Brano: Torino
nizzato anche negli stabilimenti minori con poche decine d’operai: la convinzione, instillata in tutta la popolazione torinese da un'intensa propaganda, che bisognava salvare a ogni costo l’avvenire economico del Paese, valsero a mobilitare solidarmente operai, tecnici, dirigenti, e gli stessi industriali. Ma l’azione pianificata si concentrò nei grandi complessi, che vennero sottoposti a un’analisi minuziosa per accertare le loro possibilità di difesa. Per gli stabilimenti FIAT e per le altre maggiori fabbriche torinesi i piani difensivi furono elaborati con la fattiva collaborazione dei dirigenti industriali più qualificati.
Il successo difensivo fu completo, ma la salvaguardia di alcuni stabilimenti (per esempio, delle Ferriere Piemontesi e della Grandi Motori) attaccati da fascisti e tedeschi con mezzi corazzati, e anche della Lancia (dove aveva sede il Comando Piazza) costò molto sangue a operai e partigiani; soltanto l’arrivo tempestivo delle formazioni provenienti dalle valli di Susa e di Pinerolo, dal Canavese, dal Monferrato e dalle Langhe, assicurò il raggiungimento completo di questi obiettivi.
Particolare attenzione fu riservata agli impianti elettrici: la centrale termoelettrica del Martinetto (A.E. M.), le grandi sottostazioni di Stura, Lucento e Stupinigi (S.I.P.), particolarmente prese di mira dai piani nazisti, erano state le prime incluse nel piano regionale di difesa. L’importante cabina di Stura venne salvata dai partigiani del Monferrato, mentre per gli impianti elettrici di Torino fu prevista anche un’opera di corruzione dei guastatori tedeschi, poi non attuata (men
tre lo fu per altre zone del Piemonte, scarsamente fornite di partigiani).
Brillanti risultati ebbe anche la difesa delle opere e dei servizi pubblici: la centrale telefonica S.T.l.P. E.L. (v.), le officine del gas, gli impianti dell'acqua potabile, gli impianti ferroviari, i depositi tranviari, i grandi ponti sul Po, i ponti sulla Dora, sulla Stura e i viadotti ferroviari (per i quali i genieri tedeschi avevano da tempo preparato i fornelli da mina, che però non ebbero poi la possibilità di caricare e di far brillare), tutto fu salvato e consegnato intatto alle nuove Autorità del C.L.N..
L’unico insuccesso fu costituito dalla parziale distruzione degli impianti radiotrasmittenti delTÈremo, attuata dai guastatori tedeschi nel tardo pomeriggio del 26.4.1945, durante la fase culminante della battaglia per la liberazione della città.
La liberazione
Dopo che il Comando militare del C.L.N. regionale composto da Andrea Carnia (v.), Dante Livio Bianco (v.), Francesco Scotti (v.) e dal generale Alessandro Trabucchi (v.), d’intesa con il comandante delle forze garibaldine Pompeo Colaianni (v.), ebbe respinto la proposta compromissoria del Comando germanico per avere via libera attraverso la città (minacciando, in caso diverso, la distruzione), la IV Brigata Garibaldi comandata da Isacco Nahoum (v.), i garibaldini delle Langhe al comando di Nanni Latilla e altre formazioni partigiane si schierarono ben decise a opporsi con le armi al nemico, costringendolo a
desistere dall’insano proposito. La liberazione del capoluogo piemontese fu quindi opera dei torinesi che fin dal 28.4.1945 poterono trasformare il C.L.N. in Giunta regionale di governo, ben prima che gli Alleati giungessero in città (9 maggio).
Torre, Giovanni Battista
Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. N. a Sestri Ponente (Genova) nel 1911, m. a Forte San Giuliano (Genova) il 23.5.1944; operaio meccanico.
Occupato presso i Cantieri navali “Oderò Sestri”, prestò servizio militare nella Marina. Congedato e ripreso il suo posto in fabbrica, l'8.9.
1943 lasciò il lavoro per entrare a far parte di una formazione partigiana del C.V.L. di Genova.
Rimasto ferito nel corso di una azione, attirò su di sé l’attenzione del nemico per permettere ai compagni di mettersi in salvo. Catturato, dopo un mese di torture stoicamente sopportate venne fucilato sui bastioni di Forte San Giuliano a Genova.
Torreggiane Alberto
N. a Bagnolo (Reggio Emilia) il 22.5.1908; manovale.
Membro di un'organizzazione comunista clandestina operante a Reggio Emilia, nell’aprile 1939 venne arrestato durante una riunione che si svolgeva in un cascinale di Codemondo (Reggio Emilia). Deferito al Tribunale Speciale, il 20.10.1939 fu condannato a 6 anni di reclusione. Dopo l’8.9.1943 prese parte alla Guerra di liberazione, partigiano combattente della 77a Brigata S.A.P. del Reggiano.
Torreggiane Renzo
N. ad Albinea (Reggio Emilia) Il 13.2.1915; contadino.
Membro di un’organizzazione comunista clandestina operante a Reggio Emilia, nell'aprile del 1939 fu arrestato. Deferito al Tribunale Speciale, il 23.10.1939 fu condannato a 8 anni di reclusione.
Dopo I'8.9.1943 partecipò alla Guerra di liberazione, divenendo commissario di un Distaccamento della 76a Brigata S.A.P. del Reggiano. Nel dopoguerra è stato sindaco del comune di Quattro Castella (Reggio Emilia).
Una squadra S.A.P. della FIAT Mirafiori dopo la liberazione di Torino
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