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Il segmento testuale Filosofia della storia è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 216Analitici , di cui in selezione 10 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] F. Alderisio, Riflessioni di A. Gramsci sul concetto della finalità nella filosofia della prassi in Studi gramsciani

Brano: [...]rre in qualche modo alla fonte hegeliana questa plastica e notissima immagine critica di Marx (e che fu poi anche di Engels), raffigurante un uomo capovolto, che stando con la testa in basso e con le gambe per aria si sforzi tuttavia di camminare (come sanno fare i saltimbanchi), e diretta quindi a riprodurre — con immediato e irresistibile effetto di comicità — la strana posizione che all'uomo sarebbe stata data dalla concezione hegeliana della filosofia della storia e, anzitutto, da quella del diritto e dell'eticità. Difatti Gramsci osservò che l'immagine degli « uomini con la testa in giú » dové derivare dallo stesso Hegel, poiché questi se ne era servito « parlando della Rivoluzione francese » , e scrivendo che « in un certo momento della Rivoluzione francese (quando fu organizzata la nuova struttura statale) pareva che il mondo camminasse sulla testa, o qualcosa di simile ». Egli inoltre (affidandosi ancora ad un suo vago ricordo, per l'impossibilità in cui si trovava di riscontrare le fonti) aggiunse anche che il Croce si sarebbe una volta domandato [...]

[...]enso e valore, tanto positivo nell'uso fattone dallo Hegel, quanto negativo nell'uso a controsenso e a distorsione critica, a cui ben presto quell'immagine della testa (resa, da eretta, rovesciata) era stata comicamente ridotta da qualche spiritoso antihegeliano, o piú verisimilmente da un riformatore di sinistra del sistema di Hegel. Ed io confesso di aver provato un certo disappunto per non aver trovato alcuna soddisfazione ad una
1 Cioè alla Filosofia della storia di Hegel (cap. ultimo: p. 552 dell'ed. tedesca Reclam, Leipzig, 1924). Il passo a cui Labriola si riferiva (esprimendo soprattutto un consenso, e non una critica, e per il pensiero di Hegel e per la opera dei giacobini, in quanto essa intendeva porre il mondo della storia sulla testa dell'uomo, cioè basarlo sulla ragione) è questo: « Da quando il sole sta fisso nel firmamento ed i pianeti gli girano intorno, non si era ancora visto che l'uomo si pone sulla testa, cioè sul pensiero, e secondo questo costruisce la realtà — sich auf den Kopf, das ist, auf den Gedanken stellt, und die Wirklichkei[...]

[...]l Lukàcs in una sua pregevole opera 1, in cui con grande diligenza e discernimento ha indagato
e ripresentato le fonti del pensiero hegeliano e di quello marxistico, ed ha adoperato assai di frequente, ed a scopo critico, la frase auf den Kopf quasi come un trito ritornello o uno scongiuro.
però un fatto che il nostro A. Labriola, la cui illuminata e profonda ortodossia marxistica è fuori discussione anche rispetto alla revisione critica della filosofia della storia di Hegel, si astenne tuttavia dall'usare — a scopo di critica — quell'immagine della testa umana rovesciata, cosí com'era stata, se non foggiata, adoperata anche da Marx. Né si può supporre che il Labriola l'avesse ignorata, o non l'avesse rilevata, ma piuttosto che egli, piú avveduto e moderato critico della posizione hegeliana in materia di filosofia della storia e di etica e politica, non intendesse di spingere la sua critica fino al segno di un totale rovesciamento o capovolgimento di quella. Ed io non ritengo qui fuori luogo di richiamare una chiara allusione al senso astrattamente realistico o materialistico, cioè troppo unilaterale, che quell'immagine aveva assunto contro l'idealismo hegeliano, cioè l'allusione che ad essa fu fatta dallo Spaventa in un luogo della sua Logica e Metafisica, dove essa è accompagnata dalla dovuta critica. Premessa da lui l'esplicita ammissione che sia impossi
1 È l'opera di G. LUKÀcs, Der ¡unge Hegel Ueber die Bezi[...]

[...]B. Spaventa per congiungere insieme l'evoluzione del Darwin col dialettismo idealistico dello Hegel (lavoro che Spaventa « cornpié da sé » nel 1864, e cioè appena un quinquennio dopo l'apparizione del capolavoro di Darwin; e del felice congiungimento dell'evoluzione naturalistica con la dialettica del pensiero Antonio Labriola altamente lodò il suo antico maestro in una lettera a Engels del 14 marzo 1894).
Felice Alderisio 69
bile trattare la filosofia della storia « sulle nude tre dita dell'Idea in sé, Idea fuori di sé e Idea in sé e per sé, senz'altro » (o, in altri termini, soltanto « sulla testa delle Idee, o dello Spirito », come suonava il ritornello critico dei marxisti), cosí Spaventa proseguiva: «Quel che non posso ammettere è il dommatico autaut del realismo e dell'idealismo, dell'a posteriori e dell'a priori; o con buone gambe, ma cieco; o veggente, ma zoppo. Hegel stesso ha sempre protestato contro questa mutilazione dell'integrità dello spirito scientifico. E pure ci ha di quei che annunziano di aver superato Hegel, sacrificando la luce , d[...]



da Ernesto De Martino, Apocalissi culturali e Apocalissi Psicopatologiche in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]na è esaminata in H. BIETENHARD, Das tausendjährige Reich, Zurigo 1955. Per la apocalittica protocristiana è da vedere in generale, oltre che O. CULLMANN, Christus und di Zeit: die urchristliche Zeit und Geschichtsauffassung, Zurigo 1948, la problematica connessa al cosiddetto ` rinvio ' (Verzögerung) della parusia e, in particolare, H. CONZELMANN, Die Mitte der Zeir, Tübingen 1954 (6' ed. 1962), con larga bibliografia. Per il legame tra moderna filosofia della storia ed escatologia giudaicocristiana, cfr. K. Löwrra, Meaning in History, Chicago 1948 (Weltgeschichte und Heilsgeschichte, Stuttgart 1953; trad. it. Significato e fine della storia, ed. Comunità, 1963); R. NIEBUHR, Faith and History, New York 1949. Un tentativo, del resto molto discutibile, di abbracciare in un'unica valutazione complessiva le diverse modalità storiche del millenarismo cristiano
108 ERNESTO DE MARTINO
delle grandi religioni storiche, connesso al mito delle periodiche distruzioni e rigenerazioni del mondo (3). In quarto luogo, infine, sta il documento etnologico degli attuali m[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Petronio, Gramsci e la critica letteraria in Studi gramsciani

Brano: [...]della impossibilità di combatterlo con le armi ormai spuntate del positivismo, proclamanti la necessità di rifarsi ai principi di Marx ed Engels, per adattárli alle nuove esigenze della vita sociale e culturale italiana, ma incapaci, poi, di svolgere essi quel compito di cui pure avvertivano l'urgenza 1.
1 Per qualche esempio dr. A. SCHIAVI, «Per la cultura socialista», in Critica sociale, XXII, 1912, p. 147 sgg.; T. CoLucci, « A proposito di filosofia della storia e di marxismo », ivi, XXIII, 1913, p. 268 sgg.
Giuseppe Petronio 227
Gramsci svolse lui questo compito, e sono noti i termini nei quali lo pose: elaborazione, o rielaborazione, di una filosofia della prassi, che tenesse si conto delle conquiste particolari del neoidealismo, ma che queste conquiste assumesse organicamente in un sistema tutto diverso di principi; fondazione di un AntiCroce e di un AntiGentile, che ripetesse per i due filosofi dell'idealismo italiano quanto già i fondatori della filosofia della prassi avevano compiuto per Dühring. $ logico, allora, che lo studioso di Gramsci d[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] P. Salvucci, Sul concetto gramasciano di storia della filosofia in Studi gramsciani

Brano: [...]ofia della prassi da lui originalmente rielaborati. Quando si occupa di Hegel, Gramsci rivela in modo impressionante quale finissimo storico della filosofia sa rebbe stato, se avesse voluto o potuto esserlo. Ma di questo piú oltre.
Che il lavoro dello storico ubbidisca alla propria intuizione del mondo
1 Cfr. A. MASSOLO, La storia della filosofia come problema, Firenze, 1955; M. GuERouLT, «La légitimité de l'histoire de la philosophie », in La filosofia della storia della filosofia, pp. 3963 (Archivio di Filosofia, 1954).
254 I documenti del convegno
e dell'uomo è, nel Gramsci, un punto fermo. Il Garin ha ricordato alcune espressioni in questo senso indicative 1. La scelta e la critica di una certa concezione del mondo è un fatto eminentemente politico che esige, perché possa venire sistemato criticamente e coerentemente, un ritorno al passato, alla storia della filosofia, per ciò che essa « mostra quale elaborazione il pensiero abbia subito nel corso dei secoli e quale sforzo collettivo sia costato il nostro attuale modo di pensare... » 2.
La filosof[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Sichirollo, Hegel, Gramsci e il marxismo in Studi gramsciani

Brano: [...]ella pagina che stiamo leggendo, come passaggio da un piano sociologico ad un piano storico.
Proseguiamo: « La filosofia della prassi è diventata anch'essa " pregiudizio " e " superstizione": cosí come è, è l'aspetto popolare dello storicismo moderno ma contiene in sé un principio di superamento di questo storicismo » 3. La formulazione è ora diversa, i due strani sono avvicinati e ne risulta un concetto della filosofia della prassi come di una filosofia della storia: infatti si parla subito dopo, e Gramsci fa propria la filosofia della storia hegeliana, dell'antitesi materialismo e spi
M. S., p. 87.
2 L, pp. 467.
3 M. S., p. 87.
272 I documenti del convegno
ritualismo come antitesi di classe popolare e classi tradizionali che si genera ad ogni fase di rivolgimento. a Hegel, a cavallo della Rivoluzione francese e della Restaurazione, ha dialettizzato i due momenti della vita del pensiero, materialismo e spiritualismo, ma la sintesi fu " un uomo che cammina sulla testa "» 1. Questa immagine hegeliana ritorna in Gramsci ancora, e non sembra mediata da Marx ma frutto di un'attenta lettura delle ultime pagine delle Vorlesungen übe[...]



da Theodor Wiesengrand Adorno, Aldous Huxley e l'utopia [traduzione di Elèmire Zolla] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]ti e che quindi la loro coscienza si spinge oltre il sistema sociale; egli non mette in dubbio l'autenticità dell'acume critico di Bernard, ma esso viene attribuito ad una sorta di inferiorità organica, all'inevitabile inferiority complex e nella stesso tempo l'intellettuale ebreo radicale viene incolpato, secondo i modelli consacrati, di volgare snobismo e di obbrobriosa viltà morale. Dopo che Ibsen inventò Gregers Werle e Stockmann, anzi dalla filosofia della storia hegeliana in poi, la politica della cultura borghese, in nome di un atteggiamento che abbraccia e comprende la totalità, ha denunciato colui che la vorrebbe diversa come un autentico rampollo e insieme aborto del Tutto al quale si oppone, ribadendo inoltre che la verità, sia contra di lui sia attraverso a lui, sta pur sempre dalla parte del Tutto. Il romanziere Huxley é solidale con questo atteggiamento, mentre il profeta della cultura aborre dalla Totalità, Gregers Werle rovina coloro che vorrebbe salvare, e chiunque si ritenga piú saggio perché si ribella contro la stolidità noni'si'può"dth[...]



da Vittorio Strada, Per una teoria del romanzo russo in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]nteggiano: quello della tradizione e quello della modernità (e poi della modernizzazione). Non c'è bisogno di fare i nomi di Burke e di Tocqueville, il quale ultimo introduce potentemente un nuovo termine di confronto: non semplicemente l'America, ma la democrazia americana come prototipo della futura società di massa.
Tutti questi « punti di vista » erano parziali, anche se tendenti a una universalizzazione. Con l'idealismo tedesco, con la sua filosofia della storia e, in particolare, con l'idealismo storicofilosofico hegeliano compare un « punto di vista » assoluto che ricompone in un grandioso disegno dinamico tutta l'Europa e la nonEuropa: è il punto di vista dello Spirito, che
252
VITTORIO STRADA
ha eletto la sua sede ultima nella civiltà europea e si dispiega nel fiore supremo nato sul terreno di quella civiltà, la filosofia hegeliana appunto.
Dopo Hegel viene Marx. E il panorama storicouniversale costruito da Hegel si spezza per ricostituirsi secondo un nuovo disegno e una nuova prospettiva. Il disegno è quello tracciato non da uno spirito sp[...]

[...]nalità storicoculturale (si pensi, ad esempio, alla fortuna di una simile concezione nell'America Latina), l'idea dell'originalità storica russa ha la caratteristica di non esaurirsi in una meccanica contrapposizione alla cultura europeooccidentale, ma di porsi in un rapporto di dialettica continuità rispetto a essa su una base comune: quella del cristianesimo e del socialismo. A costruire l'ossatura di questo rapporto EuropaRussia interviene la filosofia della storia dell'idealismo tedesco, e di Hegel in particolare, e poi la filosofia della storia marxiana, nata essa stessa da quella hegeliana. Per il romanzo russo questo orizzonte filosoficostorico ha importanza costante. In un certo senso lo sviluppo storico viene vissuto come lo sviluppo di un intreccio romanzesco, poiché è proprio delle filosofie della storia di costruire uno schema « narrativo » di sviluppo storico. E il
6 Stat'i Lorda Dzeffri o Vil'gel'me Mejstere, in « Moskvitjanin », 1854, t. n, n. 8, kn. 2, otd. kritiki, p. 172. Cfr. al proposito V. ZIRMUNSKIJ, Gete y russkoj literature, Leningrad 1937, pp. 48692.
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romanzo russo si presenta quasi come una[...]

[...]d. kritiki, p. 172. Cfr. al proposito V. ZIRMUNSKIJ, Gete y russkoj literature, Leningrad 1937, pp. 48692.
260 VITTORIO STRADA
romanzo russo si presenta quasi come una metafora di questo grandioso romanzo filosoficostorico nel cui intreccio entra un nuovo e decisivo personaggio: la Russia appunto. Una struttura filosoficostorica articola variamente il mondo del romanzo russo, secondo principi che variano da autore a autore. In Leskov, dove una filosofia della storia è assente come momento esplicito e consapevole, c'è tuttavia una impostazione di racconto secondo i moduli di una tradizione « orale » e nella direzione di realtà « indigene » che risalta su un implicito sfondo di « modernità » europea. In Tolstoj la rivolta contro la civiltà moderna è, evidentemente, una rivolta antieuropea che si fa esplicita in Guerra e pace, entrando a far parte della stessa struttura narrativa e sorreggendone la vastità epica e l'aura idillica.
L'orizzonte filosoficostorico del romanzo russo ha varie conseguenze sostanziali e formali. Sul piano dei contenuti si ha una r[...]



da Giovanni Mari, Ritratti critici contemporanei. Louis Althusser in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]». Che il marxismo, « contrariamente alla frettolosa definizione di Lenin », non è « `un blocco d'acciaio', ma comporta difficoltà, contraddizioni e lacune » che hanno un loro preciso ruolo nella crisi attuale (« Non possiamo infatti contentarci di risolvere tutto con la responsabilità di Stalin », Finalmente, p. 225).
Nel 1978 i punti di maggior debolezza del pensiero di Marx gli appaiono i seguenti: la sopravvivenza in esso dell'« idea di una filosofia della storia » che, come l'« unità fittizia » imposta al Capitale dall'esigenza di dover partire dall'« astrazione del valore », rileva un'insufficiente resa dei conti filosofica con l'hegelismo; le ben scarse indicazioni circa la natura e la funzione della « sovrastruttura » (« il diritto, lo Stato, le forme ideologiche »); l'assenza di una riflessione teorica sul problema dell'organizzazione (mo, pp. 113120). L'idea di una crisi del marxismo permette infine una nuova consapevolezza storica: questa crisi non può essere considerata un mero fatto recente ed improvviso, essa appare piuttosto come qualcosa d[...]

[...]rivoluzionario a partire dal 1845). Sia il concetto di
« rottura epistemologica », per designare un fatto interno a tale itinerario (la discontinuità teorica tra la scienza marxista della storia e la sua preistoria hegeliana e, soprattutto, feuerbachiana) ed insieme per sottolineare tutta la « specificità » e « novità » della fondazione del materialismo storico (Marx apre il « continenteStoria », precedentemente occupato dalle ideologie e dalla filosofia della storia, alla scienza: un evento teorico e politico
« irreversibile » e « senza precedenti nella storia umana »). Sia infine la tesi dell'antiumanesimo teorico di Marx. Tuttavia egli dà due interpretazioni della « rottura epistemologica » e quindi della storia e della periodizzazione di Marx. Nel primo periodo (non solo negli scritti compresi nel Per Marx: 196065, ma anche in Lenin e la filosofia: 1968) Althusser non vede le
« condizioni sociali, politiche, ideologiche e filosofiche » della « rottura epistemologica » e riduce questo evento ad un solo fatto interno al pensiero di Marx. Ne « constata[...]

[...]lasse proletarie e dal connesso mutamento filosofico rappresentato dal distacco nei confronti dell'antropologia filosofica di Feuerbach. Questo passaggio determina una rottura (rupture) ideologica nei confronti dell'ideologia e della filosofia borghese ed una richiesta, da parte di questa « rivoluzione filosofica », della « `rottura' (coupure e, in italiano, tra virgolette) epistemologica », dopo la quale soltanto è possibile il non ritorno alla filosofia della storia. « Dicendo: `la rottura epistemologica' è la prima, ed essa è nello stesso tempo `rottura' filosofica, commettevo dunque due errori. Perché, nel caso di Marx, la prima è la rivoluzione filosofica — e questa non è una 'rottura' » (RJL, p. 78). Non è piú la scienza a creare la filosofia, ma è questa, in posizione « centrale », e sotto la spinta della scelta ideologica e politica, a permettere la rivoluzione scientifica imponendo un nuovo « oggetto » alla riflessione (non piú l'uomo, il soggetto, ecc., ma le forze produttive, i rapporti sociali di produzione, ecc.): « è la posizione politica (di[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Giuseppe Chiarante in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]ormai troppo abusati di `un generico e superficiale storicismo, solo un momento del grande processo di liberazione che si vien svolgendo attraverso la storia, e con ciò giustificare tutti gli eventuali elementi di negatività che tale rivoluzione comporta: sarebbe questa infatti, indubbiamente, una soluzione troppo sbrigativa e al fondo insufficiente.
Si tratta invece — mi pare — di cercar di chiarire, muovendo non da generiche considerazioni di filosofia della storia ma da un'analisi di scienza politica il più possibilmente rigorosa, attraverso quale processo é possibile passare dal livello di libertà garantito dall'assetto borghese a un livello più ampio e comprensivo.
Sotto il profilo della libertà il grande merito storico dello Stato liberalborghese é, come é noto, essenzialmente quello di aver realizzato la « scoperta » scientifica di alcuni fondamentali istituti, destinati a costituire altrettante garanzie di libertà per i cittadini. Nello Stato borghese, però, tali istituti, (e le corrispondenti formulazioni scientifiche) sono viziati — e nel mette[...]



da George Lukacs, La mia via al marxismo [traduzione di Ugo Gimelli] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]ista », come « economista e sociologo »; mi si cominciava già a delineare il filosofo dal largo pensiero, il grande dialettico. Tuttavia neanche allora vedevo il significato del materialismo per la con" cretizzazione e l'unificazione, per l'impostazione coerente dei problemi dialettici. Arrivai solo fino a una priorità — hegeliana — del contenuto rispetto alla forma e cercai di sintetizzare, su base essenzialmente hegeliana, Hegel e Marx in una «filosofia della storia ». Questo tentativo acquistò una particolare sfumatura dal fatto che nel mio paese, in Ungheria, l'ideologia del « socialismo di sinistra » più influente era il sindacalismo di Erwin Szabos. I suoi scritti sindacalisti dettero ai miei « tentativi di filosofia della storia », accanto a più di un elemento positivo (ad esempio la conoscenza, fatta attraverso lui, della Critica del programma di Gotha), una nota accentuata di astratto soggettivismo e pertanto eticizzante. Tagliato fuori, in quanto intellettuale universitario, dal movimento operaio illegale, non potei prendere visione, durante il conflitto, né degli scritti spartachisti né di quelli di Lenin sulla guerra. Lessi invece, con effetti profondi e duraturi, le opere di prima della guerra di Rosa Luxemburg. Stato e rivoluzione di Lenin l'ho letto solo nel periodo rivoluzionario 19181919.
4 GEORG LUKACS
I[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Filosofia della storia, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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