Brano: Dossier NATO 9 maggio 1969 ' n. 19 Rinascita p. 11
Corne e perché è sorta l'Alleanza at antica
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ne con i viscerali oltranzisti, ha potuto scrivere che la NATO ha rappresentato il recupero dei
« valori della cultura e della civiltà occidentali »,
la « restaurazione del
l'unità dello spirito occidentale, che della nostra civiltà è la sostanza » e la non « dispersione nella contaminazione con nuovi fenomeni barbarici di quel che di valido il mondo occidentale aveva costruito nel corso di secoli ». Merce avariata. In realtà, a scorrere gli articoli celebrativi, i bilanci anche [...]
[...]ondamentali e la storia della NATO, descriverne i meccanismi, mettere in luce i suoi più autentici significati, rivelarne la poliedrica funzione. Ed è cosa agevole. Perchè la NATO si è presentata sulla scena politica mondiale
Patto atlantico. Basi NATO
con alcuni precisi e irrefutabili connotati. E' stata strumento, da un lato, di una lotta aperta al mondo socialista, e di una repressione crescente verso le aree del « terzo mondo ». E' stata, dall'altro lato, la struttura portante della difesa e del consolidamento dei regimi capitalistici dell'occidente europeo. Elemento unificatore di questi due aspet ti sono state la politica dei blocchi voluta dall'imperialismo e la supremazia americana sull'Europa.
La NATO ha simboleggiato per l'Europa e per il mondo tutto ciò. Per cui volere un mutamento, oggi, della realtà degli ultimi venti anni è incompatibile, per usare le parole di un cattolico, « con l'idealizzazione e la sopravvivenza della NATO ». Al contrario, richiede la rimessa in discussione della NATO e dell'Alleanza atlantica, per rovesciare e battere la logica che ne presiedette la nascita e ne determina i destini. ciò che vogliamo dimostrare ai lettori di Rinascita con questa ricerca.
Inserto a cura
di Romano Ledda
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« Gli Stati Uniti sono troppo ricchi per accettare uno scacco politico senza cercare un altro modo per imporre la loro volontà. Essi possono, se vogliono, trasformare il problema politico in un problema economico o, come ultima risorsa, in un problema militare » : è su questa base che nasce l'impegno mondiale degli USA
Il primo atto che sancisce formalmente la nascita della Alleanza atlantica è la risoluzione Vandenberg votata dal Senato degli Stati Uniti d'America l'11 giugno 1948. Con essa si auspica « il progressivo sviluppo di accordi regionali » .e si autorizza il Presidente ad « associare l'America all'Europa occidentale in accordi di mutua difesa che contribuiscano alla sicurezza nazionale ». Ma è noto che la sua radice politica è da ricercarsi un po' più indietro nel tempo, in quella inversione di tendenza della politica estera americana che iniziò sul finire stesso della seconda guerra mondiale, e su cui influirono fattori di varia natura, tra cui il monopolio dell'arma atomica. La percezione delle profonde tr[...]
[...]l'America all'Europa occidentale in accordi di mutua difesa che contribuiscano alla sicurezza nazionale ». Ma è noto che la sua radice politica è da ricercarsi un po' più indietro nel tempo, in quella inversione di tendenza della politica estera americana che iniziò sul finire stesso della seconda guerra mondiale, e su cui influirono fattori di varia natura, tra cui il monopolio dell'arma atomica. La percezione delle profonde trasformazioni nate dallo sconvolgimento bellico, e la volontà di congelarle, il senso di una profonda crisi che sconvolgeva l'ordinamento capitalistico e la decisione di bloccarla con ogni mezzo: queste le radici politiche della guerra fredda.
Nota lo storico americano Theodore Draper che « gli Stati Uniti sono troppo ricchi per accettare uno scacco politico senza cercare un altro modo per imporre la loro volontà. Essi possono, se vogliono, trasformare il problema politico in un problema economico o, come ultima risorsa, in un problema militare ».
Nell'immediato dopoguerra gli Stati Unit. si presentavano, in un m[...]
[...]atti. Nel suo Pax americana lo studioso americano Ronald Steel osserva giustamente che « la NATO è stata la prima delle nostre alleanze coinvolgenti ed è ancora la più importante. Attorno alla NATO costruimmo la nostra diplomazia postbellica di contenimento e di intervento ». Di lì, con una logica obbligata, sarebbero discesi poi i patti militari e le alleanze regionali del CENTO, SEATO, ANZUS, la Dottrina Eisenhower per « proteggere » gli arabi dal comunismo, e, infine, la risoluzione del Golfo del Tonchino, che autorizzò il presidente a intervenire nel Sudest asiatico: in breve, più di un milione di soldati americani all'estero, più di 3.000 basi militari sparse in tutto il mondo (sulla base di un rapporto del Pentagono il New York Times dell'li aprile 1969 afferma che le basi sono 3.491), quattro alleanze di « difesa », 42 trattati di mutua assistenza militare, aiuti militari a oltre settanta paesi. « Impegni i cui eguali — ha scritto James Reston — nessuna nazione sovrana ha mai preso nella storia del mondo ». L'Alleanza atlantica fu[...]
[...]a oltre settanta paesi. « Impegni i cui eguali — ha scritto James Reston — nessuna nazione sovrana ha mai preso nella storia del mondo ». L'Alleanza atlantica fu il primo anello della catena perche l'Europa era l'epicentro dello scontro.
Si è parlato molto, con l'assunzione da parte degli USA di responsabilità mondiali, di fine completa dell'isolazionismo tradizionale, grazie a uno slancio morale immune da vecchi egoismi, al risveglio provocato dal dramma della seconda guerra mondiale e dagli sviluppi della guerra fredda. Più realisticamente De Gaulle osserva nelle sue Memorie che la «volontà di potenza degli americani » è sempre « propensa ad ammantarsi di realismo ». Tre ragioni di fondo, assai poco idealistiche, spingevano gli USA a rompere definitivamente con l'isolazionismo: una militare, l'altra economica, l'altra ancora politica, tutte strettamente intrecciate.
Vediamo prima quella militare. Nonostante il monopolio della bomba atomica, essa poteva essere il vero « asso nella manica » se gli americani, in mancanza (allora) di bom[...]
[...] Nonostante il monopolio della bomba atomica, essa poteva essere il vero « asso nella manica » se gli americani, in mancanza (allora) di bombardieri intercontinentali e di sommergibili atomici, avessero potuto disporre di basi oltreoceano che avessero avuto a loro tiro il campo socialista. « Il sistema di basi riflette essenzialmente la nostra decisione di assicurare l'efficacia del deterrente
La struttura " organizzativa
della NATO, a partire dal suo organo politico principale (il Consiglio atlantico di Bruxelles) fino ai comandi militari periferici nei vari settori. Di particolare interesse per l'Italia è il comando alleato del Mediterraneo (sigla: Cincafmed) con sede a Malta la cui costituzione è strategico — scrive Twonsend Hoopes su Foreign Affairs —e anche le nostre decisioni di organizzare e sostenere la NATO e di mantenere potenti forze navali nel Mediterraneo ». Ovviamente si otteneva anche lo scopo politico di « rafforzare la decisione di molte nazioni di resistere alla pressione comunista esterna e reagire con fermezza contr[...]
[...]otteneva anche lo scopo politico di « rafforzare la decisione di molte nazioni di resistere alla pressione comunista esterna e reagire con fermezza contro la sovversione interna ». La necessità e l'utilità delle basi in Europa e nel mondo, non verrà meno, anche sotto il profilo militare, neanche quando il monopolio atomico sarà finito, e entreranno in funzione i missili intercontinentali e i sommergibili atomici.
Economicamente gli USA uscivano dalla guerra con un colossale apparato economico, e con tutti i pericoli di crisi o di recessione che la caduta della domanda bellica avrebbe potuto provocare. Impedire quella caduta e nel contempo garantire degli sbocchi a tutta la produzione americana, assicurarsi nuove sedi di investimento, si poneva come una necessità inderogabile.
Le motivazioni politiche sono di due ordini. La prima, scarsamente esplorata, e su cui oggi si inizia una ricerca, riguarda lo stato della società americana di allora. Dietro un'apparente e gagliarda compattezza vi era in realtà il primo germe della crisi sociale [...]
[...]icurarsi nuove sedi di investimento, si poneva come una necessità inderogabile.
Le motivazioni politiche sono di due ordini. La prima, scarsamente esplorata, e su cui oggi si inizia una ricerca, riguarda lo stato della società americana di allora. Dietro un'apparente e gagliarda compattezza vi era in realtà il primo germe della crisi sociale e politica che sarebbe esplosa in questi anni.
« A coloro il cui senso di sicurezza era stato distrutto dall'estrema mobilità della vita americana — scrive lo Steel — che si sentivano minacciati dalle richieste di
l'ultima iii' ordine di tempo presa dalla NATO, nella riunione tenuta nel novembre scorso a Reykjavik. Il nuovo comando di Malta è stato assunto dall'ammiraglio degli Stati Uniti, Edward C. Autlaw, nel quadro del comando delle Forze alleate della Europa meridionale .di cui è capo un ammiraglio italiano eguaglianza da parte delle minoranze razziali e che erano umiliati dalla mancanza di personalità di una società sempre più burocratizzata, lo anticomunismo ideologico serviva come punto focale di scontento. Esso non poteva sedare quelle ansie, ma poteva spiegarle in una forma accettabile a chi vedeva altrettanti nemici all'interno di quanti ne scorgeva all'estero. L'assunzione di una responsabilità mondiale fu un atto di autoesorcismo da parte di un popolo tormentato dai demoni ».
La seconda motivazione, più nota, è derivata da quella militare ed economica: supporto di quelle operazioni non potevano che essere regimi politici fedeli, omogenei, disponibili.
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[...]basilare », « un muro » dietro il quale sarebbero passate molte altre cose. E più chiaramente ancora Claude Julien, autorevole giornalista di Le Monde, nel suo L'empire americain: «L'impegno militare ed economico [degli USA] non è un accidente o un accessorio. Senza di esso la società americana sarebbe stata costretta a una revisione lacerante non solo dei suoi obiettivi e dei suoi mezzi di sussistenza. Fondata sull'impero economico e rafforzata dall'impero militare l'American Way of Life non sopravviverebbe a un ripiegamento nelle proprie frontiere.
Le classi dominanti europee subirono, ma anche accettarono e persino cercaro no tutto ciò. Uscivano scosse dalla guerra, sotto accusa, da un lato responsabili del fascismo, dall'altro di un'antica capitolazione di fronte alla tracotanza nazista. Il crollo degli imperi coloniali apriva nuovi e drammatici problemi. Le economie erano stremate. Negli USA trovarono ciò che serviva loro per ricostruire il loro potere. Vi fu come una partita doppia di ricatti: da un lato legavano gli USA a una responsabilità europea, dall'altro lato gli affidavano la loro sopravvivenza; da un lato gli garantivano una impostazione di politica sociale, economica, di esasperata difesa capitalistica dell'ordine costituito, dall'altro lato chiedevano una copertura per questa garanzia. A questa duplice operazione di reciproco sost4gno le classi dominanti europee sacrificarono l'Europa, la sua pace, la sua unità, e con esse l'autonomia, l'indipendenza e la sovranità nazionale. Queste ultime venivano a morire con la NATO, dietro la quale si profilavano i blocchi come « universi politici, economici, militari, culturali, religiosi completi e chiusi ».
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[...]fluenza di Washington sugli europei, quanto alla egemonia dei militari (americani ed europei) sui civili ». Anche se così fosse, non bisognerebbe chiedersi attraverso quale meccanismo si è potuto arrivare a ciò? Ma non è così. Lo Spettatore coglie una verità parzialissima. All'interno dell'Alleanza non si sono verificati alcuni accidenti ne una dolorosa ma necessaria separazione tra obiettivi politici e militari. L'impronta militare è stata data dalla sua stessa natura, perchè: 1) l'Alleanza voleva essere uno strumento di pressione della potenza americana nei confronti dei paesi socialisti, sulla base della politica äi contenimento; 2) la struttura militare era l'unica che garantisse, grazie al rapporto di forza, un naturale dominio statunitense; 3) la « paura » dell'aggressione e la protezione americana erano l'unico cemento unitario degli alleati europei.
Verificare nella storia dell'Alleanza tutto ciò, e ricostruire il processo che ne ha fatto un'appendice dell'imperialismo americano può essere perciò di qualche interesse_ Vediamo pr[...]
[...]degli alleati europei.
Verificare nella storia dell'Alleanza tutto ciò, e ricostruire il processo che ne ha fatto un'appendice dell'imperialismo americano può essere perciò di qualche interesse_ Vediamo prima di tutto gli aspetti specificamente militari e il modo con cui hanno inciso sugli indirizzi politici. Essi possono essere esaminati sotto diversi profili.
Il primo e più elementare è quello dell'organizzazione che si diede l'Alleanza. Fin dal primo Consiglio atlantico del 17 settembre 1949, venne messo a punto il meccanismo organizzativomilitare dell'Alleanza, ossia la NATO. (North Atlantic Treaty Organization). E tale sarebbe rimasto fino ai nostri giorni. Nel corso del 1950 (soprattutto alle sessioni di New York e di Bruxelles) esso venne puntualizzato con tre decisioni importanti che riguardarono: a) il potenziamento delle forze tradizionali degli alleati europei; il progetto, definito successivamente in un Consiglio atlantico a Lisbona, prevedeva l'allestimento di 100 divisioni e di 9.000 aerei; b) l'istituzione di un esercito[...]
[...]entemente come uno spostamento di forze americane sul continente, e soprattutto come utilizzazione del SAC (Strategic Air Command), ossia dell'enorme potenziale aereo statunitense, cui avevano già concesso basi e infrastrutture. Terza: chi ricorda le lotte sociali e politiche di quegli anni, comprende il ruolo decisivo che esse ebbero nell'impedire la piena attuazione del progetto. Ciò non significa, naturalmente, che l'Europa non fosse travolta dalla spirale del riarmo. Le spese militari della NATO nel 1949 erano di 18,7 miliardi di dollari, nel 1950 salirono a 20,4 miliardi, nei 1951 a 42,2 miliardi, nel 1952 a 59,9, nel 1953 a 64 miliardi. E un terzo di queste spese veniva sostenuto dagli alleati europei.
Tuttavia vi era un altro aspetto del problema che ten
(disegno di Gal) deva a emergere fino a divenire, negli anni immediata
mente successivi, dominante. Gli USA chiedevano un potenziamento delle forze tradizionali europee in virtù di una loro strategia (fondata sulla invulnerabilità, allora, del territorio americano) che faceva d[...]
[...]razione veniva automaticamente a ridursi ogni margine di sovranità nazionale dei paesi alleati.
La dottrina che la presiedeva era infatti la seguente: « Le forze nazionali sotto comando nazionale dovevano rispondere a comandanti alleati riuniti nello Stato Maggiore alleato ». Le forze « rimangono sotto comando nazionale fino allo scattare di determinati livelli di allarme, per poi passare sotto il comando alleato. La sola eccezione è costituita dalla rete integrata di difesa aerea che copre il comando alleato in Europa, dalla Norvegia alla Turchia orientale. Tale rete è posta in ogni momento sotto mio comando e deve assicurare in permanenza la polizia dello spazio aereo alleato» (generale Lemnitzer).
Si veniva così affermando un criterio di sovranazionalità — nel solo ambito militare — di tale portata che più di uno studioso del diritto si è chiesto fino a che punto fosse legittimo, oltre che politicamente accettabile. Il giurista Alberto Predieri nel suo studio su « Il Consiglio supremo di difesa » (organismo nazionale italiano) si chiede, ad esempio, fino a che punto « integrando la difesa italiana nella NATO[...]
[...]bile. Il giurista Alberto Predieri nel suo studio su « Il Consiglio supremo di difesa » (organismo nazionale italiano) si chiede, ad esempio, fino a che punto « integrando la difesa italiana nella NATO », con i suoi organi che « impartiscono direttive ai singoli governi degli Stati », si siano « limitati i poteri » di quel Consiglio, in netto contrasto con l'articolo 87 della Costituzione italiana.
Il meccanismo è stato reso ancora più evidente dal fatto — non tecnico, ma poli
tico che il comandante
americano della NATO (Saceur) è contemporaneamente comandante di tutte le forze americane in Europa non integrate nella NATO (EUCOM). Se si considera che nell'arsenale della NATO le forze più importanti sono i bombardieri del SAC e la VI flotta americana nel Mediterra neo, e che essi non sono integrati nella NATO, si capisce subito quale sia il reale rapporto di dipendenza dagli USA.
Dobbiamo insistere brevemente su questo punto. Si tratta infatti di un potenziale militare atomico e missilistico dipendente unicamente dal presidente degli [...]
[...]forze americane in Europa non integrate nella NATO (EUCOM). Se si considera che nell'arsenale della NATO le forze più importanti sono i bombardieri del SAC e la VI flotta americana nel Mediterra neo, e che essi non sono integrati nella NATO, si capisce subito quale sia il reale rapporto di dipendenza dagli USA.
Dobbiamo insistere brevemente su questo punto. Si tratta infatti di un potenziale militare atomico e missilistico dipendente unicamente dal presidente degli Stati Uniti. Esso viene utilizzato come mezzo di pressione sugli stessi alleati, ma soprattutto è la base di pronto intervento americano in ogni parte del. l'occidente e del Medio Oriente (nel 1958, ad esempio, in Libano). Ebbene, la questione è: fino a che punto questo intreccio di poteri coinvolge la NATO, e quindi la trascina automaticamente in conflitti esterni alla sua regione? Ancora. Giustamente Filippo Frassati osserva su Critica Marxista (n. 2, 1968): « Il co
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[...]i organismi « collettivi » inventati per íl « coordinamento tra alleati » dell'iniziativa militare (Standing Group, Comitato militare ecc.), siano a poco a poco scomparsi, o giacciono come strumento inutile. L'integrazione militare li ha messi fatalmente a tacere, essendo per sua natura « da una parte uno strumento di indirizzi strategici del tutto autonomi, quelli del Pentagono» scrive il generale Beaufre su Politique étrangère (n. 3, 1965) — « dall'altra lo strumento attraverso il quale si subordinano a quegli indirizzi gli obiettivi e le scelte militari dei governi europei». Appare quindi assai chiaro che l'integrazione militare è il perno su cui gli Stati Uniti hanno stabilito il loro dominio e il loro controllo sulla politica europea.
p. 14 Rinascita n. 19 9 maggio 1969 Dossier NATO
Due strategie
di sterminio
nucleare
Le gravissime implicazioni della teoria di Foster Dulles basata sul sostegno atomico della politica del « rischio calcolato ». Le forze di pace danno scacco alla NATO e la capacità militare del Patto [...]
[...]amara: nascono i piani dell'escalation
ti », essi « sarebbero stati, comunque schiacciati ».
L'equilibrio militare, in cui si era cercata la prima :giustificazione della NATO, ¡era quindi raggiunto. Nessuno credeva più in Europa alla favola dell'aggressione sovietica. I regimi capitalistici erano! restaurati.
Fu in questo clima che il 16 dicembre 1967 la Conferenza di Parigi dei capi di governo dei paesi appartenenti alla NATO venne investita dal problema della istallazione di missili a medio raggio in Europa. Si trattava degli IRBM (Intermedie Range Ballistic Missiles), che per le loro caratteristiche non erano da rappresaglia ma offensivi: « Il loro effetto è potente, — scrisse allora A. Wohlstetter sulla rivista Foreign Af fairs — solo in caso di attacco a sorpresa ». Il 10 dicembre, avendo già Dulles reso pubblica la proposta americana, il governo sovietico aveva proposto la denuclearizzazione della Polonia, della Cecoslovacchia e della Germania orientale, a condizione che i missili non venissero istallati nella Germania federale.[...]
[...]ni immediate relative al « grado di replica » all'avversario, e quindi esclude nel modo più tassativo consultazioni tra gli alleati e ogni divisione di comando. Per cui, come ha scritto in un acuto, per quanto filoatlantico saggio Luisa Calogero La Malfa (in La NATO nell'era
L'accelerazione di questo processo di integrazionedipendenza si è avuta anche sotto il profilo delle diverse strategie mondiali che gli USA venivano via via sperimentando e dalla collocazione che è stata data alla NATO.
Nell'ottobre del 1953 il National Security Council americano autorizzava i militari a « introdurre l'impiego di armi nucleari tattiche e strategiche nei piani di difesa contro attacchi convenzionali ». Veniva maturando la teoria della « rappresaglia massiccia » ossia la « massima dissuasione a un costo sopportabile fondandosi su una grande capacità» di risposta ato mica istantanea « nei luoghi da noi scelti » (Dulles). Nel 1954 il Consiglio della NATO faceva propria quella strate gia dichiarando che « gli eserciti atlantici opporranno i loro mezzi a[...]
[...]non atomico ».
Questo passo della NATO fu denso di gravi implicazioni.
Bisogna dire che i governi europei, o almeno una parte di essi, cominciarono a comprendere i pericoli di quelle implicazioni, e a vivere in una reale contraddizione. Cominciarono a comprendere, ad esempio, che gli USA non si limitavano più a una politica di contenimento, ma puntavano oramai a una politica di controllo e intervento mondiale (il 1953 e il 1954 furono dominati dalla tentazione di Dulles di usare l'atomica in Indocina), sulla base di quella che Federico Artusio nel 1965 chiamava « una prefigurazione ideologica omogenea del mondo », a tutela dei loro interessi. Per cui sentivano, quei governi, l'esigenza di un distacco, di una separazione,
o per lo meno di una manifestazione di automia, per la sproporzione che veniva a crearsi tra gli interessi europei e quelli americani. La contraddizione non fu sciolta per molti anni (e non lo è ancora oggi) perché tutto ruotava intorno all'accettazione dell'egemonia americana.
In realtà i processi che venivano alla [...]
[...]o meno di una manifestazione di automia, per la sproporzione che veniva a crearsi tra gli interessi europei e quelli americani. La contraddizione non fu sciolta per molti anni (e non lo è ancora oggi) perché tutto ruotava intorno all'accettazione dell'egemonia americana.
In realtà i processi che venivano alla luce erano profondi e drammatici. Nell'ottobre del 1951 la NATO si era estesa alla Grecia e alla Turchia, l'una fascista l'altra dominata dalla feroce dittatura di Menderes. Da un lato crollava definitivamente il mito delle « democrazie » atlantiche, già seriamente incrinato dalla presenza portoghese. Dall'altro dal NordAtlantico si arrivava a una dimensione territoriale della NATO che si spingeva fin sotto il Caucaso, attraverso una parte dell'Asia Minore. Le considerazioni militari avevano così pieno sopravvento sugli scrupoli di « civiltà ».
Già nel 1950, del resto, il Senato americano aveva chiesto che con la Turchia, la Grecia, la Germiania federale, anche la Spagna entrasse nella NATO. Fu soprattutto per la opposizione della Norvegia che ciò non avvenne. Ma proprio in quegli anni (1953) la Spagna firmava un accordo militare bilaterale con gli USA che le conferiva un posto di rilievo in tutto il si[...]
[...]d, nel rapporto presentato alla commissione difesa del Senato americano, aveva affermato che l'URSS era completamente e saldamente accerchiata e l'Occidente era in grado di lanciare contro di essa un attacco atomico dai cieli, da un perimetro di 360 gradi costellato di oltre 250 basi della NATO. Anche se i sovietici, aggiungeva Norstad, « disponessero del 200% delle capacità di fuoco degli allea
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Dossier NATO 9 maggio 1969
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L'Europa
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L'aggravamento della tensione favorisce il ricatto permanente che la Germania di Bonn, spalleggiata dagli USA, esercita sugli altri alleati: è la crisi di ogni reale prospettiva dello stesso « europeismo atlantico » e della capacità dell'Europa di stabilire nuovi rapporti con i paesi di nuova indipendenza
della distensione) « la natura e[...]
[...]gretario di Stato americano Dean Rusk affermava: « La Europa e la comunità nordatlantica non possono preservare la loro sicurezza semplicemente vigilando lungo una linea che passa soltanto per l'Europa. La loro sicurezza comune è coinvolta anche in ciò che accade in Africa, nel Medio Oriente, nell'Amertica latina, nell'Asia meridionale e nel Pacifico occidentale. L'Alleanza atlantica deve adeguarsi a nuove esigenze ». Gli impegni via via assunti dalla NATO nel Mediterraneo (v. Rinascita, nn. 41 e 50 del 1967, nn. 5,6,13,14 del 1968), la sua diretta partecipazione alla guerra coloniale portoghese, sono un segno della natura assunta dal suo meccanismo politicomilitare.
In terzo luogo e infine, la accettazione della strategia flessibile ripropone necessariamente una nuova corsa al riarmo degli eserciti convenzionali per la guerra limitata (la copertura atomica e il grilletto della escalation rimangono agli americani); anche degli eserciti europei, perchè si dovrebbe combattere in Europa, nel territorio degli « alleati », i quali però, come non hanno avuto nessuna parte nell'elaborazione della nuova strategia, non avrebbero nessun potere nel determinare il corso stesso, politico
e militare, dell'eventuale conflitto. Nonostan[...]
[...]ato del 1949. Non a caso essa coincide con una profonda crisi politica della NATO e delle relazioni tra gli alleati. Taluno ha voluto spiegare quella crisi come il risultato di una serie di errori deformanti interni a una struttura buona e positiva. E di qui vengono tutte le proposte « revisioniste » della Alleanza. Ma non si tratta, invece, della natura stessa degli attuali rapporti tra USA ed Europa? non si tratta della scelta storica compiuta dall'imperialismo americano di fronte ai processi del nostro tempo? Prima di analizzare, quindi, le caratteristiche di quelle crisi e la impossibilità o velleità del « revisionismo » atlantico, converrà vedere più da vicino il prezzo che l'Europa (e il mondo) hanno pagato alla politica atlantica degli Stati Uniti.
Nel 1949, al momento del voto sul Patto Atlantico l'onorevole Ugo La Malf a, con una divinazione di cui possiamo apprezzare tutto l'acume, ebbe a dire: « Oggi sta nascendo l'Europa e l'America non c'entra ». A distanza di vent'anni quale è il bilancio che l'Europa può trarre dalla nasc[...]
[...]ibilità o velleità del « revisionismo » atlantico, converrà vedere più da vicino il prezzo che l'Europa (e il mondo) hanno pagato alla politica atlantica degli Stati Uniti.
Nel 1949, al momento del voto sul Patto Atlantico l'onorevole Ugo La Malf a, con una divinazione di cui possiamo apprezzare tutto l'acume, ebbe a dire: « Oggi sta nascendo l'Europa e l'America non c'entra ». A distanza di vent'anni quale è il bilancio che l'Europa può trarre dalla nascita della NATO e dalla appartenenza a essa dei paesi occidentali? Il prezzo pagato, come si vedrà, è stato altissimo: attraverso la NATO l'Europa è stata l'epicentro della guerra fredda, ha subito una spaccatura profonda dettata dalla logica dei blocchi, ed è pervenuta a una condizione subalterna agli USA sul terreno politico ed economico. Vediamo come.
La questione tedesca è stata e continua a essere il perno di ogni problema concernente la vita dell'Europa. « Dal tipo di sistemazione che sarebbe stato dato al problema tedesco scriveva tempo fa il già citato settimanale delle ACLI — dipendeva in realtà o meno la sussistenza delle strutture » politiche e militari che « si erano andate consolidando in Europa nel dopoguerra ». E' persino superfluo richiamare l'importanza del problema. A essa infatti era, ed è ancora legato il riconoscimento della realtà emersa dalla seconda guerra mondiale (frontiere dell'Oder Neisse ecc.). In altri termini, era attraverso la questione tedesca che passavano tutti i problemi di un nuovo assetto dell'Europa e della speranza di nuovi rapporti internazionali tra le grandi potenze.
Già nella primavera del '47 una serie di accordi anglo
franco americani avevano
gettato le basi di uno Stato tedesco occidentale: la Repubblica federale tedesca, nata nel 1949 come una delle più tipi che creature della guerra fredda. Fu con la NATO, però, che la questione tedesca ven ne via via assumendo un peso determinante e decisivo per la [...]
[...], con gli interessi e le rivendicazioni della Repubblica federale tedesca. Ciò era voluto dagli Stati Uniti ed era nella logica naturale della politica di contenimento, costruita su quelle che George Kennan chiamava le « situazioni di forza » per imporre, « dispiegando tutta la potenza militare », all'URSS e ai paesi socialisti determinate soluzioni.
Non vi fu perciò rivendicazione revanchista della Germania federale che non fosse fatta propria dalla NATO, e posta alla base di tutta la sua strategia politica e militare verso i paesi socialisti. Questi avvertivano in profondità, e con fondati motivi, il nodo della questione tedesca, e su questa base avanzarono una serie di proposte assai significative.
Vale pena di ricordarne
due cha, se accolte, avrebbero improntato diversamente la vita europea. Nel 1952 l'URSS avanzò un progetto di riunificazione della Germania per mezzo « di elezioni sottoposte a controllo internazionale » e di ritiro di tutte le truppe (sovietiche, francesi, inglesi e americane) chiedendo in cambio la garanzia che [...]
[...]e di ritiro di tutte le truppe (sovietiche, francesi, inglesi e americane) chiedendo in cambio la garanzia che la Germania riunificata non sarebbe stata inserita in nessuna alleanza militare. James Warburg in un suo importante libro sulla Germania, ha osservato come la proposta sovietica fosse decisiva per tutta l'Europa e offrisse persino la prospettiva di « una Germania democratica e unita nel senso occidentale del termine ». La linea adottata dalla RFT, diretta allora da Adenauer, e fatta subito propria dalla NATO perchè coincidente con quella statunitense, fu quella di « evitare ogni negoziato in attesa che l'occidente potesse opporre a Mosca, come fait accompli, una Germania riarmata nel quadro di una Europa organizzata ». Il secondo momento cruciale fu dato quando nel 1954 il Consiglio atlantico di Parigi, fallita la CED, decise l'ingresso della Germania federale nella NATO. L'URSS avanzò allora una nuova proposta per la neutralizzazione e riunificazione della Germania, e per una conferenza sulla sicurezza europea. André Fontaine — in un recente articolo sulla rivista Affari Esteri — riconosc[...]
[...] accenni a una politica nuova della RFT passino oggi per una radicale liquidazione di quella eredità, investendo la stessa NATO e la logica dei blocchi.
Questo fu il primo prezzo: attraverso la questione tedesca, la divisione dell'Europa. Tutto ciò, ovviamente, sconvolse anche i più bei sogni europeistici che animavano alcune forze politiche intorno agli anni '50. Nell'ambito dell'Alleanza atlantica tutti i processi d'integrazione occidentale — dalla comunità carbosiderurgica al MEC — non potevano non portare il segno della politica DullesAdenauer, ossia il segno di una Europa angusta e soffocata: l'Europa carolingio cattolico autoritaria, cara ad Adenauer, De Gasperi, Schuman, recinto e baluardo di una « civiltà » conforme e subalterna all'ideologia della guerra fredda. Per cui non molto tempo fa un articolo del periodico democristiano Politica si chiedeva se non esiste « una inconciliabilità reale tra europeismo
e atlantismo ». E la rivista delle ACLI, Relazioni sociali (n. 10, 1968) si domandava a sua volta se la prospettiva europ[...]
[...] cara ad Adenauer, De Gasperi, Schuman, recinto e baluardo di una « civiltà » conforme e subalterna all'ideologia della guerra fredda. Per cui non molto tempo fa un articolo del periodico democristiano Politica si chiedeva se non esiste « una inconciliabilità reale tra europeismo
e atlantismo ». E la rivista delle ACLI, Relazioni sociali (n. 10, 1968) si domandava a sua volta se la prospettiva europeistica « non sia stata bloccata in gran parte dalla prospettiva atlantica » (oltre che dalla scelta capitalistica,
e su questo ritorneremo subito: ma le due scelte atlantica
e capitalistica erano nel 1949 intimamente fuse).
Gli Stati Uniti, del resto erano interessati a una solu zione effettivamente unitaria dell'Europa, sia pure della sola Europa occidentale? A seguire tutta la vicenda « europeistica » si possono cogliere con grande chiarezza due elementi chiave della posizione statunitense su questo problema: 1) in tutta una prima fase l'unità europea li interessa unicamente in funzione della integrazione tedesca; 2) sempre, fino a oggi, l'unità politica dell'Europa li intere[...]
[...]e l'Europa perde la sua possibilità d'iniziativa autonoma « soffocando tutti gli spunti che potevano manifestarsi in una simile direzione » (Collotti). Basta pensare al modo con cui l'aggressione americana al Vietnam e la solidarietà che ha richiesto
e ottenuto, in nome dell'Alleanza, abbiano congelato il dialogo con l'Est ed elevato continue muraglie sulla via di una reale distensione europea.
Basterà ancora pensare al peso determinante avuto dal la NATO nel provocare non solo rapporti mondiali, ma rapporti specifici tra Europa
e Africa all'ombra del colonialismo e del neocolonialismo. In realtà tutto il disegno europeistico perseguito dalle vecchie classi dominanti europee, e vantato come possibile anzi inevitabile all'interno delle strutture dell'Alleanza atlantica, si è rivelato marcio e suicida per l'Europa. « Sulla via dell'atlantismo e della integrazione monopolistica — si scriveva su Rinascita solo qualche anno fa — l'occidente europeo si trova oggi stretto dall'invadenza economica americana, paralizzata nel suo dialogo con i paesi socialisti e nei rapporti col terzo mondo, posto di fronte al riesplodere di focolai revancïtisti ».
Nè si pub dimenticare quello che provocarono il prezzo che esigettero la nascita della NATO e la logica dei blocchi nella stessa Europa orientale. Gli studi storici più seri hanno oramai liquidato la leggenda churchilliana della « cortina di ferro ». In realtà l'Unione Sovietica puntava, nell'immediato dopoguerra, su un lungo periodo di distensione e di accordo tra le grandi potenze. L'assetto dell'Europa orientale la int[...]
[...] la nascita della NATO e la logica dei blocchi nella stessa Europa orientale. Gli studi storici più seri hanno oramai liquidato la leggenda churchilliana della « cortina di ferro ». In realtà l'Unione Sovietica puntava, nell'immediato dopoguerra, su un lungo periodo di distensione e di accordo tra le grandi potenze. L'assetto dell'Europa orientale la interessava soltanto come eliminazione della tradizionale politica verso l'Est degli Stati sorti dal Trattato di Versailles,
e quindi come eliminazione delle vecchie aristocrazie feudali, matrici del fascismo balcanico. La formula della « de mocrazia popolare » non era in questo senso una invenzione propagandistica. Fu con la guerra fredda e col rapido mutamento della situazione internazionale che cominciò a mancare lo spazio per questa politica e lo spazio anche all'interno dei singoli paesi per quelle forze che avevano puntato su una politica di amicizia con l'URSS su una base di neutralità. Tuttavia è solo col 1948 — un anno dopo la dottrina Truman — che la via obbligata divenne da un lato quella di una serie di accordi bilaterali con l'URSS
e dall'altro quella dell'acce[...]
[...]ndistica. Fu con la guerra fredda e col rapido mutamento della situazione internazionale che cominciò a mancare lo spazio per questa politica e lo spazio anche all'interno dei singoli paesi per quelle forze che avevano puntato su una politica di amicizia con l'URSS su una base di neutralità. Tuttavia è solo col 1948 — un anno dopo la dottrina Truman — che la via obbligata divenne da un lato quella di una serie di accordi bilaterali con l'URSS
e dall'altro quella dell'accesso al potere in modo pieno delle forze rivoluzionarie, bruciando ogni transizione.
Ma neanche questi due passi prefiguravano ancora una politica di blocco. Fu solo con la spirale della guerra fredda
e al momento culminante dei riarmo tedesco (1955) che venne enucleandosi il blocco militare dei paesi socialisti. Ed è anche da questo insieme di processi, profondamente condizionati dalla reale situazione internazionale, che vennero una serie di difficoltà e di impacci, anche aspri, al rinnovamento e al pieno dispiegamento delle società socialiste. La vera cortina di ferro che fu calata sull'Europa si chiama guerra fredda, politica di blocco, NATO. A essa vanno collegati da un lato la spaccatura e la contrapposizione su tutti i terreni delle « due » Europe e dall'altro lo stesso fallimento dell'unità europea concepita sotto la specie della « piccola Europa ».
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Dossier NATO 9 maggio 1969 n. 19 Rinascita p, 17
Peretrazione
del capitale
no_
Le posizioni degli Stati Uniti nell'economia europea sono tali da condizionare la stessa competitività mondiale dell' industria del vecchio continente. Quale costo ha dovuto pagare l' Europa in conseguenza dell'asservimento alla politica USA
Gli organi civili NATO dipen di Bruxelles
denti dal Consiglio atlantico
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Produzione
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. Bullpup,,. Oslo
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elettrOnica
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/ ALTRI
ORGANI CIVILI DELLA NATO ISTITUITI DAL CONSIGLIO ATLANTICO
Conviene a questo punto chiedersi quale sia il reale rapporto, attraverso i mecca nismi politici e militari della NATO, che si è venuto stabilendo tra Europa e USA in questo ventennio, sia sul terreno economico sia su quello degli sviluppi interni a ogni singolo paese europeo.
All'inizio di queste note si osservava lo stretto intreccio che si stabiliva fin dal dopoguerra tra obiettivi militari, politici ed economici. E cib per diverse ragioni. Prima fra tutte, e la più contingente, quella del « mercato militare » europeo, che per il peso assunto dall'industria bellica nel meccanismo produttivo statunitense, diveniva uno dei pilastri degli orientamenti dell'economia americana dei dopoguerra. Nel n. 2/1968 di Critica marxista si possono leggere utilmente alcuni saggi su questo problema. La funzione della NATO fu inizialmente, ma questo aspetto perdura ancor oggi, quella « di perpetuare un alto livello di spese militari negli Stati Uniti, attraverso commesse per il riarmo degli eserciti europei e la istituzione di un sistema di basi militari, il cui costo divenne uno stimolo costante alla domanda interna USA, un incentivo alla ricerca scien[...]
[...]nale ».
Ma l'obiettivo era di più lungo respiro. Restaurare il capitalismo europeo non voleva infatti essere soltanto la ricostruzione di un mercato bellico e la garanzia politica di un sistema sociale omogeneo agli Stati Uniti, voleva dire — e questo è il fenomeno che è venuto delineandosi con grande chiarezza nel corso del ventennio — rimettere in piedi un capitalismo nettamente subordinato alla divisione internazionale del lavoro predisposta dall'imperialismo statunitense. Intorno al 1950 venne imposta, attraverso la NATO, una vera e propria rete di vincoli e di veti economici e commerciali all'intiera Europa occidentale (basti ricordare il commercio con l'Est) che assicurarono da un lato il pieno controllo americano sulla destinazione degli « aiuti » e quindi su tutte le tendenze e le scelte della restaurazione capitalistica, e dall'altro lato aprirono le porte della Europa all'invasione commerciale, di prodotti bellici e no, degli Stati Uniti E' su questa base che è venuta costruendosi l'espansione in Europa — una volta rimesso in piedi il sistema capitalistico — del capitale americano. Nel numero citato di Critica marxista si scrive che « le conquiste di posizioni di predominio da parte dei grandi gruppi monopolistici americani in setto ri economici fondamentali, la subordinazione tecnologica, la penetrazione americana nei mercati dei capitali europei sono tutti fatti che poterono realizzarsi e cominciare a imporsi gi[...]
[...] in piedi il sistema capitalistico — del capitale americano. Nel numero citato di Critica marxista si scrive che « le conquiste di posizioni di predominio da parte dei grandi gruppi monopolistici americani in setto ri economici fondamentali, la subordinazione tecnologica, la penetrazione americana nei mercati dei capitali europei sono tutti fatti che poterono realizzarsi e cominciare a imporsi già negli anni '50, proprio per le condizioni create dall'esistenza della NATO e dalla posizione che in essa occupano gli USA ».
Per attenerci a fonti sempre non sospette ricorderemo le due relazioni dell'allora ministro Fanfani in cui emergeva la consapevolezza di come gli USA fossero arrivati a una posizione egemonica così forte da compromettere l'autonomia dell'Europa e da condizionare alle loro esigenze e ai loro interessi la stessa competitività mondiale dell'economia europea. Fanfani coglieva — le due relazioni erano sul gap tecnologico e sull'Euratom — un aspetto decisivo del problema: quello del possesso americano di tutte le industrie tecnologicamente più avanzate ([...]
[...]l'economia americana di mettere insieme tre politiche, che senza l'aiuto europeo sarebbero state tra loro incompatibili: le guerre del Vietnam, un forte tasso di espansione interna, una crescita senza precedenti degli investimenti in Europa ».
Il problema che quindi si pone, in questo quadro, non è soltanto quello di una resistenza agli Stati Uniti d'America, ma ha dei contorni più profondi e precisi. E' possibile, in altri termini, proseguendo dalla via dell'attuale integrazione monopolistica che caratterizza lo sviluppo economico dell'Europa, ottenere una reale indipendenza dagli Stati Uniti? E' possibile costruire su questa Europa occidentale una scelta compiutamente autonoma? Oppure essa non deve passare attraverso profonde riforme del le strutture attuali a livello comunitario e a livello nazionale? Come atlantismo e restaurazione capitalistica hanno proceduto di pari passo, così oggi l'autonomia nazionale ed europea sono legate intimamente, intrecciate dialetticamente, a un processo di avanzata democratica e antimonopolistica in t[...]
[...] ogni paese e a livello europeo, appare evidente anche in virtù di alcune particolarità della struttura politica e militare della NATO.
Veicolo generale di questi processi, la NATO infatti ha avuto anche una sua più specifica funzione sia pure nel semplice ambito della produzione bellica. La NATO è infatti, per conto suo come istituzione, un committente economico di un certo rilievo. Tutta l'attività della NATO in questa direzione è circonda ta dal segreto. Ma sfogliando il suo bollettino mensile — Notizie NATO — non è raro imbattersi in notizie co
me questa: « il consiglio
atlantico ha approvato la decisione — presa dalla conferenza NATO dei direttori nazionali degli armamenti — di istituire un gruppo consultivo industriale NATO. Oltre a svolgere funzioni consultive nei riguardi della conferenza degli armamenti, il nuovo organismo costituirà la sede idonea per la presentazione di problemi importanti a elementi rappresentativi delle industrie della NATO, nonchè per l'esame delle politiche e dei metodi NATO in fatto di studio, di ricerca e di produzione, entro i limiti in cui tali aspetti interessano l'industria ». Ricucendo molte di queste notizie si può ricavare un quadro molto preciso in cui si vede emerger[...]
[...]di problemi importanti a elementi rappresentativi delle industrie della NATO, nonchè per l'esame delle politiche e dei metodi NATO in fatto di studio, di ricerca e di produzione, entro i limiti in cui tali aspetti interessano l'industria ». Ricucendo molte di queste notizie si può ricavare un quadro molto preciso in cui si vede emergere un fenomeno assai significativo: le commesse NATO all'industria europea non riguardano mai i prodotti completi dalla progettazione alla produzione finita. Tutto avviene sulla base della ricerca statunitense, lasciando agli europei il ruolo di « terminali » di un centro creativo e di direzione collocato oltre Atlantico.
Il condizionamento industriale e sulle prospettive di sviluppo economico di questa linea, è evidente. Da un lato si riducono i margini di scelta degli orientamenti produttivi e di ricerca dell'Europa, dall'altro lato se ne condiziona la vita, e quindi si determina un forte lobby industriale europeo legato visceralmente alla NATO.
Ma vi è un altro aspetto da vedere. Sempre dal bollettino della NATO risulta che vi è uno staff internazionale di pianificazione militare. Non è del tutto bizzarro che, con i grandi discorsi sulla sovranazionalità, l'unico terreno in cui essa operi effettivamente è quello militare. Il primo piano pluriennale di produzione bellica della NATO arriva al 1972, prescindendo già quindi da ogni possibile recessione di questo o quello alleato a partire dal 1969.
In altri termini la NATO è diventata un enorme apparato economico, militare, politico che invade la vita di ogni paese alleato fin nei suoi aspetti più interni.
Cade qui il discorso sugli « accordi segreti » e bilaterali che ogni paese alleato ha firmato con gli USA. La Francia, uscendo dal comando militare integrato, ha sollevato un velo — ancora modesto e incompleto — sulla natura di questi accordi e sullo stretto rapporto esistente tra lo atlantismo e la democrazia interna di ogni paese alleato. Il colpo di Stato in Grecia ha sollevato un velo più consistente e ci ha fatto comprendere da un lato, e ancora una volta, la netta subordinazione della NATO agli interessi statunitensi, e dall'altro la
to la sua presenza effettiva
e per molti versi ricattatoria
e condizionante su tutta la vita interna dei paesi della Europa occidentale. Su questo stesso settimanale si scriveva alcune settimane orsono: « Si tratta die vedere (per ogni paese alleato) quale potente gruppo di potere — forse dell'apparato militare, civile e poliziesco dello Stato — sia venuto consolidandosi intorno alla NATO con una sua autonomia di manovra e di iniziativa, e con una tensione di punta nel fare emergere, oramai periodicamente, pericoli autoritari »
Ma a questa domanda bisogna aggiungerne altre rigua[...]
[...]re — forse dell'apparato militare, civile e poliziesco dello Stato — sia venuto consolidandosi intorno alla NATO con una sua autonomia di manovra e di iniziativa, e con una tensione di punta nel fare emergere, oramai periodicamente, pericoli autoritari »
Ma a questa domanda bisogna aggiungerne altre riguardanti gli strumenti specifici di cui la NATO dispone per quegli interventi_ Da un lato il tipo di struttura dato agli eserciti degli alleati, dall'altro lato i servizi segreti, e dall'altro ancora i servizi di « difesa civile ». In un recente numero di Notizie NATO (febbraio 1969) vi è un articolo non firmato, dal titolo « L'importanza della difesa civile », in cui si accenna a una vera e propria struttura (« Comitato superiore dei piani di emergenza nel settore civile») messa in pied: fin dal 1955,
e dipendente direttamente dal Comando militare integrato. Il Comitato si articola in una serie di sezioni: controllo, servizio di capiisolati, salvataggio e pronto soccorso, telecomunicazioni, polizia (« Le forze di polizit del tempo di pace dovrebbero essere aumentate a mezzo di reclutamento di volontari »). Si viene a sapere che « nella maggior parte dei paesi europei della NATO » vi « sono scuole di difesa civile allo scopo di formare dei volontari » mediante « corsi teorici e lavori pratici ». Lo scopo della difesa civile è ambiguo, perchè abbiamo già visto, all'inizio, come nel concetto di aggressione esterna rientri[...]
[...]cani e di quelli delle classi dominanti europee. La pesantezza dei suo meccanismo, l'aumento e non la diminuzione dei rischi per i paesi alleati degli Stati Uniti nella tnrhinosa vipenria internazionale di questi ultimi anni. Ma la sua radice principale è nella subalternità
e diseguaglianza in cui si
è trovata l'Europa rispetto agli Stati Uniti. L'urto e il uu.seaiso sono divenuti nnevitabili nel momento in cui la politica di Washington, lungi dall'esercitare una mediazione in nome degli interessi di tutto l'occidente capitalistico, si è rivelata pienamente come corrispondente a specifiche scelte dell'imperialismo USA, cercando di coinvolgervi l'Europa. La crisi di Cuba nel 1962, e soprattutto l'aggressione al Vietnam, furono i campanelli d'allarme di una situazione che era venuta già incancrenendosi fin dai primi anni di vita dell'Alleanza.
Gli interessi degli Stati Uniti coincidono sempre con quelli dei loro alleati europei? questo l'interrogativo che ha cominciato a dilagare in Europa, anche in settori non trascurabili della borghe[...]
[...]inciato a dilagare in Europa, anche in settori non trascurabili della borghesia europea... Di qui una serie di spinte di varia natura e anche di segno opposto. Il ripiegamento nazionale gollista, espressione di un insorgente conflitto interirnperialista, oltre che di una diver nte veduta sui problemi mondiali, ha costituito la spinta principale. Ma a essa se ne sono aggiunte altre, per esempio nella destra della Germania occidentale, determinate dal risentimento e dalla paura che gli impegni globali degli USA comportino un « disimpegno » americano in Europa, che metterebbe in crisi il revanchismo.
Riflussi nazionalisti, esigenze di autonomia nazionale, spinte economiche oggettive, spunti revanchisti, preoccupazioni reazionarie si sono confusi insieme scuotendo le strutture politiche (me
no quelle militari) della NATO. Neanche gli avvenimen
ti cecoslovacchi — che pure
hanno avuto un peso nel « rilanciare » gli impegni milita
ri e far passare antiche ri
chieste degli Stati Uniti agli alleati europei — hanno potuto attenuare la portata di questa crisi n[...]
[...]petto non si è oggi attenuato, anzi in una certa misura appare rinvigorito. Quel che si delinea parallelamente
invece un nuovo discorso politico sulle funzioni della Alleanza.
I precedenti della storia non sono certo confortanti. Tutte le proposte e gli accorgimenti che gli europei hanno avanzato e adottato in questi venti anni, per avere un maggiore « peso » nell'Alleanza sono miseramente falliti. Dai « tre saggi » del 1956 al piano Duynster, dalla proposta del direttorio « a tre » avanzata da De Gaulle al piano Harmel, una per una le proposte sono cadute di fronte all'intoccabilità dei dominio statunitense. Nel già citato saggio di Luisa Calogero La Malfa si conviene, con una punta di amarezza, sulla « scarsa disposizione degli USA a cedere parte della loro leadership non solo strategica . ma anche politica in seno alla NATO e quindi a capire quale sia il ruolo dell'Europa nell'Alleanza atlantica ». Le stesse controproposte americane, di cui rimane emblematico il grande disegno kennediano di una
minimo », il quale sarebbe tuttavia l[...]
[...]attore pregiudiziale all'attuazione di quella politica. La « fedeltà attraverso le mutazioni », l'ordine statico fondato sulla egemonia americana, « distensiva » o no divenga l'azione della NATO, sono due connotati intrinseci alla sua natura, alle sue funzioni, alle sue origini. Perciò ogni riammodernamento o revisione che non metta in discussione la realtà dei rapporti USAEuropa, ogni atto politico che rimanga i
alla logica del blocchi imposta dall'imperialismo americano, è destinato a restare lettera morta, pura velleità, e a consacrare quello strapotere americano in Europa che nella NATO ha trovato la sua istituzionalizzazione e le vie del suo progressivo consolidamento.
Non esistono una Alleanza atlantica o una NATO pulite, fatte di eguali tra gli eguali. In quest'ambito e con quella politica non vi è spazio per la sovranità, l'autonomia nazionale; non vi è spazio per l'Europa; non vi è spazio per il pieno dispiegamento della libertà e della democrazia, fondate sulla libera dialettica delle classi e delle forze politiche, all'inter[...]