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Il segmento testuale Fosse è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 27Analitici , di cui in selezione 2 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giovanni Testori, Il Fabbricone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]i denti poi, sentisse chissà che eccessi di somiglianza con la carne umana; fesa, manzo, filetto; tutto uguale; per non parlar di quand'era il fegato che si trovava tra mano. Quel color cupo, quel sangue violastro, quei nervetti! Del resto tutto quel carname cominciava a farle schifo, dal momento in cui se lo vedeva là, ammassato e penzolante dalle vetrine e dalle pareti del negozio.
Perché, in definitiva, il giorno in cui i capi, i padroni, si fossero decisi a dar sfogo a tutto il loro progresso e a tutta la loro umanità, a cosa si sarebbe ridotto il mondo, se non a una macelleria?
Un'altra scarica di razzi s'alzò, in quel momento contro il cielo per dissipare, all'incirca sopra le ortaglie del Pero, un grumo di nuvolaglie, più cupo e più minaccioso degli altri.
Allora la Redenta strinse le labbra tra i denti. Perché già, a sentir certi consigli lei, davanti a quei colpi, avrebbe dovuto pensar a tutto tranne a quell'altra macelleria che era stata la guerra e a ciò che in quella macelleria lei aveva visto, passato e provato; a tutto, tr[...]

[...] tranne alla scarica con cui, fronte albanese, ventitrè novembre, il suo Andrea gliel'avevan fatto fuori senza preavvisi, né niente: un povero corpo crivellato (almeno per quel che era riuscita a immaginare); e dappertutto sangue, sangue che veniva giù sulle braccia, sul ventre; in mezzo alla neve che quel giorno i padroni del mondo avevan lasciato cadere, forse perché di pensar a quelle cose non avevan avuto né la calma, né il tempo; neanche si fosse trattato d'un cane. E da allora, naturalmente, per lei, il capitolo uomini s'era chiuso e chiuso per sempre. Figurarsi, col carattere con cui era venuta al mondo, poi!
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Si e no un respiro, ed ecco un lampo più lungo degli altri saettar giù dalle nubi e lacerar i vetri della casa; nell'interno le stanze parvero incendiarsi; subito dopo, il tuono prese a correr nel cielo per perdersi poi in una catena di brontolii, là, oltre l'orizzonte.
Chiusa dentro la sottana della madre, la Lisetta si senti prender un'altra volta dalla paura; allora diede un grido da bestiolina ferita [...]

[...]le divise, gli elmetti, i richiami, i reggimenti, i gruppi, i comandi, i precetti e i non precetti! « Hanno un bel pari! Dato che poi a me, tanto per dir tutto, la pensione, a darmela, non ci pensa nessuno... »; infatti, quando gliel'avevan ammazzato, lei del suo Andrea era appena la fidanzata e quindi ufficialmente, sia al Comune, sia al Ministero, non risultava niente di niente.
Striminzito, il pezzo di fesa continuava a starle davanti, quasi fosse il simbolo di ciò cui, dài e dài, l'intera umanità, prima o poi, si sarebbe ridotta.
Perché se lei aveva i nervi che aveva; se, otto ore su ventiquattro, si sentiva il cerchio alla testa che si sentiva, un cerchio che certe volte non c'era Kalmine, non c'era Saridon che riuscisse a farglielo passare; se aveva tutto quello e, come soprappiù, la prospettiva di finir i suoi giorni in qualche ricovero, Baggina o no che fosse, purché non di quelli tenuti dalle suore, dato che le suore a lei davan ai nervi... Nervi le suore, nervi i razzi, nervi la carne, nervi tutto! Un bisogno di ribellarsi; un bisogno di sputar su tutto e tutto maledire. Già, ma in che maniera, se non aveva poi la forza necessaria? Fosse stata un uomo, ancor, ancora! Gli muore la fidanzata, a uno coi calzoni ? Un po' di lagrime; un po' di vuoto; poi tutto passa e in due o tre mesi se ne trovan un'altra o si fan l'amante.
Ma lei? Lei era una povera illusa, una di quelle che, stabiliti faccia, nome e cognome d'un uomo, ecco, o quello o niente e nessuno per l'eternità. E siccome i capi, i padroni, loro, insomma, il suo gliel'avevan tolto dalle braccia con una cartolinaprecetto e nelle braccia non gliel'avevan poi più riportato neanche per ve
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derlo, vestirlo e metterlo nella cassa, eccola li, legata ancora [...]

[...]iù distruttore di prima: carte, foglie, pezzi di rame e nugoli di polvere si alzaron allora da ogni parte, scontrandosi e mescolandosi tra loro, mentre le persiane ripresero a sbattere contro i muri e le piante a scricchiolare e a piegarsi.
« 'Sti delinquenti dei padron di casa! » — fece la Schieppati, anche se lei per prima sapeva come, non tanto di padroni si trattasse, quanto d'un consorzio, e d'un consorzio creato a scopi benefici e pii.
« Fosse per loro di questa casa non ci sarebbe più in piedi un mattone! ».
Magra, gli occhi fuor dalla testa, come se i sette figli, prima col latte, poi col resto, l'avessero tutta asciugata, la Schiepp< <i continuava a piegare e ripiegare, un piano sotto la Redenta, quel che di volta in volta finiva di stirare; mutande, camicie, maglie e fazzoletti; e intanto che piegava e metteva da una parte, imprecava a voce alta e malediva.
A quell'improvvisa ripresa del temporale, la Redenta s'illumi
nò tutta d'una gioia vindice e vincitrice:
«Ci siamo! » — si disse, mentre l'occhio tornava a caderle sul
[...]

[...]a.
Intanto, dentro il biancore ingiallito e consunto dei lenzuoli, il vecchio Oliva continuava a guardar immobile oltre la finestra; ma era come se non vedesse niente. La lunga, leggendaria malattia (era infermo da più di sei anni) l'aveva fatto chiamar da tutti gli inquilini: la nostra mummia. Come altri, già diffusi o sul punto d'esserlo, a trovar quel soprannome era stata la Redenta; una volta che la madre del Luciano le aveva detto come non fosse riuscita
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a chiuder occhio tutta la notte per via dei lamenti che, dalla stanza attigua, il malato non aveva smesso un sol momento di emettere, lei aveva esclamato: « Oh, madonna, quella povera mummia! Il giorno che decide d'andare, sarà sempre tardi... »; da allora il soprannome aveva guadagnato tutti ed era arrivato fin dentro la casa degli Oliva, anzi fin al letto del malato, il quale ne aveva sorriso, quasi fosse stato sicuro che avrebbero cosí dovuto averne di pazienza, quelli che nella casa non aspettavan altro che la sua fine!
In verità in quel momento non è che non vedesse niente; malgrado l'età, ottantadue anni, la vista l'aveva infatti ancor buona; ma si sentiva così staccato dal mondo che ben poco di quanto succedeva riusciva a interessarlo; del resto anche adesso teneva sempre nelle mani la corona del rosario e se la stringeva con la gioia, tra animale e innocente, con cui un bambino stringe a sé una caramella o un torrone.
Quel che aspettava era il rientro del figlio e del nipote che l'avre[...]

[...]e per scrivere adoprano merda ».
Allora quel sollievo mancato si tramutò in lui nell'orgoglio di saper che il ritardo del nipote e del figlio era motivato da quella che lui chiamava la causa; la gran causa anzi, della sua famiglia, in particolare, e di tutti gli uomini onesti e di buona volontà, in generale.
«Tanto gridare, tanto far liti, per cosa? » — fece in quello stesso momento la Redenta, come se tra lei e la stanza del piano di sopra ci fosse stato un improvviso, oscuro rapporto di telepatia o come se il nuovo incrudelirsi del temporale le avesse riportato alla memoria l'ultima lite svoltasi li, nella casa, lite che era stata anche quella una specie di tempesta. S'era avvicinata un'altra volta alla finestra e seguiva lo scrosciar dell'acqua che il vento flagellava senza carità, come se l'intero universo stesse per disfarsi; e lo seguiva con la speranza e col desiderio di poter scorgere nel mezzo, qualche goccia talmente grossa e pesante da non esser più pioggia, ma finalmente grandine, tempesta.
« Parole, improperi, bestemmie... [...]

[...] persiana, staccandosi, precipitò dalla cucina dei Consonni sull'ingresso.
« Aiuto! — urlaron allora i ragazzi, rifugiandosi inorriditi nell'interno — Aiuto! »
«Cosa c'è? — gridò dall'alto la Schieppati — Enrico? Cosa c'è?»
« E' venuto giù un pezzo di casa! » — fece dal basso l'Enrico, preso dal terrore.
«Cosa? »
Dalla sua porta era uscita intanto anche l'Enrica e, sporgendosi dalla ringhiera, chiedeva anche lei, con voce eccitata, cosa mai fosse successo.
« E' venuto giù un pezzo di casa! »
cc Un pezzo di casa? E come? E da che parte? »
« No! Niente paura! — intervenne a quel punto il Tino, che aveva trovato il coraggio di tornar fuori a veder quel che era successo. — E' stata una persiana. S'è tutta sfasciata... »
Così, mentre altre inquiline, gli occhi fuor dalla testa, si sporgevan dalla scala o s'affacciavan alle porte, il vento continuò a tur
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binare tutt'intorno al casone e l'acqua a scrosciare senza trasformarsi però mai in tempesta, come invece, dalla cucina, la Redentat aveva continuato a desiderare e c[...]

[...]va che nel fabbricone la luce sarebbe presto tornata, l'Oliva cominciò a farsi passar nella testa tutti i componenti di quella sciagurata famiglia; prima il padre; poi la madre; infine i tre figli; il maggiore che, forse per lo sfogo con cui liberava nelle palestre la sua cattiveria, risultava il meno peggio; il secondo, il Carlo che, avesse potuto, avrebbe bruciato tutto, preti, vescovi, suore, chiese, oratori, e forse l'intero mondo che non si fosse messo sotto la protezione della sua falce e martello; e la ragazza, che se non era diventata una figlia di Satana vera e propria, lo doveva solo al fatto che il suo carattere e la sua bruttezza non avevan mai indotto nessun uomo ad avvicinarla veramente.
Continuando a trafficar, la testa piena di preoccupazioni, tra pentole e stufa, la moglie dell'Amilcare Villa si decise finalmente a guardare anche lei oltre la finestra per veder cosa succedeva e fu così che vide aprirsi, nel grigio plumbeo del cielo, il primo sfolgorio di luce.
Due piani sotto, la Schieppati che, al riaccendersi delle lam[...]

[...]rgicamente, i vetri.
Subito un profumo di terra e erba bagnata venne su dall'orto e cominciò a diffondersi per tutta la cucina e a rinfrescarla.
Ecco, fra un po', come ogni altra sera, si sarebbe affacciata alla finestra e come ogni altra sera avrebbe visto tornare uno per uno tutti i suoi poveri e disperati compagni di galera, seppur con qualche mezz'ora di ritardo per via che, a muoversi dai rifugi, dovevan aver atteso tutti che il temporale fosse finito: prima gli Oliva, figlio e nipote; poi la Riboldi, la Riboldi madre; dopo ancora
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il Riboldi figlio; quindi la fila interminabile degli Schieppati, la famiglia più numerosa del fabbricone, talmente numerosa, anzi, da domandarsi come facessero a vivere tutti e nove in quella specie di stanza che avevano, la più umida, senza luce e senz'aria della casa; dei buchi ecco, non delle stanze; dietro di loro, la sorella del Luciano, quella che lavorava alla S.I.R.C.A. e che, in definitiva, era una delle poche donne del fabbricone con cui senza scambiar parola, riusciva a esser[...]

[...]igliaccheria! Vigliaccheria, che un giorno o l'altro potrebbero rinfacciarci tutti, preti e non preti! Vigliaccheria e, insieme, paura! Paura di prender una decisione che li sistemi una volta per sempre. Già, ma voi — fece, dopo essersi liberato da quel grumo di catarro, sputando in un fazzoletto che rimise subito sotto la pigna dei cuscini — che colpa potete avere, voi? E' il governo che ha colpa; il governo che sta diventando sempre piú molle! Fosse fatto di donne avrebbe piú decisione! »
« Ascolta un momento, nonno. Siccome la denuncia non si poteva fare... ».
« Abbiamo parlato, discusso... — intervenne a quel punto l'Oliva padre — Non crederai che non si sia pensato d'usar le maniere forti... Ma, ammesso che d'usarle fosse sembrato il caso, cos'avremmo ottenuto? Niente, se non di scender anche noi al loro livello e perder quel che, in definitiva, è il nostro carattere ».
« La galera; ecco quello che ci voleva — cominciò a borbottar il vecchio — La galera... » — ma lo borbottò talmente piano da far credere che, o avesse paura d'esagerare, o volesse tener tutta per sé la goia con cui la fantasia gli mise davanti la scena dei Villa ch, ammanettati, la testa bassa, se ne uscivano, uno dietro l'altro, dal fabbricone; e che ci sputassero sopra tutti, santo dio! Perché poi, quand'è il momento, la religione la si deve[...]

[...]se stavan diversamente; fin dalla giovinezza, infatti, la molla che aveva sostenuto la spirito del vecchio Oliva era stata l'idea del cristianosoldato e del vangelospada, rivoltella e cannone; e fin da allora lui aveva puntato tutto su li; « dico, dato che il sangue nelle vene e la voglia di menar botte, non può avermele date che domineddio... ».
Era dunque stato lui il primo a stupirsi che, di tanto ardore,
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nel figlio non fosse passata che l'ombra; praticante e scrupoloso era, e fin all'eccesso, almeno per lui che aveva sempre fatto tutto un po' più all'ingrosso, ma quanto a decisione, coraggio e combattività, zero; tanto da indurlo a pensare che, il carattere, il figlio l'avesse preso tutto dalla moglie; una santa donna, per carità, che se non era andata in paradiso lei, non sapeva proprio chi avrebbe potuto andarci, santa e strasanta, ma troppo docile, troppo remissiva, ecc. E fin quando si trattava d'una donna, anche negli eccessi, quella virtù poteva considerarsi un vantaggio, ma quando si trattava d'un uomo... [...]

[...] a pensare che, il carattere, il figlio l'avesse preso tutto dalla moglie; una santa donna, per carità, che se non era andata in paradiso lei, non sapeva proprio chi avrebbe potuto andarci, santa e strasanta, ma troppo docile, troppo remissiva, ecc. E fin quando si trattava d'una donna, anche negli eccessi, quella virtù poteva considerarsi un vantaggio, ma quando si trattava d'un uomo...
Non l'aveva mai sfiorato il dubbio che, ove la moglie non fosse stata quel che era, a volare in casa non sarebbero state le avemarie, ma i piatti e, forse, le bestemmie.
Sperare e sperar fin in fondo, l'aveva fatto invece la giovinezza del nipote, almeno fin al ritorno da militare, perché da allora in poi, contrariamente a quel che era logico supporre, il Luigi s'era tutto raccolto in sé; un prete, ecco; ma un prete di quelli che, vedendoli, si dice « fossi in Sua Eminenza quello li lo manderei a far il cappellano in un istituto di suore ». Il terza Reggimento Artiglieria da Campagna, il quinto gruppo, Salerno, Nocera Inferiore e S. Maria Capua Vetere, i[...]

[...]ariamente a quel che era logico supporre, il Luigi s'era tutto raccolto in sé; un prete, ecco; ma un prete di quelli che, vedendoli, si dice « fossi in Sua Eminenza quello li lo manderei a far il cappellano in un istituto di suore ». Il terza Reggimento Artiglieria da Campagna, il quinto gruppo, Salerno, Nocera Inferiore e S. Maria Capua Vetere, invece di rafforzarlo e restituirglielo uomo fatto e finito, l'avevan slavato e rannicchiato; neanche fosse stato a far il servizio in una casa d'esercizi spirituali! Cose sante e strasante, ma che non potevan rimpiazzar tutto! Col mondo come stava andando, poi! Un mondo in cui sarebbe stato necessario svuotarle tutte, 'ste case d'esercizi, venderle e prender ai loro posti, cinema, teatri e televisori. Le palestre, gli stadi del foutbaal, altro che le balaustre e i pulpiti! La gente non viene più in chiesa ? E allora fuori, fuori, in mezzo alle piazze, in mezzo ai bar, in mezzo alle strade! Fuori con le radio, i microfoni, gli altoparlanti e, se era necessario, le trombe e le forche!
Così quel che[...]

[...] nuora, i quali se n'eran stati a soffrir impotenti attorno al tavolo, potessero accorrere.
Perché poi il nipote leggesse tanto (oltre ai libri di pietà, al « Popolo » e all'« Italia », c'eran infatti i periodici di partito e i volumi che prendeva in prestito, due volte al mese, alla biblioteca del Circolino e a quella dell'Oratorio) lui, dati i risultati, non riusciva proprio a capirlo; questo a parte l'imbruttirsi continuo della cera che, non fosse stato d'una razza nella quale i settanta li avevan passati tutti, e passati quasi sempre a cavallo, c'era da sospettare che, ad andarci di mezzo, sarebbe stata la salute. Ma il giorno che, dalle conferenze, dai libri, dai giornali e dai manifesti avesse dovuto passar a pugni, come se la sarebbe cavata con quei bestioni? Perché già, quellilà eran tagliati giù con l'accetta! E anche questa era una cosa che lui non riusciva a capire; vero che, per averli fatti così, il padreterno doveva aver avuto le sue ragioni, ma, lui come lui, al suo posto, i cristiani li avrebbe messi insieme con un po' più[...]

[...]oi, a mangiar fuori, chissà in mezzo a che gente sarà... Lo sfruttano per i muscoli! Muscoli che gli avete messo addosso tu e lei, prima facendolo venir al mondo, poi lavorando come cani per tirarlo grande... ».
« Ha ragione — disse la Liberata, intervenendo per la prima volta, con la sua voce dura e impietosa — Nella nostra famiglia cose del genere non dovrebbero succedere ».
« Ma cos'è che é successo, infine? — gridò la madre — E se per caso fosse in grado di sfruttarli? ».
« Sfruttarli, si, sfruttarli ».
« Oh per quello potete star certi; l'Antonio non é certo il tipo che si fa metter sotto... ».
« Povera illusa! Sfruttar gente che fin qui non ha fatto che sfruttar noi. Il Morini, per esempio, quel maiale di Villapizzone che non lascia star nessuno... ».
« Cosa c'entra, adesso, 'sto Morini che io non so neanche chi sia ? » — s'affrettò a dir la madre.
«
E il presidente della società dove l'Antonio, proprio l'altro giorno, é andato a iscriversi ».
« E allora? Cosa doveva fare secondo te? Cambiarlo? ».
« Iscriversi a un'altra! C[...]

[...]tar gente che fin qui non ha fatto che sfruttar noi. Il Morini, per esempio, quel maiale di Villapizzone che non lascia star nessuno... ».
« Cosa c'entra, adesso, 'sto Morini che io non so neanche chi sia ? » — s'affrettò a dir la madre.
«
E il presidente della società dove l'Antonio, proprio l'altro giorno, é andato a iscriversi ».
« E allora? Cosa doveva fare secondo te? Cambiarlo? ».
« Iscriversi a un'altra! Come se di palestre non ce ne fossero anche nelle nostre sedi! E poi — aggiunse il Carlo, dopo una certa esitazione — non si dice tanto, ma avvisar prima te, lei, me... Va be' che é maggiore, ma lo sa bene anche lui che in queste cose son molto piú pratico io ».
« In queste cose e in tutto » — disse, intervenendo per la seconda volta, la Liberata.
92 GIOVANNI TESTORI
L'ostinazione con cui la ragazza difendeva il fratello, prima ancora di conoscerne opinioni e pensieri, ripugnava a lei per prima, proprio perché le dimostrava ogni volta la sua assoluta mancanza di convinzioni, oltre che di carattere; vero che nella famiglia, l[...]

[...], il pezzo di fesa, un po' d'insalata e due bicchieri di vino, per il Luigi; una fondina di minestra, l'insalata, acqua vichy con spremuto dentro mezzo limone, per lei; e adesso il caffè borbottava nella macchinetta.
« Con 'sti razzi qui, che non lascian sfogare mai il tempo! — aggiunse — Mai! » — ripeté.
« Ma cerca di ragionare, Redenta! Cosa vuoi, che per far piacere a te lascino andar in niente i raccolti ? ».
« Ah, già, come se i raccolti fossero più importanti dei cristiani? Quando poi s'è_visto e si vede in che conto ci tengono! Come mosche ci ammazzano! Ma andiamo, va', andiamo, che la suonata, com'è, ormai l'ho capita, e bene anche! ».
Il Luigi che quella sera aveva in animo di parlar alla sorella il più quietamente possibile, in quanto il discorso avrebbe dovuto cadere sulla decisione che aveva preso di sposarsi di li a un mese, un mese e mezzo, si sentiva imbarazzato; abbastanza deciso su tutto il resto, egli soffriva nei confronti della Redenta d'uno strano complesso e benché fosse certo che, una sistemazione matrimoniale, d[...]

[...]ci ammazzano! Ma andiamo, va', andiamo, che la suonata, com'è, ormai l'ho capita, e bene anche! ».
Il Luigi che quella sera aveva in animo di parlar alla sorella il più quietamente possibile, in quanto il discorso avrebbe dovuto cadere sulla decisione che aveva preso di sposarsi di li a un mese, un mese e mezzo, si sentiva imbarazzato; abbastanza deciso su tutto il resto, egli soffriva nei confronti della Redenta d'uno strano complesso e benché fosse certo che, una sistemazione matrimoniale, dopo la fine che l'Andrea aveva fatto, la Redenta, con le sue idee e le sue fisime, non l'avrebbe mai cercata, non poteva negarsi che lui aveva fatto di lei la sua serva; e va' be' che, al posto dñ trottar come tutte le altre dalla mattina alla sera, le aveva permesso di restarsene a casa, ma insomma... Come poteva dunque decidersi a lasciarla e a lasciarla sola per sempre, dopo tanti anni di silenziosa, difficile, ma continua vita in comune?
Era questa la ragione per cui fin li, davanti alle richieste della sarta perché si decidesse a regolar la pos[...]

[...]so? ».
«Io? Ma io ho capito appena hai messo piede qua. Su, fuori 'sta data; perché, una volta o l'altra, dovrò pur cominciare a pensar ai fatti miei anch'io... ».
III
Finito il temporale, sulle case della città l'aria era tornata ben presto quella di prima, sporca, cioè, polverosa e pesante; sulla periferia, invece, essa aveva conservato il frizzo del dopopioggia, frizzo che sarebbe durato per tutta la notte, se dalle raffinerie del Pero non fosse cominciata, lenta ma inesorabile, l'infiltrazione degli odori.
Si trattava d'un tanfo che in poco riusciva a infettare e a corrompere tutta quanta I'aria. Cosi la fiamma che dalle finestre più alte del fabbricone, come da tutte le case minime e le cascine di Roserio, di Vialba, di Musocco e della Certosa, si vedeva brillare verso nord, non diventava altro che il segnale d'un fuoco nauseante e malefico, fuoco che si ripeteva ogni sera con la monotona rego, larità d'un fatto meccanico, né più né meno dell'odore, quasi che
98 GIOVANNI TESTORI
ogni sera, quelle povere, grandi caserme, addossat[...]

[...]ù assoluto: « Perché di quel che ho detto qui, non deve saper niente nessuno, capito? ».
Ripensandoci, si convinse però che di tornare non era assolutamente il caso; a parte infatti l'umiliazione di riprender l'argomento, anche la Cornini non aveva nessuna convenienza che la notizia si diffondesse, e perciò avrebbe tenuto la bocca ben chiusa. Quanto al marito poi, tornò a dirsi che, almeno per il momento, era meglio aspettare; mentre, appena le fosse stato possibile, avrebbe preso il Sandrino, preferibilmente non li, in casa, o quando, li in casa, non ci fosse stato nessuno, e l'avrebbe fatta fuori; se lui poi avesse avuto qualcosa da dire, gli avrebbe indicato, senza né tanto, né quanto, la porta.
La Schieppati guardò ai piedi della seggiola la gran pigna di biancheria che aveva lasciato li da aggiustare e, secca e decisa come sempre, si sedette, infilò gli occhiali e cominciò a prender la prima maglietta, a farla passare di qua e di là per veder da che parte fosse meglio iniziarne il rammendo.
Benché, salvo la Redenta che a supporlo era arrivata assai presto, nessuno nel fabbricone osasse pensare che lei, madre dedita alle cure della famiglia, potesse farlo, in verità, di tanto in tanto, la povera donna si lasciava andare a maledir i giorni in cui, accettando la stupida e ignorante ingordigia del marito, s'era disposta a metter al mondo tutti i figli che aveva messo; sette! E sette figli volevan dire, sette bocche da sfamare, sette corpi da vestire, sette teste da seguire! Si, seguire, ma come? Che se pur una fa di tutto per starci dietro e far che ve[...]

[...]rrivasse a maledir i figli; era se stessa che malediva e lui, il marito che, pazienza avesse avuto la prospettiva di mi
loo GIOVANNI TESTORI
gliorar la posizione! Invece, no, niente; muratore era, quando ave van avuto il primo; muratore aveva continuato ad essere quando avevan avuto l'ultimo; e muratore sarebbe restato fin a quando le forze l'avessero sorretto.
D'altronde col Sandrino, che dei sette era il secondo, pareva che tutto e tutti si fossero accordati per spingerlo sulla strada su cui s'era messo; strada che in un primo tempo lei aveva solo subodorato, ma che ora, da quando il fratello le aveva dato la bella notizia d'averlo visto con uno di quei tali, conosceva con certezza.
« Si sbaglia e si sbaglia di grosso; il mio Luciano che il suo Sandrino esiste lo sa, giusto perché lo vede qui, per il resto, se propria vuol sfogarsi, vada a prendersela coi delinquenti del Parco, perché é lá che m'han detto che gira, e di notte e di giorno... ».
« Giá, perché il suo Luciano bazzicherà invece le case dei re e dei principi! ».
Adesso i[...]

[...]sto perché lo vede qui, per il resto, se propria vuol sfogarsi, vada a prendersela coi delinquenti del Parco, perché é lá che m'han detto che gira, e di notte e di giorno... ».
« Giá, perché il suo Luciano bazzicherà invece le case dei re e dei principi! ».
Adesso il colloquia di poco prima tornava alla mente della Schieppati così, a pezzi, e non per dimostrarle quanta ragione avesse avuto nel pensar che, a iniziare il figlio su quella strada, fosse stato il Cornini, quanto l'abiezione cui il figlio era giunto. Diciassette anni, diciassette appena compiuti e già così!
Tuttavia, arrivata a quel punto, cosa poteva fare?
Toglierlo da quella strada, se il destino pareva far apposta a non permettergli di trovar un posto che era un posto? E poi; quando uno ha lazzaronato o s'è arrangiato in quella maniera o addirittura ha trovato, come era chiaro che il figlio aveva trovato, una tal fonte di guadagno, in che modo convincerlo a voltar indietro le maniche e a lavorare ?
Mentre l'ago passava e ripassava, ora di qua, ora di lá, lungo la trama d[...]

[...]nsava... Magari diversi eran anche loro, ma diversi per quel che riguardava il colore dei capelli e degli occhi, il carattere e la forma della faccia, perché per il resto...
Ed ora, eccoli lá, buttati giù tutti e sei, a dormire: quattro
IL FABBRICONE 101
nella prima stanza, con un posto vuoto; vuoto perché, naturalmente, il Sandrino non era ancor tornato... No, era meglio, meglio che non pensasse dove e con chi adesso si trovava, perché se si fosse lasciata andare a quei pensieri... Quel giorno poi, col temporale che c'era stato!
« Figurati Edvige se avrei il coraggio di venir qui a dirti una cosa come questa, quando non ne fossi più che sicuro! L'ho visto io, coi miei occhi, intanto che facevo l'ultima consegna. Era ai Boschetti... L'ho riconosciuto dalla maglia, poi l'ho visto anche in faccia; allora per non farmi vedere mi son nascosto dietro una pianta, han continuato a parlar tra di loro per un po', poi son saliti sulla macchina; dalla targa pareva di Como; e lui, il porco, uno sui cinquanta... ».
La miseria, ecco cos'era la vera[...]

[...]fo ad andarci vicino.
Già, neanche la dignità, neanche quella avrebbe voluto che le restasse! A sentir il Luigi, infatti, lei avrebbe dovuto starsene li, buona, buona, o limitarsi, al massimo, a guadagnar quanto bastava per pagar l'affitto; l'affitto e il carbone da metter nella stufa per il riscaldamento.
Siccome sapeva che, quanto al vitto, lei s'arrangiava con niente, farle quella proposta non doveva essergli costato davvero molto. E magari fosse stato lui, a fargliela! No, lei era sicura e strasicura che il fratello, da solo, quell'argomento non l'avrebbe mai e poi mai sfiorato; doveva esser stata la sarta. Figurarsi! Lei la conosceva bene quella specie di mezz'ebrea là, che in tanti anni in cui era
102 GIOVANNI TESTORI
stata l'amica del fratello, non s'era mai degnata di fargli un regalo che era un regalo. Cosa c'era dentro prendergli una camicia, un golf, una cravatta? Niente di niente. Mentre lui, non passava festa che non si preoccupasse di prenderle e mandarle qualcosa di sempre diverso e particolare. Questo, a parte il conqui[...]

[...]mo. Dove sei stato: sù, fuori ».
«Dove son stato? In palestra ».
«Vero? ».
« Ecco qui » — rispose l'Antonio indicando sul tavolo la vali
getta di metallo.
« Be', sai, se é per quello potrebbe anche esser una scusa... ».
« Una scusa? E perché, una scusa ? ».
Dopo un breve silenzio, in cui due o tre pagine del mensile
girarono nervosamente, il Carlo riprese il suo interrogatorio, giusto
come se tra lui e il fratello l'ordine degli anni si fosse scambiato.
« E con chi sei tornato ? Si può sapere almeno quello? ».
« Col presidente » .
« Di pure, con quel maiale del Morini ».
« Ah, la metti così? — ribatté l'Antonio, poi prendendo la va
ligia e muovendosi per passar in camera, aggiunse con una voce
più stanca che irritata — Buonanotte ».
« Antonio — fece il Carlo — Senti, Antonio... ».
104 GIOVANNI TESTORI
« Cosa devo sentire ? Lo sai bene anche tu che da un po' di
tempo in qua non andiamo più d'accordo... ».
« Certo, fin che continui a frequentar della gente come i tuoi
compagni di palestra e i loro capi! Ma tu ti dimentic[...]

[...] Ah, ti faccio ridere! E allora ascolta: fuori dal coso lá...
Mi fa schifo a dirlo, schifo! Be', fuori di lá, sei poi salito con quel
delinquente sulla sua macchina... Ti basta? Era una macchina
targata Como. E' o non è la veritá? » — giunta a quel punto la
madre che, nel fare quella dichiarazione aveva sentito d'arrischiar,
forse per sempre, l'affetto del figlio, fissò a lungo il Sandrino come
per impedirgli ogni scappatoia.
« E se anche fosse la veritá, cosa vorresti dire? »
« Che mi fai schifo e che se non la pianti, la vedi li, la porta ?
Prendi, esci e qui, insieme a noi, non tornare piú, ma proprio piú.
Perché se tu vuoi andar alla rovina, va be', vacci; ma io ho gli altri
sei da salvare. Capito? Gli altri sei! »
A quel punto il colloquio ebbe una lunga pausa, in cui la donna
cominciò a tremare e a stringere e torcer le dita una sull'altra:
« Ma cos'ho fatto di male io, per aver un figlio come te? Cos'ho
fatto? ».
« Domandaglielo a lui. Non ti vien più in mente quel che
m'hai gridato dietro due o tre mesi fa? 'Io, so[...]

[...]daglielo a lui. Non ti vien più in mente quel che
m'hai gridato dietro due o tre mesi fa? 'Io, soldi da dare a te, non
ne ho piú; se dunque riesci a guadagnarli con le tue mani bene,
108 GIOVANNI TESTORI
altrimenti va' per la tua strada'. E siccome di posti, a me, non ne ha mai trovati nessuno, i soldi me li son dovuti guadagnare con quel che ho a disposizione... »
« Sandrino... » — fece la madre cercando di prender il figlio per le spalle; fosse riuscita, l'avrebbe certo stretto in un abbraccio che sarebbe stato d'amore, insieme che di disperazione e di paura. Ma il Sandrind con un colpo gli sfuggi via.
« Sandrino... » — mormorò un'altra volta la donna.
« Lasciami andare, va, che non sto più in piedi dal sonno. Son qui tutto bagnato, non vedi? Del resto se proprio ti faccio schifo non hai che da dirmelo e me ne vado subito. Ormai ho visto che non si fa nessuna fatica a trovar chi, oltre alla grana, ti dà anche il letto. Si tratta solo di cambiar di tanto in tanto, come negli alberghi... »
Il Sandrino non aveva ancor finito di parl[...]



da Giovanni Pirelli, Questione di Prati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]lpo », disse il ragazzo Attilio. Sorrideva.
« Peccato », disse Salomone Croux.
«
Peccato? », disse César Borgne aggrottando la fronte. « Perché
peccato? ».
« Perché era un buon prato ».
74 GIOVANNI PIRELLI
« Se l'ho venduto è perché era un affare ».
Salomone Croux alzò le spalle. « Era della zia Jacqueline buonanima », disse, « vedova di Evaristo Grange, fratello di mia madre buonanima ».
« E zia di mia madre », precisò César Borgne.
« Fosse stato mio », disse Salomone Croux, « non lo vendevo nemmeno per un milione ».
«Lo vendevi si », disse César Borgne. « No, non lo vendevi per paura di farti fregare ».
Il ragazzo Attilio rise forte. Teneva apertamente per César. Puntò l'indice sulla bottiglia di grappa e disse: « Beh, non si beve? ».
La risata di Attilio irritò Salomone Croux. « A questo mondo c'è chi è capace di ragionare e chi non lo è », disse, volgendo, poiché era strabico, un occhio a César Borgne e uno al ragazzo Attilio. « Se hai un prato, sai cos'è. E un prato. È li. Non si muove. Non diventa più grande ma nemmeno d[...]

[...]un amico nei momenti difficili. E così, eccomi qui che mi brucio le budella perché tu ti devi consolare di aver venduta il tuo prato ».
« Al diavolo », disse César Borgne senza più allegria. « Hai deciso di rovinarmi la festa ».
Per qualche tempo nessuno parlò. César, scrupolosamente imitato dal ragazzo Attilio, beveva a generose, ben intervallate sorsate; Salomone a sorsatine fitte accompagnate da smorfie di disgusto. Stavano come se ciascuno fosse solo con il proprio bicchiere. Nella stalla, fiocamente illuminata da una lampadina nuda e sporca appesa ad un chiodo, stagnava il tiepido umidore del fiato della mucca. Impregnava tutto, la mangiatoia, il tavolo di noce, la lunga panca ad angolo dietro il tavolo, gli sgabelli, la credenza rosa dai tarli, le tavole del soffitto, l'intonaco smunto delle pareti. Distesa sulla lettiera la mucca ruminava. L'unica sua compagna, una capra, le stava accanto ritta e immobile; dormiva. Il tempo era senza misura, il resto del mondo inesistente.
Aveva, César Borgne, un magnifico paio di baffi. Baffi al[...]

[...]a sempre piú. Finalmente nostro Signore guarda giù e dice: 'Povero Borgne, è un disgraziato, bisogna dargli una mano'. Gli manda l'industriale di Biella, discutono, si mettono d'accordo. Affare fatto. E che affare! Macché, arriva quel dannato di un Salomone Croux e cosa dice? Dice che i quattrini sono come la grappa...
César guardò la bottiglia. Era andata un pi) giù, si capisce. Però ce n'era tanta, tanta ancora! Si morse il labbro come se gli fosse scappata una bestemmia. Come fosse stato di quelli, cioè, che dopo tirata una bestemmia si mordono il labbro. Aveva scolato il proprio bicchiere ma gli ripugnava di versare dalla bottiglia altra grappa. S'attorcigliava senza posa la punta di un baffo. L'attorcigliava in dentro, rabbiosamente,. Proprio con Salomone Croux doveva capitare, uno che sa quello che dice, tanto é vero che non dice mai quello che pensa; che, per paura di dire quello che pensa, una volta tanto, non prende mai una sbornia, mai. Invece bisognava fargliela prendere.
Salomone fu svelto nel coprire con il palmo della mano il proprio bicchiere ancora pieno a[...]

[...]li passava per il capo di andarsene. Era li e ci stava. Stava immobile, la mano ad artiglio sopra il bicchiere rovesciato, lo sguardo strabico fissato su chissà quale punto del tavolo. E un uomo senza baffi, si diceva César Borgne, meditando. E senza baffi, non beve, non ha una donna. Che uomo è? Non è un uomo. Una donna non è. Cos'è? È un rospo. Prendi un rospo, guardagli sotto la pancia e provati a dire se è maschio o femmina. È un rospo ma se fosse una rana sarebbe lo stesso. Con tutto ciò, se Salomone se ne fosse andato, César si sarebbe infuriato. A uno che ha venduto il suo prato non si dice peccato, non si parla di disgrazia senza nemmeno sapere a quanto è stato venduto; senza spiegare perché.
Fortunatamente c'era anche il ragazzo Attilio. Attilio aveva pensato. La cosa era del tutto inconsueta. Di regola il ragazzo Attilio ascoltava César, gli dava ragione e basta. « Si, la gente chiacchiera », disse. « Chiacchiera per invidia. Se lo sognano un affare così. No, non sono neanche capaci di sognarselo ». Era un fraseggiare imparato da César.
« Tu di affari te ne intendi come te ne intendi di donne [...]

[...]me se l'altro non esistesse.
« Io un prato ce lo avrei », disse Salomone, « come quello che César ha dato via. Quanto sarà stato il prato di César? Se non sbaglio (é difficile che sbagli) milletrecento metri quadri. Il mio é milledue e rotti. Poca differenza. Per il resto é identico, prende lo stesso sole, prende acqua dallo stesso canale. È proprio di fianco al prato che César ha dato via ».
« Credevo », disse il ragazzo Attilio, « che non ci fossero mai due prati identici ».
« Certo che non ci sono. Di proprio identici non ce ne sono mai. Forse che ci sono due bicchieri proprio identici? Forse che questi due bicchieri sono identici? Se guardi bene, uno ha sempre qualcosa
88 GIOVANNI PIRELLI
di diverso dall'altro. Però è un bel caso che ci siano due prati quasi
identici come due bicchieri ».
« E tu glielo daresti? », disse il ragazzo Attilio.
« Farei così. Gli direi: non voglio sapere quanto hai preso del tuo
prato. Non mi interessa. Tanto hai preso, tanto mi dai ».
« Oh », disse il ragazzo Attilio. « Gli daresti il prato senza [...]

[...]pa alla mucca, il ragazzo Attilio. Come, per necessità, la mucca e Salomone, ciascuno a modo suo, avanzavano sgambettando,. così il ragazzo Attilio, per necessità, stava avvinghiato alla sua cavalcatura. Con le mani le stringeva il collo, con le gambe i fianchi. Un cedimento delle zampe posteriori lo scaraventava fin sul deretano della mucca, un contraccolpo lo rimbalzava con il viso tra le corna. Era tanta la paura di finire a terra che, se gli fosse stato possibile, si sarebbe buttato. Non era possibile. Tra la rotondità del ventre della bestia ed i muri del vicolo vi era uno spazio di pochi palmi. Se fosse stato pássibile, avrebbe gridato. Anche questo gli era impossibile. La paura lo soffocava. Quando, superato un ostacolo e riavutosi un poco, apriva la bocca, una nuova emozione — un sobbalzo più forte, lo spigolo di una casa, il buco d'ingresso di una stalla seminterrata, un trave sporgente da un muro — gli frantumava il grido in gola. Una sola volta, chissà come, gridò. Fu quando gli si parò innanzi, basso, nero e minaccioso, l'arco di pietra che copre il passaggio dal vicolo alla piazzetta della chiesa. « Mamma », gridò, appiccicò il viso al collo della mucca e chiuse gli occhi, certo di do[...]

[...]a rigidezza, si trovò a cedere alla forza della catena. Una volta posati gli zoccoli sui primi gradini, prese a salire volonterosamente benché la scala s'avvitasse ripida e stretta. César, precedendola e guidandola, si studiava di illuminarle il cammino lasciando quanto più possibile in ombra il buco centrale lungo cui penzolava la corda della campana. Saliva così bene, quella brava bestia, che sarebbe stato peccato
QUESTIONE DI PRATI 97
se le fossero venuti brutti pensieri. Dietro di lei, distanziato di alcuni gradini, avanzava Salomone. La mente deliziosamente annebbiata, saliva superando i problemi della statica e della dinamica grazie alle padelle che reggeva verticalmente come stampelle, spostandole davanti a sé di gradino in gradino. Il frastuono del ferro ritmicamente battuto sulla pietra era quanto occorreva perché la bestia procedesse con la voluta continuità.
Fermo e rigido nello stesso punto dove, all'inizio, s'era irrigidita la mucca, stava il ragazzo Attilio. Sperava che lo chiamassero. Ma poiché nessuno pareva ricordarsi d[...]

[...]l'indietro, cioè in giù. L'orologio batté i tre quarti. La lancetta seguitò a scendere fino a trovarsi in posizione verticale. L'orologio batté la mezza. I piedi di César tornarono ad annaspare nel vuoto.
« Ah, ah », scoppiò a ridere Salomone, sentendo battere, dopo i tre quarti, la mezza. « Cche mmatto! Cche mmatto! ».
« Ho freddo », disse il ragazzo Attilio.
La mucca stava perfettamente tranquilla, le quattro zampe piantate sull'assito come fosse la sua lettiera, il muso sporgente oltre la sbarra della finestra come fosse la sbarra della mangiatoia.
Fuori, i piedi di César avevano trovato un nuovo appiglio. Avevano trovato, sul quadrante dell'orologio, le asticelle in lamiera delle ore; rilievi minimi, di pochi millimetri, sufficienti, tuttavia, perché la punta degli scarponi vi facesse presa. La punta dello scarpone destro mordeva l'asticella delle ore tre, la punta del sinistro le asticelle delle ore nove.
ioo
GIOVANNI PIRELLI

Aveva disposto il corpo a leva, con le braccia e le gambe tese ed il sedere buttato in fuori. II sedere fungeva, cioè, da fulcro, i piedi da potenza e le mani da resistenza[...]

[...]avendo più nulla da fare, cominciò a sospettare d'essersi cacciato in un guaio. Ancora non gridò, non chiese aiuto. Non lo fece per due motivi: primo, perché gli seccava di chiedere aiuto; secondo, perché sapeva che nei casi del genere gli altri fanno confusione e basta. La faccenda doveva venir risolta fra lui e la mucca. Si issò sulle braccia, abbandonando l'appiglio dei piedi, puntò il cranio contro il petto della bestia e spinse. Spinse come fosse mucca contro mucca. La vera mucca non arretrò di un centimetro; si limitò a scrollare il muso sbavando addosso al padrone. César si calò indietro, ritrovò l'appiglio dei piedi, riposò un poco, rinnovò il tentativo. Dopo il terzo tentativo si rese canto che sprecava molta energia mentre la sua antagonista non ne sprecava affatto. C'era poi l'aggravante di una sbornia che riguardava lui, non la mucca. Sentiva spossatezza alle braccia e un certo tremito che dal calcagno gli saliva al ginocchio. Brutta faccenda quando uno impastato in parete comincia ad avere il tremito alle ginocchia. È segno ch[...]

[...] sulla costa e giù verso il fiume.
102 GIOVANNI PIRELLI
XI
Ce ne vuole, da queste bande, per cavare uno dal letto. Se il rumore è in casa o viene su dalla stalla, è un'altra faccenda. Ma se viene da fuori, si pensa a uno dei soliti ubriaconi che fa bisboccia o baruffa con i compagni, o impreca contro la moglie che ha sprangato l'uscio di casa. Affari suoi. Ci si tira la coperta sopra la testa e si ripiomba nel sonno. Infatti, per quanto forti fossero le urla di César, nessuno vi aveva badato, nessuno si era mosso. Ma quando i rintocchi della campana si diffusero sul paese ed echeggiarono nella valle, allora l'atavico senso del pericolo e della solidarietà nel pericolo spinse tutti, precipitosamente, fuori dai letti e dalle case.
I primi a giungere furono Eliseo Chénoz e suo figlio Zino, la cui abitazione dava sullo spiazzo della chiesa. Nell'oscurità (erano scesi senza lanterna; quanto alla lampadina sopra il lavatorio, era permanentemente bruciata) videro una sagoma che penzolava dalla finestra del campanile, agitandosi e urlando : « [...]

[...]iovane moglie di Ferdinando, seguita da un po' di giovanotti intraprendenti, era corsa a casa, pur non avendo molte speranze di trovare il cantuccio dove il marito nascondeva la sua preda bellica dell'otto settembre. Nell'attesa sorgeva una perplessità analoga a quella già sorta nel campanile. Abbattere una mucca, l'unica mucca di César, senza il consenso del padrone? E se invece della mucca si colpiva César? Nessuno se la sentiva, quando il '91 fosse arrivato, di sparare. Intanto, anch'essi riempivano l'attesa di parole, osservazioni e congetture inutili. Parlavano gli uomini. Le donne si stringevano negli scialli e tacevano. Qualcuna recitava macchinalmente preghiere. Dei bambini, diversi piangevano. Piangevano perché avevano freddo, o perché avvertivano il senso della tragedia, o ancora perché, avendo riso dell'uomo penzoloni e della mucca in cima al campanile, s'erano presi uno scappellotto.
QUESTIONE DI PRATI 105
Tra campanile e piazzetta c'era ormai tutto il paese; come, sul litorale, tutt'un paese di pescatori quando c'è in mare u[...]

[...]e, gli colava lungo il mento.
« Un fazzoletto », disse Luigino Brunod: « Chi ha un fazzoletto pulito? ». Nessuno lo aveva. Un ragazzino parti alla ricerca di un fazzoletto pulito.
Salomone », sospirò César. « Salomone ».
Lo andarono a prendere. Salomone Croux era ancora in cima alla rampa del campanile, pieno di paura. La morte inaspettata della mucca lo aveva sconvolto. Si lasciò condurre abbasso, riluttante e al tempo stesso rassegnato come fosse tra due carabinieri. Dietro Salomone venne anche il ragazzo Attilio pallido come un cencio. La cerchia intorno a César si apri per lasciarli passare.
César socchiuse un occhio su Salomone, lo richiuse, scosse debolmente la testa. « Chi lo avrebbe mai detto », sussurrò sconsolatamente.
« Io te lo avevo detto », reagì Salomone. Parlava forte perché tutti lo sentissero. La paura gli aveva fatto sloggiare la sbornia. Il trovare César ancora vivo gli faceva sloggiare la paura. Tornava ad essere l'uomo diffidente e calcolatore di sempre. « Io te lo avevo detto di non fare pazzie. Ti avevo detto c[...]

[...]ci io? ». Non incontrò che volti chiusi, sguardi nemici. « Perché », gridò in uno scatto d'ira, « non date voi i vostri. prati? Perché devo darli io? Ve li paga, non avete sentito?, ve li paga in contanti. Avanti, perché non gli fate una offerta? ».
Nessuno parlò. Se qualcuno fece una mossa, fu per ritrarsi, per defilarsi dietro le spalle di un altro. Se c'era chi doveva accontentare il povero César, chi doveva rinunciare a un prato, era giusto fosse Salomone Croux. Se non altro perché era antipatico.
« Non parliamone più », disse César. « Bevi, Salomone. Bevi e non parliamone più. Attilio, vieni ragazzo, vieni vicino a me. Bravo. Tu sei bravo. Adesso metti la mano sotto la giacca. Trovato? Tira, tira fuori ».
La mano tremante del ragazzo Attilio estrasse da sotto la giacca di César un pacco di banconote ancora legato con lo spago. Erano banconote da diecimila tutte nuove fiammanti. Era un grosso pacco. Un mormorio di stupore corse fra i paesani. Salomone Croux spalancò gli occhi. Settecentomila? Di più? Più di settecentomila?
César di[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Fosse, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Basta <---Certo <---Come <---Cosa <---Così <---Dei <---Diritto <---Ecco <---Giù <---Perché <---Povera <---Voglio <---siano <---Abbandonò <---Abbatterla <---Ahi <---Allentò <---Allontanò <---Almeno <---Altro <---Anche <---Andate <---Andiamo <---Anticristi <---Aosta <---Artiglieria <---Asciugati <---Ascolta <---Aspettar <---Aspettare <---Attaccati <---Attilio Glarey <---Auguri vivissimi <---Avaro <---Aver <---Baggina <---Balzani <---Bambin Gesù <---Bambino Gesù <---Bastioni <---Bel <---Belfront <---Belfront Augusto <---Biella <---Binda <---Bisogna <---Boja <---Bordeaux <---Borgne <---Borgonuovo <---Brunod <---Buffoni <---Buoni <---Calmati <---Cambia <---Cambiarlo <---Campagna <---Capitale <---Capito <---Carrobbio <---Cercò <---Che César Borgne <---Che Dio <---Chenoz <---Chiacchiera <---Chiamatela <---Chissa <---Chissà <---Chénor <---Chénoz <---Circolino <---Cogne <---Col <---Compi <---Compito <---Con Claretta <---Con César <---Contò <---Cornini <---Cosi <---Croux <---Cyprien Berthod <---César <---César Borgne <---César a Salomone <---Del resto <---Dentro <---Di Claretta <---Di César <---Di Luigino Brunod <---Dico <---Dietro Salomone <---Dinamica <---Diteglielo <---Domandaglielo <---E César Borgne <---Eliseo Chénoz <---Espinasse <---Evaristo Grange <---FAI <---Facciamo un bel corteo <---Fai <---Fammi <---Ferdinando Berthod <---Fermala <---Foemina <---Franchino <---Fuori <---Già <---Gli <---Grappa <---Guarda <---Hai <---Hotel Royal <---Impiccala <---Kalmine <---La Redenta <---La banda <---La lotta <---La notte <---Lasciami <---Lasciatelo <---Lasciò <---Laurent Pascal <---Lino Guichardaz <---Lino Guicherdaz <---Lisetta <---Lo vendevi si <---Ma Attilio <---Macché <---Magra <---Maltoni <---Mambretti <---Mandò <---Marconi <---Maria Capua Vetere <---Meglio <---Meroni <---Mezzo <---Mon djeu me <---Morini <---Morirà <---Muoio <---Muovetevi <---Muscoli <---Musocco <---Nervi <---Niente <---Nocera Inferiore <---Nome <---Non voglio <---Ogni <---Oh Dio <---Oltre <---P.C. <---Parco <---Parliamone <---Parola di César Borgne <---Paura <---Pecos Bill <---Però <---Pession Eliseo <---Più <---Più Attilio <---Pochi <---Popolo <---Portò <---Povera Claretta <---Povero Eliseo <---Prenderlo <---Prova <---Puntò <---Quale <---Quando sei sbronzo sei intelligente <---Reagì <---Redentat <---Restelli <---Riboldi <---Ricontali <---Rinascita <---Ripensandoci <---Roserio <---S.I.R.C.A. <---Sacremon <---Sacrenom <---Salomone Croux <---Saltò <---San Wuilliermo <---Sandrind <---Sarai <---Saridon <---Sarà <---Scese <---Schiep <---Schiepp <---Schieppati <---Scolò <---Sei <---Sessanta <---Sessantacinque <---Settantacinque <---Sfruttar <---Sfruttarli <---Smettetela <---Smettila <---Sollevò <---Spiegaglielo <---Statica <---Storia <---Sua Eminenza <---Tentò <---Toglierlo <---Torniamo pure al bicchiere <---Tu Attilio <---Tua <---Uno di noi <---Vacci <---Valtournanche <---Vengon <---Verso <---Via Zoagli <---Vialba <---Villa Fiorita <---Villapizzone <---Vogue <---Vorresti <---Vuota <---antagonista <---anticristi <---autista <---commercialista <---cristiani <---cristiano <---d'Attilio <---d'Ivrea <---dell'Amilcare <---dell'Antonio <---dell'Oliva <---dell'Oratorio <---fagiani <---persiana <---persiane <---ripiano <---seminaristi <---virtuosismo



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