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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 313
Brano: Bobbio
La liberazione di B. coincise con quella della vai Trebbia da Rivergaro a Torriglia (90 km), dell’alta e media vai Nure, delle alte valli Tidone e Staffora, e di vaste zone del Tortonese. Posta al centro di questo territorio, controllata dalla G.L. piacentina, B. divenne anche retrovia dei garibaldini liguri e di quelli dell’oltrepò. In questa fase di espansione e di prima organizzazione su vasta scala del movimento partigiano, gravitavano su B. oltre 3.500 patrioti dipendenti dal « Comando unico piacentino » (poi XIII Zona) retto da Emilio Canzi e dalla VI Zona ligure, comandata da Antonio Ukmar. Il primo comprendeva le 6 brigate G.L. della « Piacenza » (1.5002.000 uomini) al comando di Fausto Cossu, e le Brigate Garibaldi 60a e 61a con circa 400 uomini; la seconda, la III Divisione Garibaldi « Cichero », su 4 Brigate con circa 800 uomini al comando di Aldo Gastaldi, 300400 uomini delle Brigate 59a Garibald G.L. e Matteotti, e infine le due Brigate Garibaldi della Divisione « Lombardia » al comando di Domenico Mezzadra (400500 uomini). A B. i partigiani fruirono di un attrezzato ospedale e di due tipografie, dove vennero stampati II grido del Popolo della G.L. piacentina e II Partigiano dei garibaldini liguri. I primi esperimenti di autogoverno democratico furono confortati da una fase militarmente favorevole, durante la quale i partigiani portarono la loro continua offesa sulle grandi arterie esterne (Emilia, Strada Statale n. 10, Aurelia, camionale dei Giovi), respingendo con successo puntate nemiche nel basso Piacentino (Rocca d’Olgisio) e nel Varzese (combattimenti dell’Aronchio e di Pietra Gavina).
Battaglie e rastrellamenti
A fine agosto 1944 si manifestò la prima reazione nemica in grande stile, tendente a ristabilire le comunicazioni [...] [...] e II Partigiano dei garibaldini liguri. I primi esperimenti di autogoverno democratico furono confortati da una fase militarmente favorevole, durante la quale i partigiani portarono la loro continua offesa sulle grandi arterie esterne (Emilia, Strada Statale n. 10, Aurelia, camionale dei Giovi), respingendo con successo puntate nemiche nel basso Piacentino (Rocca d’Olgisio) e nel Varzese (combattimenti dell’Aronchio e di Pietra Gavina).
Battaglie e rastrellamenti
A fine agosto 1944 si manifestò la prima reazione nemica in grande stile, tendente a ristabilire le comunicazioni fra la Liguria e la valle del Po in relazione allo sbarco alleato in Provenza, noto come operazione Anvil (v.), e all'arretramento tedesco sulla linea Gotica. Fra il 22 e il 29 agosto oltre 5.000 fra tedeschi, alpini della « Monterosa », brigatisti neri e militi repubblichini, attaccando su più colonne dall’Alessandrino (vai Borbera), dalla Liguria (valli Trebbia e Aveto) e dall’Oltrepò Pavese, attraverso i passi del Penice e del Brallo conversero poi sulla m[...] [...] repubblichini, attaccando su più colonne dall’Alessandrino (vai Borbera), dalla Liguria (valli Trebbia e Aveto) e dall’Oltrepò Pavese, attraverso i passi del Penice e del Brallo conversero poi sulla media vai Trebbia fra Bobbio e Gorreto. Nel quadro di questa wasta operazione, che im
pegnò circa 2,000 partigiani, B. fu occupata il 27 agosto, dopo due giorni di combattimenti sostenuti al Penice e al Brallo da 300350 partigiani della Divisione G.L. (Brigate 4a e 6a) e della 111 Divisione « Lombardia » (Brigate Garibaldi 51a « Capettini » e 87a « Crespi »). I partigiani ebbero in questi scontri
4 morti e vari feriti; il nemico perdite imprecisabili. Assai più ingenti le perdite da ambo le parti nel quadro complessivo del rastrellamento (circa 30 i caduti partigiani). L’occupazione nemica dei fondovalle non impedì nel settembreottobre
1944 una ripresa partigiana, con azioni di disturbo (cattura, invito alla diserzione) dei presidi lasciati dalla « Monterosa ». Nella sola zona di
B., oltre 400 alpini dei battaglioni « Saluzzo », «[...] [...]o in questi scontri
4 morti e vari feriti; il nemico perdite imprecisabili. Assai più ingenti le perdite da ambo le parti nel quadro complessivo del rastrellamento (circa 30 i caduti partigiani). L’occupazione nemica dei fondovalle non impedì nel settembreottobre
1944 una ripresa partigiana, con azioni di disturbo (cattura, invito alla diserzione) dei presidi lasciati dalla « Monterosa ». Nella sola zona di
B., oltre 400 alpini dei battaglioni « Saluzzo », « Aosta » e « Vestone » furono catturati dalle forze G.L. e garibaldine; 160 alpini il 19.9.1944 si arresero a Varzi ai garibaldini
0 iiella^« Lombardia » e, in alta vai ir TrebbTàW’intero Battaglione « Vestone » si arrese il 4.11.1944 alla « Cichero ».
La nuova 7a Brigata G.L., quasi interamente costituita da ex alpini della « Monterosa », cinse d’assedio B. che, sgombrata dai resti del Battaglione « Aosta », fu liberata per la seconda volta all’alba del
22.10.1944. Potè così ricostituirsi la stessa « zona libera » del luglioagosto, accresciuta del Varzese controllato dalla III Divisione « Lombardia », riorganizzata su 5 brigate con il nome di Divisione « Aliotta » (dal comandante della Brigata « Capettini » caduto durante il rastrellamento d’agosto). Anche le altre forze della VI Zona si riorganizzarono con notevole aumento di effettivi.
Il 23.11.1944 ebbe inizio un nuovo rastrellamento, condotto da ingenti forze germaniche (fra cui la 162a Divisione « Turkestan », composta di ex prigionieri russi) e da reparti fascisti. L’attacco, mosso dal Pavese e dal Piacentino, raggiunse Varzi e Bobbio e si concluse a m[...] [...]a Divisione « Turkestan », composta di ex prigionieri russi) e da reparti fascisti. L’attacco, mosso dal Pavese e dal Piacentino, raggiunse Varzi e Bobbio e si concluse a metà dicembre, con manovra avvolgente verso l’alto discrimine delle valli Staffora e Curone, dove conversero altre forze dalla Liguria e dal Tortonese. Non lungi da Bobbio (perduta il 28 novembre) si svolse il combattimento di Peli (29 novembre), notevole tentativo di 4 brigate G.L. di arrestare frontalmente un battaglione nemico e di avvolgerlo per le ali. Il tentativo, pur con gravi perdite per l’avversario, fallì e terminò con la dispersione della divisione G.L.. Anche un attacco a B., sferrato il 6 di
cembre dalla 59a Brigata « Caio », fallì con perdite per i patrioti. Più a lungo si protrassero gli sforzi dei garibaldini della VI Zona, ma anche essi finirono dispersi a metà dicembre. Fino a tutto gennaio il rastrellamento continuò con una caccia all’uomo in condizioni durissime per i patrioti, che subirono centinaia di caduti, e per le popolazioni sottoposte a violenze e spoliazioni. Tuttavia molti partigiani poterono salvarsi grazie aH’occultamento e alla « pianurizzazione ». Alcune formazioni rimasero in armi con effettivi ridottissimi: fra esse, la 7a Brigata G.L.. Nel febbraio quest’ultima, dopo che a B. tedeschi e bersaglieri furono sostituiti dal Battaglione « Nettuno » delle S.S[...] [...]della VI Zona, ma anche essi finirono dispersi a metà dicembre. Fino a tutto gennaio il rastrellamento continuò con una caccia all’uomo in condizioni durissime per i patrioti, che subirono centinaia di caduti, e per le popolazioni sottoposte a violenze e spoliazioni. Tuttavia molti partigiani poterono salvarsi grazie aH’occultamento e alla « pianurizzazione ». Alcune formazioni rimasero in armi con effettivi ridottissimi: fra esse, la 7a Brigata G.L.. Nel febbraio quest’ultima, dopo che a B. tedeschi e bersaglieri furono sostituiti dal Battaglione « Nettuno » delle S.S. italiane, riprese e intensificò l’attività militare, concludendola il 4.3.1945 con la terza e definitiva liberazione della cittadina.
Nel marzo perdurò la minaccia su
B., ma le puntate fasciste vennero sistematicamente respinte dalla Divisione G.L. (ora I Divisione « Piacenza ») ormai in fase di completa riorganizzazione su 10 brigate. Dopo la battaglia di Varzi (1112 marzo 1945) e altri successi partigiani, si ricostituì la « zona libera ». Tutte le formazioni si riorganizzarono (costituzione della Divisione « PinanCichero »; creazione del Settore operativo Oltrepò, su 4 divisioni) aiutate da copiosi aviolanci alleati e prepararono la discesa in città. Il 16.4.1945, a Monticello, patrioti della Divisione « Piacenza » sbaragliarono definitivamente il battaglione di S.S. italiane rimasto nella bassa vai Trebbia. A B. liberata tornarono a uscire i giornali partigiani e si ebbero diverse manifestazioni patriottiche e culturali (mostra di disegni, proiezione di films lanciati dagli Alleati). Nell’epilogo del 25 aprile le formazioni abbandonarono la zona, per puntare alla liberazione di Piacenza, Genova, Pavia e Milano.
I caratteri salienti della Resistenza bobbiese possono ravvisarsi nella preponderante partecipazione dell'elemento contadino e piccolo borghese (quadri spesso costituiti da ufficiali di complemento), e nella prevalenza dei temi patriottici e militari rispetto a quelli politici, più vivamente sentiti invece nella zona ligure e nell’Oltrepò. I caduti partigiani di Bobbio sono 10 (uno dei quali decorato di medaglia d’argento) .
Bibliografia essenziale[...] [...]i Piacenza, Genova, Pavia e Milano.
I caratteri salienti della Resistenza bobbiese possono ravvisarsi nella preponderante partecipazione dell'elemento contadino e piccolo borghese (quadri spesso costituiti da ufficiali di complemento), e nella prevalenza dei temi patriottici e militari rispetto a quelli politici, più vivamente sentiti invece nella zona ligure e nell’Oltrepò. I caduti partigiani di Bobbio sono 10 (uno dei quali decorato di medaglia d’argento) .
Bibliografia essenziale: Lucio Ceva, Una battaglia partigiana — I combattenti del Penice e del Brallo nel quadro del rastrellamento ? ligurealessandrinopavesepia
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 377
Brano: [...]connotati « azionisti », se non altro per l’appartenenza al Partito d’Azione dei loro massimi esponenti e creatori, le unità cuneesi, quelle delle valli pinerolesi, del Monferrato, del Canavese, 3 delle quattro brigate « Rosselli » della Toscana, alcune brigate dell’Emilia e della Liguria e altre della Lombardia, ci furono formazioni per le quali la dipendenza si esauriva sul piano militare,,e quindi risultava unicamente un legame con il Comando G.L., spesso anche questo di natura alquanto precaria e sommaria.
La Divisione « Piacenza », ad esempio, aveva nel proprio comandante, Fausto Cossu, un fervente monarchico e presentava caratteristiche accentuatamente « apartitiche ». La VII Divisione alpina della zona di Ivrea era al comando di un democristiano, Felice Mautino [Monti), sebbene avesse per commissario politico un « azionista » militante, Ali miro Pelizzari. Così la brigata « Rosselli » della Lucchesia non poteva dirsi di osservanza politica « azionista », e anche la III Divisione Ligure, benché i suoi comandanti fossero in genere[...] [...] della zona di Ivrea era al comando di un democristiano, Felice Mautino [Monti), sebbene avesse per commissario politico un « azionista » militante, Ali miro Pelizzari. Così la brigata « Rosselli » della Lucchesia non poteva dirsi di osservanza politica « azionista », e anche la III Divisione Ligure, benché i suoi comandanti fossero in genere del Partito d'Azione, rivelava una composizione politica assai eterogenea. Del resto, nelle stesse unità G.L. cuneesi, certo fra le più politicizzate in senso « azionistico » dell'intero complesso G.L., parecchi comandanti di brigata non appartenevano al partito ed erano talvolta ufficiali effettivi di fede monarchica. Ciò non impedì che il Partito d’Azione vi avesse una preminenza politica indiscussa nei quadri superiori e conferisse ai reparti un costume e un orientamento disciplinare tipici delle concezioni che erano state alla base del movimento G.L. e delle tradizioni dei suoi militanti anche nella guerra di Spagna.
Le unità partigiane G.L. furono così contraddistinte da un marcato spirito antimilitaristico rispetto alle forme e alle regole tradizionali della consuetudine militare. Circolò nei reparti « giellisti » un soffio di quelle inclinazioni libertarie che si ritrovano come una costante degli stimoli rosselliani e vi ebbero largo spazio la concezione mazziniana
del volontariato democratico, l’idealismo di derivazione risorgimentale, l’eredità di quelle nobili illusioni coltivate dal « combattentismo democratico » dopo l’esperienza dell’interventismo, che si era richiamato, nella propria adesione al primo conflitto mondiale, ai medesimi motivi.
Accanto a questi orientamenti, che appartennero soprattutto agli ispiratori delle formazioni, vissero tendenze vagamente socialiste, inclinazioni anarchiche, aspirazioni democratiche senza precise collocazioni politiche. In sintonia con l’intransigenza « azionista » sul problema istituzionale, ebbe grande rilievo il carattere « repubblicano » delle formazioni; e racceso spirito antimonarchico e antibadogliano degli elementi più maturi conferì a queste forze combattenti un tono duramente polemico nei confronti delle responsabilità sabaude e delle caste militari (famosa divenne una canzone, « La badoglieide » — v. Badoglio, Pietro — composta da Livio Bianco e Nuto Revelli, in cui era compendiata una sarcastica e sprezzante biografia del maresciallo di Grazzano). La larga tolleranza di idee politiche e di dibattito interno, anche nelle unità più direttamente soggette al controllo del partito, se andò a scapito della omogeneità « azionista » di queste forze e non aiutò, in certi casi, la stessa maturazione politica dei volontari, permise alle formazioni G. L. di fruire di apporti qualitativi non « azionisti » tecnicamente rimarchevoli, che valsero non poco a rendere i suoi reparti tra i migliori del C.V.L., tal[...] [...]lo di Grazzano). La larga tolleranza di idee politiche e di dibattito interno, anche nelle unità più direttamente soggette al controllo del partito, se andò a scapito della omogeneità « azionista » di queste forze e non aiutò, in certi casi, la stessa maturazione politica dei volontari, permise alle formazioni G. L. di fruire di apporti qualitativi non « azionisti » tecnicamente rimarchevoli, che valsero non poco a rendere i suoi reparti tra i migliori del C.V.L., talora con un altissimo rendimento bellico e un inquadramento esemplare.
L’iniziativa politicomilitare dei quadri più sperimentati dell’« azionismo », in virtù degli auspici federalisti ed internazionalisti del movimento, portò le formazioni G.L. del Cuneese ad essere le prime a stabilire un rapporto con i combattenti della Resistenza francese e a stipulare con i loro Comandi degli accordi politicomilitari, quali quelli di Barcelonnette (v.) e di Saretto, stipulati da Duccio Galimberti e Dante Livio Bianco nel maggio 1944, di notevole importanza sotto il profilo ideale e morale, oltreché sotto quel
lo di una ristabilita collaborazione militare. In questo quadro, la stessa vicenda della Brigata « Carlo Rosselli » di valle Stura, che nell’inverno 1944 combattè sul fronte alpino francese a fianco delle unità dell’Armata di liberazione gollista,
fu intesa come una riaffermazione di spirito europeo e di fratellanza fra i popoli, nel comune impegno per la libertà e per[...] [...] una ristabilita collaborazione militare. In questo quadro, la stessa vicenda della Brigata « Carlo Rosselli » di valle Stura, che nell’inverno 1944 combattè sul fronte alpino francese a fianco delle unità dell’Armata di liberazione gollista,
fu intesa come una riaffermazione di spirito europeo e di fratellanza fra i popoli, nel comune impegno per la libertà e per una società internazionale riscattata dai vecchi contrasti.
Nelle formazioni G.L. fu diffusa l’apposita stampa partigiana dei Comandi regionali e del partito, per
lo più diretta a un’opera di proselitismo « azionista » sfumato e sul quale prevaleva sempre l’intento di richiamare i combattenti a una più generale adesione ai principi di una democrazia a carattere rappresentativo, nella quale gli istituti fossero ravvivati da una forte consapevolezza dei problemi della libertà politica e della giustizia sociale, e ogni sforzo fosse teso a conquistare un ideale ordine di democrazia laica, moderna, aperta verso le conquiste del progresso.
Distintivo delle unità partigiane G. L. fu, in genere, il fazzoletto verde: alcune, tuttavia, adottarono il fazzoletto di colore rosso. Le formazioni piemontesi si fregiarono di un emblema che mostrava la spada fiammeggiante nera su sfondo rosso (l’emblema del movimento di Carlo Rosselli) e una striscia tricolore alla base.
Mancano computi atten[...] [...]onquiste del progresso.
Distintivo delle unità partigiane G. L. fu, in genere, il fazzoletto verde: alcune, tuttavia, adottarono il fazzoletto di colore rosso. Le formazioni piemontesi si fregiarono di un emblema che mostrava la spada fiammeggiante nera su sfondo rosso (l’emblema del movimento di Carlo Rosselli) e una striscia tricolore alla base.
Mancano computi attendibili in materia, ma non è lontana dal vero l’ipotesi che le formazioni G.L. abbiano avuto, relativamente all’entità delle loro forze, il più alto numero di comandanti dei Comandi regionali e delle unità maggiori caduti in combattimento o fucilati. Figure di spicco della organizzazione « giellista » nel Nord e Centro Italia, oltre ai nomi già citati, furono: l’avvocato Leonida Patrignani e lo studente Mario Allegretti (caduto in combattimento) in Emilia, Cencio Baldazzi a Roma, Franco Comessatti nel Veneto, Nello Niccoli e Giuseppe Petacchi in Toscana. Va ricordato anche Ettore Troilo, comandante del « Gruppo patrioti della Majella », la formazione che combattè con l’[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 376
Brano: Brigate « Giustizia e Libertà »
1943, attorno all'ingegnere Fermo Solari; e altri nuclei, destinati poi a svilupparsi come unità partigiane di notevole efficienza e spesso di cospicua eptità numerica.
Struttura e articolazione
La struttura dei comandi periferici delle Brigate G.L. fu, di norma, quella di un Comando regionale retto da un comandante affiancato da un commissario politico (mentre, centralmente, non esisteva la figura del commissario). Le unità combattenti si organizzarono, secondo lo schema prevalente nel movimento partigiano, in distaccamenti, bande (o battaglioni), brigate, divisioni, raggruppamenti. I commissari politici di formazione furono, per lo più, a livello di brigata e di divisione, ma in alcune^zone e in taluni reparti anche a livello di battaglione e di distaccamento.
Comandi regionali funzionarono in: Piemonte (comandante Tancredi Gai imberti, poi Carlo Ronza e infine Dante Livio Bianco; commissario politico^ Giorgio Agosti); Emilia (Massenzio Masia e Mario Jacchia); Toscana (Carlo Ludovico Ragghianti); Liguria (Eros Lanfranco, Camillo Rapuzzi, Giovanni Trombetta, Giulio Bertonelli); Veneto (Fermo Solari); Lombardia (Sergio Kasman e Gustavo Ribet).
A Roma, durante l’occupazione tedesca, le forze fnilitari di G.L. vennero organizzate e dirette^ da Riccardo Bauer ed Emilio Lussu.
Il Piemonte Ju la regione in cui le formazion[...] [...]andi regionali funzionarono in: Piemonte (comandante Tancredi Gai imberti, poi Carlo Ronza e infine Dante Livio Bianco; commissario politico^ Giorgio Agosti); Emilia (Massenzio Masia e Mario Jacchia); Toscana (Carlo Ludovico Ragghianti); Liguria (Eros Lanfranco, Camillo Rapuzzi, Giovanni Trombetta, Giulio Bertonelli); Veneto (Fermo Solari); Lombardia (Sergio Kasman e Gustavo Ribet).
A Roma, durante l’occupazione tedesca, le forze fnilitari di G.L. vennero organizzate e dirette^ da Riccardo Bauer ed Emilio Lussu.
Il Piemonte Ju la regione in cui le formazioni G.L. conobbero il massimo sviluppo, sia dai punto di vista quantitativo che per l’estensione e la continuità delle operazioni militari. Operarono infatti in quella regione le seguenti formazioni:
a) I Raggruppamento idi divisioni « Duccio Galimberti », comprèndente la I e la II Divisione G.L. del Cuneese, la III e la X Divisione «Langhe», la XX e XXI Brigata di pianura, al comando di Benedetto Dalmastro. A riconoscimento dell'importanza che le formazioni rivestivano nella provincia di Cuneo (v.)f il comando della V Zona Cu* neese fu successivamente tenuto da Ettore Rosa, già comandante la
I Divisione G.L., e da Benvenuto Revelli, già comandante la Brigata « Carlo Rosselli », che si distinse soprattutto nei combattimenti dell'agosto 1944 in valle Stura (tanto dà meritare una citazione sul bollettino di guerra del Comando germanico) e poi sul fronte alpino italofrancese, accanto alle unità dell’esercito gollista.
b) Il Raggruppamento di divisioni « Paolo Braccini », formato dalla V Divisione alpina di vai Pelliceval Germanasca, dalla IX Divisione del Monferrato, dal Gruppo mobile operativo (una specie di divisione «celere») con aggregata la piccola Divisione « Campana » di vai Sangone (Torino[...] [...]val Germanasca, dalla IX Divisione del Monferrato, dal Gruppo mobile operativo (una specie di divisione «celere») con aggregata la piccola Divisione « Campana » di vai Sangone (Torino).
c) IV Divisione alpina di valle Susa.
d) VI Divisione alpina canavesana.
e) VII Divisione alpina operante nella zona di Ivrea.
f) Vili Divisione dell’Alessandrino (unità modesta, formatasi verso la fine delle ostilità).
gj Divisione « C », che raccoglieva i gruppi operanti nella città di Torino e nella sua periferia collinare. In Lombardia, le formazioni G.L. erano rappresentate dalla Divisione « Masia » dell’OItrepò Pavese, dalla Divisione alpina « Valtellina », dalla II Divisione « Orobica » del Bergamasco, dalla XVI Divisione e da varie brigate del Varesotto, del Lecchese e del Comasco. In Liguria, dalle brigate operanti nella zona di La Spezia, Chiayari e Imperia. In Emilia, dalla Divisione « Piacenza » e dalle brigate dei Parmense, del Bolognese, del Modenese. Nel Veneto, dalle divisioni del Padovano, del Feltrino e della zona del Grappa, in Toscana, da 4 brigate « Carlo Rosselli » che parteciparono attivamente alla liberazione di Firenze.
[...] [...]l Comasco. In Liguria, dalle brigate operanti nella zona di La Spezia, Chiayari e Imperia. In Emilia, dalla Divisione « Piacenza » e dalle brigate dei Parmense, del Bolognese, del Modenese. Nel Veneto, dalle divisioni del Padovano, del Feltrino e della zona del Grappa, in Toscana, da 4 brigate « Carlo Rosselli » che parteciparono attivamente alla liberazione di Firenze.
Consistenza numerica
Sull’entità numerica complessiva delle formazioni G.L. non si hanno computi precisi, come del resto per tutte le altre unità partigiane cosiddette di « colore ». Ferruccia
Parri, al I Congresso del Partito d’Azione (febbraio 1946), dichiarò ohe, nella fase insurrezionale, si erano potute annoverare 22 divisioni, 115 brigate o reparti equivalenti di montagna e di zona collinare, 36 brigate di città. A questo insieme di forze, il Piemonte contribuiva con 12 divisioni; con 7 la Lombardia e con 20 brigate il Veneto. Leo Valiani, in una sua lettera del marzo 1945 a La Malfa e a Lussu, valutava in 28.000 uomini l’entità delle forze «gielliste ». Par[...] [...]ute annoverare 22 divisioni, 115 brigate o reparti equivalenti di montagna e di zona collinare, 36 brigate di città. A questo insieme di forze, il Piemonte contribuiva con 12 divisioni; con 7 la Lombardia e con 20 brigate il Veneto. Leo Valiani, in una sua lettera del marzo 1945 a La Malfa e a Lussu, valutava in 28.000 uomini l’entità delle forze «gielliste ». Parri, nella già citata relazione al còngresso del Partito d’Azione, .faceva ammontare gli effettivi dellé unità di montagna a circa 24.000, e a 11 mila quelli delle formazioni di città. Tuttavia il ricambio dt mobilitati e la fluidità degli organici partigiani in relazione ai diversi periodi della lotta, rendono tali cifre alquanto approssimative. Lo stesso Parri, in una conferenza tenuta nel marzo 1960 presso il Circolo « Fratelli Rosselli » di Firenze, riferendosi all’inizio dell’aprile 1945, cioè alla fase preinsurrezionale, portava la sua valutazione a circa 20.000 combattenti regolarmente inquadrati, compresi quelli operanti nelle città.
Nel novembre 1944, il comandante generale delle Brigate G.L. aveva considerato che le sue unità rappresentassero il 20 % del totale dei reparti partigiani operanti, valutando nella perc[...] [...] in relazione ai diversi periodi della lotta, rendono tali cifre alquanto approssimative. Lo stesso Parri, in una conferenza tenuta nel marzo 1960 presso il Circolo « Fratelli Rosselli » di Firenze, riferendosi all’inizio dell’aprile 1945, cioè alla fase preinsurrezionale, portava la sua valutazione a circa 20.000 combattenti regolarmente inquadrati, compresi quelli operanti nelle città.
Nel novembre 1944, il comandante generale delle Brigate G.L. aveva considerato che le sue unità rappresentassero il 20 % del totale dei reparti partigiani operanti, valutando nella percentuale del 50 % quelli organizzati sotto la direzione del comando delle Brigate d'assalto Garibaldi.
Le perdite subite dalle formazioni G.L. — sempre secondo i calcoli di Parri — ammonterebbero comples
Partigiani della 2a Banda della Brigata « Giustizia e Libertà » di Valle Varaita
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 588
Brano: « Giustizia e libertà »
spinta ail'unificazione delle forze socialiste.
In quest'opera Lussu ebbe a fianco Silvio Trentin, giurista di altissima preparazione e tra le più stimate figure dell'emigrazione antifascista. Ma il nuovo atteggiamento di G.L. non piacque a una parte degli antichi compagni di Rosselli, che accettarono la « svolta >» con molte riserve: fra questi vi erano Aldo Garosci, Franco Venturi, Umberto Calosso, Alberto Cianca„ Paolo Vittorelli. Ruppe con il movimento Massimo Salvadori, fratello di Joyce, la compagna di Lussu, e se ne allontanarono altri.
il sopravvenire della seconda guerra mondiale e l'ingresso delle truppe naziste in Francia spensero il già tremulo bagliore della fiamma giellista. Quasi tutti i dirigenti dovettero cercare scampo altrove: chi negli Stati Uniti, chi in Gran Bretagna, chi in Portogallo. A New York, un gruppo formatosi attorno a Garosci, Bruno Zevi, Enzo Tagliacozzo e Renato Poggioli diede vita ai Quaderni Italiani, allo scopo di continuare il dibattito sui temi che erano stati la sostanza della « revisione » socialistaliberale di Rosselli e accogliendo anche i contributi provenienti dai gruppi « liberalsocialisti » sorti in Italia sulla scia dell'elaborazione di Giulio Calogero e Aldo Capitini.
Nell'ottobre 1941 Silvio Trentin e Fausto Nitti, rimasti nella Francia meridionale, sottoscrissero a Tolosa, a nome di G.L., un accordo unitario con i comunisti e i socialisti, dando vita a un « Comitato dazione per l’unità del popolo italiano » sulla base delle posizioni da cui era sorto il Fronte popolare. Quando ebbero notizia di quella adesione, i giellisti d’oltreoceano non condivisero l’iniziativa di Trentin e Nitti, ma Emilio Lussu, rientrato in Francia nel 1943, la riconfermò il 3 marzo, stipulando con i comunisti e con i socialisti il Patto di unità dazione (v.).
Il Partito d'Azione
Mentre all’estero si svolgevano le vicende dei residui nuclei giellisti, fin dall'agosto 1942 era andato costituendosi[...] [...]arzo, stipulando con i comunisti e con i socialisti il Patto di unità dazione (v.).
Il Partito d'Azione
Mentre all’estero si svolgevano le vicende dei residui nuclei giellisti, fin dall'agosto 1942 era andato costituendosi in Italia il Partito d'Azione (v,), nel quale erano confluiti i protagonisti delle precedenti esperienze del movimento, i liberalsocialisti di Calogero, nonché i repubblicàni e radicali che avevano operato nell’orbita di G.L. ai tempi della sua attività nel Paese: di fatto, il nuovo partito aveva assorbito le antiche componenti di G.L., salvo trascurabili eccezioni.
Non appena potè raggiungere l’Italia (agosto 1943), Lussu avanzò qualche dubbio sull’identificazione che gli azionisti facevano fra' il nuovo partito e il vecchio movimento, ma aderì al P.d’A., stanti le esigenze immediate di lotta che si ponevano, salvo rivendicare (come fece al primo convegno nazionale azionista, a Firenze, nel settembre di quello stesso anno) l’ispirazione socialista di G.L. nella fase che egli reputava più matura, cioè quella sfociata nel riesame critico di Carlo Rosselli alla vigilia della morte. Il movimento era comunque da considerarsi trasfuso nelle file del nuovo partito, tanto che nella Guerra di liberazione nazionale questo ne adottò il simbolo e la sigla per le proprie formazioni partigiane (v. Brigate * Giustizia e Libertà ») e ne fece più tardi rivivere ancora il nome nelle testate di alcuni suoi organi di stampa e in pubblicazioni di dibattito teoricopolitico. M.Gi.
« Giustizia e Libertà » (settimanale)
Il primo foglio avente la testata « Giustizia e Libertà >» fu edito a Parigi il 18.5.1934, come organo settimanale dell’analogo movimento (v.). Recava il sottotitolo: « Movimento Unitario d’azione per l'Autonomia operaia, la Repubblica sociale, un nuovo umanesimo ». Promotore e finanziatore ne era Carlo Rosselli (v.) che nel 1929 aveva fondato la compagine giellista.
La pubblicazione di « Giustizia e Libertà » coincise con l’uscita del movimento dalla Concentrazione antifascista (v.) e segnò il passaggio della formazione di Rosselli a movimento autonomo, orientato alla ricerca di una propria piattaforma[...] [...]efascisti *.
Il settimanale, nell’intento di Rosselli che era la personalità politica più spiccata del gruppo, aveva la funzione di riflettere questa ricerca, questo tentativo di elaborazione il quale doveva essere portato avanti assieme allo sforzo di conferire al movimento una sua orga
nicità, senza ripercorrere le forme tradizionali dell’organizzazione partitica e lasciando un margine estremamente largo al confluire sotto la bandiera di G.L. di tendenze affini, ma non vincolate a un preciéo e unitario richiamo ideologico. Perciò il settimanale, mentre conduceva una strenua campagna contro il regime fascista, non tralasciando alcuna occasione per metterne in risalto (specialmente agli occhi degli stranieri) la natura avventuristica, la inconsistenza morale e il dilettantismo politico, si studiava di mantenere vivo un dibattito che investisse criticamente il comportamento e le ragioni ideologiche dei partiti tradizionali, le debolezze da essi accusate, le insufficienze che, a parere dei dirigenti giellisti, permanevano nel loro bagaglio interpretativo degli sviluppi del processo politico italiano e internazionale. Bersagli centrali dell’analisi critica dei collaboratori di « Giustizia e Libertà » rimanevano le carenze degli orientamenti massimalista e riformista del socialismo italiano, il comuniSmo sovietico nelle implicazioni staliniane, il liberalismo stantio e miope del personale politico che si rifaceva a una « Italia liberale », sostanzialmente (come già aveva posto in luce con acutezza Piero Gobetti) mai esistita, se non come deliberata mistificazione della classe dirigente.
Dall’estate 1936 il settimanale fu una delle principali voci di propaganda per la strenua difesa della repubblica spagnola dalla sovversione franchista e stimolò con ogni mezzo l’accorrere di volontari in Spagna. Quando in terra s[...] [...]a, se non come deliberata mistificazione della classe dirigente.
Dall’estate 1936 il settimanale fu una delle principali voci di propaganda per la strenua difesa della repubblica spagnola dalla sovversione franchista e stimolò con ogni mezzo l’accorrere di volontari in Spagna. Quando in terra spagnola si costituì la Colonna Rosselli, Aldo Garosci e soprattutto Umberto Calosso inviarono al settimanale ampi ed entusiasmanti resoconti della battaglia antifascista che si andava conducendo.
A quel tempo il foglio rifletteva con evidenza l’inclinazione di Rosselli verso posizioni libertarie, di un socialismo non ben definito sotto l’aspetto ideologico e programmatico. ma intinto della robusta vocazione idealistica del capo del movimento, tutta pervasa di prepotenti stimoli a esaltare una visione della libertà come fulcro di ogni possibile spinta all’emancipazione sociale. Tradotta in termini politici, la scelta di Rosselli in Spagna si indirizzava verso le correnti libertarie, anarcosindacaliste e autonomiste regionali colà emerse durante la lotta. All'impostazione da Fronte popolare, Rosselli cercav[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 586
Brano: « Giustizia e libertà »
motivi di un « neosocialismo » in cammino verso sbocchi nazionalisti e reazionari.
Vicende del movimento
Una volta assunto carattere autonomo, il movimento cercò di darsi una struttura capillare organizzata attraverso nuclei locali denominati Sigle, in verità con scarso successo: la diffusione di questi centri locali fu modesta; numericamente limitate furono le adesioni fra gli emigrati antifascisti dei gruppi operai che popolavano i centri maggiori della Francia; irrilevante si dimostrò il peso politico da essi esercitato. G.L., per la vocazione stessa e la concezione dei suoi capi, rimaneva un movimento d’opinione circoscritto a élites che esaurivano gran parte del proprio impegno nel dibattito politico e culturale, a livelli spesso non accessibili a chi non fosse dotato di preparazione specifica; e con lo sforzo, semmai, di allargare senza preclusioni la cerchia dei partecipanti a tali scambi di opinione, ma non certo di svolgere un vero e proprio lavoro organizzativo.
Nel 1934 un altro colpo fu assestato dalla polizia fascista al centro giellista di maggior prestigio esistente in Italia, a Torino: vennero arre[...] [...]Vittorio Foa, Alfredo e Giannetto Pere///, Vindice Cavali era, Piero Zanetti e pochi altri scampati alle retate fasciste, ma a loro volta individuati, arrestati e condannati poco più di un anno dopo.
Il principale strumento di propaganda del movimento divenne il settimanale Giustizia e Libertà.
« Giustizia e Libertà » settimanale
Il primo numero uscì a Parigi il 18.5.1934, dopo il fallimento di una pubblicazione dal titolo II giornale degli operai e dedicata ai problemi dei lavoratori, che Rosselli aveva iniziato nel marzo 1934, prima ancora di uscire dalla Concentrazione antifascista, suscitando nei socialisti aspre reazioni e l’accusa di aver violato gli accordi che rimettevano esclusivamente alla Concentrazione ogni attività all’estero, talché il giornale non era andato oltre l'edizione di lancio. In realtà il movimento non sarebbe stato in grado di sostenere un'iniziativa tanto ambi
ziosa, quale quella di creare una tribuna di problemi operai in concorrenza coi socialisti e con i comunisti.
Invece il nuovo settimanale, animato dall'energia e dalle brillanti doti giornalistiche di Rosselli, aperto a collaborazioni di notevole prestigio politico e culturale, si rivelò valido strumento per la battaglia ideale di
G.L.. Anche se nelle [...] [...]ra andato oltre l'edizione di lancio. In realtà il movimento non sarebbe stato in grado di sostenere un'iniziativa tanto ambi
ziosa, quale quella di creare una tribuna di problemi operai in concorrenza coi socialisti e con i comunisti.
Invece il nuovo settimanale, animato dall'energia e dalle brillanti doti giornalistiche di Rosselli, aperto a collaborazioni di notevole prestigio politico e culturale, si rivelò valido strumento per la battaglia ideale di
G.L.. Anche se nelle sue pagine trovarono spazio quelle che vennero definite le « avventure intellettuali » di Rosselli, provocando ricorrenti crisi fra i promotori della compagine, la carica polemica e la spregiudicatezza di analisi si unirono spesso a una più attenta e pacata considerazione di problemi che per l’addietro erano stati trascurati.
L’estro e il gusto di Rosselli per la sperimentazione politica, il suo slancio demolitore contro ciò che egli reputava tardo o superato nelle strategie e nelle strutture dei partiti tradizionali, nel bagaglio ideologico di cui essi erano portatori spin[...] [...]che se nelle sue pagine trovarono spazio quelle che vennero definite le « avventure intellettuali » di Rosselli, provocando ricorrenti crisi fra i promotori della compagine, la carica polemica e la spregiudicatezza di analisi si unirono spesso a una più attenta e pacata considerazione di problemi che per l’addietro erano stati trascurati.
L’estro e il gusto di Rosselli per la sperimentazione politica, il suo slancio demolitore contro ciò che egli reputava tardo o superato nelle strategie e nelle strutture dei partiti tradizionali, nel bagaglio ideologico di cui essi erano portatori spinsero il giornale su un terreno di riesami che provocarono continui scambi polemici con socialisti e comunisti. Il rifiuto del leader di G.L. di riconoscere la superiorità morale e politica degli esiliati in nome del passato, e il suo incessante richiamo a « pensare, agire, scrivere, con la mente rivolta all’Italia » erano oggetto di particolari dissensi con i socialisti e con i repubblicani, ai quali Rosselli continuamente ricordava l’esigenza del l'antifascismo di prendere consapevolezza che nel Paese era cresciuta una nuova generazione, lontana dai problemi del prefascismo, animata da motivi e protesa verso conquiste che non potevano essere rigidamente contenuti nei vecchi programmi politici; anzi, una generazione che probabilmente respingeva ogni definizione programmatica prefiss[...] [...] generazione, lontana dai problemi del prefascismo, animata da motivi e protesa verso conquiste che non potevano essere rigidamente contenuti nei vecchi programmi politici; anzi, una generazione che probabilmente respingeva ogni definizione programmatica prefissata per rivendicare il senso creativo delle proprie esperienze e delle proprie ricerche di vie diverse, rivoluzionarie e democratiche.
Pur con molte contraddizioni, questo indirizzo di G.L. spostava l’asse politico del movimento verso più accentuate sottolineature d’indole socialisteggiante, senza tuttavia fornire un'esauriente valutazione delle forze e degli obiettivi concreti, ma piuttosto reiterando pregiudiziali d'ordine genericamente « rivoluzionario » e « libertario ». Ciò determinò alla fine l'allontanamento di Tarchiani, Andrea Caffi, Mario Levi, Gerardo Chiaromonte e Renzo Giua, ciascuno con differenti rilievi all'orientamento di G.L.. Decisamente critico si palesò anche il pensiero di Lussu, il quale reclamava una qualificazione della compagine in senso rigorosamente socialista, il riconoscimento del proletariato come sola forza rivoluzionaria in Italia, e pertanto la decisione da parte del movimento di farsi promotore di un'organizzazione insurrezionale unitaria delle sinistre, impegnata a suscitare moti di forze in armi nel Paese.
Diaspore e dissidi interni provocarono un isolamento, dal quale il movimento uscì in parte solo allo scoppio della guerra etiopica che, rendendo più evidenti i traguardi cui mirava il fasci[...] [...]etariato come sola forza rivoluzionaria in Italia, e pertanto la decisione da parte del movimento di farsi promotore di un'organizzazione insurrezionale unitaria delle sinistre, impegnata a suscitare moti di forze in armi nel Paese.
Diaspore e dissidi interni provocarono un isolamento, dal quale il movimento uscì in parte solo allo scoppio della guerra etiopica che, rendendo più evidenti i traguardi cui mirava il fascismo, rinserrò i ranghi degli oppositori. I giellisti condussero un'indomita polemica contro l’impresa fascista e colsero l’occasione per infittire gli appelli rivolti a tutta l’emigrazione antifa
scista di assumere una più drastica iniziativa rivoluzionaria in Italia. Nel frattempo l’Ovra portava a compimento la nuova operazione, cui già si è fatto cenno, contro l’organizzazione giellista torinese. Con il concorso del noto scrittore alla moda Dino Segre [Pitigrilli], il 15.5. 1935 la polizia mise le mani sui superstiti esponenti del movimento clandestino. Deferiti al Tribunale speciale, furono condannati: Michele Giua e Vittorio Foa, a 15 anni di reclusione; Vindice Cavallera e Alfredo Perelli, a 8 anni; Massimo Mila, a 7 anni; Giannott[...] [...]anizzazione giellista torinese. Con il concorso del noto scrittore alla moda Dino Segre [Pitigrilli], il 15.5. 1935 la polizia mise le mani sui superstiti esponenti del movimento clandestino. Deferiti al Tribunale speciale, furono condannati: Michele Giua e Vittorio Foa, a 15 anni di reclusione; Vindice Cavallera e Alfredo Perelli, a 8 anni; Massimo Mila, a 7 anni; Giannotto Perelli e Augusto Monti, a 5 anni. Oltre 200 persone furono coinvolte negli arresti e incarcerate per periodi più
o meno lunghi, tanto che l’operazione pose praticamente fine a quella che si può definire la « seconda organizzazione italiana » di G.L.. Da allora il movimento rimase confinato nei suoi nuclei all’estero.
Guerra di Spagna
La lotta armata antifascista in Spagna, provocata nel luglio 1936 dalla rivolta militare di Franco, riaccese in Rosselli e nei suoi compagni speranze che erano state attutite dalle vicende degli ultimi anni, specie dopo la costituzioni in Francia del Fronte popolare (v.), la cui piattaforma risultava agli occhi dei giellisti viziata di moderatismo e trovava riscontro nel patto di unità fra comunisti e socialisti italiani (unità alla quale, dopo il VII Congresso deN’Internazionale Comunista dell’estate 1935, si era venuto assegnando valore di centro propulsivo di più vaste alleanze volte a prefigurare un « blocco nazionale » per abbattere il fascismo e restaurare una democrazia parlamentare).
Il conflitto spagnolo fu interpretato dai giellisti come la grande occasione per erigere una barriera contro il dilagare dell’offensiva fascista e nazista, realizzare una democrazia repubblicana e soci[...] [...]rare un « blocco nazionale » per abbattere il fascismo e restaurare una democrazia parlamentare).
Il conflitto spagnolo fu interpretato dai giellisti come la grande occasione per erigere una barriera contro il dilagare dell’offensiva fascista e nazista, realizzare una democrazia repubblicana e socialista con istituti rappresentativi e autonomie periferiche gestiti dalle forze popolari, e fornire un esempio di lotta armata suscettibile di risvegliare energie insurrezionali in Italia. Il movimento si fece subito promotore di un’intesa tra le forze di sinistra deN’emigrazione, dagli anarchici ai comunisti e ai repubblicani, per un immediato reclutamento di volontari e per la raccolta di armi e mezzi destinati ai combattenti repubblicani. Ma, salvo l’adesione di nuclei anarchici e di elementi trotzkisti, l’offerta non ebbe i risultati auspicati. I comunisti si sottrassero alla proposta, dichiarandosi ancora
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da Contro ogni ritorno : dal fascismo alla Costituzione repubblicana : Provincia di Firenze, 2 giugno 1972 / \a cura di Claudio Galanti, Paolo Tinti, Giovanni Verni!, p. 28
Brano: r
I popolari democratici cristiani italiani residenti a Parigi si sono radunati il 22 marzo corr., dietro invito di up Triunvirato di amici volenterosi per deliberare la ricostituzione in Frància .della loro federazione. Gli aderenti che hanno partecipato all’adunanza erano circa un centinaio. Numerose adesioni da altri centri d’emigrazione italiana in Francia sono pervenuti ai promotori....
II relatore ha iniziato il suo discorso, rivolgendo un caldo saluto a tutte le vittime del fascismo. Quindi>ha espresso l’omaggio dei popolari esuli a Don Luigi Sturzo, fondatore e maestro del Partito, illustre e nobile esempio tra i perseguitati politici italiani più eminenti, che tiene alta nelPesilio la fiaccola della democrazia cristiana. Don Sturzo ha pubblicato testé in inglese ed in tedesco un libro di storia polit[...] [...]d’emigrazione italiana in Francia sono pervenuti ai promotori....
II relatore ha iniziato il suo discorso, rivolgendo un caldo saluto a tutte le vittime del fascismo. Quindi>ha espresso l’omaggio dei popolari esuli a Don Luigi Sturzo, fondatore e maestro del Partito, illustre e nobile esempio tra i perseguitati politici italiani più eminenti, che tiene alta nelPesilio la fiaccola della democrazia cristiana. Don Sturzo ha pubblicato testé in inglese ed in tedesco un libro di storia politica sull’Italia e il fascismo.
La situazione del movimento popolare in Italia, ha soggiunto il relatore, è quanto mai difficile e dolorosa. Tutte le nostre organizzazioni sono state sciolte. I nostri giornali, anche settimanali e di modeste pretese, sono stati soppressi. Il Bollettino riservato della Direzione non può uscire più. Parecchi capi politici sono stati condannati al domicilio coatto.
Sono note le violenze patite dai popolari più in vista in occasiòne degli attentati. L’ex Segretario Generale del Partito, on.le De Gasperi fu costretto, [...] [...]cismo.
La situazione del movimento popolare in Italia, ha soggiunto il relatore, è quanto mai difficile e dolorosa. Tutte le nostre organizzazioni sono state sciolte. I nostri giornali, anche settimanali e di modeste pretese, sono stati soppressi. Il Bollettino riservato della Direzione non può uscire più. Parecchi capi politici sono stati condannati al domicilio coatto.
Sono note le violenze patite dai popolari più in vista in occasiòne degli attentati. L’ex Segretario Generale del Partito, on.le De Gasperi fu costretto, con la forza, a sottoscrivere una dichiarazione idiota e menzognera preparata da un ras locale. In questi giorni l’on. De Gasperi, vittima di un trutco poliziesco, è stato arrestato e sarà rinviato al giudizio del tribunale straordinario sotto imputazione di complotto contro
lo Stato ed altro tradimento. L’accusa è falsa e stolta. Ma il Governo fascista vuol colpire De Gasperi, l’avversario che non ha potuto altrimenti dominare. Poi Mussolini spera che l’esempio del castigo inflitto a De Gasperi valga a terror[...] [...]ta da un ras locale. In questi giorni l’on. De Gasperi, vittima di un trutco poliziesco, è stato arrestato e sarà rinviato al giudizio del tribunale straordinario sotto imputazione di complotto contro
lo Stato ed altro tradimento. L’accusa è falsa e stolta. Ma il Governo fascista vuol colpire De Gasperi, l’avversario che non ha potuto altrimenti dominare. Poi Mussolini spera che l’esempio del castigo inflitto a De Gasperi valga a terrorizzare gli altri popolari, specie quelli rifugiati all’estero.
In queste condizioni non sarebbe opportuno e neppure onesto, osserva il relatore, dilungarsi in polemiche e discussioni oziose sul passato del Partito. Gioverà tuttavia fissare realmente alcuni punti di critica, he riguardano soprattutto l’opera del gruppo parlamentare.
Responsabile principale ed a momenti quesi esclusivo di quanto è accaduto in Italia nel campo popolare, il gruppo parlamentare ha specialmente due colpe:
1) di aver ammessa, senza alcuna condizione di garanzia, la collaborazione di alcuni suoi membri al governo fasc[...] [...]ano soprattutto l’opera del gruppo parlamentare.
Responsabile principale ed a momenti quesi esclusivo di quanto è accaduto in Italia nel campo popolare, il gruppo parlamentare ha specialmente due colpe:
1) di aver ammessa, senza alcuna condizione di garanzia, la collaborazione di alcuni suoi membri al governo fascista dal novembre 1922 all’aprile 1923;
2) di non aver condotta a fondo l’opposizione della riforma elettorale fascista nel luglio 1923.
[Verbale di una riunione di cattolici del Partito popolare in esilio, stesa da Giuseppe Donati]
L’attività del nucleo estero di “Giustizia e libertà
Abbiamo già indicato che, poco dopo l’arrivo in Francia di Rosselli e di Lussu nell’agosto del 1929, si ebbe a Bruxelles (24 ottobre) l’attentato di Fernando De Rosa contro il principe Umberto di Savoia, che si era recato nel Belgio per le nozze con la figlia di quel re. De Rosa, iscritto al partito socialista (e precisamente alTamassimilista) era già stato, prima che si costituisse “ G.L. ”, in collaborazione con Eugenio Chiesa e con altri capi antifascisti per guidare l’azione contro quei collaboratori el regime che si facessero vedere all’estero. Giacché proprio attorno a quell’eppca, stabilizzato il regime all’interno con le leggi speciali, i dirigenti fascisti cominciavano a mostrarsi all’estero, per reclamare un posto legittimo tra le nazioni d’Europa al regime che essi rappresentavano.
L’attentato di De Rosa fallì il bersaglio (il giovane attentatore, superati i cordoni, si era messo a correre verso il principe e aveva sparato in fretta prima che lo rovesciassero a te[...] [...], in collaborazione con Eugenio Chiesa e con altri capi antifascisti per guidare l’azione contro quei collaboratori el regime che si facessero vedere all’estero. Giacché proprio attorno a quell’eppca, stabilizzato il regime all’interno con le leggi speciali, i dirigenti fascisti cominciavano a mostrarsi all’estero, per reclamare un posto legittimo tra le nazioni d’Europa al regime che essi rappresentavano.
L’attentato di De Rosa fallì il bersaglio (il giovane attentatore, superati i cordoni, si era messo a correre verso il principe e aveva sparato in fretta prima che lo rovesciassero a terra); ma esso ebbe non di meno una risonanza assai grande, all’estero e in Italia. Significava chè tra la monarchia che aveva consentito al fascismo e il resto dell’Europa non erano permesse, dai fuorusciti italiani, relazioni normali. Era uno dei gesti più clamorosi che esprimevano la volontà di non lasciare entrare pacificamente il fascismo nel sistema dei rapporti europei. E grazie a questo e ad altri gesti Mussolini restò asseragliato in Italia, [...] [...]sciassero a terra); ma esso ebbe non di meno una risonanza assai grande, all’estero e in Italia. Significava chè tra la monarchia che aveva consentito al fascismo e il resto dell’Europa non erano permesse, dai fuorusciti italiani, relazioni normali. Era uno dei gesti più clamorosi che esprimevano la volontà di non lasciare entrare pacificamente il fascismo nel sistema dei rapporti europei. E grazie a questo e ad altri gesti Mussolini restò asseragliato in Italia, non mettendo piede in Europa fuori della scorta della sua polizia (tranne per la fuggevole apparizione di Locamo) fino a quando Hitler, riprendendo il potere, non gli fornì la garanzia della protezione adeguata di un’altra polizia totalitaria.
L’eco dell’attentato di De Rosa, che parecchi connettevano con l’iniziata attività di “ G.L. ”, era appena estinta quando scoppiò a Parigi — ed ebbe vasta pubblicità dai giornali italiani — F “ affare Menapace ”.
Il 30 dicembre 1929, una serie di perquisizioni venne fatta dalla polizia francese a Parigi in casa dei dirigenti di “ G.L. Cianca, Tarchiani, Rosselli, Sardelli (deputato socialista di Roma, rappresentante del ramo italiano del1’ “ I.T.F. ”, che proprio allora aveva iniziato una feconda collaborazione con “ G.L. ”); Sardelli, Tarchinai e Cianca vennero “ fermati ma solo il fermo di Cianca venne trasformato in arresto, per essere stati trovati in casa sua 7 pacchetti di cheddite, alcuni detonatori e una certa quantità di miccia. Insieme con questi pacchetti era trovato un biglietto di Camillo Berneri a Cianca che faceva allusione alla merce. Che cosa era successo? Poco tempo prima era stato arrestato a Bruxelles, in possesso di una pistola (una innocua pistola ad aria compressa) il professore Camillo Berneri. Anarchico e allievo di
Salvemini, collaboratore anche di Rivoluzione Liberale e di Studi Politici, Berneri, dopo il suo esilio, si era consacrato essenzialmente all’azione, proprio nelle più difficili forme, che sono appunto l’attentato e la scoperta dello spionaggio. Ora Berneri era accusato di voler attentare a Rocco, il ministro delle leggi eccezionali, [...] [...]berale e di Studi Politici, Berneri, dopo il suo esilio, si era consacrato essenzialmente all’azione, proprio nelle più difficili forme, che sono appunto l’attentato e la scoperta dello spionaggio. Ora Berneri era accusato di voler attentare a Rocco, il ministro delle leggi eccezionali, che spesso si recava a visitare il deputato belga Destrée, abitante in una via fuori i mano della capitale belga.
Era perfettamente esatto che Berneri (che, negli anni precedenti, aveva lavorato molto in contatto con alcuni degli uomini di “ G.L. ” e aveva, per esempio, scritto a Luigi Fabbri una lettera entusiastica per la fuga di Rosselli e di Lussu) avesse avuto l’indicazione della casa di Rocco, e che avesse l’intenzione di compiere un attentato. Complicato e candido, machiavellico e pure bruciato da una fiamma di martirio, Berneri, che negli anni precedenti aveva pensato di condurre una lotta contro le spie fasciste, e aveva partecipato indirettamente alla soppressione dell’agente Savorelli, ardeva di compiere personalmente un’azione.
Ma, come spesso accade ai candidi, che si credono machiavellici, Berneri si fidava di un’agente provocatore, Ermanno Menapace. Quest’uomo si era presentato nel 1927 a Cianca e a Tarchiani, domandando loro firme di Sforza, di Sturzo e di Nitti per organizzare un’azione nell’Alto Adige sulla base di informazioni false ed era stato bensì allontanato da essi, che avevano diffidato Berneri; nel 1928 [...] [...]mpiere personalmente un’azione.
Ma, come spesso accade ai candidi, che si credono machiavellici, Berneri si fidava di un’agente provocatore, Ermanno Menapace. Quest’uomo si era presentato nel 1927 a Cianca e a Tarchiani, domandando loro firme di Sforza, di Sturzo e di Nitti per organizzare un’azione nell’Alto Adige sulla base di informazioni false ed era stato bensì allontanato da essi, che avevano diffidato Berneri; nel 1928 aveva rubato a Miglioli i documenti preparati per la mostra della stampa antifascista di Colonia. Ma Berneri non era persuaso, e, all’insaputa di Cianca, continuava a veder Menapace, e anzi ne aveva accettato l’ospitalità e altri servizi.
Il sistema principale con il quale Menapace era riuscito a dominare Berneri, e a fargli mentire ai suoi compagni, era stato quello di interessarlo a una lotta con un’altra banda di spie. Due bande differenti, rivali tra di loro, stavano una accanto a Donati (Bazzi) l’altra accanto a Berneri (Menapace); e cercavano ciascuna di guadagnare fiducia presso l’antifascista da loro scelto denunciando i membri dell’altra banda. Grazie, a queste arti, era stato Menapace a accompagnare, in automobile, Berneri a Bruxelles, e a fornirgli l’innocua pistola automatica, quindi a far
lo arrestare; sapeva da Berneri delle relazioni che esistevano tra lui e gli altri di “ G.L. ”; aveva fornito a Berneri la cheddite; equando Berneri partì con lui per Bruxelles, portò l’esplosivo a casa di Cianca, con un biglietto. Menapace
lo sapeva, ed era stato in grado di denunciare un complotto, in cui rientravano sia l’attentato di Bruxelles contro Rocco, che altri (lontani anche da un inizio di esecuzione) contro la delegazione fascista capeggiata da Grandi a Ginevra, contro il re del Belgio e la figlia nel prossimo viaggio per le nozze in Italia, ecc. Gli arresti e le persequizioni fatte in casa dei dirigenti di
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 584
Brano: « Giustìzia e libertà »
Dirigenti e militanti gielIisti dopo la favorevole conclusione del processo contro Bassanesi. Questi è seduto al centro, tra Carlo Rosselli e Alberto Tarchiani (Lugano, 22.11.1930)
Battisti, esponente del movimentò a Trento; repubblicanosardista Francesco Fancello, attivo a Roma e collegato agli ex dirigenti del Partito Sardo d’Azione (tra cui Giuseppe Pintus e Giuseppe Zuddas) ; crociani i seguaci pugliesi di Tommaso Fiore, sostenitori di Gaetano Salvemini nella battaglia meridionalista, ma ancora sotto l’influenza di Benedetto Croce (v.), dal quale si staccheranno soltanto più tardi, con la revisione critica « liberalsocialista » promossa da Guido Calogero.
Questa complessa articolazione di orientamenti ideali trovò nel primo programma di G.L. un momento di coordinamento unitario, dettato dall’esigenza di agire contro il regime fascista senza gli indugi che frenavano gli esponenti e le correnti tradizionali del socialismo e del repubblicanesimo. Comune ai gielIisti del tempo fu la critica mossa all’opposizione « aventiniana » di non aver saputo tradurre in termini concreti la battaglia antifascista. La delusione per le incertezze, le contraddizioni, l’incapacità realizzatrice dei partiti dell’opposizione costituzionale di fronte all’avanzata della dittatura aveva tolto a quei democratici di vario orientamento ogni fiducia nell’utilità e nella possibilità stessa di far sopravvivere quelle compagini politiche; e per contro li spingeva a cercar di suscitare negli italiani stimoli di ribellione immediata, nella convinzione che il fascismo non sarebbe crollato a causa delle sue intime manchevolezze, come mostravano di ritenere tanti uomini politici liberali e socialisti.
Estranei all'ipotesi di un lungo lavoro di preparazione clandestino, quale quello cui andavano accingendosi i comunisti, e per
lo più legati a ideali e concezioni della « sinistra risorgimentale » mazziniana e garibaldina (ideali che già nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale, avevano portato la maggior parte di essi nei ranghi del cosiddetto « interventismo democrati[...] [...]r
lo più legati a ideali e concezioni della « sinistra risorgimentale » mazziniana e garibaldina (ideali che già nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale, avevano portato la maggior parte di essi nei ranghi del cosiddetto « interventismo democratico »), i gielIisti dichiaravano di voler « archiviare per ora le tessere dei partiti » per creare «una unità d'azione». «Movimento rivoluzionario, non partito — era scritto nel loro primo foglio clandestino, datato da Roma, ma edito in Francia e apparso nel novembre 1929 —, " Giustizia e Libertà ” è il nome e il simbolo. Repubblicani, socialisti e democratici, ci battiamo per la libertà, per la repubblica, per la giustizia sociale. Non siamo più tre espressioni differenti, ma un trinomio inscindibile [...] ».
L’energia e il generoso attivismo degli aderenti a G.L. in Italia attirò verso di loro uomini di orientamento socialista come Giuseppe Faravelli e Rodolfo Morandi, Miche
le e Renzo Giua, Ferdinando De Rosa, che senza abbandonare il loro schieramento di classe trovarono nel movimento di Rosselli, nei gruppi di Milano e Torino, i punti di riferimento per svolgere un’attività clandestina in un periodo di completa disorganizzazione delle forze socialiste nel paese.
La lotta in Italia
I giel listi diffusero gran numero di opuscoli, diretti a singole categorie
o dedicati a problemi specifici, stampandoli in Francia e trasferendoli con rischi[...] [...]I giel listi diffusero gran numero di opuscoli, diretti a singole categorie
o dedicati a problemi specifici, stampandoli in Francia e trasferendoli con rischiose missioni in Italia. Altri materiali venivano clandestinamente prodotti dai militanti dei nuclei interni, come Ernesto Rossi e Riccardo Bauer, i quali prepararono anche piani di colpi di mano dimostrativi contro il regime.
Ma le due imprese più spettacolari portate a conclusione da G.L. son rimaste il volo su Milano compiuto da Giovanni Bassanesi (v.) e da Gioacchino Dolci, i quali volteggiarono per 25 minuti sulla città con un aereo alzatosi da Lodrino, in Svizzera, gettando manifestini incitanti alla cospirazione e alla rivolta contro il regime; e l’analoga impresa del poeta ventinovenne Lauro De Bosis (v.), amendoliano e monarchico, che il 3.10.1931 si portò nel cielo di Roma, inondò la Capitale di manifestini recanti un appello al re perché scacciasse Mussolini, e scomparve sulla via del ritorno senza lasciar traccia. Il fascino di queste imprese, improntate allo spirito[...] [...]cospirazione e alla rivolta contro il regime; e l’analoga impresa del poeta ventinovenne Lauro De Bosis (v.), amendoliano e monarchico, che il 3.10.1931 si portò nel cielo di Roma, inondò la Capitale di manifestini recanti un appello al re perché scacciasse Mussolini, e scomparve sulla via del ritorno senza lasciar traccia. Il fascino di queste imprese, improntate allo spirito romantico della co
spirazione ottocentesca, se valse ad attirare a G.L. uomini di alta dignità ideale e morale, se servì a richiamare sul giovane movimento l’ammirazione di molti ambienti internazionali, ebbe però come contropartita una più intensa persecuzione poliziesca da parte del regime, un eccessivo esporsi di militanti e anche l'insorgere di dissensi nell’ambito della compagine. Il gruppo torinese, ad esempio, sarebbe stato più propenso a concentrare gli sforzi nell’opera di proselitismo e organizzazione negli ambienti operai e intellettuali, lavorando nel tessuto sociale e lasciando a margine i gesti clamorosi. Con un foglio intitolato Voci d'Officina, Mario Andreis e Aldo Garosci (quest’ultimo emigrato poi in Francia) si prefissero l’obiettivo di realizzare contatti organici con le forze operaie torinesi; mentre altri loro collaboratori (fra i quali Piero Zanetti, il botanico Luigi Scala, Renzo Giua, la scrittrice Barbara Allason, lo storico dell'arte Lionello Venturi) allargavano la rete dei proseliti nei circoli intellettuali e del ceto medio professionale. Carlo Levi, pittore e scrittore, fervente ammiratore di Gobetti e delle sue Intuizioni sul ruolo della classe operaia nella società moderna, poteva consi[...] [...]la rete dei proseliti nei circoli intellettuali e del ceto medio professionale. Carlo Levi, pittore e scrittore, fervente ammiratore di Gobetti e delle sue Intuizioni sul ruolo della classe operaia nella società moderna, poteva considerarsi l’elemento la cui influenza esercitava maggior peso nell’indirizzo del nucleo piemontese. Nell’ottobre del 1930, traditi da una spia infiltratasi nel movimento (l’avvocato Carlo Del Re), il gruppo milanese di G.L. subì la perdita di Ernesto Rossi, Riccardo Bauer e
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 158
Brano: [...] fatto che alcuni suoi numeri, giunti in piccola quantità in località periferiche, venivano ristampati a opera di altri gruppi di resistenti. Al di là della Lombardia, la sua diffusione raggiunse man mano zone del Piemonte, del Veneto e dell’Emilia. Oltre a Olivelli e Sartori, i collaboratori principali furono Enzo Petrini, Carlo Bianchi, Dario Morelli, Laura Bianchini, Romeo Crippa, don Giuseppe Tedeschi (in tempi diversi, essendo la vita del foglio costellata di arresti). Il perno organizzativo fu Pietro Reginalla: quando il foglio non potè più essere prodotto a Brescia, Reginalla fece per lungo tempo la spola tra Milano (composizione) e Lecco (stampa), portando rischiosamente avanti e indietro piombi e bozze.
Oltre che fonte di informazioni ed elaboratore di idee, “Il Ribelle” fu un diretto strumento di lotta. Attraverso i contatti che era necessario stabilire, alcuni dei suoi artefici svolgevano attività partigiana: portavano a destinazione documenti falsi, medicinali, indumenti, denaro, qualche arma, e trovavano rifugi per
i renitenti.
U.A.G.
Bibliografia: Dario Morelli, Introduzione alla ristampa anast[...] [...]etto strumento di lotta. Attraverso i contatti che era necessario stabilire, alcuni dei suoi artefici svolgevano attività partigiana: portavano a destinazione documenti falsi, medicinali, indumenti, denaro, qualche arma, e trovavano rifugi per
i renitenti.
U.A.G.
Bibliografia: Dario Morelli, Introduzione alla ristampa anastatica di “Brescia Libera e II Ribelle", Istituto Storico della Resistenza, Brescia 1954.
Per la diffusione del foglio nella provincia di Pavia si veda: Romeo Crippa, “// Ribelle” nella nostra provincia, in II coraggio del no, Amministrazione Provinciale di Pavia, 1976.
Ribes, Aurelio
N. a Novellara (Reggio Emilia) l’11.2.1910, m. nel 1975; carrettiere. Militante e dirigente comunista, fu sottoposto ad ammonizione e, per due volte, confinato a Tremiti e a Pfsticci.
Dopo I'8.9.1943 partecipò alla Guerra di liberazione, nelle file della 37a Brigata G.A.P. operante nella pianura reggiana. Protagonista di ardite azioni, in una di queste rimase ferito.
Decorato di medaglia d’argento al valor militare[...] [...]trazione Provinciale di Pavia, 1976.
Ribes, Aurelio
N. a Novellara (Reggio Emilia) l’11.2.1910, m. nel 1975; carrettiere. Militante e dirigente comunista, fu sottoposto ad ammonizione e, per due volte, confinato a Tremiti e a Pfsticci.
Dopo I'8.9.1943 partecipò alla Guerra di liberazione, nelle file della 37a Brigata G.A.P. operante nella pianura reggiana. Protagonista di ardite azioni, in una di queste rimase ferito.
Decorato di medaglia d’argento al valor militare, nel dopoguerra fu presente in tutte le lotte sociali e politiche del Reggiano.
G.Fr.
Ribet, Gustavo
N. a Luserna San Giovanni (Torino)
il 20.12.1912, m. a San Germano Chisone (Torino) il 22.3.1981; ufficiale dell’esercito.
Allevato in ambiente valdese di forti convinzioni patriottiche (il padre, anch’esso ufficiale di carriera, era caduto sul Carso con una medaglia d’oro, tre d'argento e una di bronzo), entrò nel 1931 aH’Accademia di artiglieria e genio di Torino. Tenente di artiglieria in s.p.e. nel 1935, combattè in Africa orientale nel 193739 con reparti di artiglieria someggiata, conseguendo una medaglia d’argento e una croce di guerra. Come capitano di stato maggiore (aveva frequentato l’istituto superiore di guerra e si era anche laureato in Scienze politiche a Torino), nel 1942 fu inviato in Jugoslavia presso il comando del XI Corpo d’armata.
Nella Resistenza
Dopo T8.9.1943 riuscì a fuggire dal campo dove i tedeschi raccoglievano i prigionieri italiani, raggiunse le formazioni partigiane di Tito e poi passò a militare nella Resistenza veneta. Richiamato a Torino, nel gennaio 1944 fu destinato dal Comitato militare del C.L.N. regionale piemontese al comando delle formazioni G.L. delle valli di Lanzo. Catturato in combattimento nel marzo, pesantemente percosso e torturato, dopo quattro mesi nelle carceri torinesi fu deportato in Germania con destinazione Mauthausen: ma, in seguito ai bombardamenti angloamericani, fu dirottato al campo di lavoro di Gaggenau, presso Darmstadt.
Nel quadro di uno scambio di prigionieri, grazie all’intervento della Fiat, tornò a Torino nel dicembre
1944 e raggiunse subito le fila partigiane. Inviato a Milano, dove non era conosciuto dalla polizia, lavorò presso il Comando centrale delle formazioni G.L.. Nel febbraio 1945 divenne comandante regionale lombardo delle G.L., nel marzo fu comandante regionale del C.V.L. e, in aprile, sostituì temporaneamente Fermo Solari alla testa del Comando centrale delle formazioni G.L.. La sera del 24 aprile, con Leo Valiani ed Egidio Liberti, decise la mobilitazione delle formazioni G.L. della Lombardia per l’indomani.
Secondo dopoguerra
Dopo la Liberazione diresse la smobilitazione delle forze partigiane
lombarde. Poi dal 15.6.1945 rappresentò il Partito d’azione negli Uffici stralcio del Comando generale del C.V.L. e del Comando regionale del C.V.L., fino al loro scioglimento avvenuto nel gennaio 1946.
Dal novembre 1945 al 1947 fu presidente della Commissione regionale lombarda per il riconoscimento delle qualifiche di partigiano. Benché promosso maggiore per merito di guerra e poi tenente colonnello, non riprese servizio nell’esercito e abbandonò la carriera militare nel giugno 1947. Iniziò quindi con successo l’attività di dirigente industriale, continuando a occuparsi della chiesa valdese con incarichi del massimo livello. Dal 1960 al 1970 fu anche sindaco di San Germano Chisone.
G.Roch.
Ribezzi, Giuseppe
N. a Brindisi il 24.9.1905; muratore. [...] [...]ndo a occuparsi della chiesa valdese con incarichi del massimo livello. Dal 1960 al 1970 fu anche sindaco di San Germano Chisone.
G.Roch.
Ribezzi, Giuseppe
N. a Brindisi il 24.9.1905; muratore. Membro della Federazione giovanile comunista attiva a Brindisi, nell’estate 1926 venne arrestato. Deferito al Tribunale speciale, il 16.9. 1927 fu condannato a 6 anni di reclusione.
Espiata la pena, riprese la lotta a fianco dei comunisti di Ceglie Messapico (Brindisi), collaborando alla riproduzione e diffusione di stampa clandestina importata dall’estero. Arrestato nuovamente nell’estate del 1937, fu nuovamente deferito al Tribunale speciale e, l'1.6.1938, condannato ad altri 7 anni di reclusione.
Riboldi, Ezio
N. a Vimercate (Milano) il 28.8. 1878, m. a Monza il 25.1.1965; insegnante.
Figlio di un sarto di idee radicali che aveva fondato a Vimercate la prima società operaia, malgrado le ristrettezze economiche della famiglia potè frequentare l’università, laureandosi in Lettere e in Giurisprudenza. Esercitò poi per 17 anni l'insegnamento nell'istituto commerciale di Monza.
Iscritto ai gruppi socialisti universitari milanesi nel 1898, dall’inizio del secolo militò attivamente nella sezione del P.S.I. a Monza (v.). Fu membro del Consiglio comunale e, nel 1914, anche sindaco. Antimilitarista focoso, avvicinatosi all’ala massimalista del P.S.I., diresse il giornale La Brianza e durante la Prima
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 614
Brano: Piombino
Fosse Ardeatine (v.) e decorato con Medaglia d’oro.
A.Mar.
Bibliografia: Pietro Bianconi, Il movimento operaio a Piombino, Firenze 1970: Pao
lo Favilli, Capitalismo e classe operaia a Piombino 18611918, Roma 1974; Ugo Spadoni, Per una storia della battaglia di Piombino, in « Rivista di Livorno » 1955 111 pp. 6990; AA.W., Piombino 10 settembre 1943: nasce la resistenza, Piombino 1974; Amministrazione Comunale di Piombino (a cura di), Documenti e testimonianze sull'antifascismo piombinese, s.d. (dattiloscritto); Amministrazione Comunale di Piombino (a cura di), Piombino 10 settembre: nasce la resistenza, s.d. (dattiloscritto) .
Pioniere, Il
Giornale dei partigiani della V Divisione G.L. « Sergio Toja » (v. Brigate «Giustìzia e Libertà»). L’idea di un giornale per i partigiani giellisti delle Valli Valdesi del Pinerolese (vai Pellice, valle Aj> grogna, vai Germanasca, bassa vai Chisone) nacque tra febbraio e marzo 1944, negli incontri in cui Willy Jervis, Roberto e Gustavo Malan e altri dirigenti G.L. tentavano di organizzare la vita della piccola « zona libera » della vai Germanasca. Dopo che il rastrellamento di fine marzo ebbe cancellato questa esperienza, il progetto di un giornale partigiano fu ripreso dai fratelli Malan nella vicina vai Pell'ice e fu Gustavo Malan ad assumerne la direzione.
« Il Pioniere », « giornale partigiano e progressista », cominciò a uscire nel giugno 1944. Si trattava di un ciclostilato di 6 pagine, tirato inizialmente in 800 copie, scritto e realizzato da Gustavo Malan, Fred ino BaJmas, Medino Modenese, GiuIietto Giordato e altri collaboratori, che si nas[...] [...] giornale partigiano clandestino, concedevano spazio soprattutto alls informazioni sulla Guerra di liberazione in corso nelle Valli valdesi e in Italia; ma progressivamente la cronaca cedé il passo al dibattito e poi alla formazione politica, in una prospettiva ortodossamente « azionista » (il « Pioniere » fu sempre uno dei giornali partigiani più fedeli alla linea del Partito d'Azione, tanto da riproporre diversi articoli della stampa nazionale G.L.), di buon livello culturale e di comprovata disponibilità al dialogo.
La testata del primo numero del giornale partigiano « Il Pioniere » (30.6.1944)
Questa impostazione incontrò un successo crescente, tanto che il « Pioniere » arrivò a 2.000 copie senza riuscire a soddisfare le richieste (non bisogna però dimenticare che una parte notevole della sua tiratura, la metà secondo i suoi autori, si perdeva nella difficile opera di distribuzione attraverso le maglie del controllo nazifascista); e in ottobre fu necessario chiudere la serie dei numeri ciclostilati (18 in tutto, sempre con un ri[...] [...]o culturale e di comprovata disponibilità al dialogo.
La testata del primo numero del giornale partigiano « Il Pioniere » (30.6.1944)
Questa impostazione incontrò un successo crescente, tanto che il « Pioniere » arrivò a 2.000 copie senza riuscire a soddisfare le richieste (non bisogna però dimenticare che una parte notevole della sua tiratura, la metà secondo i suoi autori, si perdeva nella difficile opera di distribuzione attraverso le maglie del controllo nazifascista); e in ottobre fu necessario chiudere la serie dei numeri ciclostilati (18 in tutto, sempre con un ritmo settimanale) e passare alla stampa in tipografia, presso L'Alpina di Torre Pellice, dove già venivano stampate clandestinamente molte pubblicazioni del Partito d'Azione.
La regolarità del « Pioniere » diminuì (solo 8 numeri da novembre
1944 ad aprile 1945), ma la sua diffusione continuò a crescere su tutto il territorio della V Divisione G.L. « Sergio Toja » e nella pianura piemontese, fino a raggiungere le 15.000 copie di tiratura.
II nucleo redaziona[...] [...] e in ottobre fu necessario chiudere la serie dei numeri ciclostilati (18 in tutto, sempre con un ritmo settimanale) e passare alla stampa in tipografia, presso L'Alpina di Torre Pellice, dove già venivano stampate clandestinamente molte pubblicazioni del Partito d'Azione.
La regolarità del « Pioniere » diminuì (solo 8 numeri da novembre
1944 ad aprile 1945), ma la sua diffusione continuò a crescere su tutto il territorio della V Divisione G.L. « Sergio Toja » e nella pianura piemontese, fino a raggiungere le 15.000 copie di tiratura.
II nucleo redazionale subì varie trasformazioni, però sempre sotto la direzione di Gustavo Malan, che sviluppò la tematica federalista e liberalsocialista propria degli azionisti.
Dopo la Liberazione il « Pioniere » uscì ancora in 7 numeri, sempre a Torre Pellice, poi sospese le pubblicazioni; nel 1946 fu ripreso per breve tempo come giornale politicoculturale.
Nel 1976 ne è stata curata la ristampa in reprint dalla Casa editrice Claudiana di Torino.
G.Roch.
Bibliografia: Il Pioniere, giornale d’azione partigiana e progressista, reprint della collezione del periodo clandestino, Torino 1976, con scritti di Franco Venturi, Gustavo e Roberto Malan; Emilio Castellani, Stampa partigiana delle G.L piemontesi, in « Nuovi quaderni G.L. », 1945. nn. 56; [...] [...]i; nel 1946 fu ripreso per breve tempo come giornale politicoculturale.
Nel 1976 ne è stata curata la ristampa in reprint dalla Casa editrice Claudiana di Torino.
G.Roch.
Bibliografia: Il Pioniere, giornale d’azione partigiana e progressista, reprint della collezione del periodo clandestino, Torino 1976, con scritti di Franco Venturi, Gustavo e Roberto Malan; Emilio Castellani, Stampa partigiana delle G.L piemontesi, in « Nuovi quaderni G.L. », 1945. nn. 56; Mario Giovanna, Tendenze e aspirazioni sociali nella stampa delle formazio
ni partigiane, in « Il movimento di liberazione in Italia », 1966, n. 83; Donatella Gay Rochat, La resistenza nelle Valli vaidesi 194344, Claudiana, Torino 1969.
Pioverse, Guido
N. a Vicenza il 27.7.1907, m. a Londra il 12.11.1974; scrittore.
Di famiglia aristocratica, fu educato nel collegio dei Barnabiti a Lodi (Milano) e si laureò in filosofia presso ['Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Durante gli anni universitari si scontrò con i movimenti giovanili fascisti, su posizioni di libertarismo estetizzante volto alla difesa di un’autonomia artistica che in nessun modo doveva essere condizionata dalla politica.
Nel 1927 iniziò l’attività pubblicistica collaborando a riviste come « Il Convegno » e « Pegaso ». Dopo il 1931, anno di pubblicazione deilla sua prima raccolta di novelle dal titolo La vedova allegra, si dedicò, anche grazie all’aiuto di Ugo Ojettì e G.A. Borgese, al giornalismo militante. Collaborò all’« Ambrosiano », per cui fu corrispondente dalla Germania prehitleriana, e a [...] [...]iste come « Il Convegno » e « Pegaso ». Dopo il 1931, anno di pubblicazione deilla sua prima raccolta di novelle dal titolo La vedova allegra, si dedicò, anche grazie all’aiuto di Ugo Ojettì e G.A. Borgese, al giornalismo militante. Collaborò all’« Ambrosiano », per cui fu corrispondente dalla Germania prehitleriana, e a « Pan ». Nel 1935 fu assunto dal « Corriere della Sera » e perciò dovette prendere la tessera fascista che in un primo momento gli era stata rifiutata per i suoi trascorsi contro il G.U.F.. Dal 1935 al 1937 fu in Inghilterra come inviato speciale.
I suoi articoli erano improntati a una sorta d) nazionalismo Culturale, tèndente a sminuire il presunto idealismo britannico presentato come falso e ambiguo. Ad esso contrapponeva la tradizione italiana interpretata, in ossequio agli slogan ufficiali, In Sènso antintellettualistico e antiborghese.
Secondo Piovene, allo scrittore era lecito tenere nei confronti del regime un atteggiamento ambivalente. Se egli da un lato gratificava il fascismo con i suoi pezzi giornalistici improntati à un enfatico ottimismo civile, dall'altro, raccolto nella sua interiorità, si illudeva di raffigurare con le sue elaborazioni artistiche il vero volto di una società malata. In questo modo
lo scrittore si lasciava passivamente utilizzare dalla propaganda del regime senza sentirsi in mìnima parte corresponsabile, non dando alcun peso alla sua attività ufficiale. Così ogni questione non direttamente artistica era acriticamente abbandonata al conformismo del regime.
Nel 1939 si recò, sempre come inviato speciale[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 401
Brano: [...]). Nella notte tra il 25 e il 26 aprile Riccardo Lombardi assunse le funzioni di prefetto di Milano, incarico al duale era stato designato dal C.L.N.A.I. fin dall’agosto 1944.
Dopo la Liberazione fu designato ministro dei Trasporti nel primo governo De Gasperi (10.12.1945 1.7, 1946).
Eletto alla Costituente nel 1946, in quello stesso anno divenne segretario del Partito d’Azione (dopo le dimissioni di Emilio Lussu) e vi rimase sino allo scioglimento del partito (ottobre 1947). Aderì poi al Partito socialista italiano, nel quale milita tuttora, membro della Direzione. È stato eletto deputato in tutte le legislature, sempre mantenendosi su posizioni di coerente antifascismo militante.
La democrazia dei C.L.N.
Sulla delicata fase di trapasso dalla democrazia del C.L.N. (nell'Italia del Nord appena liberata) al potere del governo centrale direttamente controllato dagli Alleati, Lombardi ha fornito l’interessante testimonianza della sua esperienza di prefetto di Milano. Uno degli episodi, ha scritto Lombardi, « che mi pare abbia condizionato anche i successivi, è stato il rifiuto da parte del C.L.N. di fare assumere ai prefetti l’impegno di dipendere politicamente dalle autorità militari alleate, dalle quali formalmente avrebbero avuto la nomina [...].
Quando, nell’agosto 1944, il C.L.N. fece la designazione dei prefetti, fui proprio io che subordinai la mia accettazione, per quel che riguardava la prefettura di Milano, all’impegno che doveva essere preso da tutti i designati di pubblicamente dichiarare, nel momento in cui fossero stati formalmente investiti, che [...] [...]i fossero stati formalmente investiti, che essi si sarebbero considerati politicamente responsabili davanti al C.L.N. e non davanti all’autorità, militare alleata, dalla quale ricevevano l’investitura. La cosa può sembrare bizantina, ma aveva allora una grandissima importanza, se non si dimentica che una delle crisi maggiori della Resistenza, quella che fu determinata dalle dimissioni di Bonomi nell’ottobrenovembre
1944, derivò dal fatto che egli presentò le dimissioni al Luogotenente. Non è vero che alcuni partiti del C.L.N., allora si fossero opposti alle dimissioni di Bonomi; essi si opposero non alle dimissioni, ma al fatto che Bonomi avesse in un certo modo ricostituzionalizzato il potere della monarchia,
di nominare il capo e i membri del governo, che così sarebbero stati responsabili politicamente davanti al Luogotenente e non davanti al C.L.N. ».
L’autore continua soffermandosi sul carattere assunto dalla epurazione (v.) e sui limiti generali del nuovo regime democratico in Italia: « Nel problema istituzionale si vedeva[...] [...]importante formazione partigiana dell’Oltrepò Pavese.
I primi elementi di questa formazione si riunirono nel maggio 1944, quando l’organo di direzione militare del Partito comunista italiano (la Delegazione lombarda per i Distaccamenti e le Brigate d'assalto Garibaldi) decise di inquadrare e potenziare alcune bande d’incerta fisionomia esistenti in quel territorio (vi operava, tra le altre, la banda di Giovanni Antoninetti, futura 6a Brigata «G.L. »), dove già si spingevano saltuariamente altre forze organizzate (come i garibaldini ligurialessandrini e i giellisti piacentini che avrebbero poi dato vita, rispettivamente, alla Divisione Garibaldi « Cichero » e alla Divisione G. L. « Piacenza »).
Per iniziativa di Domenico Mezza
dra (Americano) e di Carlo Lombardi (v.) tra il maggio e il giugno 1944 fu costituita la 51a Brigata Garibaldi « Arturo Capettini ». Questa incorporò vari gruppi, fra cui quello del varzese Angelo Ansaldi (Primula Rossa), dislocato nell’alta vai Staffora tra il Passo del Brallo e le Capannette di Pei. Alla «[...] [...] di Pei. Alla « Capettini » si sarebbero affiancate, sempre col sistema dell’assorbimento di bande preesistenti — la 87a Brigata Garibaldi « Crespo » (commissario Mario Colombi) e la 88a « Casotti », comandata dal conte Luchino Dal Verme (v.), sino a formare, tra l’agosto e il settembre 1944, la III Divisione « Lombardia » comandata da Domenico Mezzadra (commissario politico Orfeo Landini) e organicamente dipendente dalla VI Zona Ligure.
Battaglie e rastrellamenti
La « Capettini » colse i primi successi militari nella zona di Varzi, a Montemartino e, nel luglio 1944, nella battaglia deH’Aronchio (v.) allorché, in collaborazione con la 4a Brigata « G. L. », tenne lungamente in scacco 500 nemici.
Verso la metà di agosto la « Crespi », insieme a elementi della 6a Brigata « G. L. », conquistò il castello di Pietra Gavina respingendo poi sanguinosamente due puntate nemiche.
A fine agosto, il primo grande rastrellamento che investì non solo l’oltrepò, ma anche il Piacentino, l'Alto Tortonese e parte della provincia di Genova (v. Bobbio), colse la III Divisione « Lombardia » ancora in fase di organizzazione: la « Crespi » si batté al Penice unitamente alle « G. L. », ma[...] [...], che fin dal 23 agosto aveva inviato alcuni distaccamenti in aiuto ai garibaldini della vai Borbera (combattimento di Pertuso), tentò invano di difendere il Brallo e la sera del 26 agosto fu costretta a ripiegare con parte delle sue forze verso le Capannette di Pei, dove si congiunse coi garibaldini del Tortonese, a loro volta in ripiegamento. In un’imboscata cadde ferito il nuovo comandante della « Capettini », Angelo Aliotta (v.). Catturato, egli venne poi fucilato con altri 2 garibaldini il 29 agosto a Cerreto Lomellina (al suo nome verrà poi definitivamente intitolata la Divisione). Riorganizzata ai primi di settembre, la Divisione « Aliotta » condusse splendide azioni, culminate con la presa di Varzi (1619.9.1944), raro esempio d’attacco partigiano armo
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successivi |
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine G.L., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili. |
<---fascisti <---fascista <---comunista <---fascismo <---antifascista <---socialista <---C.L.N. <---italiana <---fasciste <---nazifascisti <---italiano <---comunisti <---Storia <---italiani <---P.C.I. <---antifascisti <---socialisti <---italiane <---Bibliografia <---Brigata G <---antifascismo <---P.S.I. <---Partito comunista <---Brigata G L <---Divisione G <---Divisione G L <---S.A.P. <---S.S. <---nazista <---nazifascista <---nazisti <---Italia Libera <---socialismo <---C.V.L. <---giellisti <---cristiana <---Dante Livio Bianco <---Diritto <---G.A.P. <---lista <---Alpina G <---Alpina G L <---C.L.N.A.I. <---D.C. <---gielliste <---giellista <---Comitato centrale <---azionista <---Brigate nere <---De Gasperi <---I Divisione Alpina <---socialiste <---nazismo <---A.N.P.I. <---Brigata S <---Brigata S A P <---Italia libera <---Pratica <---antifasciste <---d'Azione <---nazifasciste <---azionisti <---Filosofia <---La lotta <---Luigi Ventre <---Medicina <---Monte Rosa <---P.S.I.U.P. <---Scienze <---Zona libera <---collaborazionisti <---d'Italia <---dell'Italia <---Comando G <---Comando G L <---La Spezia <---La sera <---Linea Gotica <---U.R.S.S. <---democristiano <---emiliana <---ideologia <---liste <---marxista <---massimalista <---naziste <---riformista <---squadristi <---Agraria <---Benedetto Croce <---Borgo San Dalmazzo <---Fernando De Rosa <---G.N.R. <---La prima <---P.C. <---San Marco <---Tito Speri <---franchista <---mazziniana <---sindacalisti <---Antonio Gramsci <---Aurelio Verrà <---Bianchi di Roascio <---Brigate G <---Brigate G L <---Dopo I <---Ettore Rosa <---Ferruccio Parri <---G.L <---I Divisione Garibaldi <---In particolare <---La formazione <---Membro del Comitato <---R.A.P. <---S.I.P. <---San Damiano Macra <---San Giorgio <---San Pietro <---Sergio Toja <---Tancredi Galimberti <---U.S.A. <---V Divisione Alpina <---Val Ceno <---autista <---democristiani <---eroismo <---gappisti <---leninista <---liberalsocialista <---listi <---nazionalismo <---paracadutisti 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