Brano: Raymond Chandler
Letteratura critica e pubblico:
un nuovo intervento
Petronio in risposta
Guglielmi e Ferretti
L'unico
scrittore
buono
è quello
morto?
DOPO IL MIO ultimo articolo l'Unità ne ha pubblicato uno di Angelo Guglielmi. Avrei dovuto e voluto rispondere, sia per le cose che ha detto, sia per il garbo cortese con il quale le ha dette. Ma si era a luglio,
ero stanco; stanchi, pensavo, dovevano ecspre i nostri lettori. Aspettiamo settembre, mi sono detto. E ho fatto bene perché intanto è venuto un altro articolo di Gian Carlo Ferretti, che non si inserisce propriamente nella nostra polemica, ma che tratta un punto (il giudizio di valore) che in tutti i nostri discorsi è stato presente: esplicito o implicito. E io cosí prendo più piccioni con una fava rispondo a Guglielmi; discuto con Ferretti; ml libero delle accuse che mi sono state rivolte di non tenere conto del valore, dell'opera d'arte.
Ferretti, mi pare, ha ragione da vendere nell'individuare la debolezza di tante proposte recenti intese a superare la distinzione tra letteratura e paraletteratura, tra letteratura alta e bassa. Ma, mi pare, ha torto nel proporre una sua soluzione non convincente: come si fa. domanda Ferretti, a 1 valutare la grandezza. di un'opera d'arte? A distinguere tra gli scartina e l'opera vera.? Teniamo d'occhio, dice lui, la 'durata. (il 'Fortleben lo chiamano i tedeschi, la sopravvivenza): l'opera grande è quella che nei tempi lunghi tiene; la minore, la non riuscita, quella che può anche incantare i contemporanei, ma poi col tempo si sbriciola, perde fascino e senso.
La proposta è suggestiva, ed entro certi limiti corretta. Ma solo entro certi limiti. Perché, poi, come si misura questa .durata.? Non farò discorsi teorici ma calerò le mie tesi in qualche esempio concreto. Shakespeare, p[...]
[...]io e Petrarca. Col Romanticismo i criteri cambiarono e il canone si configurò tutto diverso. Omero. la Bibbia, Dante. Shakespeare. Virgilio e Petrarca parvero non più 'poeti', ma artisti. E allora? Che significa la durata? Può il critico giudicare secondo la tenuta o no dì uno scrittore al suo tempo (quello del critico). o deve tener conto degli alti e bassi. di tutte le valutazioni che se ne sono date nei secoli?
Ma c'è un'obiezione più grave. Ferretti. in ultima istanza. tiene conto solo dei giudizi dei critici. degli addetti ai lavori. Ma non distingue, come pure si dovrebbe, tra scuole (correnti di cultura e di gusto) e tra gruppi sociali. Nei primi anni del Novecento D'Annunzio perse credito tra gli scrittori maggiori, ne acquistò tra i minori (Guido Da Verona, Zuccoli) e tra i lettori medio e piccolo borghesi. Poi cadde del tutto dal gusto, di tutti. Oggi c'è un gruppetto di critici che non solo lo studia (e fa bene) ma se lo succhia come una caramella, passando dall'ammirazione per lo stilista all'ammirazione per l'uomo e per l'opera.[...]
[...]ce dell'uomo di oggi, ma pure si ;urtava dentro una sua dolente adesione alla vita: E della vita il doloroso amore.? Quel Saba che si sceglieva le rime più ovvie (cuore: amore.) e lavorava a trovare il linguaggio di tutti: Falce e martello e la stella d'talia. Che ne facciamo di Saba, Gugliel mi? Lo confiniamo nel ghetto della paraletteratura o lo intruppiamo a forza nell'avanguardia, co me qualcuno ha tentato di fare con Chandler?
II limite di Ferretti sta allora nel vedere i lettori come una massa indifferenziata cbe trova e spressione nella sua punta emergente, nel critico.. Senza tener conto invece che in ogni momento dato vi sono critici di tutte le ideologie e di tutte le scuole, e che, soprattutto, in ogni società vi è una miriade di gruppi sociali, ognuno con una sua cultura e un suo gusto. E il giudizio di valore? Non esiste? O. almeno, non esiste per me? Hanno dunque ragione quelli che mi rimproverano di non tenerne conto appiattendo Gadda e Pitigrilli su uno stesso livello? Riflettiamo un momento, con calma.
ONO ORMAI NON so quan[...]