Brano: [...]prio dalla migliore filologia tedesca (se con qualche seria ricaduta in un discutibile neoumanesimo e nazionalismo, non importa qui discutere). Di quel ben piú complesso e raffinato modo di porre il problema del rapporto tra l'opera poetica e i suoi antecedenti, che aveva prodotto già esempi insigni nel commento del Wilamowitz all'Eracle di Euripide o nella Kunstprosa e in altre opere di Norden o in lavori, pur discutibili per altri lati, di R. Heinze, Marchesi non avverte la novità e la fecondità. Accenna, è vero, a una distinzione che ha notevole importanza, tra fonti, per cosí dire, meramente « contenutistiche » e analogie di espressione formale, le sole, queste seconde, che dimostrerebbero un effettivo rapporto di dipendenza (SM, in, p. 1234 s.; tale distinzione era stata enunciata anche in scritti precedenti, cfr. per es. SM, III, p. 1113: « sono solo le affinità formali gl'indizi imponenti delle derivazioni »). Ma è uno spunto che rimane inutilizzato o male utilizzato: lo studio del 1908 sulle fonti del Tieste di Seneca (SM, II, p.[...]
[...], aiutarsi a vicenda, La Penna lo afferma con forza; ma con altrettanta forza rifiuta di cancellare la distinzione tra discorso teoretico e discorso assiologico: questa sua posizione, già espressa con sferzante vigore in due noterelle che non molti avranno letto (Estetica meretrice e Sono forse un estetizzante?, in « Rassegna Pugliese », vi, nn. 89, agostosettembre 1971, nella rubrica Katà leptón), è ribadita in un capitolo della Storia d'Italia Einaudi (y 2, Torino 1973, p. 1344 s., dove tuttavia si mette anche in guardia contro una « semplicistica dicotomia fra logica e retorica », e si scorge un pericolo di questo genere nel libro di Giulio Preti intitolato appunto Retorica e logica, Torino 1968).
Si tratta di un problema tormentoso, ben lungi dall'essere risolto. Io personalmente credo che, se non si ricerca una fondazione oggettiva dei valori, se non si accetta il « persuadere » solo come una fase preliminare, provvisoria, di un'attività che tenda al raggiungimento del « convincere » (magari come ad una mètalimite), la giustificazi[...]
[...]ccostato affatto. Intendiamoci: La Penna sa bene che c'è tutto un aspetto della critica desanctisiana (« il bisogno di stringere la storia della letteratura con la storia civile », p. 96) al quale Marchesi è sordo, e che vedere nell'arte un puro fatto soggettivo, extrastorico, significherebbe « rinnegare De Sanctis » (p. 95). E tuttavia « l'aspetto piú affascinante di Francesco De Sanctis » (p. 96) è da lui considerato « il gusto, la capacità di Ein f ühlung, l'arte mirabile con cui trascina l'ascoltatore nell'alone della sua Ein f ühlung » (p. 120, nel saggio aggiunto dedicato a Tommaso Fiore). « Il potere magico » che gli allievi napoletani attribuivano a De Sanctis, diviene, cosí, simile alla capacità di Marchesi di esprimere « le sue reazioni o, molto piú spesso, i suoi abbandoni di fronte all'autore con cui entra in contatto », di
« trascinare il lettore in un clima nuovo e inatteso » (p. 89).
A me questa analogia sembra in gran parte fallace. Approfondire la questione implicherebbe una discussione sul De Sanctis, che qui può essere tutt'al piú appena accennata. Ein f ühlung è un concetto pericoloso: difficilme[...]
[...]evi napoletani attribuivano a De Sanctis, diviene, cosí, simile alla capacità di Marchesi di esprimere « le sue reazioni o, molto piú spesso, i suoi abbandoni di fronte all'autore con cui entra in contatto », di
« trascinare il lettore in un clima nuovo e inatteso » (p. 89).
A me questa analogia sembra in gran parte fallace. Approfondire la questione implicherebbe una discussione sul De Sanctis, che qui può essere tutt'al piú appena accennata. Ein f ühlung è un concetto pericoloso: difficilmente riesco a concepire una « immedesimazione » che non sia in qualche misura inficiata da misticismo o da una sorta di forza di suggestione, che menoma la lucidità del giudizio. Esiste un De Sanctis eloquente, talvolta anche retore; ma esiterei molto a ravvisare soprattutto lí la sua grandezza. D'altra parte, l'eloquenza desanctisiana non si muove quasi mai in un ambito puramente estetico: nelle lezioni napoletane rammentate da La Penna il De Sanctis parlava della « scuola liberale » e della « scuola democratica », legava strettamente la storia pol[...]
[...]anità morale dei Germani in contrapposto all'immoralità romana divenuta ormai consuetudine rivelano ben altro che puri intenti artistici o retorici.
5. L'individuo e la cosmopoli. — Ancora qualche riflessione ci suggerisce il contrasto homocivis. Che l'arte diventi angusta quando si prefigge scopi « civili » anziché « umani » non è certamente, secondo Marchesi, un principio valevole per la sola letteratura latina. Marchesi stesso si richiama a Heine come modello di poeta « umano » accostabile a Marziale, dichiara
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che « il contenuto dell'arte nei Reisebilder è piú universale che negli Châtiments », sostiene che « quanto piú il poeta parla di sé, tanto piú gli avviene di parlare degli altri ». Proprio perché l'uomo è fondamentalmente sempre uguale, l'individualità piú profonda, spogliata degli elementi contingenti, coincide con l'universalità (SM, i, p. 201; cfr. La Penna, p. 32 s.).
D'altra parte, però, Marchesi non ha prediletto la letteratura latina a caso; e non a caso, aggiungerei, ha prediletto, nella let[...]