Brano: 202 VARIETÀ E DOCUMENTI
A Memory of the Players in a Mirror at Midnight, dicono: « Dire hunger hold his hour. / Pluck forth your heart, saltblood, a fruit of tears. / Pluck and devour! » (Orrida fame ha la sua ora. / Stràppati il cuore, sangue salato, frutto di lacrime. / Stràppa e divora!). La poesia di Ungaretti:
E' ora famelica, l'ora tua, matto. Lo fanno, tanti pianti,
Strappati il cuore. Sempre di piú saporito, il tuo cuore.
Sa il suo sangue di sale Frutto di tanti pianti, quel tuo cuore,
E sa d'agro, è dolciastro, essendo sangue. Strappatelo, mangiatelo, saziati.
ARIODANTE MARIANNI
CONCETTO MARCHESI, AMICO DI CASA VALGIMIGLI
Limitare il discorso all'aneddoto? Mi sem[...]
[...]che Marchesi non abbia mai fatto dediche. Guardandolo penso alle parole di Renato Guttuso: « Era cosí malinconico e fiero. Un patriarca siciliano nelle cui vene pulsava il sangue del presente ». Belle e vere parole. Ma Marchesi era anche un allegro compagno di stramberie e di giocosità.
La sua conoscenza con mio padre risale, se non sbaglio, al 1914, ma solo qualche anno dopo avvenne l'incontro, il tu fraterno, l'amicizia, quella che gli faceva dire: « ... la nostra amicizia è una cosa bella » (L. 22823), « ... ma è pure per me tanto grande la gioia di sentire che ci vogliamo bene noi due, cosí, nel fondo dell'anima nostra » (L. novembre '27); quella che lo faceva soffrire con lui la perdita della Erse (L. 2442); quella che non fini con la sua morte per restare nel cuore del babbo ed anche nel mio.
Amicizia e consuetudine familiare. Marchesi era spesso alla nostra tavola
e lodava l'arrosto della signora Emilia (mia madre). I suoi gusti erano ben noti
e non mancava mai, se c'era lui, il piatto di barbe amare, che egli mangiava senza co[...]
[...]08 al babbo, 13 a me, 2 alla mamma) sono indirizzate a lei. Mia sorella fu a lungo ammalata e costretta a frequenti soggiorni in montagna: Concetto Marchesi le scriveva, spesso dandole buffonesche notizie di colleghi ed amici, per rincuorarla e « farla stare allegra ». Se i silenzi diventavano lunghi ecco uno dei due chiedere all'altro perché fosse « sciamato ». In una delle lettere (L. 27729) racconta la sua avventura alpinistica. Marchesi era, direi, uomo di mare, ma la sua consuetudine con noi e con altri amici lo portò a frequentare le montagne, prima quelle della Garfagnana e poi le Dolomiti. Già in età matura (nel '29 aveva superato i 50) si mise in capo di far roccia ed effettivamente gli occorse un brutto incidente scalando la Croda Rossa. Il babbo, gran camminatore ma non rocciatore, ne fu molto impressionato e non lesinò quella volta critiche e rimproveri all'amico.
Di Marchesi compagno di gite, di passeggiate, ne ha fatto un ritratto gustosissimo mio padre ne « La strada la bisaccia e la pipa » nel Mantello di Cebète.
Sono st[...]
[...]to a Marchesi per essere rimasto Rettore dell'Università dopo l'8 settembre. Strano rimprovero. Chi ha vissuto vicino a lui sa di che altezza morale, di che comune esaltazione (anche non consona, certamente, al momento cospirativo, come ci accorgemmo tutti piú tardi) quei giorni siano stati. Inutile qui ripetere le parole dette inaugurando « in nome di questa Italia dei lavoratori degli artisti degli scienziati » il 722° anno accademico. Inutile dire l'entusiasmo, la fredda determinazione di tutti noi presenti quando egli fisicamente allontanò le camicie nere armate che volevano presidiare l'Aula Magna. Rivedo con commozione la fotografia di quello storico e tumultuoso momento, il volto duro di mio padre alle spalle di Marchesi. Inutile dire l'effetto che fece il suo appello agli studenti del dicembre '43. Son tutti fatti e documenti ben noti, ma non dispiacerà la testimonianza commossa di chi a quei fatti assistette.
VARIETA E DOCUMENTI 205
Amava dire, e talvolta era la franca risata, « ... coltivare il sorriso... » (SP, p. 101). E mio padre: « ... diffida degli uomini che non ridono... ». Le risate piú belle erano allo scopone. Marchesi stesso ne parla nel Il libro di Tersite ma la descrizione che ne fa il babbo, « Giochi e giostre del settebello », in Carducci
allegro (p. 247) è quanto mai efficace (poche pagine dopo c'è un giudizio su di me: « Al mio figliolo io, come padre dabbene, qualche cosa ho cercato di insegnare; ma, almeno da me, questa sola ha imparato, a giocare a scopone »: non ho ancora deciso, dopo tanti anni, se andare, o[...]
[...] in amene lettere alle Monache di San Massimo per il loro cane uggiolante (ce ne parla Franceschini, CM, p. 88, e sembrano purtroppo andate perdute: Marchesi non amava i cani, faceva, forse, paziente eccezione per la Nannò di mio padre) o nell'improvvisa, e costosa!,
decisione di insonorizzare il soffitto della sua casa romana per la paura di essere disturbato dai numerosi figli del suo soprano (per usare un'espressione cara a Pasquali), vale a dire il sovrastante condomino on.le Riccio. I sospettati bambini
erano invece già grandi: l'ultimo, quattordicenne, sembra abbia poi avuto in Marchesi un eccezionale ripetitore di latino [« L'informazione parlamentare »,
23 dicembre 1955].
Ricordare Marchesi a Messina senza far cenno a Camagna, Enrico Maria Camagna, professore di francese all'Università in quei primi anni '20, non sarebbe possibile. Caro Camagna! Dice di lui Marchesi alla Erse (L. 2939): « assicura Enrico Camagna, il mio Camagneddu, che l'ho sempre nella memoria e nel cuore e ricordo ogni angolo di quella baracca messinese che [...]
[...]uomo è come servire sul velluto ») e, tra l'altro, la ragione sconosciuta per cui Marchesi non volle, secondo lei, tornare piú a Coreglia. Passava un drappello di camicie nere sulla piazza bassa, il Piantaio, e pretendeva che i presenti (Marchesi, il babbo, De Ruggiero, non so se altri) salutassero romanamente: al loro rifiuto uno d'essi scagliò loro addosso una zolla di terra colpendo Marchesi. Ma che Marchesi non sia piú tornato a Coreglia non direi: in una lettera alla Erse (L. 9931) dice: « ... il 16 sarò a Coreglia da Leontina che mi prepara la camera della signorina Erse... ». Per il gatto Mammy di Leontina scrisse questo gustosissimo epitaffio: « Montana ab origine extortus / felinae gentis facile princeps / Mamurius Catus / Leontinae dominae in deliciis fuit / sapientia formaque praecellens. / Diu iacuit qui sempre iacebit / hoc tantum bestia potest » (CM, p. 68). Esiste un gruppo, non so di che consistenza, di lettere di Marchesi a Leontina, ma non siamo mai, né io né gli amici coreglini, riusciti a farcele dare o anche solo most[...]
[...]ed essere vicino a mio padre (il babbo aveva bisogno dell'amico medico in casi come questi e cosí è stato in altre occasioni) e trovai Marchesi disteso nel letto d'ospedale, con il collo avvolto da bende da cui uscivano tubicini di drenaggio, ma con l'occhio vigile e affettuosamente grato della mia visita. Fu un momento assai brutto e non solo il mio occhio di relativamente giovane chirurgo lo vide tale.
Delle poche lettere personali ho poco da dire. Il 23 gennaio del '48, poco prima della malattia mi scriveva: « ... E ne son passati degli anni: lunghi e pesanti che hanno spezzato in due la nostra vita. Ma se l'amicizia di coloro che ci furono e ci sono diletti, ci conserva ancora il sorriso e l'affetto di una volta, abbiamo conservato il meglio delle nostre esistenze..: ». Gli diedi notizia della mia nuova posizione ospedaliera, mi rispose: « ... penso che costà, presso le sorgenti ristoratrici dei grossi mediatori lombardi (ero diventato primario chirurgo dell'ospedale di Darfo Boario Terme) possa esserci anche qualche sperduta locanda[...]