jugoslavia e facendole intravedere il pericolo di un isolamento, la indussero a maggiore arrendevolezza di fronte all'Italia per chiudere in qualche modo il grave contrasto sul problema adriatico.
Tuttavia, anche tenuto conto di questo mutamento della situazione generale in cui si trovò a trattare Giolitti in confronto di Nitti, non ci sembra di grande importanza discutere se il Trattato di Rapallo fu più sfavorevole all'Italia dell'accordo che il precedente Governo avrebbe potuto firmare. Piuttosto, va messo in rilievo che, nell'affrontare il problema adriatico, Giolitti non soltanto poté avvalersi delle lunghe, estenuanti trattative già svolte da Nitti e dei risultati già da lui raggiunti, ma prosegui nello stesso indirizzo che Nitti aveva inaugurato nei confronti di Orlando e Sonnino. In sostanza, dunque, e salvo qualche aspetto di dettaglio, la questione adriatica fu risolta secondo le linee generali impostate e perseguite da Nitti in modo totalmente nuovo rispetto ai disordinati e impotenti tentativi del Governo precedente.
Di fronte all'agitazione prodottasi in Italia per Fiume, non vi erano che due strade: l'annessione o l'accordo attraverso le trat
([...]

[...]cale, in realtà generica e tale da lasciare aperte tutte le strade. C'era in Nitti l'illusione che ordini di quel genere servissero a ristabilire le cose, mentre invece creavano nei dipendenti stati d'animo di incertezza nocivi all'efficacia dell'azione. Con espressioni certamente un po' drastiche ed eccessive, ma che pur contengono una parte di verità, Sforza scrisse che Nitti « non sapeva comandare, non dava ordini, impartiva lezioni » (21), e Giolitti che Nitti sermoneggiava, non agiva (22). Così — e pur con tutte le attenuanti che è giusto riconoscergli per le gravi conseguenze di un eventuale richiamo del Governatore della Dalmazia — Nitti fu debole nei confronti dell'amm. Millo, lasciato al suo posto fra duri rimbrotti dopo che si era compromesso con l'impegno preso di non consentire l'evacuazione della Dalmazia. Nitti scrisse piú tardi che se D'Annunzio aveva potuto preparare e compiere la sua impresa prendendo di sorpresa il Governo, si dové al fatto che Diaz e Aibricci, ai quali il presidente del Consiglio aveva affidato l'in
(21) C[...]

[...]ti fu debole nei confronti dell'amm. Millo, lasciato al suo posto fra duri rimbrotti dopo che si era compromesso con l'impegno preso di non consentire l'evacuazione della Dalmazia. Nitti scrisse piú tardi che se D'Annunzio aveva potuto preparare e compiere la sua impresa prendendo di sorpresa il Governo, si dové al fatto che Diaz e Aibricci, ai quali il presidente del Consiglio aveva affidato l'in
(21) C. SFORZA, op. cit., p. 87.
(22) GIOVANNI GIOLITTI, Memorie della mia vita, Milano, Garzanti, 1945, p. 554.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 171
carico di ispezionare la Venezia Giulia, erano stati a loro volta ingannati e riferirono tranquillizzandolo. Questo elemento, senza dubbio, entrò nella complessa situazione; ma non la esauriva. Nitti aveva a sua disposizione molte altre fonti d'informazione, comprese quelle che gli fornivano le notizie eloquenti e sintomatiche pubblicate dai giornali sulla preparazione di un'insurrezione nazionalista. Il fatto è che egli tendeva ad acquietarsi delle assicurazioni ricevute e a prospettare i[...]

[...]nea di condotta intesa a svuotare e isolare il movimento dannunziano. Questa linea produsse i suoi effetti, dapprima sdrammatizzando tutta la situazione e riportando alle sue proporzioni il movimento dannunziano che in un primo momento sembrò diffondersi come un'epidemia, poi rendendo possibile la stipulazione di un accordo con la Jugoslavia e la conseguente forzata uscita dei « legionari » da Fiume; giacché non vi é dubbio che su questo terreno Giolitti poté valersi dell'eredità lasciatagli da Nitti.
La linea di condotta stabilita per Fiume da Nitti in collaborazione con Badoglio ebbe anche un altro effetto importante: quello
di mostrare, attraverso le vicende fiumane del dicembre 1919, che
a soli tre mesi dalla « marcia di Ronchi » D'Annunzio aveva perduto il controllo della cittadinanza, di cui non poteva più essere considerato l'esponente rappresentativo. Almeno a partire dallo sconfes
sato plebiscito del 18 dicembre, il gruppo che gravitava attorno al
comando dannunziano fu una minoranza che dominava con la forza, isolata nell'ambie[...]

[...]ivismo nazionalista.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 181
votavano contro di lui; e nutriva la fiducia che questi non si sarebbero uniti ai primi nel tentativo di rovesciarlo (40). Quando ciò avvenne, fu la fine del suo esperimento radicale.
Si è molto insistito sulle agitazioni sociali che caratterizzarono l'anno 1919: in realtà potrebbe a più forte ragione applicarsi al Governo Nitti ciò che Frassati osservò a proposito del Governo Giolitti, che cioè reca meraviglia come il grande fatto storico del dopoguerra, l'immissione del quarto stato" nella vita pubblica italiana, abbia potuto compiersi con incidenti relativamente così trascurabili (41). Del resto le agitazioni sociali non furono un fatto solo italiano ma travagliarono, in misura maggiore o minore, tutti i Paesi che aveva partecipato alla guerra.
Nitti stesso vide chiaramente quali forze Io fecero cadere: « Furono i grandi banchieri della Banca Commerciale, i grandi arricchiti di guerra che più si agitarono per evitare un piccolo aumento del prezzo del pane che essi stess[...]

[...]to alla guerra.
Nitti stesso vide chiaramente quali forze Io fecero cadere: « Furono i grandi banchieri della Banca Commerciale, i grandi arricchiti di guerra che più si agitarono per evitare un piccolo aumento del prezzo del pane che essi stessi avevano proposto e che richiesero subito dopo le mie dimissioni » (42). « Io ero nella strana
(40) Cfr. per esempio il citato rapporto di Buchanan a Curzon del 28 ottobre 1919.
(41) ALFREDO FRASSATI, Giolitti, Firenze, Parenti, 1959, p. 2.
(42) F. S. NITTI, Rivelazioni cit., p. 51. Alla lotta tra gli opposti gruppi che si contendevano il controllo della Banca Commerciale, il gruppo Marsiglia e il gruppo dei fratelli Pio e Mario Perrone, e in generale all'attività degli ambienti dell'alta finanza plutocratica, Nitti dedico molta attenzione nei mesi della primavera 1920: di ciò restano a testimonianza i documenti che egli raccolse in appositi fascicoli e che si conservano anch'essi tra le sue carte. La lotta tra i due gruppi della Banca Commerciale si scatenò ai primi di marzo 1920 (si veda L'Epoca[...]

[...]collaborazione ministeriale dei popolari, i quali d'altronde costituirono, entro il suo Gabinetto, i rappresentanti sia pure indiretti di certe istanze nazionaliste, e non esitarono a staccarsi da lui e a farlo cadere quando divenne più precisa la prospettiva di una politica di riavvicinamento all'Unione Sovietica da essi considerata con orrore. Ma la sostanza del racconto e del giudizio di Nitti resta pur sempre accettabile.
A Nitti succedette Giolitti: il quale, se condusse a conclusione
(44) Ibid., pp. 54344.
184 PAOLO ALATRI
la vicenda fiumana, inaugurò però una politica di patteggiamenti con le destre, e particolarmente con i fascisti, che doveva costituire una premessa della « marcia su Roma » (45). « Dopo la guerra — ha scritto uno studioso di quel periodo (46) — Giolitti era sostanzialmente un sopravvissuto. Il giudizio può sembrare duro, ma é reale. Il vero problema non era ormai, infatti, né di continuare né tanto meno di rinnegare la politica giolittiana, ma di portarla su un terreno nuovo, più ampio: quello della democrazia. Il vero problema era la riforma agraria, l'esproprio della grande proprietà assenteista, l'avvento delle classi lavoratrici al governo, la Costituente. Tutto ciò era, apertis verbis o larvatamente, nel programma di Nitti. In realtà, quindi, il vero continuatore del giolittismo fu Nitti, che afferrò lui solo la sostanza del problema dell'ora: il passaggio dal liberalismo alla democrazia. Il suo tentativo falli, e quella fu veramente l'ora tragica per l'Italia. Quando Giolitti tornò al governo era ormai un revenant: il tentativo suo, inattuale, era destinato a fallire. Le masse popolari premevano alle porte dello stato .e solo un programma spregiudicatamente democratico aveva qualche speranza di recuperarle. Ma Giolitti questo non lo poteva e non lo voleva offrire: era contro i suoi principi, contro il suo metodo, contro la sua sostanziale sfiducia nelle masse, che egli stimava meritevoli di essere governate umanamente, ma non capaci di esercitare esse stesse il potere. Naturale quindi che pensasse all'imbarco dei fascisti,. per cogliere i tradizionali due piccioni: riassorbire (e possibilmente... digerire) il movimento fascista trasformandolo in una corrente conservatrice un po' zotica ma di tipo tradizionale, e ricattare i socialisti ed i popolari per piegarli ai suoi voleri. Il calcolo, inutile ri cordarl[...]

[...]n una corrente conservatrice un po' zotica ma di tipo tradizionale, e ricattare i socialisti ed i popolari per piegarli ai suoi voleri. Il calcolo, inutile ri cordarlo, si rivelò gravemente errato ».
Un altro scrittore, che di quei tempi e di quegli eventi fu attento e acuto osservatore (47), giudica che le anticipate elezioni
(45) Cfr. in proposito il mio lavoro su Le origini del fascismo, Roma, Editori Riu niti, 1956.
(46) RAIMONDO LURAGHI, Giolitti e il fascismo, Lettera alla rivista Risorgimento di Torino, gennaio 1959, p. 28.
(47) SINIBALDO TINO, Il trentennio fascista. Rilievi ed appunti, Roma, Puccinelli, 1944, p. 62.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 185
del 1921 con l'alleanza demoliberalfascista fu dovuta alla volontà di evitare un nuovo esperimento di governo di Nitti, che sarebbe tornato al potere con i più preparati uomini del socialismo, realizzandone postulati e principi.
Certo, quando, dopo le elezioni del '21, più di una volta in breve spazio di tempo fu tentata da parte degli schieramenti e degli uomini politi[...]



da Rutilio Cateni, Quella volta che venne il Federale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]anche alla cena silenziosa che avevano consumata. Una di qua e uno di lá dalla tavola. Il rumore improvviso del pane fresco che si troncava, dell'acqua che scendeva nei bicchieri. Lei che metteva la minestra nel piatto. Il fumo odoroso della minestra e lei che troncava il pane. Lei che empiva i bicchieri. E, infine, il gatto che miagolava solitario. E anche la casa era stanca.
Sul pianerottolo del primo piano, c'era il vecchio. Il vecchio detto Giolitti, per i baffoni bianchi che aveva.
« Giolitti disse Libertario — date un'occhiata alla mia donna,
lassù. Io e lei siamo molto stanchi e io devo uscire ».
« Per gli ascari! — disse Giolitti — sei più nero del nero ».
È buio qui », fece.
«k la divisa », disse il vecchio.
« Ah! Questa qui... ».
« Ai miei tempi non si portava », disse Giolitti.
« Anche a me dá noia ».
« Fa sudare — disse Giolitti. — È una camicia di forza ».
« È puzzolente! », disse forte Libertario.
Giolitti mise il naso vicino alla sahariana.
QUELLA VOLTA CHE VENNE IL FEDERALE 105
« E vero. Puzza ».
Libertario cominciò a scendere le scale. Tuttavia disse ancora al
vecchio: «Puzza di cane bastardo! ».
E il vecchio dall'alto gli gridò: « Puzza di canaglia! ».
« Ma io la devo portare — disse Libertario — io ho una casa e
un campo... ».
«Non importa. Ma sei italiano? Sei per l'Italia? ».
Libertario era al pianterreno e disse nella tromba delle scale: « Io
sono per la mia casa, per il mio campo e per la mia donna ».
E il vecchio disse: « E codesta non è l'Italia? che cosa credi che sia l'[...]

[...].
«Non importa. Ma sei italiano? Sei per l'Italia? ».
Libertario era al pianterreno e disse nella tromba delle scale: « Io
sono per la mia casa, per il mio campo e per la mia donna ».
E il vecchio disse: « E codesta non è l'Italia? che cosa credi che sia l'Italia? Io ho girato un po' il mondo, ho visto tutto così: una casa, un orto... ».
Poi Libertario fini di scendere l'ultimo gradino e non senti piú nulla, ma la voce tremante del vecchio Giolitti rimbombava ancora nella tromba delle scale. Diceva che l'Italia era anche una donna oltre che un orto e un campo. Una Pavana dentro a una casa. Una Pavana che nessuno offendeva.
E la Pavana senti il suo nome e si affacciò sull'uscio di casa. Disse: « Mi chiamate, Giolitti? ».
« Dicevo che una donna come . te può essere l'Italia ».
« Ah! — fece lei — Un'Italia povera e stanca... ».
«E Cristo non era tutto pelle e ossa? Non era povero e stanco? », disse il vecchio.
« Ma si fece buggerare e si fece ammazzare ».
« Ma poi risuscitò — disse il vecchio — e fece tanti miracoli ».
« E i miracoli li ha mangiati il vento » disse la Pavana.
« Il vento non può mangiare tutti i miracoli. La terra è terra e quella non s'ingoia! ». E intanto batteva il piede per far sentire che qualche miracolo c'era rimasto.
« La terra sola non dice niente », disse la Pavana.
Ma Gio[...]

[...]ossa? Non era povero e stanco? », disse il vecchio.
« Ma si fece buggerare e si fece ammazzare ».
« Ma poi risuscitò — disse il vecchio — e fece tanti miracoli ».
« E i miracoli li ha mangiati il vento » disse la Pavana.
« Il vento non può mangiare tutti i miracoli. La terra è terra e quella non s'ingoia! ». E intanto batteva il piede per far sentire che qualche miracolo c'era rimasto.
« La terra sola non dice niente », disse la Pavana.
Ma Giolitti si indispettì e cominciò e sputare saliva dalla voragine dei baffi a parafango. «No — disse — la terra dice tante cose. È il più grande miracolo che ci sia. La terra é più bella del mare, del cielo e del Paradiso. E c'è gente che la insulta! ».
« Io no! — disse lei — Io non la insulto di certo. Per me la terra é pane! ».
« E l'Italia cos'è? — disse Giolitti. — E tutta campi e orti... ». Ma la Pavana non sapeva capire quelle cose e allora si trovò sconcertata.
106 RUTILIO CATRNI
« Sara così », disse ed entrò nuovamente in casa senza sapere perché lei poteva essere l'Italia. Anche il vecchio entrò nella sua casa perché la nipote Regina, sbucata per caso, lo stava tirando per un braccio.
«Che c'é, piccoletta? », disse.
« La cena », disse Regina. Dalla casa veniva un adore di minestra calda.
« Minestra di manzo? », disse il vecchio.
« Fagioli e patate ». Il vecchio Giolitti fece un sospiro.
Libertario camminava spedito verso la casa del fasci[...]

[...]se e allora si trovò sconcertata.
106 RUTILIO CATRNI
« Sara così », disse ed entrò nuovamente in casa senza sapere perché lei poteva essere l'Italia. Anche il vecchio entrò nella sua casa perché la nipote Regina, sbucata per caso, lo stava tirando per un braccio.
«Che c'é, piccoletta? », disse.
« La cena », disse Regina. Dalla casa veniva un adore di minestra calda.
« Minestra di manzo? », disse il vecchio.
« Fagioli e patate ». Il vecchio Giolitti fece un sospiro.
Libertario camminava spedito verso la casa del fascio. Molta gente era chiusa dentro le case. Non sapeva niente della visita del federale. E lui, invece, doveva andare perché sapeva che il federale sarebbe venuto e avrebbe fatto una lunga predica.con la voce arrabbiata. Eppure, adesso, non pareva possibile che dentro alla casa del fascio, in mezzo a questa quiete, ci fosse uno che potesse rompere questa quiete con la voce da cane, potesse rompere il beato silenzio della campagna oscurata. Arroventare gli animi. Eccitare gli animi per qualcosa d'indefinito come la conquista d[...]



da Franco Fortini, Cronache della vita breve in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]ouvriers professionels.e ouvriers specialisés (chiave della odierna «sacra famiglia » operaia), fra sindacalismo della « dignità » e sindacalismo del «bisogno » — e soprattutto il ritratto della Francia, con gli armadi delle sue famiglie parigine e provinciali dove si legge la storia di mezzo secolo di paure... Somiglianze e differenze con l'Italia: funzione diversa della disoc
162 FRANCO FORTINI
cupazione, da noi (vedi l'importante scritto di Giolitti in Società), e, a conti fatti, situazione più aperta, paradossalmente. I due terzi della Francia accerchiano dunque l'ultimo terzo, il proletariato industriale, grazie alla funzione della piccola industria, sostenuta, come l'impiccato dalla corda (e con la minaccia di aprir la botola) dalla grande; nuova accezione del termine di feudalesimo, diversa da quella correntemente usata dai nostri polemisti quando parlano dei monopoli.
Da notare: la presenza di certe sfumature lessicali che paiono venire a Sartre dal recente libro di Mascolo (Le communisme) che egli ha difeso, or non è molto, dagli [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Giolitti, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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