Brano: [...]i scendere dopo, da sola? Che... Ma che ti credi di trovare? Che credi... Di un po', perché, prima, non m'hai fatto portare il lume? Non ridere, stupida! Che c'é, là sotto? ».
« Non lo so » disse. « Non ci voglio scendere e non lo voglio sapere. Non ci voglio nemmeno guardare col lume e non voglio che ci guardi tu ».
Mi cominciai a impaurire. Non credevo che fosse proprio matta, ma pensavo per forza che ci avesse qualche brutta intenzione. Guardai il coltello che teneva in mano.
Lei si mise a ridere.
« Quanto sei stupido! Che, hai paura che ti voglio ammazzare? » rise.
Non pareva isterica, ma non mi sentivo per niente sicuro. «Perché m'hai fatto levare le tavole? » dissi.
Seguitò a ridere, però non era più un riso allegro.
«Perché m'hai fatto levare le tavole?» dissi ancora.
« Vieni qui » disse, « mettiamoci a sedere ».
Tornammo verso il tavolo. Lei ripose coltello e apriscatole, poi si mise a sedere sul letto. Io la guardavo continuamente. Sapevo che se ne sarebbe accorta, ma le tenni lo stesso gli occhi sulle mani, attento a t[...]
[...]nterei un pazzo. Una volta... ».
Mi fermai di colpo, sbalordito.
« Ah...» dissi.
« Ah, questo » dissi.
Mia sorella mi guardava, aspettava che dicessi qualche cosa, che protestassi.
Mi alzai e cominciai a camminare per la cantina, guardando le scritte sulle casse dei viveri: «Army Ration C »; « Evaporated Milk »; « Safety Matches »; « Cocoa »; « Army Ration C »; « Army Ration C ».
LA PORTA 91
Due volte mi fermai davanti alla porta e guardai in basso. Non si
vedeva niente, veniva un odore di muffa e fango.
Tornai da lei, mi sedetti sul letto.
« Così la grande passione era questa? » dissi. « La paura? Quello
che deve spazzare via tutto, ripulire tutto, é la paura? ».
« Non ho trovato altro » disse. « Io non ho saputo trovare altro ».
Mi prese una mano e la carezzava, poi la lasciò.
«Non credi che ce ne sia abbastanza di sopra, di paura? » dissi.
« Ma é sporca » disse. « È diversa. Quella che aspetto qui é un'altra ».
Lei aspettava la paura bianca, assoluta. Ce l'aveva già sulla pelle.
«Non so che dire » dissi. « Per il g[...]
[...]sapere niente. Mettiti
a letto e dormi. Ci abbiamo tutto il tempo per discorrere dopo. Va be
ne? Ti metti a letto? ».
«Va bene» sorrise, sollevandosi sui gomiti. «Mi fai alzare? ».
Mi tolsi dal letto perché potesse mettere giù le gambe, l'aiutai ad
alzarsi.
« Come sono stanca! » disse, cominciando a spogliarsi. Sistemò la
giacca e la camicetta sulla sedia, con cura. La sottana e le calze le mise
ripiegate sulla spalliera del letto.
« Mi dài la camicia? » disse. « Sta nell'armadio, in basso ».
Stava per togliersi la biancheria, poi mi guardò. Prese la camicia e
andò dietro la tenda.
92 FRANCO LUCENTINI
La sentivo muovere i barattoli della cipria, della crema per la notte.
Mise fuori un braccio perché le dessi un asciugamano, che stava nell'ar
madio. Poi volle il pettine, che stava nella borsa.
Mi sedetti sul tavolo, aspettando.
« Ah! » strillò. « Lo sapevo che m'ero scordata qualche cosa! ».
« Lo spazzolino da denti » dissi. « No? ».
« SI» rise.
« Te lo posso andare a comprare » dissi, « ma a quest'ora dovrebbe
essere[...]
[...]farmacia notturna qui vicino? » chiesi a un tizio.
« A piazza San Silvestro » disse. « Non credo che ce ne sia una più
vicino ».
«Sa che or'è?» dissi.
« Le tre ».
LA PORTA 93
A San Silvestro, quando chiesi gli spazzolini, il farmacista mi guardò strano. Lo sentii parlare piano con la cassiera, mentre uscivo. Presi per il Tritone e arrivai al Caffè Notturno, chiesi un caffè
doppio.
«Corretto? » disse. «Mistrà? ».
In quel momento mi ricordai che mia sorella aveva detto di aspettare qualcuno, e poi aveva detto un'altra cosa. « Perché vedi » aveva detto, « credo che là sotto... ».
« Lasci stare » dissi, « ripasso dopo ».
Tornai correndo verso il Pantheon; girai un pezzo, di corsa, prima di ritrovare la strada, il portone. Per la scala per poco non mi rovinavo. Il lume brillava sempre sul tavolo. Adriana dormiva tranquilla, voltata verso il muro.
Stetti un po' a guardarla dormire, incerta. Volevo prendere il lume ma pensai che si sarebbe svegliata, avrebbe avuto paura. Tornai alla cassa dei fiammiferi, ne presi quattro o cinque s[...]
[...] « ripasso dopo ».
Tornai correndo verso il Pantheon; girai un pezzo, di corsa, prima di ritrovare la strada, il portone. Per la scala per poco non mi rovinavo. Il lume brillava sempre sul tavolo. Adriana dormiva tranquilla, voltata verso il muro.
Stetti un po' a guardarla dormire, incerta. Volevo prendere il lume ma pensai che si sarebbe svegliata, avrebbe avuto paura. Tornai alla cassa dei fiammiferi, ne presi quattro o cinque scatole. Poi andai diretto alla porta; tenendomi con una mano al pavimento cominciai a scendere.
La scala pareva abbastanza solida e non scricchiolava nemmeno. Dopo il quarto scalino dovetti lasciare la presa, in alto, e continuai tenendomi forte ai lati. A un certo punto il piede che spingevo in basso trovò il vuoto, lo scalino era rotto; cercando piú sotto, per trovare l'altro scalino, toccai terra. Sopra la testa, a qualche metro, vedevo il riquadro illuminato della porta.
Aspettai un minuto o due, nel buio, senza muovermi. Non si sentiva nessun rumore, l'umidità era grandissima. Alla fine accesi un fiammi[...]
[...]ccesi un fiammifero, e lo tenni alto sopra la testa, finché non si fu consumato. Poi ne accesi un altro. Poi ne accesi un mucchietto insieme e mi girai intorno, senza muovermi dal posto dove stavo. Pensai di risalire subito, perché non c'era altro da vedere: era un pozzo quadrato, con si e no tre metri di lato, completamente vuoto. Le pareti erano senza rientranze né aperture, il fondo era di fango e pietre coperte di muffa.
Per urlo scrupolo andai attorno lungo le pareti, accendendo altri fiammiferi; guardai un'altra volta per terra e negli angoli. Poi risalii, badando a non fare rumore. Rientrando chiamai: «Adriana! », perché non s'impaurisse.
94 FRANCO LUCENTINI
Non rispose. Quando fui vicino vidi che dormiva sempre come prima, col respiro appena più pesante. Mi sedetti accanto al letto, aspettando che si svegliasse; poi mi alzai un'altra volta e andai a guardare dietro la tenda, girai un po' per la cantina, guardando i pacchi e le casse. Una cassa era aperta e mezza piena di riviste americane e romanzi; presi una rivista e tornai a sedermi accanto al letto. In quel momento Adriana aprì gli occhi, mi guardò, fece un grande urlo. Saltai sul letto, prendendola per le braccia.
« Adriana » strillai, « amore mio, che c'é, che é stato? Che hai? Tesoro, che hai? Sono io! Di che hai avuto paura? Che hai visto? Non avere paura. Ci sto qui io ».
Lei stette un momento a guardarmi, esterrefatta, con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Poi chiuse [...]
[...] fumare.
Disse che con quelli come me ci volevano le nerbate.
La mattina appresso mi riportarono in Questura per gli accertamen
LA PORTA 101
ti, poi un'altra vota due giorni dopo, poi per una settimana di seguito, tutti i giorni. Alla fine si calmarono, cominciarono a cercare da un'altra parte. A me mi lasciarono in aspettativa, sempre « isolato».
Dopo quattro mesi dovettero fare posto a un'infornata di politici, mi tolsero l'isolamento.
« Dài una pulita » disse la guardia. « Fai bene la branda e metti la roba tua da una parte. Arrivano due. Sta attento che sono persone per bene, non sono delinquentoni come te. Sta attenta che te ne puoi pentire ».
Arrivò un tizio distinto, bene in carne, con un giovanottello mezzo deficiente, dall'aria feroce.
Quello distinto era pure molto gioviale.
« Anche lei politico, naturalmente! » disse appena entrato, stendendomi la mano.
« Ho rubato » dissi.
Rimase sconcertato, con la mano per aria.
«Ma... politicamente? » disse.
« No » dissi. « Non credo. Ho rubato a una banca ».
Quello si incazz[...]
[...]l principio. Adesso me la sognavo, la notte, che ci stavo a letto. Il giorno ci ripensavo. Tutto il giorno e la notte, alla fine, ci stavo a pensare. Ma c'erano di mezzo quelle due porte chiuse. Poi, non sapevo nemmeno se lei stesse ancora là dentro. Poteva essere che se ne fosse andata, senza tornare .a casa. Poteva essere capitata qualche altra cosa.
Non aspettai che la febbre mi fosse passata. Mi alzai una sera verso
LA PORTA 105
le sei, andai in cucina a farmi la barba. Ci avevo le gambe deboli, ma la testa non mi faceva male, anzi mi sentivo leggero.
« Che, mi dái una stirata ai calzoni? » dissi a mia madre.
« Che, stai meglio? Esci? ».
« Vado a fare due passi » dissi.
Per la strada non ci avevo fretta, mi fermavo a guardare le vetrine. Al Pantheon mi misi a sedere sul muretto e guardavo i gatti, di sotto. Non faceva freddo. Mi sarebbe piaciuto di andare ancora un po' a spasso per le strade, aspettare ancora un po', ma oramai ci avevo impazienza. Entrai in un caffè e presi un cognac, poi andai difilato alla casa, entrai nel secondo cortile, davanti alla porta mi fermai senza sapere che fare. La porta era chiusa, come l'avevo lasciata l'anno prima; non c'era nessun segno per capire se Adriana era uscita o no. Tornai sulla strada e mi fermai sul portone a pensare, mi accesi una sigaretta. Dopo tornai e bussai forte con un pezzo di mattone, tre volte. Poi bussai ancora, ma più forte non potevo bussare, sarebbe venuta gente. Aspettai una mezz'ora, con l'orecchio alla porta, ma non si senti nessun rumore. Cercavo di ricordarmi la lunghezza della scala, della cantina, per capire se lei a[...]
[...]oi bussai ancora, ma più forte non potevo bussare, sarebbe venuta gente. Aspettai una mezz'ora, con l'orecchio alla porta, ma non si senti nessun rumore. Cercavo di ricordarmi la lunghezza della scala, della cantina, per capire se lei avrebbe potuto sentire o no. Poi ricominciai a bussare ogni tanto, più forte, approfittando del rumore di qualche camion, delle saracinesche che si chiudevano, nella strada. Prima che chiudessero il portone me ne andai. Tornai a casa e mi rimisi a letto.
Due sere dopo stavo un'altra volta appoggiato al portone di quella casa. Pioveva. M'ero portato delle vecchie chiavi, del filo di ferro, per vedere se mi riusciva dì aprire, ma non s'era aperto. Avevo bussato ancora, ma nessuno aveva risposto. Poi ero andato girando un po' per le strade finché non aveva cominciato a piovere. Adesso stavo riparato sotto il portone e guardavo il selciato bagnato, la gente che passava con gli ombrelli. Di fronte al portone c'era una macelleria, si vedevano i manzi appesi, la segatura per terra, una che stava alla cassa e ogni[...]
[...]li » disse Don Aldo rivolto a me, « é giornalista. E da buon giornalista vuole andare a fondo di ogni questione. E fa bene! Lo spirito del giornalismo é un po' come quello della religiosità, quando sia illuminato dalla 'fede ».
Il discorso non pareva molto chiaro, ma sembrò che il dottor Micheli lo apprezzasse e anche il sergente italiano annui con la testa. La ragazza col pettone s'era appoggiata coi gomiti sul tavolino per sentire meglio. Guardai Adriana, ma non pareva che ci trovasse niente di straordinario, anzi entrò pure lei nella conversazione.
« Anche mio... il mio amico, qui, ha lavorato in un giornale » disse. «Ah, un collega! » disse il dottor Micheli, ma non pareva molto convinto. Però si alzò e mi dette la mano.
« Permette? » disse. « Dottor Micheli ».
« Piacere » dissi.
Adriana » dissi, « io devo andare via, mi accompagni? ».
«Non prenda freddo, signorina » disse il dottor Micheli. « Si metta almeno qualcosa sulle spalle ».
«No, lo accompagno solo fino alla porta ».
Vidi l'americano che ci veniva appresso; voleva tr[...]
[...]ure stupido, ma era sempre meglio di adesso, di come sei ridotta adesso... tu ».
Ricominciai a salire e la lasciai in basso che rideva. Mano mano che saliva era una risata sempre più forte, quando fui in cima era un urlo che riempiva tutta la scala. Poi fini e sentii la porta che si richiuse.
Per la strada faceva freddo, tutti i negozi erano chiusi. Camminai un pezzo per le strade intorno al Pantheon, poi mi pare che voltai per l'Argentina e andai verso il fiume. Poi tornai indietro e non so dove
110 FRANCO LUCENTINI
andai, fino quasi alla mattina. Al primo caffè che trovai aperto entrai, chiesi un caffè doppio.
Mi accorsi che era il Caffè Notturno quando vidi quello appoggiato al banco che si alzava e mi veniva incontro.
« A questo, il caffè glie lo diamo noi » disse.
Quella notte non pare che avessero ammazzato nessuno, perché al carcere non ci restai nemmeno due mesi. Dopo però mi dovettero mettere all'ospedale per un altro po' di tempo e ci ebbi maniera di mandare avanti la domanda per la residenza, con certi soldi che m'aveva trovato mia madre.
Quando tornai da Adriana la cantina era piena di gente. St[...]
[...]ebbi maniera di mandare avanti la domanda per la residenza, con certi soldi che m'aveva trovato mia madre.
Quando tornai da Adriana la cantina era piena di gente. Stavano seduti sulle casse svuotate o per terra, appoggiati al muro. Il prete e il dottor Micheli, con altri due, stavano al tavolino e pareva che ci avessero fatto una specie di ufficio. Mia sorella stava seduta pure lei sopra una cassa, con due americani. La strappai dalla cassa e andai dritto dal prete, tenendola per un braccio.
« Che le avete fatto? » dissi.
Agguantai il prete pel collo e li scrollavo tutti e due, lei e il prete. Il dottor Micheli s'alzò e se ne voleva andare.
« Stai li » dissi. « T'ammazzo ».
Le lasciai il braccio e la presi per una mano.
« Che t'hanno fatto? » dissi. « Questo bagarozzo che ci ha fatto, qui sotto? La missione? La parrocchia? Tutti questi altri perché ce l'hanno chiamati? Per spartirsi meglio la roba? Per averci i testimoni a scarico? ».
Guardai il letto che pareva mezzo sfasciato.
«A te pure ti si sono spartita, eh? » dissi. «Tutti[...]
[...]ete fatto? » dissi.
Agguantai il prete pel collo e li scrollavo tutti e due, lei e il prete. Il dottor Micheli s'alzò e se ne voleva andare.
« Stai li » dissi. « T'ammazzo ».
Le lasciai il braccio e la presi per una mano.
« Che t'hanno fatto? » dissi. « Questo bagarozzo che ci ha fatto, qui sotto? La missione? La parrocchia? Tutti questi altri perché ce l'hanno chiamati? Per spartirsi meglio la roba? Per averci i testimoni a scarico? ».
Guardai il letto che pareva mezzo sfasciato.
«A te pure ti si sono spartita, eh? » dissi. «Tutti quanti o solo il comitato? E la roba tua se la sono spartita questi quattro, no? ».
Mia sorella non disse niente. Guardava da una parte e 'cercava di liberare la mano. Il prete, quando vide che lei stava zitta, con uno strattone si liberò e si alzò in piedi.
« Se lei crede di doverci rivolgere degli appunti per quel che riguarda la distribuzione » disse, « può esaminare il registro e parlare liberamente con tutti i nostri assistiti. La invito, in ogni modo, a valersi di modi più civili. Per ogni altra [...]
[...]ripetersi incidenti ».
«Non é un affare da nulla» continuò sorridendo rivolto al corn missario, «tenere a bada tutti questi figlioli! Ma sono tutti buoni figlioli, mi creda, anche i più discoli, in fondo in fondo. E poi c'è anche delle gran brave persone, sa ».
112 FRANCO LUCENTINI
« Ah, si » disse quello, intenerito. « Tu » disse a me, « adesso vatti a mettere in fila per il latte. Poi ci avremo tempo di discorrere ».
« Sergente », chiamò, «dài un gavettino pure a questo ».
Il sergente mi mise in mano una scatoletta di carne vuota, con una galletta.
« Stai qui in fila » disse.
« Allineàti! » disse.
« Anche le donne! » disse alla ragazza col pettone, che oramai stava pure lei coi proletari e cercava di passare avanti come se ci avesse avuto ancora qualche diritto.
Un'altra, che era . incinta, stava da una parte.
« Lei torni pure a sedersi, signora Bertozzi » disse il sergente. « Le farò portare là la sua razione ».
Intanto quelli che stavano al tavolo s'erano fatti apparecchiare e aspettavano che la donna al fornello avesse fi[...]