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SAGGI E STUDI
PER UNA TEORIA DEL ROMANZO RUSSO
Nel saggio intitolato Il punto di vista russo Virginia Woolf ha esposto alcune riflessioni sul romanzo russo che, a, loro volta, aprono alcuni problemi. Come altri critici e scrittori dell'Europa occidentale, la Woolf esprime il suo senso di stupore e di incanto di fronte a una letteratura cosí diversa come quella di Dostoevskij, Tolstoj e Cechov. Il metro di paragone è, per la Woolf, la letteratura inglese, ma, pur riconoscendo la specificità che questa ha rispetto a ognuna delle letterature europee continentali e rispetto alla letteratura nordamericana, il senso di novità provato da lei di fronte al romanzo russo è piú illuminante, in senso generale, di quanto non sia il celebre resoconto pionieristico del visconte de Vogüé.
Il protagonista principale della letteratura russa, dice la Woolf, è P« anima ». È l'« anima », con la sua passione, il suo tumulto, il suo « miscuglio stupefacente di bellezza e di viltà » ch[...]
[...]e in «The Common Reader », serie I, 1925. Lo cito nella traduzione italiana nel volume V. WOOLF, Per le strade di Londra, Milano 1963, pp. 4654.
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di queste barriere: cosi gli sono imposti un ordine e una specie di forma; egli è piú predisposto alla satira che non alla compassione, all'esame della società che non alla comprensione degli individui stessi ». Per la letteratura russa, invece (la Woolf parla qui esplicitamente di Dostoevskij, ma il suo discorso ha un senso generale) queste limitazioni non esistono e « essere nobile o contadino, vagabondo o nobildonna è lo stesso »: « tutti sono, senza eccezione, un recipiente che porta dentro quel perplesso liquido, quella materia nebulosa, fermentabile e preziosa: l'anima ».
Queste impressioni della Woolf ci sembrano un'ottima impostazione del problema del romanzo russo. $ vero, esse, contro l'intenzione della scrittrice, possono aprire una via interpretativa banale e tautologica e far risorgere il fantasma della famigerata « anima slava » come portatrice del particolare « punt[...]
[...] di questo « punto di vista »: la formazione, l'educazione (la Bildung) attraverso l'esperienza (il « viaggio ») di tutta la civiltà europea, e la coscienza epica del proprio passato nazionale. È all'incrocio di queste due direzioni
e dimensioni del « punto di vista russo » che troviamo l'opera propriamente narrativa pii interessante di Karamzin: La mia confessione (1802), prefigurazione di tante situazioni del romanzo russo (in particolare, di Dostoevskij) e prefigurazione anche di una delle forme predilette di questo stesso romanzo, la « confessione » appunto. Questo racconto, che è stato
« scoperto » e apprezzato da Ejchenbaum nel suo giovanile e penetrante articolo su Karamzin (1916), introduce una figura tipica del romanzo russo: quella del russoeuropeo, dell'intellettuale di raffinata educazione, sradicato in patria e in Occidente e neppure ancorato al suo proprio egoismo, bensì disponibile per ogni esperienza che riempia il suo vuoto e il vuoto che lo circonda.
Dicendo che in Karamzin troviamo anticipate le posizioni fondamentali del r[...]
[...]e fluttuanti nei loro contorni sociali, aperte a un mondo in cui non sono saldamente radicate: il lisnij éelovek, il malen'kij éelovek, il novyj èelovek, il podpol'nyi celovek, il kájuséijsja dvorjanin, il kájuséijsja intelligent, i bednye ljudi, le mërtvye dusi 5. E si aggiunga quella figura storica (in Puskin, ad esempio, nel Boris Godunov
e nella Figlia del capitano) e quotidiana (in Gogol', nel suo Revisore, ma anche nelle Anime morte, e in Dostoevskij, nei Demòni) che è il samozvanec, l'usurpatore. A queste figure fa da degno sfondo per lo piú una città
Le espressioni in russo significano rispettivamente « uomo superfluo », che non si radica in un ambiente sociale e vive in un suo proprio mondo eticointellettuale, votandosi all'introspezione e negandosi all'azione (si pensi ai personaggi del romanzo russo, dall'Evgenij Onegin di Puskin al lermontoviano « eroe del nostro tempo », da tante figure turgeneviane agli stessi eroi di Dostoevskij); « piccolo uomo »
o « pover'uomo », l'oppresso e l'umiliato, come, per tutti, l'Akakij Akakievié de[...]
[...]usurpatore. A queste figure fa da degno sfondo per lo piú una città
Le espressioni in russo significano rispettivamente « uomo superfluo », che non si radica in un ambiente sociale e vive in un suo proprio mondo eticointellettuale, votandosi all'introspezione e negandosi all'azione (si pensi ai personaggi del romanzo russo, dall'Evgenij Onegin di Puskin al lermontoviano « eroe del nostro tempo », da tante figure turgeneviane agli stessi eroi di Dostoevskij); « piccolo uomo »
o « pover'uomo », l'oppresso e l'umiliato, come, per tutti, l'Akakij Akakievié del Cappotto di Gogol'; « uomo nuovo », il rivoluzionario (ad esempio, il Rachmetov del Che fare? di Cernysevskij); « uomo del sottosuolo », dall'omonimo romanzo dostoevskiano; « nobile penitente » (l'aristocratico roso da un senso di colpa e oppresso dal peso di un « debito » verso il popolo, come in vari personaggi tolstojani); « intellettuale penitente », figura analoga alla precedente, ma di altra estrazione sociale (ricorre in vari romanzi populisti); « povera gente », secondo il tipo che s[...]
[...] esempio, il Rachmetov del Che fare? di Cernysevskij); « uomo del sottosuolo », dall'omonimo romanzo dostoevskiano; « nobile penitente » (l'aristocratico roso da un senso di colpa e oppresso dal peso di un « debito » verso il popolo, come in vari personaggi tolstojani); « intellettuale penitente », figura analoga alla precedente, ma di altra estrazione sociale (ricorre in vari romanzi populisti); « povera gente », secondo il tipo che si trova in Dostoevskij; « anime morte », simbolo generato dal romanzo di Gogol'.
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spettrale, russoeuropea, Pietroburgo, mito problematico che di continuo si ripresenta nel romanzo e nella cultura russa, oppure una Russia provinciale e contadina che trova la sua caratteristica in un illimitato spazio amorfo gravitante intorno al suo centrocapitale.
Sul piano delle forme narrative si è già detto di Karamzin, della sua Storia che apre lo spazio epico in cui si svolgeranno le prove epicoromanzesche « minori » dell'Ottocento (da Puskin a Gogol') e quella maggiore
e suprema che è Guerra e pace, e s[...]
[...]fo gravitante intorno al suo centrocapitale.
Sul piano delle forme narrative si è già detto di Karamzin, della sua Storia che apre lo spazio epico in cui si svolgeranno le prove epicoromanzesche « minori » dell'Ottocento (da Puskin a Gogol') e quella maggiore
e suprema che è Guerra e pace, e si è detto anche delle sue Lettere, che aprono la via dell'anima e della mente russa al contatto formatore con la realtà europea (si pensi allo scritto di Dostoevskij Osservazioni invernali, pur con tutta la diversità di tempo e di spirito tra i due viaggiatori). Ma i primi due grandi romanzi russi già nella loro autodefinizione sono la testimonianza della commistione o contaminazione di generi che si crea sul terreno della « doppia ottica » russa: l'Evgenij Onegin è un « romanzo in versi » (non un poema), mentre le Anime morte sono un « poema » in prosa (non un romanzo). Messi a capostipite della genealogia « realistica » della narrativa russa, questi due « romanzi » (usiamo le virgolette per rispettare la loro voluta ambiguità strutturale) sono tra le op[...]
[...]anto in un indefinito futuro ironicolirico). Il mondo del romanzo russo è lo spazio libero tra queste due forze universali antitetiche: le forme conchiuse della civiltà europea
e l'amorfa sconfinatezza di una vita « primigenia » o di un futuro rinnovatore.
Ma lo spazio romanzesco russo non si estende su un piano orizzontale soltanto: esso (o una sua parte decisiva, almeno) ha anche una dimensione verticale: il sovrammondo simbolicoreligioso di Dostoevskij e di Tolstoj. Già notiamo tra i titoli dei maggiori romanzi russi alcune associazioni concettuali emblematiche: Padri e figli, Delitto e castigo, Guerra e pace, quasi
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si aspirasse a toccare i problemi e le situazioni piú universali. In questa direzione il romanzo di Dostoevskij raggiunge il posto piú estremo e si presenta non come un'« enciclopedia » della vita intellettuale russa e europea, ma come una summa « polifonica » (nel senso in cui Bachtin usa questo termine) di tutto un secolare sviluppo della coscienza europea e della sua crisi cosí come è confluita nell'esperienza storica russa ed è illuminata dal suo « punto di vista ». Si può definire il romanzo dostoevskiano come « romanzo ermeneutico », come grandiosa interpretazione dialogica della cultura europea in quanto partecipata dalla Russia e della cultura russa in quanto parte speciale dell'Europa. Lo spaz[...]
[...]intellettuale, contribuirono potentemente a portare il « punto di vista » russo a una nuova visione (e visionarietà) sia sul piano letterario e romanzesco, sia sul piano ideologico e politico. Su quest'ultimo piano, nella prospettiva del rapporto rivoluzione europea/rivoluzione russa, si pone il problema dell'azione, che diventò un nuovo elemento del romanzo nel suo rapporto col momento della riflessione teorica e della responsabilità morale (in Dostoevskij con forza particolare, ma anche nei romanzi politici degli anni Sessanta dello scorso secolo). Mentre il romanzo francese, da Stendhal a Balzac, vive la fase del riflusso e dell'assestamento postrivoluzionario con tutte le sue contraddizioni e delusioni, il romanzo russo vive una fase di aspettativa critica prerivoluzionaria, sullo sfondo però delle già avvenute e verificate rivoluzioni europee. Nel populismo russo il problema della rivoluzione industriale con le sue conseguenze sociali e politiche (proletarizzazione e democrazia) trova lo scioglimento in una progettata modernizzazione noncap[...]