Brano: MEMORIE DEL CAV. ANGELO MUSCETTA
Nacqui ad Avellino (Puntarola) il 24 settembre 1877 da genitori lavoratori, ma onesti. Mio padre, guardia di finanza, si sposò a Saviano (Nola) e dopo di essersi congedato, esercitava il mestiere di venditore oggetti di vetro, guadagnando benino. Da Avellino, dopo dieci mesi dalla mia nascita, i miei genitori (1) si trasferirono a Benevento, Vico Carrozzieri, e con i risparmi onesti del proprio lavoro impiantarono un piccolo negozio di terraglie e cristalli, che in quell'epoca, credo, bastavano poche centinaia di lire. Questo negozio, vuoi per la bontà e il saper fare del povero padre mio, vuoi per l'abilità eccezionale di mia madre, progrediva in modo invidiabile, e siccome mia madre era figlia di caffettiere, pensarono] fittarsi un basso attiguo al negozio di terraglie, ed impiantarono un piccolo civettuolo caffè che per l'abilità di mia madre,[...]
[...]rtirono per Montefusco, senza nessun preavviso. Lascio a voi immaginare la sorpresa e la gioia della mia fidanzata, con la zia, nel vederle arrivare: questa era per loro la conferma di quanto io gli avevo scritto, cioè l'avvenuta pacificazione. Naturalmente la gioia non era completa, perché mancavo io, però la mia mancanza . era giustificata, perché tutti in una volta non potevamo lasciare il buffet.
La mia tortura era quella di vedere la festa da Avellino e non poterci andare. Mi spiego in che modo io vedevo la festa da Avellino. La chiesa del Carmelo a Montefusco era situata al principio del paese e proprio sul fronte del paese verso Avellino, .e su una piazzetta vicino alla chiesa venivano addobbate delle bellissime luminarie, che erano ben visibile dalla nostra stazione ferroviaria di Avellino, quindi il sabato, vigila della festa, fu per me una tortura, vedere da lontano quella festa, e non poterci andare. Non riposai tutta la notte e né anche la domenica fino alla sera, e senza pensarci due volte, dissi a mio zio Sabina, se mi permetteva alle undici di andare a Montefusco, con l'impegno di trovarmi il lunedì mat[...]
[...]di (perché in quell'epoca non si aveva neanche lontanamente l'idea dell'automobile) e raggiunsi la stazione di Prata: che dopo pochi minuti arrivò i!1 primo treno da Benevento, e giunsi puntualmente alle sette del mattino, giusto come avevo promesso a mio zio. Ero felice, ogni frainteso era scomparso, lavoravo notte e giorno, e vedevo avvicinare il giorno tanto da me sperato e coronato dopo sacrificii, il mio sogno.
Il 21 novembre 1898 partimmo da Avellino in carrozza, io, lo zio Sabino, il compare Fusco, il Notar Capriolo, e il suo segretario, e ci recammo a Montefusco in casa di Don Cuccio Bocchino zio della sposa, e tutore, nonno del Dort. Francesco Bocchino, per redarre i capitoli matrimoniali, con un cerimoniale molto lussuoso, e irto di malte difficoltà per la sistemazione ipotecaria della dote: ché in quell'epoca lire 6.000 era una dote fastosa. Come Dio voile, fu appianato ogni cosa per il meglio, e per la prima vdlta, debbo confessarlo, ebbi l'onore di sedere a mensa in un banchetto di lusso e signorilità, che mi pareva di sognare qual[...]
[...]uguro al mio piú acerrimo nemico, ma in compenso ho avuto delle poche, ma belle soddisfazioni, che mi sono state di sprono a tutte le difficoltà che nel sentiero della mia vita ho sopportato con francescana rassegnazione.
Con la speranza che il giorno tanto desiato presto si avverasse, si era arrivato al 10 gennaio del 1899, giorno che si fissò la data del matrimonio per .i'1 9 febbraio 1899. Infatti tale giorno, di giovedì, S. Sabino, partimmo da Avellino con quattro. carrozze di gala, alle ore sei del mattino, e andammo a Montefusco, ed in casa sempre di
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Don Ciccio Bocchino alle ore 10 ebbe luogo il matrimonio civile officiato personalmente dal Sindaco, e quello religioso officiato dallo zio della sposa, Canonico Recine. Cerimonia austera, bellissima, signorile, a cui intervennero le piú spiccate personalità del paese. Furono distribuiti dolci confetti e liquori, e gli onori di casa furono fatti impeccabilmente dalla signora Donna Mariannina Bocchino, nuora di Don Ciccio Bocchino e madre del Dottor Bocchi[...]
[...]o zio non potevo chiedere dippiú, perché sapevo le sue condizioni, ed allora pregai un fornitore di vino, certo Iandiorio di Montefredane, di mettermi una firma ad una cambiale di lire 200 e passarla a una banca chiamata « Credito Irpino », firma che mi accontentò, per non rifiutarsi, però ebbe cura di avvisare segretamente il Direttore di quella banca di non far passare quella cambiale allo sconto. Io intanto tutti i giorni facevo la via crucis da Avellino alla ferrovia per incassare quelle lire 200, e mi portavano in giro: oggi, domani. Finalmente un mio amico, impiegato su quella banca, mi disse segretamente tranello, che quell'amico a cui avevo pregato per la firma, mi aveva fatto. Non sapendo a chi Santo dovessi rivolgermi, presi di nascosto tutto l'oro di mia moglie (dico di nascosto, perché sapevo che lei era contrario a farlo pignorare) e lo pignorai ricavandone lire 350, giurando a me stesso che a qualunque costo prima che lei si fosse alzata, avrei messo a pasta il suo oro. Erano passati due mesi, e per fortuna era passata fuori perico[...]
[...]sco, residente a Roma, una. camera (via Lucrezic Caro, 47), per lire 3.30 al giorno: camera da letto, salottino e caffè latte al mattino. Si usciva alle 8 del mattino e ci ritirammo alle 16. Si andava a pranzo alla « Rosetta », ai « Tre Re », dove si era servito con lusso, e i vermicelli o tagliolini in brodo costavano cent. 25 la porzione. Quello che ci faceva da guida era il povero Luigino Spagnuolo. Dimenticavo dire che dopo sposati, partimmo da Avellino diretti a Napoli, in una automobile di lusso appartenente al Duca d'Aosta padre, e che per amicizia di un parente di Amelia avevamo avuto regalando solo lire 100 all'autista. La prima volta che andavo in automobile.
Durante la nostra assenza, il magazzino di vendita fu portato avanti dalla zia Angelarosa e un ragazzo garzone. Dimenticavo dirvi che l'inizio fú meschinissimo: il vano davanti con l'entrata sul piazzale della ferrovia fu diviso in due quello davanti per la vendita, e l'altra metà adibito per cucina e sala da pranzo. Dopo il portoncino, quel vano che dopo fu adibito a studio, pia[...]