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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale Giù è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 90Analitici , di cui in selezione 5 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giovanni Testori, Il Fabbricone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]minciarono a fischiare, le nuvole che fin là eran rimaste quiete all'orizzonte, diedero inizio alla cavalcata; bianche, gialle, grigie, orlate qua e là di nero invasero in poco tutto il cielo e gettarono sulle case, sulle ortaglie e sui primi appezzamenti di campagna le loro ombre improvvise e sinistre.
«Vien il temporale! »; andiamo, sù! »; «in fretta! »; « il temporale! » — si sentiva gridar per le strade, nell'affanno che tutti avevano di raggiunger al più presto le case; il vento intanto sollevava dappertutto terra e carte, polvere e immondizie.
Anche il fabbricane, tagliato in due dall'ombra d'una nube e da uno degli ultimi raggi di sole, si mise subito in allarme; persiane che sbattevano; panni, camicie e mutande che s'agitavano sui fili; un gran chiudersi di finestre; un gran trafficar sui ballatoi e contro le ringhiere; « vieni dentro! Sù, sù, che arriva la fine del mondo! »; parole, grida, urli e bestemmie; contro la cinta, la fila dei pioppi si agitava intanto da una parte e dall'altra.
Allora dall'estremo della periferia, d[...]

[...]volo; in quello stesso momento un razzo esplose sulla sua testa con più fragore degli altri e fece tremar i vetri.
« Spaccate, spaccate su tutto che poi almeno non ci si pensa
Deve piovere? Niente: l'interesse é che non piova. Le stagioni? L'estate, la primavera, l'autunno? E chi le vede? A rovescio; a rovescio anche quelle; come la gente; come la vita; come tutto! »
Fuori, intanto, le poche gocce cui i razzi avevan permesso di cadere venivan giù grosse, lente e sfiatate.
Per esse che si schiacciavano, parte sul davanzale, parte sui vetri, più che pietà, la. Redenta provava una specie di rabbioso rancore; insomma, adesso, nemmeno il cielo, nemmeno quello, era più in grado di ribellarsi! Ma allora meglio il diluvio, meglio la fine del mondo. Perché vista la strada su cui s'era messa, dove poteva finire l'umanità se non in una casa di cura? Una « Villa Fiorita » grande quanto bastava per farci star dentro il mondo intero; e loro, quelli dei governi, dei razzi, dei dischi e delle bombe, per primi!
Un ciac; un breve silenzio; poi un alt[...]

[...]i, aveva con la sarta. Una sarta per po
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vera gente, naturalmente; anche se poi faceva di tutto per mettersi alla moda, copiando e ricopiando i figurini di cui eran piene le riviste che comprava; « Grazia »; « Foemina »; e certe volte « Vogue »; dato che, come diceva, anche il gusto delle operaie adesso si volta verso Parigi.
Quella della carne alla sera, era una delle tante abitudini del fratello che la Redenta non riusciva a giustificare; tanto più che, lei come lei, faticava già molto a mandarla giù a mezzogiorno. Un'ombra di timore, come se preparandola prima e mettendosela tra i denti poi, sentisse chissà che eccessi di somiglianza con la carne umana; fesa, manzo, filetto; tutto uguale; per non parlar di quand'era il fegato che si trovava tra mano. Quel color cupo, quel sangue violastro, quei nervetti! Del resto tutto quel carname cominciava a farle schifo, dal momento in cui se lo vedeva là, ammassato e penzolante dalle vetrine e dalle pareti del negozio.
Perché, in definitiva, il giorno in cui i capi, i padroni, si fossero decisi a dar sfogo a tutto il loro progresso e a tutta la lo[...]

[...]i consigli lei, davanti a quei colpi, avrebbe dovuto pensar a tutto tranne a quell'altra macelleria che era stata la guerra e a ciò che in quella macelleria lei aveva visto, passato e provato; a tutto, tranne alla scarica con cui, fronte albanese, ventitrè novembre, il suo Andrea gliel'avevan fatto fuori senza preavvisi, né niente: un povero corpo crivellato (almeno per quel che era riuscita a immaginare); e dappertutto sangue, sangue che veniva giù sulle braccia, sul ventre; in mezzo alla neve che quel giorno i padroni del mondo avevan lasciato cadere, forse perché di pensar a quelle cose non avevan avuto né la calma, né il tempo; neanche si fosse trattato d'un cane. E da allora, naturalmente, per lei, il capitolo uomini s'era chiuso e chiuso per sempre. Figurarsi, col carattere con cui era venuta al mondo, poi!
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Si e no un respiro, ed ecco un lampo più lungo degli altri saettar giù dalle nubi e lacerar i vetri della casa; nell'interno le stanze parvero incendiarsi; subito dopo, il tuono prese a correr nel cielo per[...]

[...]cia, sul ventre; in mezzo alla neve che quel giorno i padroni del mondo avevan lasciato cadere, forse perché di pensar a quelle cose non avevan avuto né la calma, né il tempo; neanche si fosse trattato d'un cane. E da allora, naturalmente, per lei, il capitolo uomini s'era chiuso e chiuso per sempre. Figurarsi, col carattere con cui era venuta al mondo, poi!
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Si e no un respiro, ed ecco un lampo più lungo degli altri saettar giù dalle nubi e lacerar i vetri della casa; nell'interno le stanze parvero incendiarsi; subito dopo, il tuono prese a correr nel cielo per perdersi poi in una catena di brontolii, là, oltre l'orizzonte.
Chiusa dentro la sottana della madre, la Lisetta si senti prender un'altra volta dalla paura; allora diede un grido da bestiolina ferita e ricominciò a tremare.
« Ma di cos'hai paura, scemetta? — fece la madre, cercando
di levarsela d'attorno — Mettiti là a far 'ste aste! ».
Ma di far le aste, la Lisetta non si sentiva; infatti, appena il temporale s'era annunciato, la piccola Borgonuovo s'e[...]

[...]uel modo il quaderno era rimasto aperto sul tavolo, lá dove la sua matita aveva tracciato con timido impaccio le prime file di segni.
« Guarda il coraggio che ha il Tino! E si che è minore... »
Il Tino, maschio unico tra i molti Borgonuovo di via Aldini, era infatti uscito di casa alle prime avvisaglie del temporale; a squarciagola aveva chiamato sul suo piano il Franchino, sul piano di sotto l'Enrico; poi, precipitando per le scale, era sceso giù e s'era appostato in uno dei due ingressi del casone, preso come gli amici dalla lotta tra terra e cielo cui avrebbe assistito; e in quel punto scalpitando come un cavallo si trovava quando a quel lampo ne segui un secondo, ancor più lungo e spettrale.
«Avanti! Giù! — gridò allora preso da una gioia eccitata e incosciente — Giù! ».
Al fronte albanese, all'Andrea, a tutti quei colpi, (una scarica di mitra, le avevan detto) a tutto quel sangue, a tutto quel tirarsi, soffrire e chiamare, lei non avrebbe dovuto pensarci neppur quando le capitava di veder dei film che, di guerra, di morti e di massacri, parlavan dal principio alla fine; neppur quando di guerra, di morti e di massacri le parlava la televisione del bar di Via Zoagli o quella, che una sera andava e tre no, dei Meroni. E men che meno, quando, a furia di girarsi attorno, volente o nolente, l'occhio fi
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niva col caderle sulla fotografia; non[...]

[...]'un uomo, ecco, o quello o niente e nessuno per l'eternità. E siccome i capi, i padroni, loro, insomma, il suo gliel'avevan tolto dalle braccia con una cartolinaprecetto e nelle braccia non gliel'avevan poi più riportato neanche per ve
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derlo, vestirlo e metterlo nella cassa, eccola li, legata ancora a quel che il suo Andrea era stato e a quel che avrebbe potuto essere; non a un uomo, dunque, ma a un'ombra; un'ombra che, per giunta, del fatto d'esser uomo non le aveva lasciato né un segno, né un ricordo; niente. E come poteva fare allora a vivere e a star calma e tranquilla come le altre che il loro uomo, o l'avevan avuto o l'avevan ancora? E che gli facesse pure le corna! Oh, madonna, per quel che valgono quelle cose li, di fronte a tutto il resto!
Mentre la Redenta svolgeva tra sé quei pensieri e mentre nelle altre stanze gli inquilini si dicevan quasi tutti che gli antigrandine sarebbero riusciti un'altra volta a fermar la tempesta, il vento ricominciò a sollevarsi attorno più forte e più distruttore di prima: ca[...]

[...]asa, s'affacciò alle scale e cominciò a gridare: « Enrico! Enrico! Vieni sù. Vieni sù che il temporale torna indietro! ». Ma non aveva ancor finito che dal cardine, attorno a cui aveva girato infinite volte, una persiana, staccandosi, precipitò dalla cucina dei Consonni sull'ingresso.
« Aiuto! — urlaron allora i ragazzi, rifugiandosi inorriditi nell'interno — Aiuto! »
«Cosa c'è? — gridò dall'alto la Schieppati — Enrico? Cosa c'è?»
« E' venuto giù un pezzo di casa! » — fece dal basso l'Enrico, preso dal terrore.
«Cosa? »
Dalla sua porta era uscita intanto anche l'Enrica e, sporgendosi dalla ringhiera, chiedeva anche lei, con voce eccitata, cosa mai fosse successo.
« E' venuto giù un pezzo di casa! »
cc Un pezzo di casa? E come? E da che parte? »
« No! Niente paura! — intervenne a quel punto il Tino, che aveva trovato il coraggio di tornar fuori a veder quel che era successo. — E' stata una persiana. S'è tutta sfasciata... »
Così, mentre altre inquiline, gli occhi fuor dalla testa, si sporgevan dalla scala o s'affacciavan alle porte, il vento continuò a tur
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binare tutt'intorno al casone e l'acqua a scrosciare senza trasformarsi però mai in tempesta, come invece, dalla cucina, la Redentat aveva continuato a desiderare e come il tonfo della persiana[...]

[...]nte come se venisse gridata dalle labbra, il corpo del vecchio si tese tutto; i pugni si strinsero e, dentro la destra, le grane del rosario scricchiolarono quasi
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stessero per spezzarsi. Allora, di colpo, le sue orecchie risentirono, parola per parola, come se venisse dal fondo d'una tromba, la descrizione che, figlio, nuora e nipote gli avevan fatto del gran scempio e i suoi occhi rividero tutti i pezzi dei manifesti cader giù, imbrattati di macchie, oscenità e bestemmie, come brandelli di carne che penzolassero da un crocefisso.
I Villa, quelli che formavan il tenebroso focolaio di male che serpeggiava per tutta la casa! Loro, quelli che, l'avessero visto passar per le strade, avrebbero sputato addosso anche a Gesù Cristo! Quelli, per i quali tutto il dafare consisteva nel maledire, nell'odiare e nel pensar al sangue.
Così, mentre l'accendersi e spegnersi intermittente delle lampadine, indicava che nel fabbricone la luce sarebbe presto tornata, l'Oliva cominciò a farsi passar nella testa tutti i componenti di qu[...]

[...]si vedevan frammenti di giornali, di manifesti e di carte. Malgrado però s'affannassero a cercarli, dei chicchi di grandine non riusciron a trovare neppur l'ombra. Il Tina allora tornò verso i resti della persiana e, chiamando in aiuto gli amici, tentò di rimuoverli; 'visto che non ne valeva la pena, guardò in su, verso il davanzale, per veder cosa, nel precipitar a terra, la persiana avesse portato via; poi gridò:
« Guardate, ne ha fatto venir giù più di mezzo... ».
Il davanzale si mostrava infatti sfracellato per un buon terzo; sull'alto dello stipite poi, un buco, ben piú grande di quelli che i mitragliamenti aerei avevan lasciato su tutta quanta la facciata, si mostrava così aperto da parer una ferita.
« E' partito anche il gancio... » — fece l'Enrico.
« Allora in un posto o nell'altro dovremmo trovarlo... » — disse il Remigio, riportando gli occhi a terra.
«Già, perché se lo si trova ci servirà a tanto! » — commentò il Tino, che cominciava a sentirsi insoddisfatto di quel temporale avvenuto solo a metà.
« L'ho detto tanto per [...]

[...]si trova ci servirà a tanto! » — commentò il Tino, che cominciava a sentirsi insoddisfatto di quel temporale avvenuto solo a metà.
« L'ho detto tanto per dire... » — fece il Remigio.
Fu proprio allora che nel cielo s'udì correre un nuovo brontolio; esso andò dilatandosi, soffocato, per tutto l'orizzonte poi, piano piano, si perse nel niente. Intanto la luce aveva continuato ad allar garsi e una pioggerellina lieve, lieve, aveva preso a scender giù dalle nubi che, in quel modo, dimostravano di non voler cedere il cam po tanto facilmente.
« Ma cos'è che sta succedendo? — fece il Franco — Ricomincia da capo? »
« Saran gli angeli che hanno ancora un po' di pipi da fare... »
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commentò il Tino, guardando i riflessi che i raggi dell'ultimo sole facevano su quel pacifico discendere di gocce.
In quel modo, i ragazzi sull'ingresso e gli inquilini nelle stanze, videro formarsi, piano piano, davanti ai loro occhi la grande forma dell'arcobaleno.
« Guarda! » — disse la nuora dell'Oliva, quando esso si fu tutto disegnato nel[...]

[...]issà quale volta nella vita, vide il segno della tranquillitá e della pace attraversar tutto quanto i vetri: allora si sforzò di sorridere e di dimenticar i Villa, lo scempio che quegli sciagurati del P.C. avevan fatto dei manifesti, i brandelli, il fango, la terra, Satana e la merda.
« Scommetto che quelli di sii stan pensando che é il padreterno... » — fece la Redenta, riportando gli occhi rabbiosi dalla finestra sul tavolo — « Figurarsi! — aggiunse, mentre rovesciava piselli, pezzi di patate, sedano e carote nella pentola piena d'acqua. — Ma se al padreterno interessassero veramente i casi nostri, avrebbe lasciato diluviare e diluviare fino a pulirci di tutte le rogne che abbiamo addosso! Così, invece... ».
Così, invece, col progressivo ritirarsi delle nubi, anche quest'ultima spruzzatina d'acqua cominciò ad agonizzare.
Allora la Redenta fini di mescolar per l'ennesima volta dentro la pentola, poi andò alla finestra e dicendo a voce alta:
« Un po' d'aria, santo dio! Almeno quella! » — spalancò, energicamente, i vetri.
Subito un p[...]

[...]disse il vecchio.
Allora il nipote, che per eseguir meglio la manovra, s'era messo ginocchioni sul materasso, riadagiò il nonno sui cuscini, mentre dall'altra parte il figlio faceva lo stesso con le gambe che, stecchite e coperte da una pelle,bianca e grinzosa, uscivan come bacchette dal campanone della camicia.
« Vuoi che ti sistemiamo anche questi ? » — chiese il nipote. Il nonno disse di si, poi crogiolandosi al pensiero di tanta premura, aggiunse:
« Aver una famiglia così! Ecco quel che si chiamano soddisfazioni... ».
Uno a uno i cuscini furon voltati e quelli che, per esser stati a contatto con la nuca ed il collo, s'eran inumiditi, furon battuti e ribattuti; in poco il vecchio poté così assaporare e definitivamente quel magro, ma tanto atteso piacere.
«Era tutto il pomeriggio — spiegò, mentre il figlio gli rialzava sul corpo lenzuola e coperte — era tutto il pomeriggio — ripeté — che aspettavo, ma quegli anticristi... — aggiunse, acuendo la poca luce che gli restava negli occhi e fissando così il figlio e il nipote... — quegli[...]

[...]e si chiamano soddisfazioni... ».
Uno a uno i cuscini furon voltati e quelli che, per esser stati a contatto con la nuca ed il collo, s'eran inumiditi, furon battuti e ribattuti; in poco il vecchio poté così assaporare e definitivamente quel magro, ma tanto atteso piacere.
«Era tutto il pomeriggio — spiegò, mentre il figlio gli rialzava sul corpo lenzuola e coperte — era tutto il pomeriggio — ripeté — che aspettavo, ma quegli anticristi... — aggiunse, acuendo la poca luce che gli restava negli occhi e fissando così il figlio e il nipote... — quegli anticristi... »
« Non val la pena di prender rabbia, nonno. Che Dio abbia pietà di loro: ecco tutto quel che si può desiderare » — fece il nipote.
« Pietà, pietà! Pietà, un corno! Che li scaraventi all'inferno, e il più in fretta possibile! — ribatté il vecchio. — Quante volte devo dirvi che a furia di pietà, 'sti dannati stan prendendoci in mano il mondo? E dopo, quando ce li avremo anche qui, in casa? Cosa servirà, dopo, tutta la vostra pietà? Buoni sì, ma coglioni no. E a me pare che co[...]

[...]lungo silenzio d'attesa. Figlio e nipote si guardaron in faccia un momenta, quindi il primo fece al secondo:
« Spiegaglielo tu, Luigi; tu sei più pratico... ».
« Non è stato facile — fece il Luigi, mentre con un certo imbarazzo passava e ripassava le dita sui riccioli dell'acquasantiera che se ne stava appesa proprio sopra il comodino — Ognuno aveva da dir la sua... ».
« Naturalmente certi volevano rispondere con gli stessi argomenti... » — aggiunse poco dopo.
« Ecco... » — commentò il padre.
« Ecco, un corno! Come prima cosa, io, li avrei denunciati. Nome e cognome c'erano ».
« Ma per denunciarli... » — cercò di ribatter il Luigi.
« Per denunciarli? Volete che finisca io? Per denunciarli, ci vuol coraggio e il coraggio, da un po' di tempo in qua, a me pare che sia passato tutto dalla loro parte ».
« Non è questione di coraggio, nonno; è questione di sapere chi è stato veramente... ».
« Ma lo si sa e lo si sa benissimo! ».
« Certo che lo si sa — fece allora il Luigi — Ma se poi dovessimo dimostrarlo ? Che prove abbiamo? Né io, [...]

[...]ito: abbiam fatto i conigli un'altra volta; un'altra volta, un altro manifesto. E' vero che è cosí? Un altro manifesto che proclami a tutti quel che loro han fatto; un altro manifesto dove, a un certo punto, dovrebbe esserci scritto merda e merda invece, la nostra democrazia, non ci permette di scriverlo. E', o non è così? »
« Ma, nonno, cerca di capire... ».
« Il vero guaio, cari miei, è che io non posso più muovermi perché, se potessi saltar giù, vi farei veder io come si fa a farla fuori
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con quei porci. I pugni, ci vogliono, altro che i manifesti! I pugni! — cosi dicendo il vecchio aveva sollevato da sotto le coperte la mano destra e stringendo il rosario l'andava mostrando al figlio e al nipote — Poi, con comodo, ma con comodo, il resto... » — concluse, lasciando ricader il braccio sulle coperte.
La rabbia e l'agitazione gli avevan fatto uscir sulle tempie, sotto le narici e tutt'attorno la testa ed il collo, un velo gialliccio di sudore.
« Calmati papà ».
« Te l'abbiamo detto fin da prima, che non é il caso d[...]

[...] riusciva proprio a capirlo; questo a parte l'imbruttirsi continuo della cera che, non fosse stato d'una razza nella quale i settanta li avevan passati tutti, e passati quasi sempre a cavallo, c'era da sospettare che, ad andarci di mezzo, sarebbe stata la salute. Ma il giorno che, dalle conferenze, dai libri, dai giornali e dai manifesti avesse dovuto passar a pugni, come se la sarebbe cavata con quei bestioni? Perché già, quellilà eran tagliati giù con l'accetta! E anche questa era una cosa che lui non riusciva a capire; vero che, per averli fatti così, il padreterno doveva aver avuto le sue ragioni, ma, lui come lui, al suo posto, i cristiani li avrebbe messi insieme con un po' più di nerbo e di spina dorsale. Dato però che eran quel che erano, una bella iniezione di coraggio ogni mattina non gliel'avrebbe lasciata mancare.
Guardassero lui, lui che non c'era colica, non bronchite, non collasso che riuscisse a stroncarlo. E quello cos'era ? Volontà di Dio, certo, ma anche volontà sua.
« Be', allora vuol dire che vedremo, anzi vedrete [...]

[...]sto lo disse poco prima che, dalla cucina, l'Ernesta chiamasse i due uomini perché, in tavola, la minestra era pronta.
« Per me vi dico che non fan bene, ma benissimo », gridò il Carlo, alzando il bicchiere e trangugiando quel che, di vino, era rimasto. Poi, presa da destra una michetta, si diede a mangiarne, uno dopo l'altro, alcuni bocconi.
« Almeno a furia di farceli vedere da tutte le parti, la gente capirà che é ora di farla finita... — aggiunse; quindi, quasi volesse concludere. — Questo a parte che, con la libertà, vorrei vedere che non si potesse stampar quel che si ha voglia. La bocca, 'sto governo di preti, ce la chiude già abbastanza... ».
« Dove ha interesse. Ma su queste cose qui, cosa credi che gli importi di lasciarcela aperta ? ».
« S'illude! Perché questo é un veleno che prima o poi smangerà tutto e tutti, e loro per primi. Ce le faccian vedere dalla mattina alla sera 'ste facce di rammolliti; ce le faccian vedere 'ste feste, 'sti scandali, 'ste fuoriserie! Va tutto bene, tutto benissimo! Così, panda non ne potremo p[...]

[...]oi smangerà tutto e tutti, e loro per primi. Ce le faccian vedere dalla mattina alla sera 'ste facce di rammolliti; ce le faccian vedere 'ste feste, 'sti scandali, 'ste fuoriserie! Va tutto bene, tutto benissimo! Così, panda non ne potremo piú, andremo a prenderli e gliele butteremo in faccia, una per una, 'ste loro porcate! — adesso il Carlo aveva in mano una forchetta e la fissava unta e sporca come era; quando poi l'ebbe rimessa sul tavolo, aggiunse — E a me, tanto per dir tutto, non é che faccia molto piacere che l'Antonio, con la scusa della box, ci giri in mezzo, a tutti quei delinquenti... ».
« Ma l'Antonio lo fa perché é necessario » — disse la madre.
« Sarà! Ma non vorrei che con le loro sirene lo rammollissero ancor più di quel che é. Non sembra neanche più dei nostri! — ribatté il Carlo subito dopo — Si, si, l'orgoglio d'esser campione, l'orgoglio d'esser primo... Figurarsi se queste cose non le capisco! Ma non vorrei che per quello facesse passar in seconda linea l'altro orgoglio, quello d'esser uno di noi, un operaio; e un[...]

[...]ttar noi. Il Morini, per esempio, quel maiale di Villapizzone che non lascia star nessuno... ».
« Cosa c'entra, adesso, 'sto Morini che io non so neanche chi sia ? » — s'affrettò a dir la madre.
«
E il presidente della società dove l'Antonio, proprio l'altro giorno, é andato a iscriversi ».
« E allora? Cosa doveva fare secondo te? Cambiarlo? ».
« Iscriversi a un'altra! Come se di palestre non ce ne fossero anche nelle nostre sedi! E poi — aggiunse il Carlo, dopo una certa esitazione — non si dice tanto, ma avvisar prima te, lei, me... Va be' che é maggiore, ma lo sa bene anche lui che in queste cose son molto piú pratico io ».
« In queste cose e in tutto » — disse, intervenendo per la seconda volta, la Liberata.
92 GIOVANNI TESTORI
L'ostinazione con cui la ragazza difendeva il fratello, prima ancora di conoscerne opinioni e pensieri, ripugnava a lei per prima, proprio perché le dimostrava ogni volta la sua assoluta mancanza di convinzioni, oltre che di carattere; vero che nella famiglia, le convinzioni piú o meno, eran le stesse,[...]

[...]ità ne esistevan pure, diversità che, talvolta, quando la discussione toccava argomenti cruciali, esplodevano in vera e propria rivalità. In quelle occasioni, naturalmente, lei non sapeva far altro che diventar rivale, una volta del padre, un'altra della madre, un'altra dell'Antonio e diventarlo sempre e solo per difender le proposte e le posizioni del Carlo. Neanche il tempo d'aprir bocca gli lasciava ed ecco: « il Carlo ha ragione »; oppure: « giusto »; oppure: « giustissimo », e se gli altri insistevano, s'imbestialiva al punto da gridar che la veridicità di quel che il Carlo sosteneva era provata dal fatto che, di tutti loro, era stato l'unico cui i capi avevan affidato un incarico importante e preciso; e lo gridava pur sapendo di ferir il padre, la cui ambizione era sempre stata di raggiungere quel che il figlio aveva ottenuto con tanta facilità e con così unanime consenso.
« E allora, secondo te, cosa dobbiamo fare ? » — disse, a quel punto, il padre.
« Prenderlo e parlargli ».
«Ma non è meglio aspettare? » — intervenne la madre.
« Aspettar, cosa ? » — fece la Liberata.
« Aspettare — spiegò la madre — che abbia fatto davvero qualcosa o che per lo meno qualcosa abbia detto ».
« Ah, perché secondo te, tuo figlio, se sta per affogare, aspetti ad avvisarlo quand'è già sotto? ».
« Ma chi sta per affogare ? ».
«Lui! ».
« E se lo dice il Carlo... » — fece la Liberata alzand[...]

[...]o dirti che a me, preparar la carne, mi rivolta ? Ê peggio che se preparassi quella d'un cristiano... » — disse la Redenta.
La cena era finita: una fondina di minestra, il pezzo di fesa, un po' d'insalata e due bicchieri di vino, per il Luigi; una fondina di minestra, l'insalata, acqua vichy con spremuto dentro mezzo limone, per lei; e adesso il caffè borbottava nella macchinetta.
« Con 'sti razzi qui, che non lascian sfogare mai il tempo! — aggiunse — Mai! » — ripeté.
« Ma cerca di ragionare, Redenta! Cosa vuoi, che per far piacere a te lascino andar in niente i raccolti ? ».
« Ah, già, come se i raccolti fossero più importanti dei cristiani? Quando poi s'è_visto e si vede in che conto ci tengono! Come mosche ci ammazzano! Ma andiamo, va', andiamo, che la suonata, com'è, ormai l'ho capita, e bene anche! ».
Il Luigi che quella sera aveva in animo di parlar alla sorella il più quietamente possibile, in quanto il discorso avrebbe dovuto cadere sulla decisione che aveva preso di sposarsi di li a un mese, un mese e mezzo, si sentiva imb[...]

[...]iritto d'aver un marito e d'averlo legalmente, me lo voglio conservare, E non è che a trovarlo debba far tanta fatica... »; « e la Redenta? »; « la Redenta s'impicchi! » — ecco qual era stata, a quel punto, la risposta ferma e decisa della Margherita.
Non sapeva, la poveretta, che, in fondo, anche la Redenta non desiderava di meglio, e non solo per esser finalmente libera di far i comodi suoi come e quando voleva, uscire o restare, mangiare o digiunare; ma per delle ragioni ancor più profonde e segrete; e cioè che finalmente le sarebbe andato fuori dai piedi anche l'ultimo uomo che le restava da sopportare; e di quelle frigne li, poi, basta, neanche l'ombra, neanche l'odore! Soprattutto, quello; con la biancheria sporca di chissà cosa che doveva lavargli ogni settimana: «massi! Ma che impari a lavargliela la sua bella spasimante, perché dopotutto, a tirarselo a letto insieme, è lei, non io! ».
Tuttavia anche a considerar il caso obbiettivamente, un domani, che so, una malattia, una disgrazia... No, no, era meglio che si sposasse; megli[...]

[...]ondere con un:
« Che maniera di parlare... ».
« Stai a vedere che, adesso, dopo anni e anni che viviamo insieme, dovrò mettermi a usar il galateo anche con te! ».
« Non è questione di galateo, Redenta. E questione di modi... ». «E i miei son questi. Ormai dovresti averlo capito ».
« Be' allora, dato che ci siamo, ti dirò che era proprio di questo che volevo parlarti... ».
« Sentiamo, su, sentiamo. Ma non far troppo storie, mi raccomando — aggiunse la Redenta, quando vide che il fratello aveva tirato indietro una sedia e con gli occhi pareva bonariamente invitarla a sedersi — Basta che tu dica un mese, un giorno... Su, su; quand'è che avete deciso?... ».
« Come, quand'è che abbiamo deciso? Ma se non sai neanche cos'abbiamo deciso? ».
«Io? Ma io ho capito appena hai messo piede qua. Su, fuori 'sta data; perché, una volta o l'altra, dovrò pur cominciare a pensar ai fatti miei anch'io... ».
III
Finito il temporale, sulle case della città l'aria era tornata ben presto quella di prima, sporca, cioè, polverosa e pesante; sulla periferi[...]

[...] le più diverse ragioni non potevano ancor dormire, l'avevano capito da certe parole che s'eran alzate, di tanto in tanto, come degli squilli; la certezza tutta l'ebbero solo quando una porta sbatté di colpo e quando, su quel colpo, una voce di donna si mise a gridare senza più ritegno:
«Un maiale, si! E che i suoi vizi se li tenga per sé! Perché se lo vedo un'altra volta insieme, é la polizia che avviso! Capito? ».
Quindi un ciabattar furioso giù pei gradini; poi un altro colpo, un'altra porta che si chiudeva con la stessa violenza della prima.
« Ci siamo! Anche stasera, sonno, niente » — fece la Redenta che, messasi a letto, i nervi tesi dal temporale avvenuto solo in parte, dal mal di testa e dalla notizia che il fratello le aveva dato circa il suo matrimonio, faticava ancor più del solito a prender sonno. E siccome, di chi era la voce, lei l'aveva subito capito, subito si domandò cosa poteva esser successo se non che la Schieppati avesse visto il figlio in compagnia del Cornini, o cose del genere.
Ma in quel preciso momento dal d[...]

[...]Redenta che, messasi a letto, i nervi tesi dal temporale avvenuto solo in parte, dal mal di testa e dalla notizia che il fratello le aveva dato circa il suo matrimonio, faticava ancor più del solito a prender sonno. E siccome, di chi era la voce, lei l'aveva subito capito, subito si domandò cosa poteva esser successo se non che la Schieppati avesse visto il figlio in compagnia del Cornini, o cose del genere.
Ma in quel preciso momento dal dazio giunse al suo orecchio il rombo affannoso d'un motore, rombo che andò man mano avvicinandosi, finché la macchina, giunta di fronte alla siepe che cingeva l'orto, cominciò a rallentare per fermarsi, poco dopo. del tutto.
« Può piovere e strapiovere — gridò a se stessa la Redenta con. un rigurgito di rabbia, quando la manovra della macchina fu terminata — possono diventar fogne i prati, ma se devon farle, 'ste loro porcate, il sistema lo trovan lo stesso »; perché era di notte,. quando cioè nessuno poteva non che vederla, neppur supporne i pensieri, che la sicurezza della Restelli cedeva il passo a una debolezza completa e disperante. Allora le immagini, gli istinti e i desideri che, durante il giorno, più o [...]

[...]to poi, tornò a dirsi che, almeno per il momento, era meglio aspettare; mentre, appena le fosse stato possibile, avrebbe preso il Sandrino, preferibilmente non li, in casa, o quando, li in casa, non ci fosse stato nessuno, e l'avrebbe fatta fuori; se lui poi avesse avuto qualcosa da dire, gli avrebbe indicato, senza né tanto, né quanto, la porta.
La Schieppati guardò ai piedi della seggiola la gran pigna di biancheria che aveva lasciato li da aggiustare e, secca e decisa come sempre, si sedette, infilò gli occhiali e cominciò a prender la prima maglietta, a farla passare di qua e di là per veder da che parte fosse meglio iniziarne il rammendo.
Benché, salvo la Redenta che a supporlo era arrivata assai presto, nessuno nel fabbricone osasse pensare che lei, madre dedita alle cure della famiglia, potesse farlo, in verità, di tanto in tanto, la povera donna si lasciava andare a maledir i giorni in cui, accettando la stupida e ignorante ingordigia del marito, s'era disposta a metter al mondo tutti i figli che aveva messo; sette! E sette fig[...]

[...]o le forze l'avessero sorretto.
D'altronde col Sandrino, che dei sette era il secondo, pareva che tutto e tutti si fossero accordati per spingerlo sulla strada su cui s'era messo; strada che in un primo tempo lei aveva solo subodorato, ma che ora, da quando il fratello le aveva dato la bella notizia d'averlo visto con uno di quei tali, conosceva con certezza.
« Si sbaglia e si sbaglia di grosso; il mio Luciano che il suo Sandrino esiste lo sa, giusto perché lo vede qui, per il resto, se propria vuol sfogarsi, vada a prendersela coi delinquenti del Parco, perché é lá che m'han detto che gira, e di notte e di giorno... ».
« Giá, perché il suo Luciano bazzicherà invece le case dei re e dei principi! ».
Adesso il colloquia di poco prima tornava alla mente della Schieppati così, a pezzi, e non per dimostrarle quanta ragione avesse avuto nel pensar che, a iniziare il figlio su quella strada, fosse stato il Cornini, quanto l'abiezione cui il figlio era giunto. Diciassette anni, diciassette appena compiuti e già così!
Tuttavia, arrivata a q[...]

[...]i, vada a prendersela coi delinquenti del Parco, perché é lá che m'han detto che gira, e di notte e di giorno... ».
« Giá, perché il suo Luciano bazzicherà invece le case dei re e dei principi! ».
Adesso il colloquia di poco prima tornava alla mente della Schieppati così, a pezzi, e non per dimostrarle quanta ragione avesse avuto nel pensar che, a iniziare il figlio su quella strada, fosse stato il Cornini, quanto l'abiezione cui il figlio era giunto. Diciassette anni, diciassette appena compiuti e già così!
Tuttavia, arrivata a quel punto, cosa poteva fare?
Toglierlo da quella strada, se il destino pareva far apposta a non permettergli di trovar un posto che era un posto? E poi; quando uno ha lazzaronato o s'è arrangiato in quella maniera o addirittura ha trovato, come era chiaro che il figlio aveva trovato, una tal fonte di guadagno, in che modo convincerlo a voltar indietro le maniche e a lavorare ?
Mentre l'ago passava e ripassava, ora di qua, ora di lá, lungo la trama della maglia più gialliccia che bianca, in modo che il buco [...]

[...]maglia più gialliccia che bianca, in modo che il buco apertosi nella parte più bassa restasse chiuso il più tempo possibile, la Schieppati si chiedeva come avesse potuto metter al mondo un figlio così diverso dagli altri; perché gli altri, se ci pensava... Magari diversi eran anche loro, ma diversi per quel che riguardava il colore dei capelli e degli occhi, il carattere e la forma della faccia, perché per il resto...
Ed ora, eccoli lá, buttati giù tutti e sei, a dormire: quattro
IL FABBRICONE 101
nella prima stanza, con un posto vuoto; vuoto perché, naturalmente, il Sandrino non era ancor tornato... No, era meglio, meglio che non pensasse dove e con chi adesso si trovava, perché se si fosse lasciata andare a quei pensieri... Quel giorno poi, col temporale che c'era stato!
« Figurati Edvige se avrei il coraggio di venir qui a dirti una cosa come questa, quando non ne fossi più che sicuro! L'ho visto io, coi miei occhi, intanto che facevo l'ultima consegna. Era ai Boschetti... L'ho riconosciuto dalla maglia, poi l'ho visto anche in fa[...]

[...]udo e crudo che, di tanto in tanto, doveva lasciarle sul tavolo. Affari suoi; e, per quelle cose li, una volta che contento era lui, contenti eran poi tutti.
Ma l'offesa di sentirsi dire che, per tirar insieme quanto occorreva all'affitto e al riscaldamento, lei poteva anche andar lá, ad aiutar due o tre ore al giorno, la sua bella Margherita o se no, farsi dar da lei dei lavori che poteva poi confezionar li, in casa; quell'offesa come mandarla giù?
Idea della sarta anche quella; poteva giurarlo. Si, ma allora, avrebbero avuto un bell'aspettare tutt'e due che lei scendesse a un simile disonore! Piuttosto che quello, avrebbe fatto la sguattera! E la sguattera in una latrina!
Il rumore sordo e ovattato d'una macchina che cominciava a brontolar giù nella strada, colpi la Redenta in quei pensieri, tanto che li per li non si senti in grado di dirsi se era la stessa di prima che, esaurito lo scopo, se ne partiva o invece una che arrivava proprio in quel momento.
Trattenne il respiro per un attimo poi fece: « Saran i damerini del centro! Vengon qui con le loro amiche, magari prese su al Parco e ai Bastioni! Perché son diversi in tutto, loro, ma quanto alla patta son come e peggio di noi »; e solo quando il rombar del motore verso via Mambretti l'avverti che la macchina se ne stava andando, si girò nel letto, sperando di poter chiudere fina[...]

[...] cerca di far in fretta, perché è
tardi ».
«Allora cominciamo. Dove sei stato: sù, fuori ».
«Dove son stato? In palestra ».
«Vero? ».
« Ecco qui » — rispose l'Antonio indicando sul tavolo la vali
getta di metallo.
« Be', sai, se é per quello potrebbe anche esser una scusa... ».
« Una scusa? E perché, una scusa ? ».
Dopo un breve silenzio, in cui due o tre pagine del mensile
girarono nervosamente, il Carlo riprese il suo interrogatorio, giusto
come se tra lui e il fratello l'ordine degli anni si fosse scambiato.
« E con chi sei tornato ? Si può sapere almeno quello? ».
« Col presidente » .
« Di pure, con quel maiale del Morini ».
« Ah, la metti così? — ribatté l'Antonio, poi prendendo la va
ligia e muovendosi per passar in camera, aggiunse con una voce
più stanca che irritata — Buonanotte ».
« Antonio — fece il Carlo — Senti, Antonio... ».
104 GIOVANNI TESTORI
« Cosa devo sentire ? Lo sai bene anche tu che da un po' di
tempo in qua non andiamo più d'accordo... ».
« Certo, fin che continui a frequentar della gente come i tuoi
compagni di palestra e i loro capi! Ma tu ti dimentichi chi sei,
da che famiglia vieni fuori e che idee hanno tuo padre, tua madre
e tua sorella ».
« Non mi dimentico di niente ».
« No ? E allora spiegami perché non ti fai più vedere al Cir
cola... ».
« Perché ho altro da fare ».
« Lo vedi?[...]

[...] poi, rivolgendosi alla madre — Non è per niente, certo, che vieni fuori da una famiglia di seminaristi... ».
« Guarda come fai a parlare, Carlo! Perché qualunque siano le tue idee, non ti permetterò mai d'insultar nostra madre... ».
L'Antonio s'era avvicinato al fratello e pareva sovrastarlo con tutto il peso della sua mole.
« Perché se quel che impari sui tuoi giornali, e sulle tue riviste é tutto qui, puoi anche far a meno di leggerle! — aggiunse, restando nella stessa posizione — E poi, faccio forse qualcosa contro te e contro le tue idee? E allora! ».
Il Carlo che per un attimo era sembrato sul punto di smarrirsi, si spostò verso la finestra e invece di rispondere, disse:
IL FABBRICONE 105
« Ma come fai, spiegamelo, come fai a vivere in mezzo a quei maiali? ».
« Necessità di mestiere — ribatté l'Antonio con molta sicurezza; quindi, aggiunse — Del resto le mie idee tu le sai; la vita è una sola e convien passarla il meglio possibile... ».
« E allora, giù corruzioni, giù tradimenti! ».
« Ma chi corrompe ? Chi tradisce ? ».
« Voglio sperare che saprai cosa dicono intorno di quel porco del tua presidente... ».
« E allora? ».
« Allora, allora! » — ribatté il Carlo.
«E poi — incalzò l'Antonio, senza lasciar respiro — non potrai pretendere che tutti si divertano a strappar manifesti ».
« Antonio! — urlò il Carlo — Con la storia dei manifesti é ora di finirla! Ho detto anche a lei che, se é necessario, son disposto a rifar la stessa cosa per tutta la vita. Perché, io, ricordati, io non sono come te; io alle mie idee e alle idee che m'ha insegnato mio padre ci[...]

[...] e mezza era già passata e il fetore che veniva dal Pero, mescolandosi all'umidità, aveva reso l'aria irrespirabile; salutati in fretta e furia i due amici con cui, prima e dopo il temporale, aveva girovagato per il Parco, il ragazzo prese a camminar subito verso casa, pieno d'una stanchezza e d'uno stordimento contro cui poco poteva quel che pure aveva li, in tasca, e che gli assicurava oltre ai pasti per un giorno o due, il cambio dei calzoni, giusto come quelli che, verso sera, aveva visto al Carrobbio, nelle vetrine dell'« Araldo ».
Quando poi, percorsa Via Aldini, arrivò al fabbricone, trovò sull'ingresso la Candida che stava baciandosi con uno di cui non
106 GIOVANNI TESTORI
gli fu possibile veder niente; poiché al rumore dei suoi passi lo sconosciuto si girò subito, mostrando cosí solamente la schiena. Tl Sandrino guardò per un attimo la moto che se ne stava ferma dietro i due, poi riprese a camminare, riuscendo a sentir a malapena la Vaghi che, a voce non molto bassa, diceva:
«Niente, niente. È uno di qui, uno che ha tutto l'[...]

[...]no guardò per un attimo la moto che se ne stava ferma dietro i due, poi riprese a camminare, riuscendo a sentir a malapena la Vaghi che, a voce non molto bassa, diceva:
«Niente, niente. È uno di qui, uno che ha tutto l'interesse a tacere... »
Afferrato il riferimento e scrollatasi di dosso ogni irritazione con un colpo di spalle, lo Schieppati attraversò l'orto. Quando poi, salite le scale, fu sul punto d'aprir la porta, uno scroscio precipitò giù per la tubatura di scarico così fragoroso da far credere che volesse trascinar con sé un pezzo di casa.
«
Addio! » — fece, come se salutasse un amico che se ne andava per sempre ed entrò.
La luce che, filtrando da sotto la porta, l'aveva preparato a quel che certo sarebbe successo, l'accolse accecante; così non era ancor riuscito a ritrovarsi che la madre gli piantò addosso gli occhi stanchi e disperati facendogli segno di star in silenzio:
«...perché la gente onesta, a quest'ora, è a letto che dorme... »
— disse per finir di spiegarsi.
«
Allora? — aggiunse, una volta che gli fu arriva[...]

[...] » — fece, come se salutasse un amico che se ne andava per sempre ed entrò.
La luce che, filtrando da sotto la porta, l'aveva preparato a quel che certo sarebbe successo, l'accolse accecante; così non era ancor riuscito a ritrovarsi che la madre gli piantò addosso gli occhi stanchi e disperati facendogli segno di star in silenzio:
«...perché la gente onesta, a quest'ora, è a letto che dorme... »
— disse per finir di spiegarsi.
«
Allora? — aggiunse, una volta che gli fu arrivata talmente vicino da poterne sentir il respiro e col respiro tutto l'odor di bagnato che aveva addosso. — Ma guarda che faccia hai, guarda! »
— aggiunse contro la sua stessa volontà, presa, come fu, dall'aria distrutta e dagli occhi incavati del ragazzo — Se vai avanti così finirai tisico in qualche sanatorio ».
«Ma cosa vuoi che finisca tisico! » — ribatté il Sandrino, alzando le spalle.
« Dunque vuoi dirmi dove e con chi sei stato? Perché appena ne so uno, di nomi, quei maiali li denuncio e faccio metter dentro tutti! ».
« Ma che nomi vuoi che faccia! » — disse per tutta risposta il Sandrino.
« Sembra impossibile che un figlio possa sentirsi far da sua madre delle accuse così e non disperarsi, non piangere; — adesso la Schieppati par[...]

[...]i, verso sera... »
« Verso sera? »
« T'ha visto... »
« M'ha vista? E dove? »
« Ai Boschetti... »
« Ai Boschetti ?... »
« Si, ai Boschetti, intanto che combinavi con un tale... »
« Ma non farmi ridere! »
« Ah, ti faccio ridere! E allora ascolta: fuori dal coso lá...
Mi fa schifo a dirlo, schifo! Be', fuori di lá, sei poi salito con quel
delinquente sulla sua macchina... Ti basta? Era una macchina
targata Como. E' o non è la veritá? » — giunta a quel punto la
madre che, nel fare quella dichiarazione aveva sentito d'arrischiar,
forse per sempre, l'affetto del figlio, fissò a lungo il Sandrino come
per impedirgli ogni scappatoia.
« E se anche fosse la veritá, cosa vorresti dire? »
« Che mi fai schifo e che se non la pianti, la vedi li, la porta ?
Prendi, esci e qui, insieme a noi, non tornare piú, ma proprio piú.
Perché se tu vuoi andar alla rovina, va be', vacci; ma io ho gli altri
sei da salvare. Capito? Gli altri sei! »
A quel punto il colloquio ebbe una lunga pausa, in cui la donna
cominciò a tremare e a stringere e [...]

[...] bagnato, non vedi? Del resto se proprio ti faccio schifo non hai che da dirmelo e me ne vado subito. Ormai ho visto che non si fa nessuna fatica a trovar chi, oltre alla grana, ti dà anche il letto. Si tratta solo di cambiar di tanto in tanto, come negli alberghi... »
Il Sandrino non aveva ancor finito di parlare che la madre, rotta dai singhiozzi, s'era abbandonata sul tavolo; nel colpo le ultime calze e gli ultimi fazzoletti che eran li da aggiustare, caddero a terra.
Il ragazzo guardò un momento la madre, poi senza aggiunger altro, passò nella stanza: allora la vista di tutti quei corpi distesi o rannicchiati sui letti, insieme con l'odor caldo e fin rivoltante che ne veniva, gli diedero più d'ogni altra sera un senso di pietà insieme che di ribellione.
« Anche il sangue dal naso, adesso! » — disse quando, seduto sul letto per levar le scarpe, vide che il fratello con cui divideva il posto, aveva lasciato sul cuscino delle macchie rossastre, di cui una aveva poi segnato sul lenzuolo tutti i movimenti.
Giusto in quel momenta nel recinto dell'orto entrò il Luciano; benché facesse di tutto per renderlo il più [...]

[...]ista di tutti quei corpi distesi o rannicchiati sui letti, insieme con l'odor caldo e fin rivoltante che ne veniva, gli diedero più d'ogni altra sera un senso di pietà insieme che di ribellione.
« Anche il sangue dal naso, adesso! » — disse quando, seduto sul letto per levar le scarpe, vide che il fratello con cui divideva il posto, aveva lasciato sul cuscino delle macchie rossastre, di cui una aveva poi segnato sul lenzuolo tutti i movimenti.
Giusto in quel momenta nel recinto dell'orto entrò il Luciano; benché facesse di tutto per renderlo il più leggero possibile, il suo passo risuonò nella tromba delle scale come se venisse dal fondo della terra.
Dentro il letto dove, nell'impossibilità di dormire, continuava i suoi pensieri e i suoi incubi, la Redenta senti e disse: « E di certo lui, quel povero bastardo! ».
Poco dopo nella casa risuonò il gemito d'una porta, quindi
uno scalpiccio: poi, più niente. GIOVANNI TESTORI



da Quinto Martini, Memorie in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: MEMORIE
Erano i primi tumulti di quella che poi prese il nome di «Rivoluzione fascista ». Ero ragazzetto, ma tutto quello che vidi mi é rimasto inchiodato nella mente e mai lo dimenticherò.
Fu una notte del mese di aprile, che mio fratello lasciò la casa, dopo aver nascosto sotto gli embrici del tetto della stalla i numeri del 1'« Avanti! ».
Dal paese vicino erano scesi giù degli uomini con i loro camions, la forza pubblica e i soldati dell'esercito davano loro man forte con le loro mitragliatrici. Quella stessa notte entrarono in molte case, presero gli uomini che erano stati segnalati come comunisti da alcuni individui del paese, e a suon di bastonate furono caricati come bestie sopra al camion e portati alla caserma dei carabinieri. Lassù c'erano i cosidetti « domatori » che rinforzavano la dose. So di "un povero uomo che, in seguito a queste bastonate, pochi giorni dopo ci rimise la pelle.
Ma il fatto piú pietoso e più inumano fu l'uccisione di un povero ve[...]

[...]temare il cadavere e a fargli il funerale. C'era il terrore nell'aria in quei paesi: ad accompagnare il poveretto al cimitero andarono poche donne, qualche vecchio, dei ragazzi e il suo piccolo cane.
Quella stessa notte un'altra squadra andò a cercare di mio fratello.

mrmvxin ILS
Era gente imbestialita; non trovando Aldo, volevano ucciderci tutti. Restarono pochi minuti, perché uno di loro che era rimasto fuori cominciò a gridare:
« Venite giù subito! Correte! ».
La casa si vuotò in un attimo. Si senti correre intorno alla casa e sparare all'impazzata. Nessuno di noi ebbe il coraggio di guardare da una finestra.
La mamma disse al babbo:
« Non credo che Aldo sia stato tanto scapato da farsi vedere in torno a casa ».
Andrea rispose: « Non sarà per Aldo. Avranno visto qualcuno ne' campi. Ci sono altri uomini in queste case vicine, e quando hanno sentito il camion avranno cercato di nascondersi ».
Quella notte nessuno di noi dormi. Tutti non si vedeva l'ora che venisse il giorno. Al mattino verso le dieci, dopo aver dato alle fiam[...]

[...]un finestrone con la testa accanto ad un foro dei mattoni. «Cosa hanno fatto?» mi disse appena l'ebbi scoperto.
« Nulla, babbo, se ne sono andati ».
Stringendomi a sé mi disse:
Sai, io vedevo delle persone aggirarsi tra le viti nella vigna del Gacidella. Avevano il fucile e alcuni la rivoltella in mano. Ho riconosciuto il figlio di Olinto che sta su al Comune ». E togliendosi il fieno di dentro il colletto della camicia, sputò e aggiunse:
« Brutta carogna, figlio d'un cane! » e portandosi vicino al finestrone scoperto che dl a mezzogiorno disse:
« Vedi, Aldo dovrebbe essere lassù, su quel monte, nella capanna del pastore, e se qualcuno non farà la spia non lo troveranno subito. Dopo mezzogiorno tu devi prendere un sacco, ci metteremo dentro della roba da vestirsi e da mangiare: un salame e del formaggio ». Guardò bene e tornò ad indicarmi il monte. « Tu dovrai andare lassù, in un'ora di cammino ci arriverai. Ma prima di partire bisogna esser sicuri che non ci sia nessuno in giro da queste parti che abbia l'aria s[...]

[...]prendere un sacco, ci metteremo dentro della roba da vestirsi e da mangiare: un salame e del formaggio ». Guardò bene e tornò ad indicarmi il monte. « Tu dovrai andare lassù, in un'ora di cammino ci arriverai. Ma prima di partire bisogna esser sicuri che non ci sia nessuno in giro da queste parti che abbia l'aria sospetta. Senti: dovrai passare il fiume di sopra al mulino, passare attraverso i campi, salire fino ai quattro cipressi, poi scendere giù nel bosco dei pini, fino alla fontana. Ricordi quando siamo stati a trovare lä zia e ci siamo fermati a bere? ».
« Si, si, ricordo babbo, lo so, lo so, dov'è la fontana » risposi orgoglioso di questa missione segreta.
« Ebbene, quando sarai alla fontana prenderai la strada che entra fra i castagni e andrai diritto a quel leccio grande dove siamo stati quest'inverno a cercare le ghiande per il maiale. Prendi il viottolo che c'é
r,


126 QUINTO MARTINI
vicino a quel masso e tutto diritto arriverai alla capanna. Ricordati di non domandare a nessuno là strada per sali[...]

[...]se il babbo.
« Nulla ».
«Come nulla? E per nulla...».
« Una donna mi ha detto: c'era un giovane nei campi che scappava tra le viti, passando vicino al vecchio, un gruppetto di uomini si sono avvicinati e tutti insieme gli hanno chiesto:
«Chi era quello che scappava? Dov'è andato? ».
« Io non ho visto nulla ».
«Dov'è andato? ».
« Non so nulla io ».
Uno del gruppo alzando un bastone ha gridato:
« Vecchio maligno, ti faremo parlar noi », e giù a bastonarlo.
128 QUINTO MARTINI
« Povero vecchio » disse la mamma chinando la testa e infilandosi le dita fra le dita. Io chiesi al mendicante:
« Chi era quel vecchio? ».
«Nessuno lo sa, doveva essere un uomo di là dai monti. Qualcuno dice di averlo visto passare altre volte, sempre nei giorni che c'è i1 mercato in città ».
Dopo aver mangiato si alzò, prese il suo bastone avviandosi verso la porta disse le parole di sempre:
« Dio sia con vai. Dio ve ne renda merito in questa e nell'altra vita ».
Quando non si senti più il suo passo strascicante, Remo disse:
« Io non darei mai nulla a[...]

[...]a strada del bosco. Ero pieno di forza, non vedevo l'ora di farmi vedere da Aldo per dirgli: « Vedi, t'ho portato da mangiare e da vestire », e
MEMORIE 129
raccontargli tutto quello che era accaduto la mattina, quello che aveva
saputo fare la mamma, che era stata uccisa una vecchietta mentre racco
glieva nell'orto le foglie di cavolo per i conigli...
Non faceva molto caldo, ma prima di arrivare alla fonte mi sentii
la gola asciutta, appena giunto bevvi a lungo, e ripresi a camminare
lesto lesto per la strada del bosco.
Prima di arrivare al leccio incontrai mio fratello. Sono tanto sor
preso di trovarlo per la strada che non sono capace di far parola. Lui
invece, mi abbraccia e dice:
«Bravo Libero, sei veramente un uomo» e prendendo il sacco:
« Cosa c'è qui dentro? » Mi guardai attorno e dissi:
«Entriamo nel bosco...» Lui sorrise, mi prese per mano, ci inerpi
cammo in mezzo al castagneto e ai quercioli. Quando fummo abba
stanza dentro e lontano dalla strada, gli dissi piano piano:
«Sai, Aldo, nel sacco c'è da mangiare e ve[...]

[...] negli occhi, mi domande):
«Saprai serbare il segreto? ».
« Non dirò nulla nemmeno all'aria! ».
« Allora, sempre acqua in bocca? ».
« Si, sempre acqua in bocca... ».
«Neppure al prete, se andrai a confessarti? ».
« Io non vado a confessarmi, tu lo sai ».
« Lo so. Ma ho detto così per dirti che nessuno deve saperlo ».
« Stai tranquillo. Mi farei ammazzare, ma non direi nulla ».
« Bene così. Sei un vero uomo. Ora raccontami cos'è successo giù
in paese stamani. Ho visto del fumo; penso avranno incendiato cir
colo dei lavoratori ». Il suo sguardo si fece triste, cercando qualcosa
giù nella pianura.
130 QUINTO MARTINI
Raccontai tutto, quello che avevo visto coi miei occhi, e udito con i miei orecchi. Finito il racconto mi mise sulle sue ginocchia, mi strinse forte, sentii male ma non gridai, e ridendo mi disse:
« Bravo, sono fiero di te... » e me lo disse con quel suo modo scherzoso che aveva anche quando parlava di cose serie.
« Mi vuoi a dormire con te questa notte? Posso farti anche la guardia, ad un ragazzo nessuno spara ». Lo pregai molto, gli dissi che sarei restato con lui la notte e alle prime luci dell'alba sarei ritornato a casa. Ma lui mi guardò scuro e diss[...]

[...]
Non mi piacciono quei disegni ».
Prendendo della carta per terra ne fece una specie di palla, e facendosi vicino a me disse sottovoce:
« Libero, tu che sei più forte, fammi montare sulle tue spalle, voglio cancellare la morte ».
Non feci parola, mi chinai tenendo le mani sopra i ginocchi, lui mi monto sulla schiena, poi a cavalluccio sulle spalle, io mi alzai tenendo la testa bassa.
Sentivo la carta strofinare sul muro e della polvere cader giù.
« Ecco, questa é fatta; portami ora dall'altra parete, voglio cancellare anche quella morte là ».
Fece lo stesso lavoro con più sveltezza, poi lo sentii scivolare giù per la schiena, e appena messi i piedi a terra mi disse:
« Andiamo a scuola ».
Gli altri compagni erano già scesi nella strada. Noi guardammo le due morti cancellate ma ancora visibili, in quelle macchie grigio sporco. C'era sopra come un velo che a me dava la sensazione più angosciosa, Scendemmo le scale. Il mio amico mi disse:
« Non lo dire a nessuno, se vengono a saperlo i fascisti, arrestano il mio babbo ».
«Stai tranquillo, nessuno saprà nulla ». Ci unimmo agli altri ragazzi e corremmo a scuola.
In classe tutti raccontavano qualcosa di quello che avevan visto. Io ascoltavo sempre in[...]

[...]era. Arturo, quello che ammazza i gatti per farci la pastasciutta. L'ho sentito dire `Nella chiesa ci faremo il teatro, Pambulatorio per i malati...!' e poi io non posso vederli quelli che ammazzano le bestie ».
«E di tuo marito che va sempre a caccia che ne pensi? ». « Mio marito non ammazza i gatti.. ».
«Quando ha ammazzato senza ragione il cane di Palle non ti sei commossa? ». Un vecchietto dall'aria ironica disse: «Che cuore di miele ha la Giulia! Chi l'avrebbe mai pensato che si commovesse dei poveri gatti!... ». Poi rivolgendosi alla donna grassa, grido: «Tu difendi il podere e i quattrini che hai alla banca. Quando sarai nella cassa da morto anche il podere sari messo dentro e sepolto insieme a te. Allora sarai contenta, nessuno te lo prenderà ».
Un giovanotto che s'era fermato da poco a sentire restando con un piede a terra e seduto sopra il sellino della bicicletta da corsa, le spiattellò sul muso:
« Sei un budello di vacca pregna » e scappò via pedalando rizzandosi sui pedali. E lei di rimando:
«Figlio di troia, hanno bast[...]

[...] che doveva essere una parola molto brutta. Piú tardi me ne feci spiegare il significato dal figlio del cappellaio che andava a studiare in città. Mi disse che era una parola francese e che si chiamano così le padrone dei casini dove ci sono le donne che pagando si danno a tutti gli uomini. «E sono grasse?» domandai.
« Quella che conosco io é grassa ».
« E si tingono le labbra? ».
« Si, si tingono. Ma perché mi fai queste domande? »
« Sai la Giulia la chiamano la `metresse'; trovi che assomiglia a quella che conosci te? ».
Lui fece una bella risata e mi disse:
Quando avrai diciotto anni ti porterò in città e te la farò vedere. Va bene? ».
« Nono dire a nessuno quello che ti ho chiesto » risposi.
MEMORIE 137
Quei giorni erano interminabili, in casa mia si viveva con l'animo sospeso e il cuore che ci diventava tutti i giorni più vizzo. La nostra casa dal crepuscolo al mattino era sempre circondata dai carabinieri. Una settimana durò quell'assedio notturno. Erano delle notti bellissime e la luna era piena. Durante la notte, a luce [...]

[...]poste socchiuse, i carabinieri passeggiare nell'orto vicino al fico grande.
Mio fratello cambiò alloggio. Un giovane che io non conoscevo veniva spesso da noi, e fu lui a portarci la notizia che Aldo aveva lasciato la capanna per andarsene altrove. Egli ci disse:
«Non era più il caso di starsene li. C'era qualcuno che passava. troppo spesso dal bosco. Lui vedeva ma non era visto ».
Mia madre faceva la stessa vita di prima. Al mattino scendeva giù in paese per la spesa facendo prima una visitina in chiesa. Non aveva molta simpatia per il prete, e diceva sempre:
« Io non guardo all'uomo, ma vado a pregare in chiesa perché é la casa di Dio. Se il prete non è come si deve, lui dovrà rispondere un giorno davanti al giudice al quale io stessa risponderò delle mie colpe ».
Una mattina scesi con lei in paese. Di fronte alla casa del Brulli, sopra il marciapiede stavano tre donne. Al nostro passaggio la padrona di casa con la sua voce acida, disse piano alle altre due:
« Vedete com'è triste la Marta, non fa più quell'aria fiera di sempre... ».
Non capii le altre parole; guardai la faccia della mamma che non cambiò espressione e non potei capire se aveva udito o no quelle parole dette con tono sommesso e compiaciuto. Da quel giorno non ho più salutato quella donna. Non posso perdonare a chi fa minima cosa sgr[...]

[...]no alla capanna, tant'era forte il desiderio di vedere mio fratello. Pensavo che ancora fosse lassù... Arrivai col cuore in gola. La porta era aperta. Questa capanna era proprio come me l'aveva descritta il mio babbo, fatta come una vera casa. Entrai dentro, ma non c'era nessun segno da far pensare che qualcuno ci abitasse. Dunque; era partito? Mi misi seduto sulla panca di legno e piansi molto. Quando uscii dalla capanna il sole era molto alto. Giù dal fondo del bosco salivano lo sbattere delle ruote e il suono dei bubboli. Questo segno di vita in tanto silenzio mi rianimò. Mi lavai la faccia a una fontanella che versava acqua fra due massi, guardai la porta della piccola casa con tristezza e ridiscesi il bosco.
Passai a prendere la cartella dove l'avevo nascosta, ritornando a casa un po' più tardi del solito. Mangiai a mala voglia e con fatica. Non facevo che guardare le facce di tutti per indovinare il loro segreto. Ero disperato, non riuscivo a saper nulla e non mi sentivo il coraggio di chiedere ancora. Quando qualcuno parlava in u[...]

[...]« Dov'è Montemurlo? ».
Prendendo il lenzuolo e la coperta che tenevo fino alle spalle, e buttandola sopra il ferro a pie' del letto disse:
« Su, su alzati, e non fare altre domande ».
Mi alzai, e andai a sedermi sul muro dell'aia, il cane mi venne vicino, gli passavo la mano sulla schiena, lui rizzava la coda e la muoveva in segno di amicizia. Era l'unica cosa che in quella mattina mi desse piacere e non mi facesse sentire tanto solo.
Era di giugno. Nelle nostre camere basse e coperte col solo tetto, entrava presto il caldo. Anche durante le prime ore della ,natte c'era caldo. La mamma stava come sempre a pregare alla finestra. Non c'era la luna; il cielo mi ricordava quegli scenari che mettono di sfondo ai presepi. Il cane fece l'abbaio del lupo: quando i cani abbaiano così c'è chi crede portino disgrazia. lo non ho mai sentito nulla di più straziante, nessun lamento umano é più spaventoso di questo ululato. E una cosa che intristisce l'animo e risecchisce il cuore in un attimo. C'è da supporre che sia veramente l'annuncio di una fo[...]

[...]l lupo: quando i cani abbaiano così c'è chi crede portino disgrazia. lo non ho mai sentito nulla di più straziante, nessun lamento umano é più spaventoso di questo ululato. E una cosa che intristisce l'animo e risecchisce il cuore in un attimo. C'è da supporre che sia veramente l'annuncio di una forte sciagura. Mia madre si voltò verso di me e disse:
«Domani ci sari una brutta notizia ». Si appoggiò con i gomiti sul davanzale della finestra e aggiunse:
« Il cane continua a far l'abbaio del lupo ».
« Ma perché credete che porti disgrazia? Non bisogna credere a tutto quello che si dice ».
«Si, é. vero, Libero, non bisogna credere a tutto quello che si dice;
MEMORIE 141
ricordi quando mia sorella, tua zia Elvira, s'impiccò al trave della sua camera? quella mattina il cane abbaiò nello stesso modo ».
Ci fu un breve silenzio. Io stavo in piedi, seguivo i lumi delle automobili e delle biciclette che correvano fra il nero degli alberi. Sospirò, e si ripeté lentamente:
«SI, il cane abbaiò nello stesso modo; proprio come stasera ».
Drago[...]

[...]i e delle biciclette che correvano fra il nero degli alberi. Sospirò, e si ripeté lentamente:
«SI, il cane abbaiò nello stesso modo; proprio come stasera ».
Drago seguitava a lacerare l'aria e la mia anima col suo lungo lamento. A me, quella notte così calma non fece che aumentare la mia ansia per quello che mamma prevedeva.
Un mio fratello dall'altra camera gridò:
«Libero! Vai a farlo tacere. Non si pue' dormire così ».
E mia madre:
« Vai giù, portagli un po' di pane con l'olio. Però non lo picchiare ». Si scostò, socchiuse la finestra e accese la luce.
Scesi gib. in cucina, andai alla madia, partii una fetta di pane e ci misi sopra dell'olio. Arrivato sotto il portico, a un passo dalla colonna dov'era legato a catena, urtai in una vanga cadendogli vicino. Drago mi si fece appresso leccandomi la faccia. Mi alzai scostando con un gomito la bestia. Non mi ero fatto nulla di male. Così al buio gli diedi il pane e restai ad accarezzarlo un po'. Mentre mangiava mandava un flebile lamento, simile a quello di poco prima. Non ebbi il cor[...]

[...]ulla di male. Ma la cosa migliore era quella di non farsi prendere. Quando uno é in prigione...».
« Ma in prigione ci tengono chi ha commesso qualcosa contro la legge, e non si può rovinare la vita di un uomo giovane come Aldo per nulla ».
Mentre parlavo tutti mi guardavano. Remo rispose:
« Tu sei troppg giovane e vivi con la testa nelle nuvole. Quando uno l'hanno messo dentro, chi va a levarlo? ».
I1 babbo interruppe dicendo:
« Ci sarà una giustizia; se uno é innocente, perché punirlo? ».
« È la politica che c'é di mezzo e chi comanda ha sempre ragione; quello che tiene il mestolo in mano, razzola come vuole ».
La mamma sedendosi:
« $ vero, gli uomini non sono sempre giusti con gli uomini. La vera giustizia é quella divina. Solo Dio é giusto e grande di misericordia. Gli uomini non sanno perdonare, Dio sa perdonare ».
« Si, sono tutte belle cose disse Remo — ed é bello avere la
vostra fede. Ma la vostra fede, mamma, non darà mai la libertà ad Aldo. Questo é un mondo di farabutti e bisogna tenere sempre gli occhi ben aperti per vedere chi si ha vicino ».
Il padre guardando il figlio dai capelli ricciuti, disse con un tona di rimprovero:
«Tu esageri sempre, per te tutti ladri e farabutti. Non ti fidi neppure di tua madre né di tuo padre. Io credo che nel mondo ci siano sempre delle persone come si deve ».
« Si, sarà vero qu[...]

[...]ino ».
La mamma, molto triste, sparecchiava. Le cadde un piatto e si ruppe, nessuno fece parola.
Passarono alcuni giorni prima di avere notizie di Aldo. Ci scrisse una lettera. La censura del carcere aveva cancellato alcune righe con delle larghe strisce d'inchiostro nero. Queste righe nere davano un senso funebre ai fogli di carta. Non scriveva gran che; chiedeva che gli si mandasse un paio di volte alla settimana della roba da mangiare per aggiungerla a quella che passava il carcere, e della biancheria pulita, cjhe lui avrebbe rimandata quella sporca. Scriveva di farci coraggio e che presto tutto sarebbe finito. Queste notizie rianimarono un po' tutti. Ma quelle righe nere nascondevano delle parole che avremmo
MEMORIE 145
voluto sapere cosa dicevano. Si cercò di leggerla contro luce ma non fu possibile capire una sillaba. Remo, prendendomi la lettera, disse: «Brutti maiali, non vogliono neppure che uno scriva quello che gli pare...! ».
Più tardi un'altra lettera ci informava che si poteva andare a trovarlo. I primi ad andare al pa[...]

[...]se fossi stato un loro figlio che da molto tempo non vedevano. Aiutavo lo zio nelle sue faccende e mi piaceva star con lui. Mi declamava interi canti dell'Orlando Furioso. Ad uno dei suoi figli aveva messo nome Orlando, ad un altro Ruggero e alla figlia Bradamante. Strano uomo questo mio zio. Aveva una bottega dove si vendeva il necessario per le poche case del paese. Dal pane ai fiammiferi c'era un po' di tutto. In una stanza vicino al forno si giuocava a carte e si beveva in allegra compagnia fino al tocco dopo mezzanotte. Erano sempre gli stessi. C'erano dei vecchi e giovani, ma quando giocavano notavo che si trattavano tutti alla pari. Non c'era sera che mio zio non cantasse qualche passo dei suoi poeti preferiti.
Non conosceva altro che quei poeti e bevendo diceva:
«Questi si che sono grandi! Alla salute, ragazzi, dei grandi poeti! ». E poi mettendo il bicchiere sopra il tavolino faceva dei commenti
vol
146 QUINTO MARTINI
alquanto insinuanti su certi passi amorosi. E ripetendoli lentamente ac
compagnava la voce con gesti della[...]

[...]n ricordo della mia vita é cos? bello. Devo a lui la conoscenza della poesia e dei maggiori poeti. E fu anche in quella permanenza che mi appassionai ancora più al disegno e alla pittura. Feci molti acquarelli di paesaggi e boscaioli. Mio zio mi diceva spesso con molta serietà:
148 QUINTO MARTINI
«Tu diverrai un pittore, come il nostro Leonardo da Vinci ». E indicandomi delle case sotto il bosco, mi diceva:
« Vedi, Leonardo da Vinci é nato laggiù, ad Anchiano, dove stava la zia che si impiccò, vicino a Faltognano. C'è laggiù un prete che ha fatto il busto del nostro Leonardo con barba e capelli lunghi ». E cosí dicendo faceva il gesto con la mano di toccarsi la barba e ravviarsi i capelli.
Vicino a mio zio ero riuscito a distrarmi un po' soprattutto durante la giornata che era sempre varia per i clienti che venivano e i passanti che si fermavano a bere e a mangiare. La notte però, cadevo spesso in una tristezza amarissima. Al mattino andavo per il bosco e stavo subito meglio. Spesso per qualcuno mi mandavano da casa mia notizie di Aldo. Ma la gioia più grande per me fu quando ricevei una cartolina postale. Non s[...]

[...]n so quante volte la rilessi. La leggevo di giorno e di notte, come si legge una delle prime lettere d'amore. Mi diceva che a Natale sarebbe tornato. Io credevo a quello che scriveva e contavo i giorni e mi ripetevo quand'ero solo:
« A Natale ritornerà.., presto ritornerà... ».
Un pomeriggio afoso degli ultimi giorni d'agosto, stavamo seduti sotto il noce dell'orto di fronte alla porta della bottega. Davanti a noi la strada bianca che scendeva giù a Vinci piena di riverbero si nascondeva a tratti, fra il verde e gli ulivi argentati della campagna. Lo zio fumava la pipa e coi suoi occhi chiari guardava lontano.
Io osservavo le sue gote che si risecchivano quando tirava il fumo e tornavano normali quando lo lasciava venir fuori dalla bocca. Si voltò a guardare il monte dietro le nostre spalle, guardò giù nella pianura, socchiuse gli occhi, si tolse la pipa di bocca e cominciò a cantare:
«Era a quel tempo ivi una selva antica D'ombrose piante spessa e di virgulti, Che, come laberinto, entro s'intrica Di stretti calli e sol da bestie culti. Speran d'averla i due Pagan sl amica Ch'abbi a tenerli entro a' suoi rami occulti. Ma chi del canto mio piglia diletto, Un'altra volta ad ascoltarmi aspetto ».
MEMORIE 149
E battendomi una mano su `una spalla e con un sorriso da vecchio satiro, disse:
«Porco diavolo, come sarebbe bello con questo caldo vedere correre cavalieri nel bosco con le loro donn[...]

[...]uo corpo e le gambe nude della donna che si muovevano in un modo molto strano. A un certo punto non volli più vedere, mi misi seduto e aspettai. Sentivo il respiro dello zio farsi più affannoso e la donna che miagolava come un piccolo gatto. Poi sentii i loro corpi alzarsi e lei dire:
«Speriamo che nessuno ci abbia visti. Credo sia meglio vedersi dove sempre. Qui é un po' pericoloso ».
Io mi alzai, vidi la donna voltata verso di me che stava aggiustandosi le mutande. Lo zio mi voltava la schiena e vidi che cercava di affibbiarsi la cinghia dei pantaloni. La donna, finito di vestirsi, alza la testa e fu davvero una sorpresa riconoscendo la serva del prete. Una donna ancora giovane e molto in carne. La serva sali su per il bosco e lo zio scese nella strada sotto la vigna cantando:
«Che dolce più, e che più giocondo stato
Saria di quel d'un amoroso core?
Che vive più felice e più beato
Che ritrovarsi in servitù d'Amore?
Se non fusse l'uom sempre stimulato
Da quel sospetto rio, da quel timore,
Da quel martir, da quelta frenesia,
Da[...]

[...]ggio. Mentre scendevo per tornare a casa ripensavo alla scena e mi sentivo turbato. Non ne ho mai parlato a nessuno e con lo zio cercavo sempre che nei nostri discorsi fosse evitato di fare il nome della serva del prete. La sera lo zio canta, come mai aveva cantata, rosso in volto e con gli occhi che saettavano bagliori di fuoco; io lo guardavo e rivedevo la scena del bosco. Credo che se anche la zia fosse venuta a saperlo gli avrebbe perdonato. Giulia non era più giovane e da anni ormai vivevano soli. Orlando s'era sposato con una maestra ed era andato a stare nella Lucchesia. Ruggero viveva con la famiglia nel Casentino, entrambi facevano il muratore. Bradamante, una bella ragazza con occhi e capelli neri, era andata a marito ad un maresciallo di cavalleria a Firenze.
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Ricardo di aver visto una volta suo marito in divisa e con la spada e sentii subito una forte antipatia. La zia considerava suo marito un po' come un ragazzo che ha delle manie e col quale non bisogna esser troppo severi. Una mattina fece uno scherzo un po' [...]

[...]n occhi e capelli neri, era andata a marito ad un maresciallo di cavalleria a Firenze.
MEMORIE 151
Ricardo di aver visto una volta suo marito in divisa e con la spada e sentii subito una forte antipatia. La zia considerava suo marito un po' come un ragazzo che ha delle manie e col quale non bisogna esser troppo severi. Una mattina fece uno scherzo un po' azzardato ad una donna li in bottega alla presenza di altre persone. Un vecchietto disse a Giulia che stava a banco a servire i clienti:
«Avete visto, eh, cosa fa Marco? ».
E lei, tagliando il pane e senza scomporsi:
« Raba da vecchi, faccia pure quello che vuole, basta che non me le porti in casa. Se lo trovo con qualche donna in queste stanze, bastono lui e lei ».
Lo zio stava travasando i fagioli da una bigoncia all'altra. La donna che prima era stata oggetto dello scherzo disse:
« Attenzione Marco, vostra moglie ha delle brutte idee ».
« Già, ho sentito, starò con l'occhio alla penna per non farmi pescare. Se no, addio schiena... ».
La zia, porgendo l'involto del pane:
« Se[...]

[...]
Malgrado questi discorsi fatti un po' sul serio e un po' per scherzo, non li ho mai visti litigare, ma trattarsi sempre con molta affettuosità. Più tardi ho capito che anche alla zia piaceva sentirlo cantare. Un giorno mentre si stava in cucina e lo zio nell'orto che cantava, mi disse:
«Senti come canta. Non ha mica una cattiva voce. Sai, quando veniva da me a fare all'amore sentivo sempre la sua voce, andavo alla finestra e lo vedevo scendere giù dalla viottola in cima ai campi. Una ragazza che era un po' innamorata di lui mi diceva spesso:
« Come canta bene il tuo fidanzato...! ».
« Anch'io trovo che canta bene e mi piace stare a sentirlo ».
« Si, canta bene ancora, tu avresti dovuto sentirlo, quand'era gio
152 QUINTO MARTINI

vane, che voce! Il prete lo chiamava sempre a cantare in chiesa per le grandi feste e... ».
Pensai di nuovo alla serva e chiesi:
« C'è sempre lo stesso prete d'allora in questa chiesa? ».
« Sempre lo stesso. Non è molto vecchio, è qualche anno più giovane di mio marito ».
Volevo chiederle anche della[...]

[...]ene ancora, tu avresti dovuto sentirlo, quand'era gio
152 QUINTO MARTINI

vane, che voce! Il prete lo chiamava sempre a cantare in chiesa per le grandi feste e... ».
Pensai di nuovo alla serva e chiesi:
« C'è sempre lo stesso prete d'allora in questa chiesa? ».
« Sempre lo stesso. Non è molto vecchio, è qualche anno più giovane di mio marito ».
Volevo chiederle anche della serva, ma non ebbi coraggio. Una donna entrò in casa e chiamò:
« Giulia, venite in bottega ».
La zia si asciugò le mani al suo grembiale grigio e uscendo mi disse:
«Stai attento al gatto che non mangi la carne ».
Guardai fuori dalla finestra; le cime del monte erano piene di sole, la vetta dei cipressi era rossastra e la pianura già in ombra. Un vecchio passò di sotto alla finestra con un fascio di legna sulle spalle. Lo zio che non cantava piú, gli disse:
«Come va, Arduino? ».
« Va da vecchi, caro Marco ».
« Macché da vecchi, finché non siamo nella fossa va sempre bene ». « Gli anni pesano più delle fastella, vedrai anche tu quando avrai la mia età ».
[...]

[...]no a casa. La zia tornò in'\cucina a preparare la cena, io uscii fuori e mi misi sotto il noce a guardare il sole che lentamente lasciava il monte nell'ombra, una malinconia pungente mi morse l'animo, scappai in camera a rileggere la cartolina di Aldo. Mi affacciai alla finestra che guarda la chiesa, guardai le prime stelle e mi parve di udire lontano un cane che faceva l'abbaio del lupo.
Le stelle crescevano, e se lo zio non mi avesse chiamato giù per cenare sarei rimasto li a osservare il cielo che si popolava di piccole
MEMORIE 153
macchie luminose e a rivivere ciò che avevo provato in quella sera mentre mamma pregava alla finestra. Certe volte si sente anche il bisogno di rivivere anche le cose più tristi della nostra vita e ci si abbandona senza poter reagire.
Un giorno, prima di mezzogiorno, me ne stavo seduto nel bosco vicino alla chiesa, ero tutto preso dal canto del Conte Ugolino. Uno sfrusclo dietro di me mi fece voltare di scatto e fui sorpreso nel vedere il mio cane che si faceva largo dimenandosi fra le frasche e festant[...]

[...], ero tutto preso dal canto del Conte Ugolino. Uno sfrusclo dietro di me mi fece voltare di scatto e fui sorpreso nel vedere il mio cane che si faceva largo dimenandosi fra le frasche e festante mi veniva incontro. Mi saltò addosso e non cessava di dimostrarmi col suo mugolio e scodinzolando, la gioia di rivedermi. Pensai che qualcuno della mia famiglia sarebbe stato per la strada del bosco. Mi alzai, e lassù in alto, vidi mia madre che scendeva giù piano piano. Aveva una pezzuola in testa per pararsi il sole e sotto il braccio destro un grosso fagotto bianco. Le andai incontro, il cane avanti camminava serpeggiando la strada sassosa, e spesso si voltava indietro movendo la coda coperta di pelo.
Ero felice, appena fu possibile vederci ci facemmo dei cenni alzando una mano, quando le fui più vicino, mi disse:
« Com'é che mi sei venuto incontro? ».
« Stavo seduto in fondo al bosco, vicino alla chiesa, quando mi son visto arrivare Drago, allora ho pensato che ci fosse qualcuno di voi ». Porgendomi al mio cenno il fagotto, mi disse:
«Non[...]

[...] e pregare Dio. Egli é pieno di misericordia
per tutti ».
Prima di salutare il prete la mamma gli chiese a che ora la mattina
c'era la messa. Quando fummo un po' distante mi disse:
« Sai, quello é Don Masino. Conosce molto bene Aldo. E tu, sei
mai stato a messa?
Io non risposi. Lei, con una voce molto dolce, prosegui:
«Non posso costringerti ad andare in chiesa se non lo fai con fede.
Un giorno, sono certa, tu sentirai questo bisogno ».
Giunti dagli zii fu gran festa. Un pollo venne ammazzato e fatto
fritto per il desinare. Si parlò molto di Aldo. Fu allora che mio zio
disse che Orlando e Ruggero erano stati bastonati ma che poi non
avevano avuto più noie. Ero contento di ritrovarmi con mia madre in
una casa che non fosse la nostra. Quando le fu chiesto dalla zia quanto
tempo sarebbe rimasta, rispose:
Non molto, tre o quattro giorni al massimo ».
«Libero lo lasci ancora da noi? ».
«Non é possibile ».
« Anch'io — dissi partirò quando partirà la mamma ».
Lo zio soprattutto era dispiacente per questa mia decisione e ri
[...]

[...]issi partirò quando partirà la mamma ».
Lo zio soprattutto era dispiacente per questa mia decisione e ri
spose :
«Resta ancora, così potrai imparare a memoria qualche canto del
l'Orlando Furioso. Ti dirò io quali sono i piú belli e come si fa a can
tare di poesia », e poi riprese:
« Ormai hai finito la scuola e in città non andrai a studiare. Ci
MEMORIE 155
vogliono troppi quattrini. I figli dei ricchi vanno in città a studiare. Com'è ingiusto questo mondo. Resta da me... Canteremo insieme. Quest'inverno, vicino al fuoco, t'insegnerò a cantare, resta da me, Libero ».
Mia madre lo guardò e disse:
«Non invitare la lepre a correre ».
Anche la zia pregò la mamma di farmi restare.
«Sai, Marta, comincio a considerarlo un mio figliolo, e tu ora me lo porti via».
« Grazie, Giulia, ma non può rimanere. Deve lavorare nei campi e Andrea dovrà cercarsi un lavoro in città ».
«Cosa vuoi che faccia in .città? ».
« Ci sono altri che vanno in città a lavorare: vanno nelle fabbriche e alla ferrovia come sterratori. Prima c'era Aldo che guadagnava, ma ora? ».
Lo zio disse a sua sorella:
« Cosa pensi di fargli fare a Libero? ».
«Non lo sappiamo ancora, bisogna vedere come andrà a finire l'affare di Aldo ».
« Cara sorella, quello che deve fare tuo figlio, mio nipote, é segnato dal destino. Lui sarà pittore, un artista. Capisci? Un artista; un grande artista ».
E rivoltos[...]

[...]cane correva avanti, poi si metteva seduto nel mezzo della strada ad aspettarci. Io e mia madre carichi di fagotti (lo zio ci aveva dato un po' di tutto quanto aveva in bottega) si camminava in silenzio. Arrivati in cima, dove la strada che percorre la cresta del monte taglia la nostra che lo attraversa facendo una grande croce, ci mettemmo seduti sopra dei grandi massi. Mia madre accarezzava Drago dandogli con l'altra mano del pane. Io guardavo giù nella valle, cercando di seguire il corso del fiume. Osservavo il sole che si avvicinava. ai monti lontani, più si avvicinava e più diventava grande.
Chiesi a mia madre il perché' e mi rispose:
« Forse perché é più vicino . a noi ».
«Non ho mai pensato di chiederlo allo zio. Credo che lui me l'avrebbe detto ».
«Già, lo zio sa molte cose, verb? ».
« Ho imparato tante cose stando con lui ».
« Si sta bene quassù a quest'ora, fa fresco... ».
Dalla strada che viene dalla torre scendeva giù il vecchio guardia
boschi. Portava il fucile in spalla e camminava curvo. L'avevo visto altre volte, [...]

[...]el fiume. Osservavo il sole che si avvicinava. ai monti lontani, più si avvicinava e più diventava grande.
Chiesi a mia madre il perché' e mi rispose:
« Forse perché é più vicino . a noi ».
«Non ho mai pensato di chiederlo allo zio. Credo che lui me l'avrebbe detto ».
«Già, lo zio sa molte cose, verb? ».
« Ho imparato tante cose stando con lui ».
« Si sta bene quassù a quest'ora, fa fresco... ».
Dalla strada che viene dalla torre scendeva giù il vecchio guardia
boschi. Portava il fucile in spalla e camminava curvo. L'avevo visto altre volte, quando venivo quassù a prender le fastella con mio cugino. Abitava su nella torre fin dalla nascita. Mamma lo conosceva fin da bambina, da quando veniva nel bosco a far legna, a cercar funghi e castagne. Si alzò e gli andò incontro, dicendo:
« Come va Egisto? Era un bel pezzo che non ci si vedeva... ».
«Oh! guarda chi si vede! La Marta. Come va, come va, Marta? E quello là é tuo figlio? L'ho visto più d'una volta quassù con suo cugino Corinto a prender le fastella col barroccio ». E avvicin[...]

[...]li uccelli si chiamavano da un albero all'altro; davanti ai nostri occhi la pianura si faceva sempre più grigia, si vedevano ancora le strade bianche di polvere e lungo i fiumi l'azzurrognolo delle canne. In certi punti del bosco si faceva più scuro ed era in quei momenti che la mamma diceva:
«Libero, bisogna allungare il passo, vedi sta facendosi già buio ».
Allungammo il passo; il cane andava sempre avanti: spesso si fermava per aspettarci e giunti vicino si rimetteva a camminare come prima. Arrivati in Sambusceta, ci fermammo a bere alla fonte. Anche Drago bevve nella fossetta piena d'acqua. Ormai la strada peggiore era fatta, fra breve si sarebbe lasciato il bosco per prendere quella fiancheggiata da ulivi. Laggiù dietro l'Appennino si faceva l'aria rossastra e poi un disco di fuoco si alzava piano piano diminuendo di grandezza. Mia madre guardò e fermandosi disse:
a La mia mamma diceva che assomigliava a una polenta di granturCO D.
Non risposi: mi sentivo stanco e triste. Lungo il cammino si incon trovano persone che ci salutavano, io chiedevo alla mamma:
«Chi sono queste persone che ci salutano? ».
« Non lo so, non li conosco».
«E perché allora ci salutano? ».
«Quassù, quando incontrano qualcuno sconosciuto che ha l'aria di andare lontano lo salutano. È come un buon augurio per il suo viaggio »[...]



da Taylan Ozgur, Turchia. Il terrorismo dei generali. [sottotitolo: Soppresse tutte le libertà. Il gruppo militare che ha operato a marzo il colpo di Stato mostra sempre più la sua natura di intermediario della penetrazione neocoloniale. La repressione dilaga colpendo tutta la sinistra nelle sue varie componenti, ma la partita è ancora aperta] in KBD-Periodici: Rinascita 1971 - 6 - 11 - numero 24

Brano: TURCHIA
Il
terrorismo
dei
generali
Manifestazione di studenti ad Ankara
Soppresse tutte le libertà. Il gruppo militare che ha operato a marzo il colpo di Stato mostra sempre più la sua natura di intermediario della penetrazione neocoloniale. La repressione dilaga colpendo tutta la sinistra nelle sue varie coinponenti, ma la partita è ancora aperta
di Taylan Ozgur
Ankara, giugno. — Qui c'è il terrore. Arrivano alle tre, alle quattro del mattino e portano via la gente. Le perquisizioni domiciliari si infittiscono, e si spara a chi, durante il coprifuoco, non si fermi immediatamente all'alt delle pattuglie (è stato ucciso un ragazzo di sedici anni). I militari colpiscono ovunque e in ogni modo, per opinioni politiche presenti o passate. In un mese sono state arrestate e deportate circa 4000 persone, senza che di esse si abbiano più notizie e senza che, nella stragrande maggioranza dei casi, sia stato aperto a loro carico un procedimento penale. Qualcuno è stato incr[...]

[...]rofessori, giornalisti, ufficiali dell'esercito, funzionari,
operai. La definizione sovversivo » è
stata dilatata all'infinito, toccando persino i socialdemocratici, la cui Unione è stata sciolta proprio in questi giorni. E non si tratta solo di semplici arresti. Il più delle volte c'è la deportazione, in molti casi, la morte.
Accade in questo senso qualcosa che agghiaccia. Morta, ovviamente uccisa, la libertà d'informazione, i giornali della giunta stanno montando un clima atroce che invita apertamente al linciaggio dei militanti di sinistra. Un commando rapina una banca a fini politici? La stampa chiede la fucilazione seduta stante senza processo, e attacca la magistratura la quale si autodefinisce indipendente perché « osa » condannare i membri del commando a soli 36 anni di carcere. I casi del console israeliano o della ragazza tenuta in ostaggio hanno contribuito non poco ad alimentare la campagna voluta dalla Giunta militare. Ma essi vanno rovesciati nel giudizio: rappresentano infatti una forma esasperata di autodifesa di front[...]

[...]atroce che invita apertamente al linciaggio dei militanti di sinistra. Un commando rapina una banca a fini politici? La stampa chiede la fucilazione seduta stante senza processo, e attacca la magistratura la quale si autodefinisce indipendente perché « osa » condannare i membri del commando a soli 36 anni di carcere. I casi del console israeliano o della ragazza tenuta in ostaggio hanno contribuito non poco ad alimentare la campagna voluta dalla Giunta militare. Ma essi vanno rovesciati nel giudizio: rappresentano infatti una forma esasperata di autodifesa di fronte al terrore dilagante.
Partita dalla tesi incredibile che bisognava eliminare gli « opposti estremismi », per assicurare « l'ordine » e un regime stabile contro la corruzione e l'inefficienza di quello parlamentare, la Giunta militare ha proceduto a tappeto: prima rapando a zero gli studenti con i capelli lunghi e impedendo le minigonne alle ragazze, poi addestrandosi nella più corposa repressione della sinistra. A destra si è colpito, ma in modo del tutto indolore e senza alcun arresto, qualche associazione di fanatici — predicatori inascoltati del ritorno al grande impero turco dal Sinkiang alla Jugoslavia — e qualche piccolo gruppo assolutamente innocuo. Il vero obiettivo è stata invece la sinistra: dai giovani universitari appartenenti a gruppi gauchistes, al Partito del Lavoro, ai sindacati. Giù, giù, sino[...]

[...]ddestrandosi nella più corposa repressione della sinistra. A destra si è colpito, ma in modo del tutto indolore e senza alcun arresto, qualche associazione di fanatici — predicatori inascoltati del ritorno al grande impero turco dal Sinkiang alla Jugoslavia — e qualche piccolo gruppo assolutamente innocuo. Il vero obiettivo è stata invece la sinistra: dai giovani universitari appartenenti a gruppi gauchistes, al Partito del Lavoro, ai sindacati. Giù, giù, sino alle stesse ali riformiste piccoloborghesi: si è incriminato persino, per « vilipendio » il segretario generale del Partito repubblicano, Ecevit, che ufficialmente sostiene il governo.
Viene perciò da chiedersi, a questo punto: in Turchia siamo al fascismo? Una prima risposta ci dice che sì, ci siamo. Vi poteva forse essere qualche dubbio in proposito nei primi giorni del colpo di Stato militare. Giocavano in questo senso una certa ambiguità della collocazione dei militari nella società turca,
funzione ch'essi ebbero nel 1960 contribuendo al rovesciamento del dittatore Menderes, l'ide[...]

[...]nomico, politico e militare.
Ma il paese reale andava verso diversi equilibri. La penetrazione di capitali americani (e poi tedescoorientali, in grande quantità) bene o male metteva in movimento il tessuto sociale come accade per ogni operazione di tipo neocoloniale. Non è un caso che il primo « terremoto » politico avvenga proprio quando un gruppo di notábili, legati ai circoli feudali e religiosi più tradizionali, si stacca dal Partito della giustizia, perché i salari delle imprese straniere rischiano di far saltare il costo bassissimo del lavoro nelle campagne.
Ma il punto di maggiore frizione diventa — come sovente accade nei paesi sottosviluppati dove si sta formando un'embrionale coscienza di classe — la università. Tradizionalmente modernista, imbevuta del laicismo di Ataturk e del suo robusto nazionalismo, l'università è il crogiuolo in cui matura per primo un orientamento antimperialista (il che vuol dire persino fisicamente antiamericano) e tende a divenire la base organizzata di una iniziativa di sinistra (per quanto frantumata). Sono gli universitari infatti che iniziano l'ampio movimento di lotta contro le basi USA. La loro attività, tumultuosa e spesso spettacolare, si svolge in una situazione ormai instabile dal punto di vista economico e sociale, e quindi opera come catalizzatore di quella politica.
Le contraddizioni sociali della Turchia sono infatti giunte, in questi anni, a un punto esplosivo. Nell'estate d[...]

[...]amente antiamericano) e tende a divenire la base organizzata di una iniziativa di sinistra (per quanto frantumata). Sono gli universitari infatti che iniziano l'ampio movimento di lotta contro le basi USA. La loro attività, tumultuosa e spesso spettacolare, si svolge in una situazione ormai instabile dal punto di vista economico e sociale, e quindi opera come catalizzatore di quella politica.
Le contraddizioni sociali della Turchia sono infatti giunte, in questi anni, a un punto esplosivo. Nell'estate del '70 tutti i nodi arrivano al pettine. La lira turca crolla fragorosamente e i gruppi dominanti fanno ricadere la sua svalutazione sui
salariati e sulle categorie a reddito fisso, collegandovi il primo tentativo serio di liquidazione dei nascenti sindacati. Questa volta la reazione è immediata. Alla legge limitativa delle libertà sindacali e ai costi dell'inflazione, si risponde con lo sciopero, il sabotaggio e le grandi manifestazioni popolari. I limiti della lotta appaiono subito evidenti: è solo la città a muoversi, mentre la campa[...]

[...] grandi manifestazioni popolari. I limiti della lotta appaiono subito evidenti: è solo la città a muoversi, mentre la campagna resta tranquilla. Ma già questa basta a rompere il precario equilibrio politico esistente, e il governo Demirel deve imporre il congelamento dei salari, i prezzi aumentati, la spirale inflazionistica, facendo occupare la città militarmente.
La repressione durissima non spegne l'incendio. Le condizioni oggettive hanno raggiuto ormai un tale grado di intollerabilità che l'agitazione è permanente. Nella stessa campagna sono ora i feudali a cercare di organizzare i contadini — utilizzando i fattori più tradizionali della religione islamica — per difendere una situazione immobile incrinata, come dicevamo, dal neocolonialismo. In breve il regime, con le sue finzioni di ricambio dei gruppi dirigenti, con le sue clientele e le sue faide, non agisce più come deterrente delle tensioni sociali, non è più in grado di egemonizzare una società in ebollizione. Il fossato tra paese reale e paese legale diviene enorme e. rende i[...]

[...]e il ruolo e il peso dei militari in tutta un'area del mondo. Quel che però si può, sin d'ora, dire è che, non si tratta di una componente arcaica e arretrata della società turca.
I militari che hanno diretto il colpo di Stato sono anzi una componente « moderna » di quella società, sono una casta che è « moderna » anche in senso culturale e ideologico: nulla quindi di paragonabile al vecchio gorilla sud americano degli anni '40. Ancora si può aggiungere qualche dato circa la loro collocazione sociale. E' chiaro che essi non sono. neutri socialmente, disponibili a questa o quella gestione della società in un quadro di
ordine ». Sono invece socialmente schierati: nel senso .che sono i. più fermi,.portatori della ideologia e della prassi. neocoloniale, i garanti insomma di un preciso rapporto con gli Stati Uniti, e più in generale con l'area occidentale. La stabilità ch'essi vogliono portare è quella che deve rendere il più tranquilla possibile la penetrazione del capitale estero, controllando — con la forza e la repressione — tutte le c[...]

[...]aneo. Essa non è meno importante di quella sinora tratteggiata e meriterà una anàlisi a parte. Per ora però la seconda domanda che si pone è la seguente: riuscirà l'operazione repressiva dei militari? riusciranno a imporre « l'ordine » neocoloniale? I dubbi sono molti. La sinistra è certo divisa, incerta nella sua strategia, messa in difficoltà da un intervento la cui durezza non ha precedenti. Ma non è vinta e la società turca è, come dicevamo, giunta oggettivamente a uno stadio troppo avanzato di decomposizione perché basti la repressione a sanare la sua crisi. La partita perciò è ancora aperta, anche se difficile e aspra.



da Alessio Tolstoi, I diavoli dell'audacia in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 2 - luglio

Brano: [...]uesta è una funzione considerata dannosa tra i fascisti. Il soldato tedesco è incapace di rendersi conto subito della realtà e quando poi si sveglia... Bene, furono per l'appunto questi attimi che ci permisero di cavarcela... Eravamo abbastanza mal combinati, non c'è dubbio. A ripensarci ora — basta il solo ricordo a mandarti un brivido lungo la schiena... I nostri uomini, naturalmente, sono uomini in gamba. Il segnalatore Petrov, per esempio, a giudicarlo dall' apparenza nessuno lo direbbe mai un tipo così audace. E' troppo bello per essere un uomo, con quegli occhi sognanti e quasi imbambolati; manda ogni giorno una cartolina alla ragazza... I compagni non lo lasciano in pace... c Di che sei fatto Petrov? Di carne e sangue o non sei piuttosto un pupazzo ambulante? Sei al fronte, caro, svegliati ,. E Petrov : c Smettetela, ragazzi, non ci sarà nessuno che mi coglierà a sonnecchiare in caso di bisogno...
— Ma, compagno Zhabin, come diavolo riusciste a gironzolare con venticinque uomini per tanti giorni dietro le linee fasciste e ritorna[...]

[...]ire al di là delle linee tedesche ? Beh, mi si. era ordinato di concentrare nel villaggio di P. tutto il nostro armamento e di mantenerci in contatto col Q. G. fino all'ultimo istante. Di conseguenza mi trovai circondato. Al crepuscolo due camion pieni zeppi di fascisti se ne vennero senza sospetto a Dubki. Lasciammo passare i tedeschi assolutamente indisturbati, li crivellammo sui fianchi con le mitragliatrici e quando incominciarono a gettarsi giù dalle macchine regalammo loro anche un assaggio delle nostre baionette. Questo ai tedeschi non piace affatto. Alcuni riuscirono a scappare. L'ufficiale che li comandava si gettò tra i giunchi e chi s'è visto s'è visto. Trovammo dei documenti importantissimi nella sua borsa. Mettemmo in moto i camion tedeschi e vi saltammo dentro tutti e venticinque. In quello di testa eravamo Petrov ed io con Shmelkov al volante. Il cielo si era rannuvolato e non si vedeva nemmeno una stella. La luna non c'era ancora. Ci tenemmo oltre le linee
tedesche, parallelamente al fronte. Passò un' ora, due, non incontrammo anima viva : alla nostra destra il chiarore di un incendio, alla sinistra spari e forti esplosioni. Gli incendi, il rimbombo dei cannoni ci aiutarono ad orientarci. Davanti a noi do[...]

[...]olante. Il cielo si era rannuvolato e non si vedeva nemmeno una stella. La luna non c'era ancora. Ci tenemmo oltre le linee
tedesche, parallelamente al fronte. Passò un' ora, due, non incontrammo anima viva : alla nostra destra il chiarore di un incendio, alla sinistra spari e forti esplosioni. Gli incendi, il rimbombo dei cannoni ci aiutarono ad orientarci. Davanti a noi doveva esserci un villaggio che conoscevamo. Ci fermammo .e Petrov saltò giù dicendo : c Lasciatemi andare in ricognizione ). Ecco, pensai, ilmomento in cui costui risuscita e dimentica completamente la ragazza. Va pure. Si rimpinzò le tasche di bombe a mano, e via.
Scomparve svelto e leggiero. Dopo una quarantina di minuti un fruscio nei cespugli e rieccolo accanto alla cabina dello chauffeur. c Vi è un'autocolonna di fascisti nel villaggio r.. Beh, pensai, questo è un bel guaio... Ma era l'unica strada che potessimo prendere poichè a dritta e a manca vi erano le paludi e sarebbe stato sciocco tornare indietro. Shmelkov disse rassicurante : c Su, ragazzi, ce la cave[...]

[...]uscola chiesa di legno, sedeva un ufficiale tedesco dal viso rinsecchito e dal collo floscio che studiava una carta geografica al lume di una lampada tascabile. Feci appena in tempo ad afferrare il braccio di Petrov che, sporgendosi dalla cabina, stava per lanciare una delle sue bombe a mano. Parve che l'ufficiale sospettasse qualcosa. Avevamo oltrepassato il villaggio quando una motocicletta di 20 HP con un mitragliatore nella carrozzetta ci raggiunse. Questa volta Petrov adoperò le sue bombe a mano: e tanto beneche il mitragliere fu sbalzato in direzione nostra per circa un paio di metri, come se volesse sbrigarsi a dirci qualche cpsa: il conducente e la motocicletta andarono a sfracellarsi a capofitto nel fossato.
c Continuammo ad andare a lumi spenti. I bagliori di un grande incendio all'orizzonte gettavano un'orrida luce sull'oscura brughiera innanzi a noi... Ecco un fiumicello con un ponte di legno... Rallentammo. Sentimmo un ordine brusco in tedesco: Sedevamo silenziosi, i fucili e le bombe a mano pronte. Avanzavano verso di noi [...]

[...]incerta due sen_ tinelle. Una di esse si fermò, l' altra se ne venne direttamente alla cabina di guida e vi guardò dentro col naso schiacciato contro il finestrino. Scambiammo un'occhiata... improvvisamente mi ammiccò e mi susurrò in un russo incerto : c Sono russo... non andate al ponte li i fascisti spareranno ). Per
18 LA RINASCITA
circa cinque chilometri.attraversammo i campi lungo le sponde del fiume ascoltando il gracidare delle rane. Raggiungemmo una strada e di nuovo vedemmo le luci blu. Sentimmo lo stridere e il cigolare di ferraglia : carri armati in marcia e quello di testa a meno di una trentina di metri da noi. Giù, dissi agli uomini, e per amor del cielo tenetevi ben nascosti... Ci tenemmo sull'orlo della strada avanzando a media velocità e dando rispettosamente la destra ai pesanti e bruni carri armati con la svastica nera dipinta sul disco bianco simile in tutto ad un occhio. I fascisti presumono che quel teschio e quelle ossa incrociate che hanno sui loro cinturoni, che i carri armati e le bombe urlanti siano sufficienti asuscitare un timor panico nel nemico... Può darsi... Lo sanno loro. Alcuni selvaggi si, mettono una maschera con corna e zanne e pensano anch' essi di incutere terrore ai loro nemi[...]

[...]melkov girò la macchina e coi fari spenti si precipitò pel viale di betulle col secondo camion alle spalle. Dietro di noi sentimmo un urlo e degli spari, ma noi eravamo ormai di nuovo nella strada dove continuava ad avanzare l'autocolonna. Continuammo a camminare come persone a cui spettasse questo diritto dopo essersi appena riforniti: superammo i carri armati e lasciammo la strada . addentrandoci in un campo dove il grano era alto' All'alba raggiungemmo un bosco dove la nostra provvista di carburante finì. Nascondemmo i camion e sedemmo a mangiare un boccone. Improvvisamente Petrov con una galletta tra i denti rizzò la testa, saltò in piedi e si slanciò nel folto del bosco dove si era sentito un grido : ed eccolo ritornare trascinandosi dietro pel braccio un ragazzetto di circa nove anni coi capelli cortissimi, il naso all'insù e gli occhi accesi. (Che fate? Ma non vedete che sono uno dei vostri? Lasciatemi — strillava il ragazzetto — vi avevo scambiati per fascisti >. c Cosa fai qui, ragazzaccio prepotente ? > c Sono un pioniere, lavo[...]

[...] chiedessero un tozzo di pane : ficcavano il naso ovunque, curiosavano, e la sera ritornavano a casa del vecchio con le informazioni che erano riusciti a procurarsi. I partigiani solevano recarsi in paese a notte fatta, ed il vecchio assegnava loro i compiti : nel tal luogo, ad esempio, si era allogato il comando di una certa unità — bisognava dunque toglierlo di mezzo; in un altro luogo era stato consegnato un certo quantitativo di benzina, era giunte proprio allora un gruppo di autobotti che doveva saltare in aria...
c Il ragazzetto era veramente svelto. Prima del sorgere del sole ci aveva già condotto all'altra estremità del bosco — e come strisciava, il diavoletto — sgattaiolava come una lucertola nell'erba e a stento riuscivamo a tenergli dietro. Lì, sull'orlo del bosco, vi erano delle autocisterne di carburante
e cinque apparecchi da caccia.
Risolvemmo la faccenda in un batter d'occhio. Quando i colpi sparati dai miei rintronarono e le sentinelle tedesche che evevano fino allora passeggiato su e giù presso le trincee si gettaron[...]

[...]del sorgere del sole ci aveva già condotto all'altra estremità del bosco — e come strisciava, il diavoletto — sgattaiolava come una lucertola nell'erba e a stento riuscivamo a tenergli dietro. Lì, sull'orlo del bosco, vi erano delle autocisterne di carburante
e cinque apparecchi da caccia.
Risolvemmo la faccenda in un batter d'occhio. Quando i colpi sparati dai miei rintronarono e le sentinelle tedesche che evevano fino allora passeggiato su e giù presso le trincee si gettarono a terra, balzammo fuori dei cespugli gridando urrah / Questo nostro grido ha sempre un pessimo effetto sui nervi dei tedeschi, cosa che non si può dire che facciano le loro bombe urlanti sui nervi dei nostri uomini. I fascisti si buttarono fuori dalle loro buche, alcuni di essi alzarono subito le mani, altri scapparono qua e là come se fossero impazziti, sparando coi fucili mitragliatori. Da una delle carlinghe tirammo fuori per le cinghie del paracadute un aviatore. Appiccammo il fuoco alle autocisterne ed agli apparecchi e ce ne ritornammo nel bosco. Il ragazz[...]

[...]o mitragliatrici, ma noi eravamo tutti al riparo. Decidemmo di procedere a sera lungo la Dvina in cerca di un punto di minor resistenza. I fascisti non hanno un fronte solido essi avanzano a capofitto in stretti cunei e — diamine — con un po' di cervello si riesce sempre a fargliela.
Ripartimmo la notte procedendo a ventaglio con le mitragliatrici ai lati. In distanza bruciava la cittadina di D. Era un ammasso di fiamme — le colonne di fuoco raggiungevano quasi le nubi. Ai fascisti piace questo genere di illuminazione, la preferiscono al cinema. Alcuni aeroplani volavano a cerchio sulla città in fiamme sparando sui disgraziati che cercavano scampo e respingevano così nelle fiamme i vecchi, le donne e i bambini.
c Ma basta di ciò Eravamo furiosi. Non vedevamo l'ora di averne qualcuno nelle mani. Fermammo una macchina che trasportava tre ufficiali
e prima di spedirli all'altro mondo li obbligammo a volgere i loro brutti musi in direzione di D. perchè quello spettacolo apparisse loro meno divertente — questa volta — del cinematografo. T[...]

[...]e a mano, facendone una bella provvista tra i compagni, si scagliarono in avanti riparandosi ai lati della strada e ne scaglia
rono un vero nugolo, ognuno scegliendosi un particolare bersaglio. Il carro armato di testa indie
treggiò. Gli altri due furono danneggiati non
poterono far altro che sparare a casaccio nel buio. E così andammo tutta la natte attraversando campi e boschi finchè trovammo un caseggiato in cui i tedeschi non erano ancora giunti. Guardammo in una casa, poi in un'altra, le finestre erano aperte ma nulla dava segno di vita nei cortili...:, d' improvviso, sul tetto di paglia di una delle capanne, un gallo incominciò a cantare annunziando l'alba. Guardandoci attorno, vedemmo un vecchio calvo ed una vecchietta magra magra che stavano immobili sotto il portichetto in attesa di morire.
Babushka — essa disse — sembrano uomini nostri 7 ,
Incominciò a benedirci e a baciarci uno per uno. Ma noi, anzichè sentirci in vena di scambiar moine con la vecchia, avevamo una fame da cacciatori. Il vecchio tirò fuori una grossa pagno[...]

[...]iva trascorrere il resto del giorno in quel luogo. Il vecchio si vestì, si mise il berretto di pelle di montone e ci condusse, a traverso ai boschi e agli acquitrini, sino ad un villaggio dove i nostri franchi tiratori avevano un ospedale. Tutto il villaggio uscì correndo a salutarci. Le donne ci invitarono nelle loro capanne. A conti fatti, non potevamo, dopo tutto, offendere quella brava gente e fummo costretti ad accontentarli: il viandante digiuno e polveroso deve essere, secondo il buon costume antico, ripulito sfamato e riscaldato. Le donne ci aiutarono a togliere i nostri indumenti, ci curarono le bolle ai piedi, le lavarono, ci dettero calze pulite e ci imbandirono quanto avevano nelle madie.
Notai che Petrov era ritornato il vecchio sentimentale, col medesimo sguardo distratto e dolce ad un tempo. I contadini cercarono di persuaderci a rimaner con loro e ad unirci alle forze dei patrioti... Vi assicuro che lo avremmo fatto volentieri!... Ma, dopo tutto, il dovere è dovere ~.
Il tenente Zhabin balzò agilmente in piedi. Aerei
n[...]

[...]to l'aerodromo e una formazione di caccia apparve nel cielo. Risuonavano come corde tese, minacciosi, potenti, nella loro ripida salita, incontro ai bombar
dieri I pesanti apparecchi fascisti tentarono cli
abbassarsi e tornare indietro, ma troppo tardi II.
fioco e lontano rattattat delle mitragliatrici si sentiva attraverso il cielo blu. I caccia li incalzavano. Uno dei bombardieri si agitò, perse quota e precipitò mugolando col naso all' ingiù, lasciandosi dietro una scia di fumo...
ALESSIO 1 OLSTOI
' I nostri più vivi ringraziamenti agli undici ufficiali e soldati dell'esercito americano che hanno voluto manifestarci la loro attiva solidarietà sottoscrivendo undici abbonamenti sostenitori. Se il loro gesto sari seguito da tutti i nostri amici la vita di a Rinascita sarà assicurata.



da Giovanni Pirelli, Questione di Prati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]ottiglia. Altrettanto fece il ragazzo Attilio.
« Per forza è piena », disse il ragazzo Attilio. « E ancora da stappare ».
« Dunque è piena», disse Salomone Croux. « E una bottiglia piena di buona grappa. Uno è contento di avercela, no? Si, uno è contento di avercela. È tanta grappa. È un'intera bottiglia di grappa. Adesso ne prendi uno, due bicchieri, perché due? siamo in tre, ne occorrono tre. Facciamo tre bicchieri. La grappa è andata un po' giù? Eh, ce n'è, ce n'è tanta! Bevi e non ci pensare. Bevi e versa. È andata giù un altro po'? Eh, ce n'è tanta ancora tanta! ». César e Attilio tenevano gli occhi sulla bottiglia. Loro malgrado, gli occhi scivolavano lungo la superficie
QUESTIONE DI PRATI 75
liscia del vetro. « Un altro bicchiere? », disse Salomone Croux. « Certo. Ce n'è tanta! Cosa volete che sia un altro bicchiere! Un altro bicchiere è niente. Un altro ancora è niente. Un altro ancora è ancora niente. Mon djeu me! Cosa è successo? Cosa è successo? ». Salomone Croux si piegò in avanti fino a che i suoi occhi strabici non furono a un palmo dalla bottiglia. « È vuota! ». Sollevò la bottiglia contro l'or[...]

[...]ne Croux. Si batté ripetutamente il
petto. Teneva la bocca spalancata, ne gettava fuori buffate di alito.
« Sessanta gradi, non uno di meno ».
César Borgne rise. « Sessanta? ».
Rise anche il ragazzo e ripeté: « Sessanta? >.
76 GIOVANNI PIRELLI
« Sessantacinque? », disse Salomone Croux.
« Sessantacinque? », disse César Borgne, strizzando l'occhio al ragazzo Attilio. Attilio era felice.
«Settanta? », disse Salomone con il tono di chi ha raggiunto un limite oltre il quale non è disposto nemmeno a un atto di fede.
« Settanta! Dice settanta! » Ogni rughetta del viso di César sprizzava allegria. « Settantacinque gradi, amico mio. Settantacinque come è vera che sono qui che ti parlo. Parola di César Borgne ».
« Troppi », disse seccamente Salomone. « Fino a sessanta, a sessantacinque può andare. Settanta é un'esagerazione. Non parliamo di settantacinque. Vuol dire bruciarsi le budella. Troppi. Ne bevo un sorso proprio perché ti sei ficcato in testa di voler festeggiare. Lo bevo perché un amico non lo si abbandona nei momenti difficili.[...]

[...], della famosa famiglia dei Borgne. Una seconda volta, con César Borgne, non tornavano più. Come contadino, non parliamone. Nella divisione paterna aveva avuto una casa e un orto. Quando la zia Jacqueline era morta lasciandogli un prato, aveva venduto l'orto e comperato una mucca. Ma come può un uomo di quarant'anni, forte e in gamba, scaricare le proprie energie badando a un prato e una mucca? Beveva sempre piú. Finalmente nostro Signore guarda giù e dice: 'Povero Borgne, è un disgraziato, bisogna dargli una mano'. Gli manda l'industriale di Biella, discutono, si mettono d'accordo. Affare fatto. E che affare! Macché, arriva quel dannato di un Salomone Croux e cosa dice? Dice che i quattrini sono come la grappa...
César guardò la bottiglia. Era andata un pi) giù, si capisce. Però ce n'era tanta, tanta ancora! Si morse il labbro come se gli fosse scappata una bestemmia. Come fosse stato di quelli, cioè, che dopo tirata una bestemmia si mordono il labbro. Aveva scolato il proprio bicchiere ma gli ripugnava di versare dalla bottiglia altra grappa. S'attorcigliava senza posa la punta di un baffo. L'attorcigliava in dentro, rabbiosamente,. Proprio con Salomone Croux doveva capitare, uno che sa quello che dice, tanto é vero che non dice mai quello che pensa; che, per paura di dire quello che pensa, una volta tanto, non prende mai una sbornia, mai. Invece b[...]

[...] moltiplicavano tra ventre e gola, premevano cercando uno sbocco, diventavano crampi. Per fortuna non dovette rispondere perché il ragazzo Attilio intervenne con foga. « Dove la tiene? Dove vuoi che la tenga? La tiene in garage. Con i soldi che ha preso cosa vuoi che sia costruire un garage? So tutto, io. So che César sta trattando il terreno. E un prato di Belfront Augusto. Sarà un garage come ce n'è uno ad Aosta, con la saracinesca che va su e giù da sola. Si preme un bottone, vrrram, va sottoterra. Si preme un altro bottone, vrrram, torna su. César ha ordinato il progetto a un geometra d'Ivrea, vero César? ». Più Attilio inventava, più si sentiva sicuro. La cosa non era soltanto verosimile, era vera. Non temeva smentite.
« Per ora ho fatto fare solo il progetto della saracinesca che va su e giù », riuscì a dire César, accompagnando la frase con una smorfia cattiva. Non era cattiveria. Era dolore. Erano i crampi che diventavano insopportabili. Con una mano si comprimeva il ventre, con l'altra si pizzicava una coscia e ne torceva la pelle; perché, come si dice, chiodo scaccia chiodo.
Salomone Croux non sapeva più che pensare. Recentemente Belfront Augusto gli aveva parlato di voler vendere un prato lungo la provinciale perché era quasi a livello del torrente. A primavera, al tempo del disgelo, gli si riempiva di pietre e di mota. César comperava il prato di Belfront per farci un gara[...]

[...]nutile. Lo spettacolo di Salomone, il contegnoso Salomone in preda a un incontrollabile accesso di risa, era irresistibile, per César, quanto per Salomone il fischio aspirato di César che tentava di prendere fiato. Anche Salomone si sforzava di frenarsi, di calmarsi. Pensava a sua moglie morta, pensava a com'era brutta quando l'avevano messa dentro la bara. Inutile, tutto inutile. In questo trascinarsi a catena la risata montava, si dilagava, raggiungeva proporzioni assurde rispetto al motivo che l'aveva originata. « Basta, basta », supplicava l'uno. « Smettila, sacrenom », imprecava l'altro. Se poi i loro sforzi combinati sortivano l'effetto che l'uno e l'altro accennava a quietarsi, bastava che i loro occhi umidi s'incontrassero perché il riso inesauribile, riprendesse a sgorgare. Tra i due, offeso, torvo, i gomiti piantati sul tavolo e la testa affondata nei pugni, stava il ragazzo Attilio. Tanto più il ragazzo Attilio si incupiva, tanto più gli altri erano costretti a ridere; e viceversa.
Alla lunga, esausti, i due anziani si calmar[...]

[...]sti, i due anziani si calmarono. E mentre s'asciugavano gli occhi e soffiavano il naso, accadde che César riempisse, insieme al proprio, il bicchiere di Salomone e Salomone non protestasse, che tenesse, anzi, il bicchiere alzato finché César non glielo ebbe colmato. Fu proprio Salomone ad alzare il bicchiere brindando:
82 GIOVANNI PIRELLI
«Alla tua automobile rossa! ».
« Alla mia automobile rossa! »
« Al garage con la saracinesca che va su e giù! ».
« Al garage! »
« All'autista di Torino! »
« Con César Borgne sul berretto. Alla faccia sua! »
« Alla faccia degli invidiosi! »
« Alla faccia dei permalosi! »
« Buffoni », disse il ragazzo Attilio, al quale, evidentemente, que
st'ultimo brindisi era stato rivolto. E tirò la lingua. I due anziani,.
ormai placati, bevevano. Non gli badarono.
« Ah », fece Salomone quando ebbe deposto il bicchiere. Si sentiva
leggero. César non comperava l'automobile. Quindi non era impazzito.
Quindi del prato aveva preso poco; trecentomila, forse meno.
IV
« Parliamo seriamente », disse Salomone C[...]

[...]. Tu lo vuoi comperare. Io te lo vendo. Ti do il bicchiere, tu mi dai venti lire. È poco? È molto? Per sapere se ho fatto un affare buono o cattivo non ho che un mezzo : andare al mercato e comperare un bicchiere uguale. Tutto dipende se le venti lire sono poche o molte per comperare un bicchiere uguale ».
« Cosa c'entra un bicchiere con un prato? », disse César. Faceva lo spavaldo ma era nervoso. Si arricciava in dentro la punta di un baffo. « Giusto. Un prato è un'altra cosa », disse Salomone.
« Oh già », disse il ragazzo Attilio. « Peccato che César non abbia venduto, invece del prato, un bicchiere ». Rise forzatamente.
« Un bicchiere », disse Salomone, « vai al mercato e ti provi, con i soldi che hai preso, a comperarne uno uguale. Con il prato la prova non serve. Perché? Perché non troverai mai un prato uguale a quello che hai venduto ».
« Era un buon prato », disse il ragazzo Attilio.
« Stai facendo il furbo », disse César a Salomone. « Fai l'esempio del bicchiere e tu stesso dici che un prato è un'altra cosa ».
«Torniamo pur[...]

[...] Aveva fatto compere per tutti. Quattro bambine, quattro regalini. E che da due Natali le bambine aspettavano un Bambino Gesù che non veniva. L'imprudenza era stata di far arrivare questo Bambin Gesù adesso, in febbraio, con dieci mesi di anticipo. Di anticipo? 'Perché', aveva detto Ines, la terza, `il Bambin Gesù arriva così tardi ?'. Per sé, una cravatta. Ne aveva bisogno? Che diamine, doveva fare spese per tutti e per se stesso niente? Ancora giù, ad Aosta, incontra due cugini di Valtournanche. Quanto tempo che non ci si vede, come mai da queste parti, sai che lo zio tale si é preso una brutta malattia, ricordi la vedova talaltra?, s'é risposata con un brigadiere della Finanza, i prezzi del fieno, delle patate, del vino, i prezzi di tutto, le tasse... pago io (erano finiti, naturalmente, all'osteria), eh no, non mi fate questa offesa, oggi no, un'altra volta, oggi pago io... Era dovuto andare al cesso a sfilare fuori un altro bigliettone perché le poche centinaia di lire che avanzavano del primo non erano sufficienti per pagare i due [...]

[...]alaltra?, s'é risposata con un brigadiere della Finanza, i prezzi del fieno, delle patate, del vino, i prezzi di tutto, le tasse... pago io (erano finiti, naturalmente, all'osteria), eh no, non mi fate questa offesa, oggi no, un'altra volta, oggi pago io... Era dovuto andare al cesso a sfilare fuori un altro bigliettone perché le poche centinaia di lire che avanzavano del primo non erano sufficienti per pagare i due fiaschi più il mezzo litro di giunta. Arriva sù e va diritto da un suo zio che gli aveva dato del fieno. Adesso che il prato era stato venduto, gli toccava garantirsi tutto il fieno per la mucca. Gli dà le ventimila che gli doveva dalla primavera scorsa. E quello: « Oh, siamo diventati
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ricchi? ». Cretino era stato, cretino. Se teneva il debito, lo zio, pur di prendere un po' di quattrini, gli avrebbe dato altro fieno a credito. D'ora in avanti, invece, avrebbe preteso pagamento a consegna. Morale, quattro bigliettoni partiti. E non finiva qui. A casa, ecco la moglie lamentarsi: chissà quanti soldi spesi [...]

[...]Può darsi che gli vada bene. Tutto può darsi. Ti ricordi Pession Eliseo? Era malato di cancro e nessun medico gli dava più di tre mesi di vita. Invece é morto un anno dopo e non di cancro. È morto perché, per paura del cancro, si é buttato nella Dora ».
« Povero Eliseo », disse il ragazzo Attilio.
« E Brunod? Ti ricordi la notte in cui bruciava il fienile di Brunod? ».
« Di Luigino Brunod? », disse il ragazzo Attilio.
« Non c'era uno che non giurasse che il fuoco gli avrebbe preso tutto, fienile e casa. Che fuoco! Invece la casa si é salvata. È vero che per rifare il fienile ha dovuto ipotecare la casa. Però, dico io, gli é andata bene. Sinceramente, mi auguro che anche a César vada bene. Bevo a che gli vada bene », concluse, levando il bicchiere.
« A che gli vada bene », disse il ragazzo Attilio levando il bicchiere. Bevvero. Il solo César non bevve. Non beveva e non parlava. Salomone ed il ragazzo Attilio bevevano e parlavano tra loro come se l'altro non esistesse.
« Io un prato ce lo avrei », disse Salomone, « come quello che Cé[...]

[...] sedia. Sall sulla sedia, estrasse da sopra la dispensa una corda da montagna coperta di muffa, scese, spostò la sedia sotto un trave in corrispondenza della mangiatoia, vi risali, sollevò una tavola del soffitto, fece passare la corda intorno al trave, preparò il cappio. « Ecco », disse.
Salomone disse: « Bravo. Hai fatto un buon lavoro, ordinato e preciso. C'é un solo inconveniente. La tua stalla é bassa. Troppo bassa per impiccare mucche. Va giusto bene per un uomo non tanto grande, grande pressapoco come te. Io direi che tu lasciassi perdere la mucca e provvedessi a te stesso. Io, nei tuoi panni, lo farei ».
« Tu credi?, credi che io non trovo il modo di impiccare una stupida mucca? ». Era disperato. Fu proprio la disperazione che in quel punto gli suggere un'idea. Non la vagliò; gli bastò immaginare, in un lampo, la scena. Si, era un'idea geniale, degna di César Borgne. Il suo viso si trasfigurò. Dall'altezza della sedia guardò Salomone ed il ragazzo Attilio, li guardò come li vedesse per la prima volta. Bassi erano e senza baffi.[...]

[...]é nessuno pareva ricordarsi di lui, gridò su: a Io vado a letto. Non salgo. Non mi va di salire ».
« Vva, vva a ppiangere in brbraccio a quella vvacca », gli gridò, dall'alto, Salomone.
La provocazione fu più forte della paura. Anche il ragazzo Attilio prese a salire. Aveva l'animo oppresso da tristi presagi. Saliva piano, con il cuore in bocca, incespicando ad ogni gradino poiché, trovandosi distanziato dagli altri, la luce della lanterna gli giungeva estremamente fioca. Però saliva. « Ma perché, César, perché non dici cosa vuoi fare? », implorò. Non ebbe risposta alcuna. « Se finisce male », disse, « l'avrai voluto tu ». Ancora non gli badarono. « Cosa credete, che io abbia paura? » Aveva adottato il sistema di salire a quattro zampe. Era un sistema molto più redditizio. Verso la metà della rampa era quasi a ridosso di Salomone.
« Oh, oh, Claretta ». César dava la voce alla mucca, ma non per farla avanzare. Le dava la voce per calmarla, temendo che potesse incespicare e rompersi una gamba. La mucca, infatti, una volta infilatasi in [...]

[...]ra un sistema molto più redditizio. Verso la metà della rampa era quasi a ridosso di Salomone.
« Oh, oh, Claretta ». César dava la voce alla mucca, ma non per farla avanzare. Le dava la voce per calmarla, temendo che potesse incespicare e rompersi una gamba. La mucca, infatti, una volta infilatasi in quel budello oscuro, sembrava avere un unico pensiero: uscirne. Aveva il fiato grosso, ansimava, procedeva a strappi, eppure non si fermava.
« In giù non andrà, te lo dico io », si lamentò il ragazzo Attilio.
« In ggiù! In ggiù! », rise Salomone. E indicò la corda della campana.
« Non é vero », si lamentò il ragazzo Attilio. « Non ci credo. César non lo farà ».
«Quando sei sbronzo sei intelligente », disse César a Salomone. Ma aveva dispetto che Salomone avesse indovinato il suo piano. « E poi, dimmi, poi che si fa? ».
« Poi, poi, poi », canticchiò Salomone.
« Vedi, non sai niente. Oh, oh Claretta, oh » disse César dando la voce alla mucca che procedeva sempre più a strappi. Se si rompeva
98 GIOVANNI PIRELLI
una gamba, guastava tutto. « Poi si suona a martello. Compito tuo, Salomone. Tutto ciò che è rumore è c[...]

[...]allo sspiedo! ».
« Con questo freddo? » disse il ragazzo Attilio.
« Chi non dorme mangia e chi mangia non ha freddo », sentenziò César. « E chi non mangia è perché è invidioso. E chi è invidioso si impicchi D.
« Ss'impicchi », disse Salomone. « Qui c'è ccorda per ttutti ». Fu così esilarato della propria battuta che barcollò. Barcollando apri un braccio, una padella urtò la corda della campana, gli schizzò di mano, precipitò lungo il buco, raggiunse il fondo. Di laggiù un fragore sinistro risali il campanile. La mucca ebbe un nuovo sobbalzo e si lanciò in avanti, cioè in sù.
« Oh, oh, oh », le diede la voce César, balzando anch'egli in su per non venire urtato dalle corna della bestia arrancante. « Oh, oh, oh ». Saliva, quasi correndo, incalzato dalla mucca, e s'adoperava a moderarne la foga. « Oh, oh, oh ». Si trovò agli ultimi gradini. « Oh, Claretta, oh, oh ». Emerse dalla scala, gli si parò dinnanzi la massa scura della campana. Alle sue spalle premeva la mucca. « Fermala, Salomone », gridò, « tirala per la coda ».
« Pperché? », disse Salomone. « Quan[...]

[...] meno di mezzo minuto.
X
«Oh! », chiamò Salomone Croux dalla fine della rampa. I minuti passavano, c'era buio e silenzio, solo un lieve chiarore, dall'esterno, lasciava intravedere il posteriore della mucca che ostruiva lo sbocco. Salomone si sedette. « Oh! ». Nessuna risposta. Rise: « Cchissà ccosa diavolo ccombina ».
Uno scalatore, un capocordata che venga a trovarsi in difficoltà quand'è in parete, due cose non deve fare: non deve guardare giù e non deve gridare. César Borgne non aveva guardato giù e non aveva gridato. Aggrappato saldamente alla sbarra di ferro, il corpo penzoloni nel vuoto, annaspava con i piedi alla ricerca di un appiglio, anche piccolo, su cui poggiare almeno la punta degli scarponi. Ne trovò uno insperatamente comodo. Senonché, non appena riversatovi sopra una parte del peso, l'appiglio cominciò a muoversi. Era la lancetta lunga dell'orologio del campanile. La lancetta, che segnava le meno dieci (mancavano dieci minuti alla mezzanotte), prese a spostarsi all'indietro, cioè in giù. L'orologio batté i tre quarti. La lancetta seguitò a scendere fino a trovarsi in posiz[...]

[...]ferro, il corpo penzoloni nel vuoto, annaspava con i piedi alla ricerca di un appiglio, anche piccolo, su cui poggiare almeno la punta degli scarponi. Ne trovò uno insperatamente comodo. Senonché, non appena riversatovi sopra una parte del peso, l'appiglio cominciò a muoversi. Era la lancetta lunga dell'orologio del campanile. La lancetta, che segnava le meno dieci (mancavano dieci minuti alla mezzanotte), prese a spostarsi all'indietro, cioè in giù. L'orologio batté i tre quarti. La lancetta seguitò a scendere fino a trovarsi in posizione verticale. L'orologio batté la mezza. I piedi di César tornarono ad annaspare nel vuoto.
« Ah, ah », scoppiò a ridere Salomone, sentendo battere, dopo i tre quarti, la mezza. « Cche mmatto! Cche mmatto! ».
« Ho freddo », disse il ragazzo Attilio.
La mucca stava perfettamente tranquilla, le quattro zampe piantate sull'assito come fosse la sua lettiera, il muso sporgente oltre la sbarra della finestra come fosse la sbarra della mangiatoia.
Fuori, i piedi di César avevano trovato un nuovo appiglio. Av[...]

[...]n guaio di quelli per i quali si può anche crepare. Improvvisamente ebbe molta paura.
«Oh! », chiamò.
« Oh », disse Salomone, dalla fine della rampa. « Ffinalmente! ». « Sono nei guai », disse César. Gli seccava dire di piú. « Salomone? ».
« Oh », disse Salomone.
« Tira indietro la mucca ».
«Pperché? Ccosa c'è? ». Più che non dalla situazione che non tentava nemmeno di spiegarsi, Salomone era sconcertato dalla strana voce che di lontano gli giungeva all'orecchio. Era la voce di un altro. Chi poteva essere quest'altro? E César, dove si era cacciato costui?
« Ho freddo », disse il ragazzo Attilio. « Io me ne vado. Vado a letto ».
La voce si fece ancora sentire. Era la voce di César per il solo motivo che non poteva essere d'altri. « Sacrenom, non capite che sto crepando? ».
Addirittura? A chi credeva di darla da bere? No, Salomone non
QUESTIONE DI PRATI 101
ci cascava. « Hai ssentito? », disse ad Attilio. « E César. Ddice che ccrepa ».
« Che crepi », disse il ragazzo Attilio. « Crepo anch'io. Crepo di freddo. Digli che faccia pr[...]

[...]e di tiidi tirar indietro la mmucca ». Prese la coda dell'animale e ne agitò il ciuffo sul viso di Attilio.
« Non mi va di tirare », disse il ragazzo Attilio schernendosi con il braccio sugli occhi.
« Ttira, ppigrone », disse Salomone.
« Assassini! Vigliacchi! ». Salomone e Attilio si sentirono agghiacciare. Si scambiarono un'occhiata interrogativa e spaurita, s'attaccarono con simultanea decisione alla coda della mucca, tirarono. Tirarono in giù, a strattoni, così come, per l'appunto, si tira la corda della campana quando un pericolo incombe e bisogna dare l'allarme. Per scarsa che sia l'intelligenza e corta la memoria di una mucca, la mucca Claretta sapeva di avere dietro di sé una scala ripida e un vuoto. Prese paura, puntò gli zoccoli, s'agitò. Agitandosi premette con un fianco l'orlo della campana. La campana cominciò a dondolare, il movimento crebbe, il battacchio urtò il bronzo. Ne usci un suono strascicato e cupo. La paura della bestia aumentò. S'agitò più scompostamente, urtò con maggior vigore la campana ancora oscillante, p[...]

[...] César, già indurite dal freddo, prese a spaccarsi.
« Smettetela! », urlava adesso César. « Basta! Basta! ».
« Più fforte, più fforte », diceva Salomone al ragazzo Attilio.
« Vi ammazzo! Assassini! », urlava César. « Vi ammazzo! ».
Più gridava, più i due dalla scala tiravano, più la mucca s'agitava. I rintocchi si diffondevano ormai nella notte sull'intera borgata e oltre, oltre le circostanti frazioni sino ai casolari dispersi sulla costa e giù verso il fiume.
102 GIOVANNI PIRELLI
XI
Ce ne vuole, da queste bande, per cavare uno dal letto. Se il rumore è in casa o viene su dalla stalla, è un'altra faccenda. Ma se viene da fuori, si pensa a uno dei soliti ubriaconi che fa bisboccia o baruffa con i compagni, o impreca contro la moglie che ha sprangato l'uscio di casa. Affari suoi. Ci si tira la coperta sopra la testa e si ripiomba nel sonno. Infatti, per quanto forti fossero le urla di César, nessuno vi aveva badato, nessuno si era mosso. Ma quando i rintocchi della campana si diffusero sul paese ed echeggiarono nella valle, allora [...]

[...]o la moglie che ha sprangato l'uscio di casa. Affari suoi. Ci si tira la coperta sopra la testa e si ripiomba nel sonno. Infatti, per quanto forti fossero le urla di César, nessuno vi aveva badato, nessuno si era mosso. Ma quando i rintocchi della campana si diffusero sul paese ed echeggiarono nella valle, allora l'atavico senso del pericolo e della solidarietà nel pericolo spinse tutti, precipitosamente, fuori dai letti e dalle case.
I primi a giungere furono Eliseo Chénoz e suo figlio Zino, la cui abitazione dava sullo spiazzo della chiesa. Nell'oscurità (erano scesi senza lanterna; quanto alla lampadina sopra il lavatorio, era permanentemente bruciata) videro una sagoma che penzolava dalla finestra del campanile, agitandosi e urlando : « Vi ammazzo, assassini, vi ammazzo! ». Cosa accadeva lassù? Chi ammazzava? Chi era l'ammazzato? Rimasero ammutoliti.
Da un'altra casa usci, allacciandosi la cinghia dei pantaloni, Laurent Pascal. Da un vicolo giunsero correndo gli uomini della famiglia Brunod: l'anziano Luigino; il figlio ed il nipot[...]

[...]zione dava sullo spiazzo della chiesa. Nell'oscurità (erano scesi senza lanterna; quanto alla lampadina sopra il lavatorio, era permanentemente bruciata) videro una sagoma che penzolava dalla finestra del campanile, agitandosi e urlando : « Vi ammazzo, assassini, vi ammazzo! ». Cosa accadeva lassù? Chi ammazzava? Chi era l'ammazzato? Rimasero ammutoliti.
Da un'altra casa usci, allacciandosi la cinghia dei pantaloni, Laurent Pascal. Da un vicolo giunsero correndo gli uomini della famiglia Brunod: l'anziano Luigino; il figlio ed il nipote. Tutti, data uno sguardo alla sagoma che penzolava dal campanile, s'agitava e urlava, si fecero addosso ai Chénoz padre e figlio tempestandoli di domande: « Cos'è? Chi è? Cosa è stato? ».
« Cosa volete che ne sappiamo? », rispondevano i Chénoz.
« Ma se eravate qui », si spazientivano gli altri.
Frotte di uomini e alcune donne spuntavano, intanto, dalla raggera di vicoli, accrescendo la ressa intorno ai due Chénoz. Molti arrivavano con lanterne; lanterne a petrolio, a carburo, ad acetilene. Il chiarore[...]

[...] altri. Nel giro di pochi istanti, da tutti. Si ammassarono alla porticina del campanile, irruppero nell'interno, s'ingorgarono, spingendosi e urtandosi, su per le scale. In cima alla rampa trovarono Salomone Croux e il ragazzo Attilio Glarey.
Attilio era rannicchiato sulle ginocchia, una mano ancora attaccata alla coda della mucca, l'altra infilata sotto la giacca. « Ho freddo », piagnucolava.
Salomone si era rizzato in piedi, fronte ai sopraggiunti. Prevenne ogni domanda: « E ttu », dichiarò, « ttutto uno scherzo di CCésar ».
Laurent Pascal, che era un bravo contrabbandiere, un tipo deciso, diede una spinta a Salomone, schiacciandolo contro il muro, scavalcò il ragazzo Attilio e s'attaccò alla coda della mucca. Lo imitarono altri, quanti, accalcandosi ed allungando le braccia, potevano afferrarla. Tirarono. La mucca, avendo dalla sua la paura, disponeva di una forza incredibile. Se retrocedeva un palmo o due trovava modo, con un colpo di reni, di ributtarsi in avanti. Al termine della spinta in avanti urtava le mani di César avvingh[...]

[...]z, il giovane cognato di César, si volgeva a questo
104 GIOVANNI PIRELLI
e a quello, gridando: « Bisogna fare qualche cosa! Bisogna fare qualche cosa! ».
Il ragazzo Attilio piagnucolava : « Ho freddo. Ho freddo ». Invece Salomone Croux ripeteva: « È ttutto uno sscherzo, uno sscherzo di quel ppazzo ».
Alcuni del fondo della rampa gridarono: « Cosa state a discutere invece di smuovere via quella mucca? ».
« Perché non vi provate voi! », grida giù Laurent Pascal.
« I soldi gli hanno datò alla testa », disse il padre Chénoz.
« Altro che soldi », disse Luigino Brunod. « Suo zio Emile, buonanima, ricordate come é finito? Tornava sbronzo da una veglia ed é cascato in una concimaia ».
« Bisogna fare qualche cosa! », gridava Lino Guicherdaz. « Bisogna fare qualche cosa! ».
Giù nella piazzetta, disposti a mezzaluna, a rispettosa distanza dal punto dove César poteva cadere, stavano coloro i quali, giunti in ritardo, avevano trovato il campanile completamente ingombro. Tra costoro mancava un tipo deciso come Laurent Pascal. Il solo a fare una specie di proposta era stato il figlio dell'idraulico Grange, il lettore di romanzi a fumetti, ridisceso dal campanile in piazza per meglio godersi lo spettacolo. « Ci vorrebbe il mitra di Pecos Bill », aveva detto. Di li l'idea di abbattere la mucca con un colpo in fronte. Non c'era uomo in paese che non avesse fucile, ma erano fucili da caccia con cartucce a pallini. L'unico possessore di un vero '91 e relativi caricatori era Ferdinando Berthod il qu[...]

[...]na barca sorpresa dalla burrasca. Mancavano alcuni vecchi di quelli che non escono più, alcuni ammalati. Mancava Augusta, la levatrice, e un paio di donne corse sin dal primo allarme in casa di César per trattenervi, con storie e pretesti, la moglie e le bimbe. Specialmente la moglie, povera deana, che era incinta di sei mesi.
XII
La campana taceva e César non gridava più. Sapeva, adesso, di dover morire. Tra poco si sarebbe voltato a guardare giù. Allora le sue mani avrebbero abbandonato la presa. Non si era ancora voltato ma sentiva un brusio di voci montare dalla piazza. Sapeva cosa significava. Significava che tutto il paese era li ad assistere alla sua morte, che l'attendeva. Perciò gli toccava morire. Al mattino di quello stesso giorno era ad Aosta, nello studio del dottore commercialista, e firmava il compromesso per la vendita del prato; a mezzoggiorno era in un'osteria a far chiacchiere con i cugini di Valtournanche (lo zio tale che si è preso una brutta malattia, la vedova talaltra che ha sposato uno della Finanza, i prezzi, [...]

[...]. `L'ammazzo'. Allora, ricordandosi che stava per morire e non aveva più tempo d'ammazzare nessuno, fu preso da una gran rabbia. « Sacremon », disse forte, « cosa ci stai a fare tu? ». Il tu era San Wuilliermo, patrono del paese, un santo che, come Gesù alle nozze di Cana, aveva mutato l'acqua in vino; perciò veniva considerato protettore degli ubriachi. `Se mi tiri fuori di qui, non ti dò fastidi per il resto della mia vita. Non bevo più. Te lo giuro sulla testa di mio padre'.
Poiché era giunto al limite della resistenza, decise di dare a San Wuilliermo un termine. Avrebbe contato fino a dieci. Se entro quel termine non accadeva nulla, avrebbe deciso che San Wuilliermo era un volgare truffatore. Contò fino a dieci. Gli concesse una proroga e ricontò da uno a cinque, poi da uno a tre. Allora si accorse che dalla piazza saliva un brusio più fitto, rotto da voci più alte. Fece l'ultima cosa che gli restava da fare: si volse. Laggiù, tra i bagliori delle lanterne, una folla lo aspettava. Era una folla immobile. Oppure ondeggiava. Una delle due, la cosa non cambiava, la folla lo tirava giù.
Nel medesimo istante in cui, sparato da Cyprien Berthod, un colpo di fucile '91 raggiungeva la mucca a mezzo la fronte e l'abbatteva, César Borgne, mollata la presa, piombava giù senza un grido.
XIII
« Grappa », sospirò. Era caduto nel triangolo fra campanile, lavatoio e pioppo. In quel punto vi era un mucchio di neve accumulata dall'assessore Chénor il quale aveva il compito, dopo ogni nevicata, di
107
QUESTIONE DI PRATI
aprire il passaggio alla chiesa e al lavatoio. César vi era precipitato di schiena, ne aveva sfondato la crosta gelata, vi era sprofondato fino al collo. Dalla neve emergevano il viso, reso ancor più terreo dalle macchie scure dei baffi, le avambraccia con le maniche a brandelli e le mani spellate, scarnificate, sanguinolente. La sua unica mos[...]

[...]imetterci io? ». Non incontrò che volti chiusi, sguardi nemici. « Perché », gridò in uno scatto d'ira, « non date voi i vostri. prati? Perché devo darli io? Ve li paga, non avete sentito?, ve li paga in contanti. Avanti, perché non gli fate una offerta? ».
Nessuno parlò. Se qualcuno fece una mossa, fu per ritrarsi, per defilarsi dietro le spalle di un altro. Se c'era chi doveva accontentare il povero César, chi doveva rinunciare a un prato, era giusto fosse Salomone Croux. Se non altro perché era antipatico.
« Non parliamone più », disse César. « Bevi, Salomone. Bevi e non parliamone più. Attilio, vieni ragazzo, vieni vicino a me. Bravo. Tu sei bravo. Adesso metti la mano sotto la giacca. Trovato? Tira, tira fuori ».
La mano tremante del ragazzo Attilio estrasse da sotto la giacca di César un pacco di banconote ancora legato con lo spago. Erano banconote da diecimila tutte nuove fiammanti. Era un grosso pacco. Un mormorio di stupore corse fra i paesani. Salomone Croux spalancò gli occhi. Settecentomila? Di più? Più di settecentomila? [...]

[...] colpo di tosse. « Muoio », disse. « Mia moglie. Dov'è mia moglie? Povera donna, sola con quattro creature e una in seno ». La commozione gli sali alla gola. Poiché detestava i sentimenti, s'incattivì. « Chiamatela. Glielo voglio dire io. Con chi le pare, tratti con chi le pare. Non con Salomone Croux ».
Salomone impazziva. Che affare era questo? Era un affare buono o cattivo? Poter stare seduto a un tavolo, riempire fogli di cifre, detrarre, aggiungere, rifiutare, lasciar passare tempo, rilanciare; e invece la controparte era li li per morire e se ne approfittava, lo prendeva per il collo, gli concedeva pochi istanti per dire si o no. Se già non era troppo tardi. César, le palpebre abbassate, respirava a singulti ed emetteva ora suoni rochi, gorgoglianti, bestiali, ora lamenti. Il ragazzo Attilio, ligio, malgrado i singhiozzi, alla consegna, contava le banconote impilandole sulla neve. Tutti gli sguardi erano fissi 11. Nessuno ne aveva mai viste tante. Tante banconote nuove fiammanti. Era perfin peccato vederle posare sulla neve. Si ba[...]

[...]lo », si lamentava Salomone la mano ancora premuta sul cranio come uno che abbia preso una botta in testa e tema di prenderne altre. « Per il collo, per il collo ». Quando Attilio ebbe finito di contare, Salomone cessò di lamentarsi. « E quelle? », disse. Aveva preso il malloppo delle banconote ma si era accorto che Attilio ne aveva cinque o sei ancora in mano. « E quelle? ». Poteva rassegnarsi al fatto di aver concluso un cattivo affare. Poteva giustificarsi dicendo di averlo fatto per pietà. Ma che César, ad affare con
112 GIOVANNI PIRELLI
cluso, avanzasse ancora soldi, era una truffa, una truffa intollerabile. «E quelle? a, gridò.
César apri un occhio, fece una smorfia, puntò i gomiti sulla neve, apri l'altro occhio, sollevò il busto. «Avaro», disse. Raccolse le ginocchia, vi spostò sopra il peso del bacino e del busto. « Avaro », ripeté. « Avaro, avaro, avaro », disse con voce sempre più forte, levandosi in piedi. «E il funerale chi me lo paga? Me lo paghi tu? ».
In quel momento giungeva, gli occhi fuori dall'orbite, mugolando, l[...]

[...]uso, avanzasse ancora soldi, era una truffa, una truffa intollerabile. «E quelle? a, gridò.
César apri un occhio, fece una smorfia, puntò i gomiti sulla neve, apri l'altro occhio, sollevò il busto. «Avaro», disse. Raccolse le ginocchia, vi spostò sopra il peso del bacino e del busto. « Avaro », ripeté. « Avaro, avaro, avaro », disse con voce sempre più forte, levandosi in piedi. «E il funerale chi me lo paga? Me lo paghi tu? ».
In quel momento giungeva, gli occhi fuori dall'orbite, mugolando, la moglie di César. « Perché piangi, fagiana », disse César. « Asciugati gli occhi e tienili bene aperti. Devi andare con Salomone Croux a scegliere dalla sua stalla una mucca e una manza. Oh, mi raccomando! ». Si chinò a passare sulla neve le mani sanguinolente, raccolse la bottiglia di grappa, se la portò alle labbra. « Ecco », disse, agitando la bottiglia. « È vuota ».
Salomone sussultò. « Che cosa? ».
« La bottiglia. Pareva tanta grappa, tantissima. Non ce n'é nemmeno da inumidire le labbra ».
GIOVANNI PIRELLI


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Giù, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Cosa <---Diritto <---siano <---Certo <---Come <---Così <---Ecco <---Storia <---Andiamo <---Basta <---Davanti <---Dei <---Fosse <---Gli <---Hai <---La casa <---La notte <---Macché <---Perché <---Però <---Più <---Povera <---Sei <---Smettetela <---Statica <---Voglio <---comunista <---fascismo <---fascisti <---socialista <---Abbandonò <---Abbatterla <---Ahi <---Aiutai <---Allentò <---Allontanò <---Almeno <---Altro <---Anche <---Anchiano <---Andate <---Andiamo Libero <---Anticristi <---Aosta <---Artiglieria <---Asciugati <---Ascolta <---Aspettar <---Aspettare <---Ataturk <---Attaccati <---Attenzione Marco <---Attilio Glarey <---Auguri vivissimi <---Avaro <---Aver <---Babbo <---Babushka <---Baggina <---Balzani <---Bambin Gesù <---Bambino Gesù <---Baranti <---Bastioni <---Bel <---Belfront <---Belfront Augusto <---Biella <---Binda <---Bisogna <---Bisognerà <---Boja <---Bordeaux <---Borgne <---Borgonuovo <---Bradamante <---Bravo Libero <---Brulli <---Brunod <---Brutta <---Buffoni <---Buona 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