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Il segmento testuale G.E. è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 26Entità Multimediali , di cui in selezione 7 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 366

Brano: [...]l paese sono stati rasi al suolo e il nome del comune cancellato ».

La solidarietà mondiale

La notizia suscitò immensa indignazione e commozione in tutto il mondo: i minatori inglesi lanciarono la parola d'ordine: « Lidice shall live» (Lidice dovrà vivere). Il laburista Barnett Stross, il cui nome appartiene oggi al viale che conduce al monumento di Lidice, fu il primo presidente di un Comitato immediatamente costituito per preparare il progetto di ricostruzione. Con una serie di iniziative cominciò anche una raccolta di fondi nella cittadina inglese di StokeonTrent. L’esempio fu seguito da altre città. A Washington, fecero parte del Comitato americano Albert Einstein e Charlie Chaplin.

Nel dopoguerra vennero gettate le basi della nuova città e progettati

10 chilometri di nuove strade, costruite per lo più dai partecipanti al I Congresso mondiale della gioventù, tenuto a Praga nel 1947. Nel 1950 si insediarono nella nuova Lidice le prime 50 famiglie. Nel 1959 furono inaugurati una grande Casa della cultura, la sede del Comitato nazionale e un moderno emporio. La Casa della cultura dispone di teatro, cinema, biblioteca, ristorante e costituisce un centro di attiva vita sociale per l’intero circondario. Lidice conta oggi lo stesso

numero di abitanti del periodo prebellico.

L.I.D.U.

Lega Italiana Diritti dell’Uomo. Associazione d[...]

[...]ocratici, socialisti, radicali, massoni, di « Giustizia e Libertà », liberali di sinistra, anarchici, ecc.. Oltre ad assicurare un’opera di costante aiuto agli emigrati politici italiani e a difendere gli antifascisti dagli arbìtri amministrativi e delle polizie locali, l’associazione mirava a organizzare in ogni centro dell’emigrazione italiana una propria sede (nucleo), dove gli antifascisti italiani potessero incontrarsi, trovare appoggi, svolgere attività di propaganda politica. La L.I.D.U. sopravvisse alla Concentrazione (1934) e fu attiva sino allo scoppio della Seconda guerra mondiale.

Dapprima i comunisti non vi aderirono, ma dopo il VII Congresso dell’Internazionale Comunista (1935), in armonia con la politica di Fronte popolare (v.), un certo numero di membri del P.C.I. entrò nell’associazione per stabilire con le altre forze antifasciste legami unitari nello sviluppo della lotta contro il fascismo. Nondimeno i comunisti avevano istituito una propria organizzazione di massa con carattere di classe e denominata Unione popola[...]

[...].U. fu Alceste De Ambris, con Luigi Campolonghi segretario. Alla morte di De Ambris, la presidenza passò a Campolonghi e segretario divenne Alberto Cianca (v.).

Nell’ottobre 1935, quando la maggioranza dei delegati antifascisti riuniti a Bruxelles votò a favore di un telegramma al presidente della Società delle Nazioni per chiedere un efficace programma di sanzioni contro l’aggressione mussoliniana all’Etiopia (v.), il messaggio fu firmato da G.E. Modigliani per il P.S.I., da Egidio Gennari per il P.C.I. e dal presidente della L.I.D.U. Campolonghi.

Si veda anche la voce Bruxelles, Congresso di.

Bibliografia: Aldo Garosci, Storia dei Fuorusciti, Laterza, Bari, 1953; Ch. F. Delzell, / nemici di Mussolini, Einaudi, Torino, 1966.

Liebknecht, Karl

N. a Lipsia il 13.8.1871, ucciso a Berlino il 15.1.1919. Figlio di Guglielmo Liebknecht (18261900), che fu uno dei capi della socialdemocrazia tedesca e direttore del quotidiano Vorwàrtsl, dopo un breve esordio nella professione di avvocato si dedicò interamente all'attività politica, militando nelle file del Partito social[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 758

Brano: Modesti, Ostelio

III

dagli operai del Cantiere di Monfalcone, alla testa di questa formazione partecipò alla battaglia di Gorizia (v.) f dove rimase gravemente ferito. Dirigente della Federazione comunista di Udine e del movimento partigiano locale, dopo la Liberazione ricoprì diverse cariche politiche e nell'A.N.P.l..

Coinvolto nei fatti di Porzus (v.)f nel dopoguerra fu arrestato insieme a numerosi altri compagni di lotta. Nel 1951 fu processato a Lucca e condannato, nel clima di rovente anticomunismo dell'epoca, a 30 anni di reclusione, di cui dovette scontarne 9 prima di essere liberato dallamnistia.

Appena udita la faziosa sentenza che lo condannava come uno dei principali mandanti delle esecuzioni avvenute nel febbraio 1945 (e alle quali non si era vol[...]

[...]ato centrale venne poi chiamato a far parte.

Allo scoppio della guerra civile spagnola fu uno dei primi combattenti a Madrid. Inizialmente semplice miliziano, divenne organizzatore del famoso Battaglione «■ Thaelmann » e ne assunse il comando. Fu successivamente uno dei comandanti del Quinto Reggimento e comandò poi la IV Divisione, il V Corpo d’armata, infine l'Esercito dell’Ebro. Pur avendo cominciato la guerra come miliziano, la terminò da generale. Come capo militare, Modesto parte

J.G. Modesto (1939)

cipò alle battaglie di Madrid, del Jarama, di Guadalajara, di Brunete, Teruel, Belchite e dell'Ebro (v.). In quest’ultima battaglia, la più grande della guerra di Spagna, Modesto ebbe il comando deU’Agrupación autonoma del Ebro che comprendeva tutte le forze repubblicane impegnate sul campo.

Morì poco dopo aver finito di scrivere le sue memorie che furono pubblicate postume, alcuni mesi dopo, sotto il titolo Soy del Quinto Regimiento, opera che per riconoscimento degli stessi storici franchisti rappresenta un importante con[...]

[...]dopo, sotto il titolo Soy del Quinto Regimiento, opera che per riconoscimento degli stessi storici franchisti rappresenta un importante contributo alla storia della guerra civile spagnola.

V.Vi.

Modica, Enzo

N. a Roma il 10.2.1923; pubblicista. Studente, durante i mesi dell’occupazione tedesca fu attivo nelle file della Resistenza romana, organizzando nell’Università « consigli di facoltà » antifascisti. Dopo la Liberazione fu tra i dirigenti romani del Fronte della Gioventù, poi della Federazione giovanile comunista. Dal 1952 passò al lavoro culturale del P.C.I.. Direttore della rivista IncontriOggi, nel 1955 curò la prima raccolta degli scritti di Eugenio Curiel (v.). Fu successivamente tra i dirigenti della Federazione comunista romana e segretario regionale per il Lazio. Membro del Comitato centrale del Partito dall’XI Congresso, nel 1972 fu eletto senatore.

Modigliani, Giuseppe Emanuele

N. a Livorno il 28.10.1872, ivi morto il 5.10.1947; avvocato socialista. Intellettuale di origine borghese, aderì al socialismo fin dagli anni della gioventù, collaborando alVAvanti!. Dalla fine del secolo si mise in luce tra i dirigenti del P.S.I. e nel 1913 fu eletto deputato alla Camera, per la circoscrizione di Budrio (Bologna). Pacifista intransigente e consumato oratore, si distinse nelle battaglie parlamentari.

In un suo discorso rimasto famoso (3.12.

1914) prese una ferma posizione contro l’interventismo, teorizzando la formula di una guerra senza « vincitori né vinti ».

Come avvocato prestò la sua opera in innumerevoli processi a carico di militanti operai. Dinanzi al Tribunale di guerra di Torino, difese strenuamente i lavoratori imputati per i moti dell'agosto 1917.

Dopo essere stato su posizioni radicali e di assoluta intransigenza

verso ogni forma di collaborazione con i partiti della borghesia, ripiegò su un poss[...]

[...]amentari.

In un suo discorso rimasto famoso (3.12.

1914) prese una ferma posizione contro l’interventismo, teorizzando la formula di una guerra senza « vincitori né vinti ».

Come avvocato prestò la sua opera in innumerevoli processi a carico di militanti operai. Dinanzi al Tribunale di guerra di Torino, difese strenuamente i lavoratori imputati per i moti dell'agosto 1917.

Dopo essere stato su posizioni radicali e di assoluta intransigenza

verso ogni forma di collaborazione con i partiti della borghesia, ripiegò su un possibilismo che lo avvicinò del tutto a Filippo Turati, con il quale finì per trovarsi su posizioni completamente riformistiche. Al sorgere del fascismo, fu tra le voci più autorevoli levatesi in Parlamento a denunziare le violenze dello squadrismo e la tolleranza verso di esse dimostrata dai pubblici poteri. Il 25.6.1920, insieme ad altri deputati socialisti, fu aggredito fisicamente dai fascisti. Nell'ottobre del 1922, con Turati e Treves, fu protagonista della scissione del P.S.I. che portò alla nascita del Partito socialista unitario. Nel 1924 si costituì parte civile nel primo processo per l'assassinio di Giacomo Matteotti (v.). Nuovamente aggredito dai fascisti, espatriò. Si stabilì in Austria e poi in Francia, dove parte[...]

[...]el 1945, rientrò in Italia.

Secondo dopoguerra

Membro della Consulta nazionale, nel 1946 fu eletto all’Assemblea Costituente nelle liste del Partito socialista. Negli ultimi anni della sua esistenza si accostò alle posizioni socialdemocratiche che, sotto la guida di Giuseppe Saragat, snaturavano nel P.S.I.U.P. i contenuti dell’antico riformismo e preparavano la frattura del partito. La scissione di Palazzo Barberini, operata da Saragat nel gennaio 1947, lo vide

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G.E. Modigliani (1924)



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 349

Brano: [...]ate Internazionali di Spagna. Fra i superstiti della guerra di Spagna, Manlio SiJvestri (Monteforte) fu poi il primo commissario politico delle formazioni partigiane bellunesi (v. Belluno), impiccato dai tedeschi a Sappada. Sono anche da ricordare Beniamino Rossetto, un altro degli organizzatori del movimento partigiano bellunese e Luciano Pennello.

Particolare rilievo assunse negli anni Trenta l'azione condotta nell’Università di Padova da Eugenio Curiel (v.) e da un gruppo di suoi amici, tra cui Ettore Lucini e Atto Braun.

Docente universitario, Curiel si sforzò di convogliare le spinte antifasciste presenti tra gli studenti operando nei Gruppi Universitari Fascisti (v. G.U.F.), servendosi del giornale universitario II Bò e attuando un collegamento con la classe operaia attraverso la lotta all’interno degli stessi sindacati fascisti. Un certo orientamento antifascista venne diffondendosi anche per opera di numerosi altri professori che avrebbero poi avuto un peso determinante nella Resistenza, da Concetto Marchesi (v.) a Egidio [...]

[...]o Zancanaro, tra l’altro autore di un intero ciclo (« Il Gibbo»), trasparentissima satira di Benito Mussolini, incisa ed esposta quando il fascismo sembrava aver raggiunto l’apice del potere (v. Arte della Resistenza).

Alla lotta contro il fascismo, durante gli anni del regime i cattolici, contrariamente a quanto pretendono certi tentativi di forzatura storica, non diedero apprezzabile contributo.

Valga, a tale proposito, quanto afferma

G.E. Fantei li, che passa come il maggiore storico della Resistenza cattolica padovana: « Nella lunga parentesi fascista i sacerdoti e i laici cattolici erano stati quasi completamente assenti dal campo politico e sociale: le loro conoscenze in proposito non andavano più in là di un generico antifascismo di origine religiosa e dei luoghi comuni della sociologia dittatoriale. Nel nuovo mondo di libertà e di democrazia, che sarebbe improvvisamente sbocciato dopo la bufera, essi rischiavano di trovarsi completamente sprovveduti. Sorse così neH’ambiente clericale un movimento d’avanguardia per un’opera di cultura sociale ad ampio respiro. Il Vescovo, che prima d’ora non avrebbe certamente approvato l’iniziativa, trovò la forza di superare i tabù del Concordato. Tutto ciò si rendeva necessario per arginare l’ideologia comunista di cui già nel 1940 aveva captato i primi sintomi t[...]

[...]i Ii, La Resistenza dei cattolici nel Padovano, p. 35).

L'Università

Il 12.11.1945 Ferruccio Parri, nella sua qualità di presidente del Consiglio dei ministri, appuntava sul gonfalone dell’Università di Padova la Medaglia d’oro al valor militare, conferita con la seguente motivazione:

« Asilo secolare di scienza e di pace, ospizio glorioso e munifico di quanti da ogni parte di Europa accorrevano ad apprendere le arti che fanno civili le genti, l’Univer

sità di Padova nel l’ultimo immane conflitto seppe, prima fra tutte, tramutarsi in centro di cospirazione e di guerra, né si piegò per furia di persecuzioni e di supplizi. Dalla solennità inaugurale del 9 novembre 1943, in cui la gioventù padovana urlò la sua maledizione agli oppressori e lanciò aperta la sfida, fino alla trionfale liberazione della primavera 1945, Padova ebbe nel suo ateneo un tempio di fede civile e un presidio di eroica resistenza; e da Padova la gioventù universitaria partigiana offriva aH’Italia il maggiore e il più lungo tributo di sangue. Al labaro dell[...]

[...]bre 1943, in cui la gioventù padovana urlò la sua maledizione agli oppressori e lanciò aperta la sfida, fino alla trionfale liberazione della primavera 1945, Padova ebbe nel suo ateneo un tempio di fede civile e un presidio di eroica resistenza; e da Padova la gioventù universitaria partigiana offriva aH’Italia il maggiore e il più lungo tributo di sangue. Al labaro dell’Università di Padova, che conobbe altre insegne di virtù militari, si aggiunge ora la più alta decorazione al valore, testimonianza di un sacrificio e di una vittoria che resteranno ammonimento ed esempio ».

Già subito dopo il 25.7.1943 si era costituito all’interno dell'Università l’embrione del futuro movimento resistenziale padovano e veneto, con la creazione di un Comitato antifascista del quale erano stati promotori i professori Concetto Marchesi, Silvio Trentin ed Egidio Meneghetti. Più tardi, dopo la partenza di Marchesi e la morte di Trentin, Meneghetti diverrà presidente del Comitato di liberazione nazionale regionale veneto. L’1.11.1943 Marchesi, Rettore ma[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 351

Brano: [...]uomini, a Ponte di Brenta il 28.4.1945, durante uno scontro con le SS in ritirata. Comandante delle Brigate del Popolo della provincia fu Marcello Olivi. La Brigata « Damiano Chiesa » era comandata da Graziano Verzotto, la « Luigi Pierobon » da Giuseppe Bussolin, la « Guido Negri » da Toni Ranzato e la « Brunello Rutoli » da Marino M una ri.

Bibliografia essenziale: Anonimus, L'Università di Padova durante l’occupazione tedesca, Padova, 1946; G.E. FanteiIi, La Resistenza dei cattolici nel padovano, Padova, 1965; L. Geremia, Storia della Brigata Garibaldi, Padova, 1946; C. Marchesi, Pagine all'ombra, Padova, 1946; L. Zancan, Egidio Meneghetti e la Resistenza nel Veneto, Vicenza, 1965; G. Gaddi, Saggio sulla stampa clandestina nella Resistenza Veneta, Bologna, 1955.

G.Ga.

Padova, Università di

Tra le più antiche Università italiane, risalendo la sua fondazione al 1222 (si dice che sia stata frequentata anche da Dante Alighieri), durante la sua secolare esistenza ebbe tra docenti e discenti grandi maestri del pensiero scientifico, da Galileo Galilei che vi insegnò per quindici anni, al polacco Niccol[...]

[...]à agraria del Veneto, pronti a entrare nelle squadre dazione fasciste per difendere le proprietà minacciate dalle organizzazioni sindacali cattoliche e socialiste. Questa consistente presenza fascista all’Università non riuscì tuttavia a impedire che un certo numero di docenti e di studenti conducesse una lunga e articolata lotta democratica e antifascista. Negli anni Trenta, esemplare sotto tale aspetto fu il caso delTassistente universitario Eugenio Curiel (v.). Con un gruppo di studenti e di altri intellettuali (tra cui Atto Braun, Guido Goldschmiid, Renato Mieli, Ettore Lucini e Tono Zancanaro) Curiel operò a lungo per orientare gli studenti verso il mondo del lavoro, tra l’altro utilizzando la pagina sindacale del giornale universi

tario fascista II Bò (che significa « Il bue », tradizionale nome e simbolo di quell’Ateneo). Nella pagina affidata alla sua direzione, Curiel, divenuto nel frattempo comunista, applicava con accortezza direttive politiche del suo partito.

La storia degli accorgimenti adottati dagli antifascisti pe[...]

[...]riel operò a lungo per orientare gli studenti verso il mondo del lavoro, tra l’altro utilizzando la pagina sindacale del giornale universi

tario fascista II Bò (che significa « Il bue », tradizionale nome e simbolo di quell’Ateneo). Nella pagina affidata alla sua direzione, Curiel, divenuto nel frattempo comunista, applicava con accortezza direttive politiche del suo partito.

La storia degli accorgimenti adottati dagli antifascisti per svolgere la loro lotta aN’interno dell’Università nonostante la sorveglianza poliziesca e le spie dell’Ovra è ricca di aspetti significativi. Anche in discipline che apparentemente mal si prestavano a tale scopo, i docenti si sforzavano di improntare il loro insegnamento all’amore per la libertà. Il latinista Concetto Marchesi (v.), nelle sue dotte esposizioni non tralasciava occasione per contrapporre la democrazia alla tirannide, sottolineando come in ogni tempo la forza del popolo avesse saputo far giustizia dei tiranni.

A questi antifascisti, che mai avevano cessato di sentirsi tali, si dovet[...]

[...]n Aula Magna il 9.11.1943, alla presenza de! ministro dell’Educazione nazionale Biggini, costituì una aperta sfida del grande uomo di cultura agli occupanti tedeschi e ai loro servi fascisti.

Marchesi era stato nominato Magnifico rettore dell’Università all’indomani del 25 luglio e, all’avvento della repubblica di Salò, pur sapendo che §i trattava di un comunista convinto, il ministro lo aveva confermato nella carica, contando in tal modo di agevolare l'assurda politica di « conciliazione nazionale » che il fascismo repubblicano stava tentando in quei giorni di realizzare soprattutto nel Veneto. Al ministro toccò invece di veder cacciato a furor di popolo dall’Aula Magna un gruppo di camicie nere che vi erano entrate, contro l’antica tradizione di civiltà dell’Ateneo, minacciose e armate. L’ignominiosa cacciata dei fascisti avvenne con l’evidente approvazione di tutto il corpo accademico e tra gli scroscianti applausi della massa degli studenti.

Marchesi tenne poi un discorso quale non si era mai sentito in una occasione del gener[...]

[...] Veneto. Al ministro toccò invece di veder cacciato a furor di popolo dall’Aula Magna un gruppo di camicie nere che vi erano entrate, contro l’antica tradizione di civiltà dell’Ateneo, minacciose e armate. L’ignominiosa cacciata dei fascisti avvenne con l’evidente approvazione di tutto il corpo accademico e tra gli scroscianti applausi della massa degli studenti.

Marchesi tenne poi un discorso quale non si era mai sentito in una occasione del genere, in quanto per la prima volta dava alle forze del lavoro, ai lavoratori, il posto loro spettante nella storia. Ma se il di

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 366

Brano: Saracco, Secondo

Nel 1931, liberato dal carcere con un anno di anticipo a seguito di amnistia, riprese la lotta politica, ristabilendo collegamenti tra i vari gruppi comunisti operanti nell'Astigiano e svolgendo attività clandestina a contatto con il Centro interno del partito. Dopo T8.9.1943 partecipò alla Guerra di liberazione e nel gennaio 1944 fu inviato dal suo partito nel Biellese, dove diventò commissario politico della Divisione “Nedo” (v.).

Dopo la Liberazione divenne segretario della Camera del lavoro di Asti fino al 1948. Successivamente rientrò a lavorare in fabbrica, svolgendo anche vari incarichi in campo politico, sindacale e amministrativo nell’Astigiano. Fu segretario provinciale dei vetrai C.G.I.L., consigliere comunale e provinciale di Asti.

A.To.

Saracino, Orlando

N. a Genzano (Roma) il 12.9.1900; carrettiere.

Membro di un’organizzazione comunista clandestina attiva a Genzano, nel 1927 fu arrestato. Deferito al Tribunale speciale, il 2.10.1928 venne condannato a 5 anni di reclusione.

Saragat, Giuseppe

N. a Torino il 19.9.1898; presidente della Repubblica dal dicembre 1964 al dicembre 1971.

Cresciuto all'impegno politico con l’avvento del fascismo (il padre era un magistrato di origine sarda), una volta approdato al Partito socialista unitario (P.S.U., 1922), dopo il delitto Matteotti e nell'esilio rappresentò la continuità dell’anima riformistica e democratizzante del socialismo, quale si stava trapiantando dai pionieri e maestri (i Turati, Treves, M[...]

[...]residente della Repubblica dal dicembre 1964 al dicembre 1971.

Cresciuto all'impegno politico con l’avvento del fascismo (il padre era un magistrato di origine sarda), una volta approdato al Partito socialista unitario (P.S.U., 1922), dopo il delitto Matteotti e nell'esilio rappresentò la continuità dell’anima riformistica e democratizzante del socialismo, quale si stava trapiantando dai pionieri e maestri (i Turati, Treves, Modigliani), alla generazione del dopoguerra, aperta a nuovi fermenti.

Saragat percorse in seno alle organizzazioni socialiste italiane un lungo e per molti aspetti lucido cammino: venne emergendo sulla arena antifascista nei primi anni Venti (Filippo Turati lo notò al convegno nazionale del P.S.U. del marzo 1925, nel periodo in cui era collaboratore de “La Giustizia”); acquisì fondamentali esperienze prima in Austria, dove fu influenzato da quella socialdemocrazia e dall’austromarxismo, poi in Francia, dove dalle sponde del P.S.U.L.I. (Partito socialista

unitario dei lavoratori italiani) fu protagonista non secondario dell’opera di unificazione con la frazione del P.S.I., guidata da Pietro Nenni (v.). Nel P.S.I. (sezione italiana dell’I.O.S., Internazionale operaia e socialista)[...]

[...]tito socialista

unitario dei lavoratori italiani) fu protagonista non secondario dell’opera di unificazione con la frazione del P.S.I., guidata da Pietro Nenni (v.). Nel P.S.I. (sezione italiana dell’I.O.S., Internazionale operaia e socialista), alleato del P.C.I. nel Patto di unità d’azione (v.) stabilito nel

1934 in funzione antifascista, Saragat rappresentò ai congressi specialmente, in modo dialettico, una riserva e un contrappeso all'egemonia acquisita da Nenni, fino alla rottura, peraltro non definitiva, del 1939 e fino alla drammatica scissione di Palazzo Barberini, all’inizio del 1947 (v. Socialista italiano, Partito).

Dal 1947 Saragat sarà il capo pressoché indiscusso della socialdemocrazia italiana nelle sue varie denominazioni (P.S.L.I., P.S.D.I., ecc.) e nel 1964, dopo essere stato fautore dei governi di centrosinistra aperti a! P.S.I., una volta divenuto presidente della Repubblica incoraggerà l'opera di riunificazione del 1966, ma poi avallerà la rottura di quell'esperimento (1969), anche se perderà la guida polit[...]

[...]ni, fino alla rottura, peraltro non definitiva, del 1939 e fino alla drammatica scissione di Palazzo Barberini, all’inizio del 1947 (v. Socialista italiano, Partito).

Dal 1947 Saragat sarà il capo pressoché indiscusso della socialdemocrazia italiana nelle sue varie denominazioni (P.S.L.I., P.S.D.I., ecc.) e nel 1964, dopo essere stato fautore dei governi di centrosinistra aperti a! P.S.I., una volta divenuto presidente della Repubblica incoraggerà l'opera di riunificazione del 1966, ma poi avallerà la rottura di quell'esperimento (1969), anche se perderà la guida politica del movimento che aveva contribuito a fondare nel 1947, per conservare tuttavia a lungo su di esso una indiscussa egemonia morale e intellettuale.

Formazione politica

Nella formazione di Saragat si avverte fin dalle origini l'influenza della tradizione liberale piemontese, nella versione che fu di Piero Gobetti. La tesi della “rivoluzione liberale” (o la più modesta giustapposizione e sovrapposizione di socialismo e libertà) sarà da lui largamente e permanentemente coltivata come arma di lotta contro la dittatura. In un certo senso, per questo verso, fu un gobettiano di destra con un risvolto socialista democratico: i ceti operai, i lavoratori erano da lui veduti e concepiti come un agente e uno strume[...]

[...]radizione liberale piemontese, nella versione che fu di Piero Gobetti. La tesi della “rivoluzione liberale” (o la più modesta giustapposizione e sovrapposizione di socialismo e libertà) sarà da lui largamente e permanentemente coltivata come arma di lotta contro la dittatura. In un certo senso, per questo verso, fu un gobettiano di destra con un risvolto socialista democratico: i ceti operai, i lavoratori erano da lui veduti e concepiti come un agente e uno strumento rivoluzionario per compiere in Italia la rivoluzione democratica. Arruolatosi volontario, partecipò come soldato semplice e poi come ufficiale di artiglieria alla Prima guerra mondiale. Dopo aver conseguito la laurea in Scienze economiche e commerciali a Torino, entrò nelI’Ufficio studi della Banca commerciale italiana. Nel 1922 si iscrisse al Partito socialista unitario.

Per un giovane entrato direttamente nel P.S.U., che non aveva conosciuto se non indirettamente e con distacco l’esperienza delle lotte di classe prebelliche e postbelliche (che al contrario tanto influe[...]

[...]ionario della Comit — conservò dapprima a Vienna un posto in Banca (nella trafila: Arbeiterbank; Merkurbank; Kreditanstalt) e ottenne poi, a Parigi, un’occupazione negli uffici della Banque des Cooperatives de France.

Paolo Favilli scriverà che nel giovane Saragat prevaleva « una visione piattamente evoluzionistica della teoria marxiana, cosicché l’auspicata dimensione democratica del socialismo si riduceva a risultare il frutto più di una esigenza eticopolitica che di una approfondita analisi teoricostorica ».

Prima dell'espatrio Saragat fu membro della Direzione del P.S.U. (1925) e nello stesso anno collaborò a “Quarto Stato” di Carlo Rosselli e Nenni. Già in questo periodo, semplificando il problema, parlava di una « democrazia marxista ». Nell'esilio in Austria (19271929) fu fortemente influenzato da Otto Bauer (v.) e dalle correnti austromarxiste, senza tuttavia espungere

o superare definitivamente i limiti della sua precedente formazione. Da questi innesti Saragat ricavò in primo luogo la tendenza a interpretare la stessa linea del socialismo come una terza via fra l’esperienza riformista delle socialdemocrazie e l'esperienza rivoluzionaria del bolscevismo e acquisì, più in generale, un orizzonte politico di tipo europeo, anzi centroeuropeo. Tuttavia tenne i contatti con Parigi e con l’emigrazione socialista in Francia, intensificandoli nel 192829, con la collaborazione a “Rinascita socialista”, l'organo del P.S.U.L.I. diretto da G.E. Modigliani.

In Francia pubblicò un saggio importante, di cui si conoscono solo alcuni estratti, su Marxismo e democrazia. In una lettera a Bruno Buozzi del 9.11.1928 scriveva: « Il mio cavallo di battaglia è la sintesi democratica, che dedurrò non dal pensiero economico di Marx (come si è fatto finora), ma dal suo pensiero filosofico. Spero molto jin questo lavoro ai fini dell’unità socialista ». La sua intenzione dichiarata era al

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 568

Brano: [...]lità dell 'Italia e dalla precedente espulsione della destra, il partito italiano riuscì nel fondo a distinguersi nettamente da quelle socialdemocrazie centrooccidentali che avevano capitolato di fronte al bellicismo delle rispettive borghesie nazionali, votando i crediti di guerra e confondendosi poi su posizioni socialscioviniste. Con questo bagaglio già ricco di luci e di ombre, toccò a Giacinto Menotti Serrati (v.), alla testa del gruppo dirigente e dell'"Avanti!”, affrontare la crisi del dopoguerra, che fu caratterizzata da un periodo di slancio (e di euforia catastrofica), di forte espansione elettorale e organizzativa (« socialismo di guerra »), poi da un periodo di reazione borghese e dello Stato, che vide affermarsi per la prima volta in Italia il “fascismo” di Mussolini.

Primo dopoguerra

Non solo per le divisioni fra massimalisti e riformisti, il P.S.I. fallì al suo compito, sia nell'indirizzo “rivoluzionario” abbracciato dalla maggioranza fin dal congresso di Bologna (1919) sia nell'alternativa democratica, debolmente s[...]

[...](1919) sia nell'alternativa democratica, debolmente sostenuta più tardi dal vecchio gruppo turavano. Tanto sul piano tattico che su quello strategico, la cultura e la politica socialiste si trovarono pressoché disarmate di fronte all’irruenza irrazionalista e squadristica delle forze nazionali fasciste. Fra il 1921 e il 1922, intrecciandosi la questione dell'adesione alla Terza Internazionale (v.) al problema politico in

terno, presero corpo (gennaio 1921) la scissione comunista (v. Livorno, Congresso di) e poi quella dei riformisti (ottobre 1922, poco prima della marcia su Roma) che diedero vita al Partito socialista unitario [P.S.U.), capeggiata da G.E. Modigliani (v.), Claudio Treves (v.), Turati e Giacomo Matteotti (v.) che divenne segretario del nuovo partito.

Sotto il peso di queste scissioni e del duro sopravvento fascista, il vecchio P.S.I., ormai più che dimezzato, cercò di provvedere ai compiti più urgenti dell'opposizione, ma dopo l’efferato assassinio di Matteotti e con il fallimento dell 'Aventino (v.) il P.S.I. si trovò proiettato

in condizioni di clandestinità alle quali era quasi del tutto impreparato.

Per quanto aH’interno del P.S.I. le analisi del fascismo e della presa del potere fascista, delle forme o tendenze e basi della dittatura fossero (come del resto accadeva in altri partiti) parzialmente falsate da un eccesso di spontaneismo e soggettivismo, il P.S.I. si trovò al centro di un parziale rimescolamento di uomini e di idee, che per molti aspetti toccava l'insieme delle f[...]

[...]posizione, ma dopo l’efferato assassinio di Matteotti e con il fallimento dell 'Aventino (v.) il P.S.I. si trovò proiettato

in condizioni di clandestinità alle quali era quasi del tutto impreparato.

Per quanto aH’interno del P.S.I. le analisi del fascismo e della presa del potere fascista, delle forme o tendenze e basi della dittatura fossero (come del resto accadeva in altri partiti) parzialmente falsate da un eccesso di spontaneismo e soggettivismo, il P.S.I. si trovò al centro di un parziale rimescolamento di uomini e di idee, che per molti aspetti toccava l'insieme delle forze socialiste. In questo senso, la tradizione di sinistra risalente all’anteguerra, abbastanza diffusa e radicata nel paese, non andò del tutto dispersa.

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All’uscita del X Congresso nazionale del P.S.I. (Firenze, 1908)

568



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 223

Brano: [...]diminuivano.

L'uomo politico più capace di capire fino in fondo il dramma che stava vivendo la Russia era Lenin che, peraltro, non poteva agire pubblicamente, essendo passato nella clandestinità per sfuggire all’arresto dopo le repressioni del luglio. Soltanto il 10 e il 16 ottobre egli potè partecipare alla storica seduta del Comitato centrale bolscevico, nella quale fu decisa l’insurrezione. Si opposero alle sue proposte L.B. Kamenev (v.) e G.E. Zinovev che ritenevano l’insurrezione “prematura”, quindi destinata all'insuccesso. Sulla scia delle decisioni dei bolscevici il Comitato esecutivo del Soviet di Pietrogrado, presieduto da Trotzkij (v.), decise di creare un Comitato militare rivoluzionario (diretto dallo stesso Trotzkij) che divenne poi il centro legale per preparare l’insurrezione. Dal canto suo,

il 16 (29) ottobre il Partito bolscevico creò un proprio centro militare composto da A.S. Bubnov, F.E. Dzerzinskij (v.), la. M. Sverdlov, Stalin (v.) e M.S. Urickij, che entrò a far parte del Comitato militare rivoluzionario e ne[...]

[...]o, presieduto da Trotzkij (v.), decise di creare un Comitato militare rivoluzionario (diretto dallo stesso Trotzkij) che divenne poi il centro legale per preparare l’insurrezione. Dal canto suo,

il 16 (29) ottobre il Partito bolscevico creò un proprio centro militare composto da A.S. Bubnov, F.E. Dzerzinskij (v.), la. M. Sverdlov, Stalin (v.) e M.S. Urickij, che entrò a far parte del Comitato militare rivoluzionario e ne divenne il nucleo dirigente. Collaborarono a questo organismo molti altri dirigenti bolscevichi come Krylenko, Dybenko, Kosior, Lacis, Podvojskij, AntonovOvseenko, Cudnovskij, etc.. La Guardia Rossa (v.), composta da circa 40.000 combattenti, costituiva la forza d’urto dell’insurrezione. Erano da aggiungere circa 150.000 soldati della guarnigione della Capitale, 80.000 marinai della Flotta del Baltico e ancora altre forze. L’insurrezione a Pietrogrado cominciò il 24 ottobre (6 novembre). La sera del 25 si riunì il II Congresso dei soviet. Il Palazzo d’inverno fu preso d’assalto alle due del mattino del 26 ottobre. Nello stesso tempo venivano arrestati numerosi membri del governo provvisorio. Quindi Lenin si presentò al Congresso dei Soviet e ottenne la fiducia per sé, per il nuovo governo (chiamato Consiglio dei commissari del popolo) e per il programma che presentava due misure fonda

L'ass[...]

[...]numerosi membri del governo provvisorio. Quindi Lenin si presentò al Congresso dei Soviet e ottenne la fiducia per sé, per il nuovo governo (chiamato Consiglio dei commissari del popolo) e per il programma che presentava due misure fonda

L'assalto al Palazzo d’inverno (26.10.1917)

mentali: il Decreto sulla pace e il Decreto sulla terra. Nel primo si proponeva a tutti i paesi combattenti di iniziare immediatamente le trattative per una pace generale e democratica senza annessioni e contribuzioni; nel secondo si decretava la confisca delle terre di tutti i proprietari fondiari, della Chiesa e dei conventi, la nazionalizzazione di tutte le terre, delle risorse del sottosuolo, dei boschi e dei corsi di acqua.

L’affermazione del potere sovietico in Russia fu un processo assai contrastato già prima della guerra civile vera e propria. Tre giorni dopo la conquista del potere, ci fu infatti un tentativo controrivoluzionario nella stessa Pietrogrado. Nell’altra capitale storica della Russia, a Mosca, i combattimenti furono assai sanguino[...]

[...]vittoria della rivoluzione a Mosca richiese l’apporto di forze dalle città vicine e dalla stessa Pietrogrado. Molte altre città passarono invece in mano al potere sovietico senza grossi combattimenti o addirittura senza colpo ferire. Il fattore importante se non decisivo della vittoria fu determinato dal passaggio di gran parte dell’esercito dalla parte del potere sovietico, ma qua e là si ebbero subito rivolte antisovietiche:

il primo a insorgere fu l’atamano Kaledin, comandante dell’esercito del Don e al quale presto si unirono i generali Alekseev e Kornilov che formarono un corpo di volontari. Pertanto sul Don il potere sovietico si stabilì saldamente solo nel gennaio 1918. Negli Urali meridionali l’atamano Dutov si ribellò e solo nel gennaio 1918 la sua rivolta

fu domata. In Siberia la lotta fu ancora più lunga, perché qui il proletariato era assai debole e le campagne erano dominate da contadini benestanti [kulak). A Irkutsk il potere sovietico fu proclamato solo nel febbraio 1918.

In Ucraina la lotta fra i soviet e la rada centrale (Parlamento) diretta da partiti borghesi durò l’intero mese di gennaio. In dicembre il potere sovietico aveva vinto in Estonia e Lettonia, ma in Crimea, nel Caucaso settentrionale e nell’Asia centrale la lotta si protrasse fino al marzo 1918. Un carattere assai complesso assunse la guerra civile nel Caucaso, data la prevalenza dei menscevichi in Georgia, dei dasnaki in Armenia e dei musavatisti in Azerbaigian. Solo nel grande centro petrolifero di Baku il potere sovietico si affermò quasi subito.

Il potere sovietico

Mentre venivano liquidati i vari centri di opposizione, nella Capitale

i bolscevichi procedevano allo scardinamento delle strutture politiche e sociali della vecchia società russa e alla creazione dei nuovi organi del potere. Al posto dei precedenti ministeri vennero creati i commissariati del popolo e, il 10 novembre, furono liquidati tutti i privilegi di ceto e la gerarchia civile. Per combattere la controrivoluzi[...]

[...]i Baku il potere sovietico si affermò quasi subito.

Il potere sovietico

Mentre venivano liquidati i vari centri di opposizione, nella Capitale

i bolscevichi procedevano allo scardinamento delle strutture politiche e sociali della vecchia società russa e alla creazione dei nuovi organi del potere. Al posto dei precedenti ministeri vennero creati i commissariati del popolo e, il 10 novembre, furono liquidati tutti i privilegi di ceto e la gerarchia civile. Per combattere la controrivoluzione, il 7 dicembre fu istituita la Ceka (v. N.K.V.D.) capeggiata da Dzerzinskij e il 22 novembre vennero insediati i nuovi tribunali sovietici; il 15.1.1918 fu varato il decreto che istituiva l’Armata Rossa e il 29 gennaio quello per l’organizzazione della Flotta Rossa. Commissario del popolo alla Guerra e alla Marina dal 10.3.1918 al gennaio 1925 sarà Trotzkij, la figura di maggior rilievo dopo Lenin nel corso di tutta la rivoluzione.

Il 26.10.1917 veniva creato il Commissariato del popolo per le nazionalità, affidato a Stalin. Il 3 (16) dicembre era riconosciuto il diritto dell'Ucraina all’autodeterminazione;

il 18 (31) dicembre fu la volta dell’indipendenza della Finlandia. Il 29. 8.1918 il governo sovietico annullerà tutti i trattati stipulati nel XVIII secolo con l’Austria e la Prussia a proposito della spartizione della Polonia.

Nel campo dell’economia il 14.11.

1917 il potere sovietico emise il decreto sul [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine G.E., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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