Brano: [...] E i giovani si dividono, come sempre, fra quelli che vogliono vivere la loro vita e quelli che combattono per un mondo nuovo.
Mi trovo di fronte alla tomba della famiglia Triitzchler von Falkenstein. Un perfetto monumento all’oblio. Le pareti scrostate del tempietto, le neglette corone d’alloro di ferro. Gli operai del cimitero italiani, portoghesi con senso pratico lo hanno scelto come deposito di falci e carriole e sacchi di concime. Mio generale! Generale Louis Triitzchler van Falkenstein, vi hanno proprio dimenticato! Neanche un soldato che sia venuto a portare un fiore al suo generale! E neppure i braccianti dei suoi antichi latifondi ad est dell’Elba si ricordano più del loro Junker, del loro « Giovin Signore ». Con tutto quell’orgoglio, con tutte quelle spalline dorate e gli stivali di cuoio, l’uniforme di taglio impeccabile e il suo monocolo in modo che l’occhio potesse lanciare fulminei sguardi di aquila! Dove è finito tutto questo? I suoi discorsi sulla patria e poi ancora sulla patria e poi sui nemici della patria? Generale Triitzchler von Falkenstein. Già il suo nome da solo faceva paura alle reclute. Gli si confondeva la lingua al solo pronunciarlo. Il suo monumento funebre conserva ancora sulle pareti le impronte di quarantanni fa, quando l’Esercito Rosso attaccò Berlino da sud per arrivare a Tempelhof. Le pallottole russe sul suo126
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monumento, generale, e li, a pochi metri la bandiera nordamericana da quarantanni. Le ferite aperte sui mattoni. Magari, qualcuno di quei contadini tartari o caucasici tanto odiati, si è divertito a cercare di interrompere il suo sonno marziale a colpi di fucile. Ma più grave di queste ferite è Poblio assoluto del popolo. La gloria teatrale delle fiaccolate e delle vuote parole di onore e patria, vuote, quando sono solo un sinonimo di interessi, privilegi, prerogative.
Mi fermo davanti alla tomba del « maggior generale e generale al seguito di Sua Maestà il Kaiser re Guglielmo Secondo, Bernhard von der Lippe [...]
[...] quarantanni. Le ferite aperte sui mattoni. Magari, qualcuno di quei contadini tartari o caucasici tanto odiati, si è divertito a cercare di interrompere il suo sonno marziale a colpi di fucile. Ma più grave di queste ferite è Poblio assoluto del popolo. La gloria teatrale delle fiaccolate e delle vuote parole di onore e patria, vuote, quando sono solo un sinonimo di interessi, privilegi, prerogative.
Mi fermo davanti alla tomba del « maggior generale e generale al seguito di Sua Maestà il Kaiser re Guglielmo Secondo, Bernhard von der Lippe ». Il tempo e Poblio hanno reso quasi illegibili le parole dedicate dallo stesso monarca al « fedele camerata »: « A te spetta l’immortale corona delPonore ». Allori ed un capro maschio coronato. No, non c’è niente di vero, niente e nessuno aspetta il generale von der Lippe. Mori definitivamente quando è morto. A nulla son servite le fanfare funebri riservate ai generali. Li, insieme alle vedove vestite a lutto, fra i mormorii degli ordini di attentiriposo e il rumore di passi degli stivali. E il successivo discorso funebre. Dov’è finita « l’immortale corona delPonore »? Le casse da morto si sono marcite. Nel cimitero non c’è neanche un visitatore. Non ci sono fiori.
(Ma ci sono fiori a qualche isolato da qui, nel quartiere Britz, vicino alla lapide che ricorda che li è vissuto il poeta libertario Erich Muhsam. Due rose bianche ed una rosso scar[...]
[...]n ufficiale del campo di concentramento di Oranienburg frantumò gli occhiali sotto i tacchi dei suoi stivali in modo che non potesse più leggere (e che sarà successo degli occhiali di Rodolfo Walsh?) e gli fracassò i pollici in modo che non potesse più scrivere (che ne sarà dei pollici di Haroldo Conti?). E alla fine lo impiccarono al tubo di scarico della latrina. Erich Muhsam. Ogni giorno ci sono fiori bagnati di rugiada e lacrime per lui).
Generale Ludwig Stern von Gwiazdowski. Ricostruisco le parole della sua pietra tombale: « Mai con le frivolezze della plebe. Il suo spirito fu sempre elevato. Riposa in pace, o ultimo cavaliere dell’eroico esercito di Yorck ». Al suo fianco il colonnello e cavalier Hans Peter Demetrius von Arnim ed il colonnello Victor barone von Eberstein, entrambi con le rispettive mogli, anonime., « E la sua consorte » o « E la sua fedele sposa », basta. Mogli di militari che non compaiono mai, se non vestite di nero nel rituale dei tamburi e dei discorsi.
(La moglie del deputato Gutiérrez Ruiz e la figlia di Ze[...]
[...]ttive mogli, anonime., « E la sua consorte » o « E la sua fedele sposa », basta. Mogli di militari che non compaiono mai, se non vestite di nero nel rituale dei tamburi e dei discorsi.
(La moglie del deputato Gutiérrez Ruiz e la figlia di Zelmar Michelini, quando questi due patrioti uruguayani furono sequestrati in piena Buenos AiIL CIMITERO DEI GENERALI PRUSSIANI
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res, mandarono un telegramma a Raquel Hartrige de Videla, moglie del generale Torge Rafael Videla, il 18 maggio 1976, chiedendo il suo aiuto in qualità di moglie del presidente. Raquel Hartrige de Videla respinse il telegramma. Questa fu la sua risposta. Respingere il messaggio disperato di due donne. Un tema degno di una tragedia greca sulPempietà).
La cappella è scura, con l’odore umido di ciò che si corrompe. La caducità viene fuori chiara quando si osserva il cortile delle cerimonie. Se n’è andato per sempre l’ultimo picchetto, quello che veniva a portare la morte con gli ottoni ed i rumori del rituale. Qui i generali stanno fra di loro. Uomini dal chepi, dal ca[...]
[...]ì, mai dalla parte della « frivolezza della plebe ». Con la patria, non con il popolo. Era un onore essere ammessi ad un ricevimento dei Krupp, di Thyssen e di Mauser, i fabbricanti dei loro ferri del mestiere. Il Kaiser aveva una stanza riservata nella residenza dei Krupp, a Essen, e quella stanza venne poi riservata a Hindenburg e a Hitler. Krupp aveva sempre un posto a tavola per tutti gli amici sudamericani e li, immancabile, c’era il nostro generale Riccheri. Al tavolo del fabbricante di cannoni non c’erano differenze di patria, o di razza o di mentalità. Erano tutti associati nella funebre liturgia delle armi. Con una sola differenza: gli uni erano venditori, e gli altri compratori. Questi guadagnavano e quelli le facevano pagare ai loro popoli. Tutti insieme furono gli inventori dei « conflitti di frontiera », delle « provocazioni » e delle diverse teorie della cosiddetta « sicurezza nazionale ».
Il trionfo di Bismarck sulla Francia di Napoleone ih avrebbe avuto, perciò, funeste conseguenze per i paesi alleati dell’Europa, come per [...]
[...]dappertutto a vigilare su tutta la vita dei popoli. Il maresciallo di campo prussiano Colmar von der Goltz, autore del libro La nazione in armi, divenne, dalla sera alla mattina, il filosofo dei nuovi ufficiali argentini. Gli uomini d’arme hanno il dovere ineluttabile di vigilare sulla Patria, essi rappresentano la Nazione, sono la Nazione, in costante allerta. Gli insegnamenti dei militari prussiani che arrivano nel Cono Sud latinoamericano: il generale Korner in Cile, il colonnello Arendt in Argentina, e il generale Kundt in Bolivia, furono i primi passi verso il ridicolo ed irrazionale militarismo in paesi che avrebbero potuto essere esempi di pace e di convivenza nel mondo intero. I Krupp ed i loro cannoni furono i veri padri dell’adozione del servizio militare obbligatorio in paesi che avrebbero potuto eliminare le frontiere fra di loro poiché non c’erano e non ci sono problemi di razza, di lingua, di cultura o di origine. I « cooperanti per lo sviluppo » mandati dall’esercito prussiano introdussero la tecnologia militare in quei paesi e li resero così dipendenti. Così come gli inglesi nella marina da[...]
[...] del Riachuelo, era ancorata una nave piuttosto grande che, a quanto mi riferirono con eloquenti sorrisi, si stava poco a poco popolando di una ciurma fatta di carne da presidio che la polizia andava arrestando qua e là. Mi facevano notare, inoltre, che, quando si riempiva, cominciava un viaggio turistico verso la Terra del Fuoco dove venivano sbarcati. E lf veramente potevano fare tutto il casino che volevano. Si è parlato molto di uno sciopero generale che avrebbe dovuto cominciare con delle irregolarità nelle numerose linee di tram elettrici, indispensabili mezzi di comunicazione in una città cosi estesa. Ma prima ancora che cominciasse, c’erano già i soldati appostati davanti e dietro ai veicoli, con il fucile carico e, dalle precedenti esperienze, si sapeva benissimo che quelle guardie non esitavano a premere il grilletto. Così che le agitazioni furono rimandate e fino ad oggi non sono state messe in pratica. Ma, forse, la misura più efficace messa in opera dal capo della polizia di Buenos Aires è stata, prima del giorno prefissato, aver[...]
[...]la paia di scarpe di corda al giorno. Cioè in Argentina non solo esistono grandi stabilimenti industriali, come in Europa, ma qui vi è, anche, il più grande sfruttamento del lavoro di donne e bambini (« Vorwàrts », 26.3.1892).
Durante tutta la permanenza in Argentina del maresciallo tedesco conte von der Goltz, il colonnello argentino José Felix Uriburu ne fu l’accompagnatore. Venti anni dopo, nel 1930, quel colonnello, ormai con i galloni di generale, realizzerà il primo « golpe » militare contro la democrazia argentina. Così il generale Uriburu ha vinto anche lui la sua guerra. Era un militare convinto che le guerre fossero utili all’umanità. Nel 1915, in un’analisi fatta a tavolino della guerra europea, scriveva: « Ci fa piaceIL CIMITERO DEI GENERALI PRUSSIANI
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re dichiarare che all’interesse militare che risveglia in noi questa guerra, va aggiunta una profonda attrazione che deriva dalla grandezza della lotta e dall’eroismo di coloro che l’affrontano ». Ovviamente, il generale Uriburu morì nel suo letto.
Lascio la parte più solenne del cimitero ed entro in un limbo: le tombe dei soldati. Centinaia e centinaia [...]
[...]iburu ha vinto anche lui la sua guerra. Era un militare convinto che le guerre fossero utili all’umanità. Nel 1915, in un’analisi fatta a tavolino della guerra europea, scriveva: « Ci fa piaceIL CIMITERO DEI GENERALI PRUSSIANI
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re dichiarare che all’interesse militare che risveglia in noi questa guerra, va aggiunta una profonda attrazione che deriva dalla grandezza della lotta e dall’eroismo di coloro che l’affrontano ». Ovviamente, il generale Uriburu morì nel suo letto.
Lascio la parte più solenne del cimitero ed entro in un limbo: le tombe dei soldati. Centinaia e centinaia di morti allineati, come in fila per una parata. Solo che stanno in orizzontale e non c’è musica. E non ci sono nemmeno uccellini gorgheggianti e pianti. Soli con una luce grigia che si riflette fra nubi senza forma. Le lapidi sono corrose dal tempo. Fra poco finiranno nell’anonimato. Solo con un certo sforzo si possono ricostruire dei nomi: Anton Mayer, 17 anni; Eberhard Schmit, 18 anni; Josef Kronhuber, 20 anni. Centinaia di lapidi, ma in nessuna frasi co[...]
[...]rivendo la battaglia di Gorze, scrive così: « Abbiamo perso molte vite. Ma per quanto ciò ci rattristi, dobbiamo sopportarlo perché la Patria lo esige. Un popolo che vuole essere grande e difendere il proprio onore, non deve avvilirsi per quelle perdite ». Il maresciallo von der Goltz morì nel suo letto, con tre medici al capezzale, a 73 anni. (La domanda più intelligente che ho inteso fare da un giornalista è quella rivolta da Oriana Fallaci al generale Galtieri: Lei è mai stato in guerra?)134
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Mi allontano dalla tomba dei soldati del 14. In primavera, dei rampicanti pieni di spine gli danno un aspetto da piante d’appartamento. Neppure il verde gli è stato riservato in modo selvatico. Per lo meno poter accomodare le spalle e le braccia morte li, nella terra dove crescono fiori umili, bocche di leone, papaveri e margherite di campo. Sono morti di una guerra dimenticata che non viene ricordata nemmeno più a scuola. Ormai non hanno più un volto. Sono soldati senza figli perché sono morti quasi bambini. Forse è ancora viva qu[...]
[...]l capitano di corvetta Ehrhardt. (Ehrhardt: « fin da piccolissimo ho amato molto tutto quello che serviva per sparare. E la mia prima pistola che non serviva a gran che — me l’ero comprata con i soldi che mi davano per andare a scuola, monetina su monetina »). Questa brigata ha assassinato i liberali Erzberger e Rathenau e centinaia di lavoratori. La brigata Ehrhardt lavorava insieme ai Freikorps del capitano Berthold, del capitano Rosbach, del generale Rùdiger von der Goltz, del capitano di vascello Bogislaw von Selchow (famoso per aver fatto fucilare gli operai ribelli di Thal, in Turingia), del generale Franz Ritter von Epp, Passassino di Kurt Eisner e di Gustav Landaures, i due socialisti libertari che volevano fare della Germania il paese della pace e dell’antiautoritarismo. La brigata « paramilitare » del generale von Epp costituita da militari, poliziotti e membri delle famiglie aristocratiche tedesche era famosa per la sua spietatezza sia nei riguardi degli operai in sciopero sia con gli studenti o gli intellettuali « sospetti ». Praticava solo due condanne: quella a morte quando il « rosso » non era recuperabile, e le bastonate quando si trattava solo di persone sospettate contro le quali non c’erano prove. Con Rosa Luxemburg applicarono tutte e due le pene contemporaneamente. Gli autori di questo atroce crimine che nonostante siano trascorsi più di sessantanni continua ad essere un incubo nella [...]
[...] disporre un'indagine completa ed imparziale al fine di determinare la autorevolezza dei fatti denunciati; b) a norma delle leggi argentine, siano puniti i responsabili di detti misfatti; e c) venga inviata una relazione alla Commissione in un termine massimo di 60 gg., sulle misure prese per mettere in pratica le raccomandazioni espresse nella presente risoluzione.
3. La Commissione darà comunicazione di questa Risoluzione nella
1 Qui il generale Videla commette un falso marchiano nella comunicazione alla oea: il cadavere di Rosa Ana è stato esumato appena PII dicembre 1982 e si trovava in una tomba sotto la denominazione N.N. (Ved. « Clarìn » e « La Prensa », 12.12. 1982).IL CIMITERO DEI GENERALI PRUSSIANI
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Relazione Annuale del?Assemblea Generale della Organizzazione degli Stati Americani in conformità con Part. 9 (bis), comma c, iii dello Statuto della Commissione; la Commissione stessa, in considerazione delle misure adottate dal Governo, potrà modificare la decisione adottata ».
Il comandante della Base Navale di Mar del Piata era l’ufficiale di vascello J. J. Lombardo, che poi divenuto contrammiraglio fu il comandante delle operazioni navali sul fronte delle Malvine. Il nostro ufficiale di marina vinse la battaglia contro una ragazza paralitica, Ana Rosa, ma ha perso la battaglia navale).
Il capitano Weller si recherà sul [...]
[...]o di un fucile una meravigliosa testa femminile o per far percorrere un’assurda via crucis ad una ragazza paralitica.
Entro nel recinto speciale del cimitero. Nonostante lo stato di abban140
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dono è evidente che qui giacciono gli ufficiali dell’aristocrazia. Un muro li separa da quelli non altrettanto elevati nel rango sociale.
Eduard von Know, ammiraglio, cavaliere dell’aquila nera
Maggiore Friedrich von Zeidlitz
Generale Arthur von Wentzky und Petersheyde
Generale Gynz barone von Wolff e sua moglie Melanie von Staff Reitzenstein baronessa von Wolff.
In questo caso la moglie porta il suo cognome. Dipende forse dai suoi antecedenti familiari la valida eccezione? Ernst von Salomon, sottotenente e membro delle brigate paramilitari, scriverà in questi termini sulle donne degli operai di Amburgo che nel 1920 andarono in piazza a protestare in favore dei loro mariti e dei loro figli:
Le donne strillavano e ci mostravano i pugni. Cominciarono a lanciarci delle pietre, delle pentole e ogni sorta di oggetti. Erano degli esseri rozzi, con giacche da operaio[...]
[...]e del militarescrittore Ernst Junger si nasconde una vera e propria chiave psicologica: « Benché
10 non sia nemico delle donne, mi irritava sempre il tipo femmina quando
11 destino della guerra mi conduceva in ospedale. Dalle azioni maschili, energiche e logiche della guerra, entravo in un’atmosfera di indefinite irradiazioni ».
(Archivio del fdcl, Centro di Ricerca e Documentazione per P America Latina di Berlino. Trovo una lettera del generale argentino Albano Harguindeguy, ministro degli Interni di Videla, alla professoressa Hilde Kaufmann, direttrice del Dipartimento di Criminologia dell’Università di Colonia, nella Germania federale. Chiedo come ha fatto ad arrivare fin lì questa lettera. L’archivista mi dice che è stata mandata dalla professoressa Kaufmann poco prima di morire, nel 1982. L’Università tedesca di Colonia si era interessata nel 1976 di un prigioniero politico argentino: il professor Roberto Bergalli, specialista inIL CIMITERO DEI GENERALI PRUSSIANI
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criminologia, arrestato per ordine di Harguindeguy. Il [...]
[...]’Università di Colonia incaricò la professoressa Kaufmann di andare in Argentina e di chiedere li, a Videla e ad Harguindeguy, di concedere il visto di uscita al detenuto. L’Università di Colonia aveva deciso di designarlo come cattedratico nel suo claustro. A Buenos Aires la professoressa parlò con Harguindeguy. Costui promise che « si sarebbe occupato del caso ». Dopo circa sei mesi senza ulteriori notizie, la professoressa Kaufmann scrisse al generale argentino in termini assolutamente corretti ed umili, ma con molta fermezza per ricordargli la promessa fatta. Il militare argentino montò virilmente in collera e, il 31 dicembre 1976, le rispose testualmente:
« Come ufficiale dell’Esercito Argentino non posso tollerare che Lei, Signora, nonostante la sua condizione di donna, che io rispetto, possa ricordare a me qual è il valore della parola data. A un ufficiale di un esercito che ha un concetto della stessa che va molto oltre ciò che taluni stranieri possono immaginare sul valore della parola data per un ufficiale dell’Esercito Argenti[...]
[...] io rispetto, possa ricordare a me qual è il valore della parola data. A un ufficiale di un esercito che ha un concetto della stessa che va molto oltre ciò che taluni stranieri possono immaginare sul valore della parola data per un ufficiale dell’Esercito Argentino. Un esercito che ha sempre usato le sue armi per liberare i popoli. Che non si è mai valso della propria forza per soggiogarli o per commettere genocidi. Signora: non ho bisogno, come Generale [sic, con la maiuscola] della Nazione e come individuo civile o militare con un cognome onorevole ereditato dai miei genitori e che io cerco di lasciare ai miei figli altrettanto onorevolmente, le torno a ripetere, non ho bisogno che nessuno mi ricordi che ho impegnato la mia parola d’onore per un azione futura che riguarda il caso di cui si tratta ».
Come un vero uomo. I nostri generali forse non combattono fino alla promessa « ultima goccia di sangue » ma sanno come rispondere ad una « signora » soprattutto se è straniera. Le frasi che scrive dipingono a tutto tondo questo generale for[...]
[...]cerco di lasciare ai miei figli altrettanto onorevolmente, le torno a ripetere, non ho bisogno che nessuno mi ricordi che ho impegnato la mia parola d’onore per un azione futura che riguarda il caso di cui si tratta ».
Come un vero uomo. I nostri generali forse non combattono fino alla promessa « ultima goccia di sangue » ma sanno come rispondere ad una « signora » soprattutto se è straniera. Le frasi che scrive dipingono a tutto tondo questo generale forgiato nei safari in Africa del Sud e nei campi di polo che è anche uno degli esecutori fondamentali della guerra sporca. Ma il generale è magnanimo con le signore, per questo aggiunge:
« Tuttavia, per sua tranquillità éd al fine di tranquillizzare la sua emotività, le ripeto che non appena saranno esaurite tutte le pratiche legali e sia trascorso il tempo previsto dalla legge perché il Potere Esecutivo possa riunire tutti i dati necessari per la soluzione del caso, il mio Ministero emanerà l’opportuno decreto per consentire la partenza del dott. Bergalli per la Repubblica federale tedesca. Spero che il suddetto professore, nel suo lavoro e nelle lezioni universitarie, in Germania e sotto la sua tutela, a causa di alcuni pr[...]
[...] di un qualsiasi diritto per i cittadini »).
Il cimitero comincia ormai a tingersi del colore dell’ombra. Assomiglia ad un immenso monumento all’aggressione e all’obbedienza, le due caratteristiche essenziali della vita militare, dell’educazione castrense. La ripetizione stentorea di frasi come « Si vis pacem para bellum », « La guerra è una continuazione della politica con altri mezzi », « La guerra è la madre di tutte le cose » e quelle del generale von Seeckt: « L’onore dell’ufficiale non consiste nel sapere meglio o nel voler di più, consiste nell’obbedienza », trova nel cimitero dei generali la sua migliore espressione, la sua sintesi. Ma c’è ancora una sintesi migliore di questa filosofia militare, ed è l’altro cimitero a circa ottocento metri da questo, dove sono sepolte le vittime dei bombardamenti di Berlino, dal 1943 al 1945. Li ci sono delle lapidi che coprono una madre con cinque figli, delle famiglie intere, dalla bisnonna al bisnipote. Aggressione e obbedienza. « La miglior difesa è l’attacco ». La totale identificazione con [...]
[...]a sua sintesi. Ma c’è ancora una sintesi migliore di questa filosofia militare, ed è l’altro cimitero a circa ottocento metri da questo, dove sono sepolte le vittime dei bombardamenti di Berlino, dal 1943 al 1945. Li ci sono delle lapidi che coprono una madre con cinque figli, delle famiglie intere, dalla bisnonna al bisnipote. Aggressione e obbedienza. « La miglior difesa è l’attacco ». La totale identificazione con la volontà dell’autorità. Il generale è il Papa e il Papa è il generale. « Con questo onore imposto con la forza fa notare lo psicosociologo tedesco Josef Leifert la classe sociale dominante, utilizzando l’etica professionale tradizionale, possiede il mezzo migliore per una felice manipolazione degli ufficiali ». Lo slogan delle forze paramilitari hitleriane, le ss, era un’emozionalizzazione del principio militare dell’obbedienza: « Il mio onore è la fedeltà ». Obbedienza ed aggressione contro pacifismo e ribellione. Il pacifismo è la ribellione per eccellenza. La persona aggressiva ha come valore fondamentale l’obbedienza. Cioè, « la custodia dei valori eterni[...]
[...]odo evidente questa necessità di aggressione ». Il sociologo Alexander Mitscherlich aggiunge: « Perché l’aggressione arrivi al momento di scarico deve incontrare un nemico, e se non l’incontra, se l’inventa ».
L’uniformità non accetta la critica. Per questo l’odio dei militari verso gli intellettuali che mettono in dubbio i criteri tradizionali di autorità ed onore e la sfiducia verso quel sistema politico che promuove discussioni di base. Il generale tedesco Wolf, conte di Baudissin uno degli ideologi del nuovo esercito germanico dopo la sconfitta del 1945 , racconta che quando entrò nella carriera d’ufficiale, durante la Repubblica di Weimar (19191933), gli ufficiali dell’Esercito prima di cominciare a mangiare alzavano il primo bicchiere per brindare in onore dello sconfitto Kaiser che chiamavano « nostro vero comandante ». Avevano bisogno della verticalità, tenevano in sospetto la Repubblica e ne temevano il pluralismo. E ciò accadeva nonostante che quegli ufficiali avessero giurato la difesa della costituzione della nuova democrazia.[...]
[...] per brindare in onore dello sconfitto Kaiser che chiamavano « nostro vero comandante ». Avevano bisogno della verticalità, tenevano in sospetto la Repubblica e ne temevano il pluralismo. E ciò accadeva nonostante che quegli ufficiali avessero giurato la difesa della costituzione della nuova democrazia. Questo spergiuro non costituiva per loro mancare all’onore come invece lo era passeggiare sotto braccio di una ragazza « disonorata ». Lo stesso generale Baudissin sottolinea che questa posizione « nazionale » come viene chiamata contro la democrazia fu fatale, perché quegli ufficiali, nella grande maggioranza, nel 1933 passarono armi e bagagli al fascismo hitleriano. Il 2 agosto 1934 dal più alto maresciallo all’ultimo soldato dovettero giurare obbedienza incondiziona144
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ta al Ftihrer in cerimonie ad hoc. Da questo momento, l’esercito tedesco fu una pedina in più nel programma e nella politica di sterminio di Hitler. L’investigazione storicoscientifica attuale sulla base della documentazione ritrovata è giunta alla conc[...]
[...]rcito tedesco fu una pedina in più nel programma e nella politica di sterminio di Hitler. L’investigazione storicoscientifica attuale sulla base della documentazione ritrovata è giunta alla conclusione che l’esercito non solo era ben informato dei massacri eseguiti dagli squadroni ss ma che vi partecipò direttamente, con l’autorizzazione dei marescialli von Manstein, von Reichenau, Ritter von Leeb, von Kuchler, Ritter von Schobert, il colonnello generale Busch ed il colonnello generale Hoepner, fra gli altri.
(Generale Santiago Omar Riveros comandante di istituti militari nel 1976 nell’alludere alla repressione 19761980: « Abbiamo fatto la guerra con la dottrina alla mano, con gli ordini scritti dei comandi superiori, non abbiamo mai avuto bisogno, cosa di cui ci accusano, di organismi paramilitari, ci era sufficiente la nostra capacità e la nostra organizzazione legale per combattere faccia a faccia le forze irregolari in una guerra non convenzionale (...) Questa nostra guerra è stata condotta dalla Giunta Militare del mio paese attraverso gli Stati Maggiori (...) Guerra cui ho partecipato per Grazia di [...]
[...]oro, il terrore delle donne incinte, la vulnerabilità dei vecchi di fronte al vile attacco dall’alto, tutto ciò non conta. Il disperatoIL CIMITERO DEI GENERALI PRUSSIANI
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che lancia una bomba in mezzo alla strada è un terrorista, colui che lancia mille volte quella bomba dal cielo può perfino essere un eroe, o per lo meno uno che « obbedisce agli ordini ». La formula è facile. Ora perfino il termine di « guerra sporca » è onorevole. Il generale Videla — cercando di dare un tono serio e responsabile alla sua voce — ha parlato di guerra sporca per spiegare sequestri e torture ed assassini, liquidazione di intere famiglie, furti di beni altrui. « Guerra sporca » è ora un salvacondotto per la morale, un permesso universale. L’ex pilota di bombardiere tiene le mani alla stessa altezza, una dietro l’altra e racconta — sorridente e nostalgico — come riuscì a lanciare tutte le sue bombe prima che uno « Spitfire » gli mitragliasse la coda. Le mogli dei veterani lavorano all’uncinetto e, sorridenti, prendono il tè. I nipotini giocano con « Mi[...]
[...]ismo saranno definitivamente sconfitti.
Quelli che giacciono senza più nessuna speranza, senza nessuna ulteriore occasione, sono i soldati morti. Se ne stanno nel loro limbo dove non sono altro che una massa nebulosa con qualche breve lamento da affogato di tanto in tanto. Questi non torneranno.
(La guerra delle Malvine non è finita, dicono i generali argentini mentre fanno colazione. Ma il pastore Aguila e i marinaretti di 18 anni della « Generale Belgrano » hanno chiuso definitivamente, per i secoli dei secoli. Non ci sarà nemmeno un Giudizio Universale).
Ma nell’attesa della loro battaglia finale e del loro definitivo trionfo, la storia è crudele, cinica e sarcastica con gli scheletri dei generali che giacciono a Gamisonfriedhof. La storia deve essere un dio grasso, volgare e sudicio a cui piace fare scherzi grossolani. Al cimitero dei generali prussiani è stato tolto un pezzo di terra ed il comune di Berlino lo ha affidato alla comunità ottomana. Ora c’è il cimitero turco di Berlino, dove vengono sepolti i poveri dell’Anatolia, e[...]
[...]ante l’epoca delle vacche grasse del capitalismo per raccogliere la spazzatura e lavorare alle interminabili catene di montaggio delle fabbriche di automobili e di televisori. Hanno avuto un posto proprio nel cimitero dei generali per seppellire i loro umili morti. I morti turchi avanzano sulla terra degli aristocratici marescialli. Ormai la tomba che guarda verso la Mecca del turco Tufanin Ruhima, morto il 5 ottobre 1982, sta a cinque metri dal generale Erich Werner August Wilhelm von Livonius. E continuano ad avanzare. Sono morti che portano vita: da questo lato, il cimitero si anima la domenica di donne con fazzoletti in testa e di bambini che ridono, che piangono e che gridano. È un’offensiva che i generali non si aspettavano. La vita non si arrende. Per ogni pallottola che cerca la morte, un filo d’erba spunta per sentire la brezza.
trad. di Alessandra Riccio
Osvaldo Bayer
* El cementerio de los generales prusianos: dal prossimo volume Exilio, Buenos Aires, Legasa, redatto a Berlino, ove Bayer nel 1976 prese dimora dovendo lasci[...]
[...]ugust Wilhelm von Livonius. E continuano ad avanzare. Sono morti che portano vita: da questo lato, il cimitero si anima la domenica di donne con fazzoletti in testa e di bambini che ridono, che piangono e che gridano. È un’offensiva che i generali non si aspettavano. La vita non si arrende. Per ogni pallottola che cerca la morte, un filo d’erba spunta per sentire la brezza.
trad. di Alessandra Riccio
Osvaldo Bayer
* El cementerio de los generales prusianos: dal prossimo volume Exilio, Buenos Aires, Legasa, redatto a Berlino, ove Bayer nel 1976 prese dimora dovendo lasciare PArgentina. Nato nel 1927 a Santa Fe da famiglia di origineIL CIMITERO DEI GENERALI PRUSSIANI
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tedesca, studiò a Buenos Aires ed Amburgo, segretario di redazione di « Garin » e responsabile del Sindacato dei giornalisti, è autore di scritti come la biografia di Severino Di Giovanni, el idealista de la violencia, Los Anarquistas e Los vengadores de la Patagonia tràgica in quattro volumi; il film di Bayer La Patagonia rebelle, sul massacro dei braccianti ne[...]