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Il segmento testuale Finita è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 135Analitici , di cui in selezione 4 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Quinto Martini, Memorie in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]ma preparava, la sera, il cibo e la biancheria da mandargli la toccavo leggermente. Una volta volevo fare un nodo ad un fazzoletto; la mamma mi disse:
« Nan lo fare, potrebbero crederlo un segnale speciale ed Aldo verrebbe punito ».
Io non comprendevo cosa ci potesse essere di tanto brutto e misterioso in un nodo di un fazzoletto. Più tardi ho capito che anche con un fazzoletto annodato si possono dire malte cose e soprattutto a un carcerato.
Finita la battitura fui mandato a passare qualche mese dallo zio in un paese del comune di Vinci. Andai con un mio cugino che . si recava a prender le fastella di scope in un bosco vicino alla sua casa. Fui accolto con gran festa dai miei zii come se fossi stato un loro figlio che da molto tempo non vedevano. Aiutavo lo zio nelle sue faccende e mi piaceva star con lui. Mi declamava interi canti dell'Orlando Furioso. Ad uno dei suoi figli aveva messo nome Orlando, ad un altro Ruggero e alla figlia Bradamante. Strano uomo questo mio zio. Aveva una bottega dove si vendeva il necessario per le poche cas[...]



da Alberto L'Abate, Tre storie di emigrati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]. Un giorno mia figlia, che a quei tempi lavorava nella fabbrica di sigarette con mia moglie, tornò a casa tutta piangente. Quel tipo 11, insieme alla moglie, l'avevano attesa davanti all'uscita della fabbrica ed, in faccia a tutte le sue compagne, si erano messi ad insultarla dicendo: Tuo padre è un farabutto, digli che ci dia i soldi che ci deve » e così via. Aveva già fatto una cosa del genere con me, qualche tempo prima, così decisi di farla finita. Andai alla polizia, spiegai che cosa era successo e dissi che avrei pagato quando avrei potuto ma che, per il momento, non ero in grado di farlo. Ma che intanto dovevano far smettere quelle persone di insultarmi perché non ne avevano alcun diritto. Il capo telefonò a quel tipo. Io non so bene il francese ma qualche cosa riuscii a capire. Gli disse che era molto meglio che stesse zitto perché non aveva alcun diritto di farmi pagare tanto e che, se io volevo fargli causa, sarebbe andata a finire male per lui. Infatti aveva dichiarato che pagavamo 100 franchi invece di 200. A sentire così fui c[...]

[...]are dei lavori. Quando si ebbe finito ci portò un piatto grandissimo di tonno all'olio, del pane e del vino. Spazzolammo tutto, tanto avevamo fame. E facevamo spesso dei piccoli lavori usando gli utensili del carro officina: non chiedevamo soldi ma roba da mangiarsi: riparavamo ferri da stiro, piccoli mulini per macinare il grano, rubinetti, insomma tutti quei piccoli lavori di meccanica o di elettricità che può fare un artigiano in un paesino.
Finita la guerra tornai a Modena, ma ero in incognito, per non essere richiamato dai fascisti, allora c'era la Repubblica di Salò; e così, per un po' di tempo, dovetti arrangiarmi a fare tutti i mestieri, per vivere. Ho pulito mosti, poi sono entrato in una bottega per riparazioni di macchine da scrivere. Siccome non ero dichiarato non avevo tessere per i viveri e non ce la facevo, avevo sempre fame. Alla fine decisi di rientrare alla FIAT dove cercavano degli alesatori; non l'avevo mai fatto, ma, con la mia esperienza di tornitore, non mi ci volle molto ad impararlo. Intanto ero entrato in contatto[...]



da Armanda Guiducci, La morte grande in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...] Stalin.
Se la folla che si riversa al Gum non conosce altro rituale all'infuori dell'urto, della pressione, altra regola all'infuori di quella dello scambio immediato fra denaro e merce, la folla ancor più composita dei pellegrini al Mausoleo sottostà a un rituale prestabilito, a una vera e propria regia della morte.
Lo scopo é quello — alquanto mistico — dell'esaltazione e consacrazione della grandezza sovietica. La suggestione drammatica, infinita, che la morte esercita sui viventi, viene spesso sfruttata per questo fine sottilmente deviante. Il fascino delle «grandi tombe » é equivoco, quando intorno ad esse non cresca l'inesorabile erba, ma la pietra progettata.
Il Grand Tombeau di Napoleone a Parigi, calato alla maniera fa
60 ARMANDA GUIDUCCI
raonica in un immenso pozzo scolpito (così che solo dall'alto riesca possibile afferrarne il blocco delle dimensioni) é equivoco nella stessa maniera repellente, come sfruttamento della potenza della morte per la
potenza tout court. _
A costo di grandiosi trucchi architettonici, ciò che é [...]

[...]: « Sono gli occhi dal taglio esotico leggermente asiatico, che imprimono alla sua maschera di rude lavoratore un'aria ironica. C'è qualche cosa nello sguardo e nella espressione del viso che lo fanno apparire sempre sorridente. O meglio, si direbbe che egli stia sempre per sorridere. Così pure Lenin ».
Eppure, con la sua giustizia ironica, la metamorfosi irrimediabile ha cancellato ogni ricordo di sorriso dal piccolo volto d'avorio di Lenin, infinitamente più asiatico e più ironico nel taglio; lo ha mantenuto — una traccia beffarda e sconvolgente — su quello grezzo e sanguigno di Stalin.
L,
LA MORTE GRANDE 65
Un sorriso impercettibile, chissà come fissatosi agli angoli delle labbra, che riesce peri a diffondersi, per tutta la faccia; un sorriso dominatore, di chi ce l'ha fatta, e che impone la presenza del terribile. La tenace indefettibilitá di tutti i dolori sofferti nei luoghi di esecuzione, nelle camere di tortura, urta contro quel sorriso — uno scontro silenzioso e pauroso di masse di energie invisibili.
« Basterà che io muova il[...]

[...]ettivi morali: la fiammata unica della sua esistenza. I suoi occhi per primi, e quella zona palpitante di significati che li circonda — luogo prediletto di scavo; e quell'altra area di palpito alla radice del naso, vicino alla bocca; e la bocca stessa, pozzo misterioso e superbo dell'articolazione; e quella plaga intorno alle labbra, dove l'accento di un intero modo di esistere si incontra con i significati che calano dagli occhi, e li fermano.
Finita l'operazione, il viso — quali ne siano stati i tratti volitivi — é conformato a una maschera. Ma a una maschera tragica. Mentre rimangono rispettate proprio le parti più anonime, più disabitate dall'intelligenza (« La morte / non sa chiedere scusa »), la deformazione di ogni altro tratto tradisce il grado della lotta avvenuta: l'accanimento dell'uomo a rimanere uomo; della morte a disfarlo.
Ora, fissando le maschere a cui sono ridotti Lenin e Stalin, due lottatori di tempra, colpisce l'assenza di conflitto. Somigliano troppo a un'iconografia, con una pretesa anticipata di eternità. Si penser[...]



da Giovanni Pirelli e Piero Malvezzi (a cura di), Lettere di condannati a morte della Resistenza europea in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]enivano scelte le vittime umane. A Petrikow la cosa si presenta così: dinnanzi alla fossa si è spogliati nudi, ci si deve inginocchiare e si attende il colpo. Le vittime stanno in riga ed attendono il loro turno. Intanto devono sistemare ordinatamente i primi, i fucilati, nelle fosse, in modo che lo spazio sia ben sfruttato e ci sia ordine. L'intera procedura non dura molto. Dopo una mezzoretta gli indumenti dei fucilati sono di nuovo nel lager. Finita l'azione il consiglio degli ebrei ha ricevuto un conto di 30.000 zloty per pallottole consumate, da pagare... Perché non possiamo gridare, perché non ci possiamo difendere ? Come si può veder scorrere tanto sangue innocente e non dire nulla, e non fare nulla, e aspettare ciascuno la medesima morte ?
Così, miseri e senza pietà dobbiamo finire. Credete forse che vogliamo finire così, morire così ? No! No! Non vogliamo! Nonostante tutte queste esperienze, l'istinto di conservazione sembra diventare più forte, più intensa la volontà di vivere quanto più s'avvicina la morte. Non si riesce a compr[...]

[...]officine di Darr e suppliziato nel marzo 1945. (Lettera tratta dalla raccolta « De Sidste Timer », Berlingske Forlag, Copenaghen, 1946)
13 marzo 1945
Cara mamma e papà,
questa mia lettera sarà dunque il mio ultimo saluto a voi. Oggi ho saputo la mia condanna. La pena capitale. Molto probabilmente avrete già saputo cosa ho fatto. Ho partecipato a varie azioni di sabotaggio e sono corresponsabile dell'uccisione di un ufficiale tedesco, ed ora é finita. Il pensiero non mi preoccupa eccessivamente, perché, da (panda partecipavo a quelle cose, ero preparato alla possibiltà che il peggio si verificasse.
Mi dispiace soltanto di non avervi avvertiti, quando mi recavo da voi in ferie, ma ogni volta pensavo che sarebbe andata bene, e non c'era dunque ragione di informarvene. Per quanto riguarda il motivo che mi ha spinto ad agire come ho agito, non mi resta che dire che ho obbedito alla mia convinzione, e l'avvenire mostrerà se era giusto o no.
Non mi é facile coordinare i pensieri, volevo dirvi tante cose, ma non trovo le parole.
Non pensatemi[...]

[...]ARTHUS
Francese, studente al Liceo Buffon di Parigi. Arrestato con altri quattro studenti nel corso di una manifestazione al liceo, il 10 marzo 1942, viene con essi fucilato, l'8 febbraio 1943, al MontValerien (Parigi). (Lettera al padre tratta dalla raccolta «Lettres de fusillés n, Éditions France d'Abord, Paris, 1946)
8 Febbraio 1943
Mio carissimo,
non so se tu t'aspettassi di rivedermi: io me lo aspettavo. Ci hanno detto stamattina ch'era finita, allora addio. So che è un col
LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA EUROPEA 41

po molto duro per te, ma spero che tu sia abbastanza forte e che saprai continuare a vivere, avendo sempre fiducia nell'avvenire.
Lavora, fa questo per me, continua ad occuparti dei libri che volevi scrivere, pensa che io muoio da Francese per la mia Patria..
T'abbraccio forte.
Addio, carissimo jean Arthus
VALERIO BAVASSANO
Italiano, nato a Genova il 14 gennaio 1923, operaio elettromeccanico. Partigiano nella III Brigata Garibaldi « Liguria », il 17 aprile 1944 viene catturato nel corso di un [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Finita, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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