Brano: Alfonsine
aereoplani, di motori per aviazione e di carri armati. La disciplina all’interno degli stabilimenti assunse carattere militare; le condizioni dei lavoratori si fecero sempre più dure e le agitazioni operaie, dapprima sporadiche, andarono gradualmente intensificandosi fino a sfociare negli scioperi del 25.3.1943. I primi operai milanesi a scendere in sciopero furono precisamente quelli della Pirelli, della Falck e della Ercole Marelli, seguiti da molte altre fabbriche. Nell’agosto 1943 i lavoratori dell’A.R. manifestarono per la pace insieme a quelli degli altri stabilimenti e, nei giorni dell’8 settembre, molti di essi accorsero ad arruolarsi nelle file della Guardia Nazionale (v.). Dopo l'occupazione tedesca gli elementi più decisi si raccolsero nell’Ossola e nella Valtellina, costituendovi i quadri dirigenti di quelle formazioni partigiane.
L’Alfa Romeo e la Resistenza
La grande massa dei lavoratori rimasti in fabbrica dopo T8.9.1943 si diede a organizzare il sabotaggio della produzione bellica, la raccolta delle armi e dei m[...]
[...]to il 13.12.1943, il generale delle
S.S. Paul Zimmermann, incaricato della repressione degli scioperi in Piemonte e in Lombardia, intervenne personalmente con minacce e lusinghe per indurre gli operai dell’A.R. a riprendere il lavoro: promise miglioramenti salariali, distribuzioni straordinarie di generi alimene tari e di vestiario, ma non ottenne alcun risultato. Altrettanto infruttuoso risultò il tentativo di intimidire gli operai, compiuto dal comandante della Brigata nera « Ettore Muti » Colombo, accorso con squadre di accoliti armati nei reparti deH’officina. Ne seguirono numerosi arresti e l'invio di lavoratori nei campi di sterminio in Germania. La vigilanza e la repressione dei fascisti furono particolarmente rigorose sotto la presidenza di Augusto De Marsànich (v.).
Al momento della Liberazione, lo stabilimento milanese dell'A.R. contava 8.400 tra operai e impiegati. Gli impianti e i magazzini furono salvati dalle ruberie dei nazisti in ritirata, grazie alla resistenza delle maestranze. A liberazione avvenuta, tutti i lavoratori s[...]
[...]ttore Muti » Colombo, accorso con squadre di accoliti armati nei reparti deH’officina. Ne seguirono numerosi arresti e l'invio di lavoratori nei campi di sterminio in Germania. La vigilanza e la repressione dei fascisti furono particolarmente rigorose sotto la presidenza di Augusto De Marsànich (v.).
Al momento della Liberazione, lo stabilimento milanese dell'A.R. contava 8.400 tra operai e impiegati. Gli impianti e i magazzini furono salvati dalle ruberie dei nazisti in ritirata, grazie alla resistenza delle maestranze. A liberazione avvenuta, tutti i lavoratori si diedero all’opera di ricostruzione dell’azienda, cui
contribuirono anche i Consigli di gestione (v.).
P.Se.
Alfieri, Dino
N. a Bologna l'8.6.1886, m. a Milano il 2.1.1966; avvocato, gerarca fascista. Fondatore, nel 1910, del gruppo nazionalista milanese, fu interventista nella guerra 191518. Nel 1919 passò dal nazionalismo al fascismo, mantenendo le sue posizioni monarchiche. Eletto deputato nel 1921, nella lista del Partito fascista, fu rieletto nel 1924 e nel 1929; successivamente venne nominato Consigliere nazionale e, nell’agosto 1935, ministro per la Stampa e propaganda. Fu ambasciatore a Berlino dal 1941. al 1943.
Alla riunione del Gran Consiglio del fascismo, il 25.7.1943, D.A. votò l’ordine del giorno Grandi contro Mussolini e per questo venne condannato a morte in contumacia al processo di Verona (10.1.1944). Dopo la caduta del fascismo, s’era ritirato a vita privata.
Alfieri, Banda
Brigata nera (v.) che prese il nome dal suo primo comandante, colonnello Alfieri, caduto in una imboscata dei partigiani. La banda A., il cui comando venne assunto dal colonnello Fiorentini, agiva in provincia di Pavia, con compiti di polizia politica, sotto il diretto controllo delle S.S. tedesche (Sicherheit Abteilung): essa veniva particolarmente impiegata per la cattura e l’uccisione di ostaggi, e per svolgere interrogatori con i più crudeli sistemi di tortura. Il quartier generale della banda, dapprima in Voghera, venne trasferito all’albergo Savoia, di Broni, mentre una sede staccata fu ospitata nel castello di Cicognola. Capeggiavano la banda, oltre il Fiorentini, il fascista Pier Alberto Pastorelli, il maresciallo tedesco Adolfo Àmet e certo Michelini, capo dell'Ufficio politico della Questura di Pavia, fra le più efferate azioni compiute dalla banda A., in breve volgere di tempo alla fine del 1944, si ricordano le seguenti: il 4.12.1944, fatta irruzione nel caffè Croce, a Castelletto di Branduzzo, i fascisti arrestarono Sandro Cesarini, Candido Savi, Francesco Bernini e, dopo averli ferocemente seviziati, li massacrarono, abbandonando i loro cadaveri sulla strada. Il 12 dicembre, sempre a Castelletto, vennero catturati i patrioti Celso Civardi, Giuseppe Barbieri, Battista Longhi: il
Civardi fu ucciso mentre tentava di fuggire dal camion che lo trasportava; il Barbieri e il Longo, portati a Cicognola, vennero torturati e infine gettati nel pozzo del castello.
Il 17 dicembre, i brigatisti neri irruppero nella osteria della Ca’ Bianca a Montù Beccaria; vi misero al muro tutti i presenti, li spogliarono del denaro e degli orologi e infine, dopo aver ucciso sul posto Giuseppe Maggi, trassero prigionièri 12 uomini, tre dei quali {Nildo Magrotti, Carletto Montipiani e Giuseppe Quaroni) furono fucilati due giorni dopo a Cicognola. Il 30 dicembre, a Pietra tdei Giorgi, furono messi al muro e fucilati i fratelli Alberto e A[...]
[...]atisti neri irruppero nella osteria della Ca’ Bianca a Montù Beccaria; vi misero al muro tutti i presenti, li spogliarono del denaro e degli orologi e infine, dopo aver ucciso sul posto Giuseppe Maggi, trassero prigionièri 12 uomini, tre dei quali {Nildo Magrotti, Carletto Montipiani e Giuseppe Quaroni) furono fucilati due giorni dopo a Cicognola. Il 30 dicembre, a Pietra tdei Giorgi, furono messi al muro e fucilati i fratelli Alberto e Angelo Vedasco. Il 31 dicembre, a Vallorsa, furono uccisi, nello stesso modo, Giuseppe Pusetti e Angiolino Paturenzi.
Alfonsine
Comune agricolo e industriale di circa 12.000 abitanti in provincia di Ravenna, a 16 km dal capoluogo. Già retta prima del fascismo da un’amministrazione socialista, Alfonsine divenne importante cèntro attivo di lotta contro la dittatura.
Il fascismo vi si organizzò solo nel luglio 1922 e le tessere che vi vennero distribuite non superarono mai il numero di 800 all’anno. Molti furono gli alfonsinesi condannati dal Tribunale speciale; altri emigrarono; alcuni accorsero a combattere nelle Brigate Internazionali in Spagna, e uno nella colonna « Rosselli ».
Nella Guerra di liberazione
Nel 1943 si costituì ad A., fra i. primi, un comitato di « Unione nazionale », al quale aderirono comunisti, anarchici, repubblicani e socialisti. Quando, più tardi, questo si trasformò in Comitato di liberazione nazionale, vi parteciparono anche i cattolici. Dopo I'8.9.1943 A. diventò uno dei più impegnati centri di Resistenza, per l'ampiezza assunta dalla adesione popolare e dall’organizzazione partigiana, per la con[...]
[...]e Internazionali in Spagna, e uno nella colonna « Rosselli ».
Nella Guerra di liberazione
Nel 1943 si costituì ad A., fra i. primi, un comitato di « Unione nazionale », al quale aderirono comunisti, anarchici, repubblicani e socialisti. Quando, più tardi, questo si trasformò in Comitato di liberazione nazionale, vi parteciparono anche i cattolici. Dopo I'8.9.1943 A. diventò uno dei più impegnati centri di Resistenza, per l'ampiezza assunta dalla adesione popolare e dall’organizzazione partigiana, per la continuità delle lotte e per la vasta mobilitazione delle masse femminili. Tra le azioni più importanti sono da ricordare: alla fine del luglio 1944, la manifestazione di 600 donne guidate da Seconda Margotti, per salvare dalla forca il. gappista Bolognesi caduto in mano tedesca; il 2 agosto, l’altra manifestazione, diretta da Valeria Vochenhausen [Antonia), che vide scendere in piazza 1.300 popolane reclamanti la libera
31