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Il segmento testuale Così è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 2421Analitici , di cui in selezione 91 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da (Mito e civiltà moderna) Vittorio Lanternari, Frammenti religiosi e profezie di libertà fra i popoli coloniali in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]na parte i culti profetici indigeni sono documento sconcertante e inoppugnabile del dinamismo insito nelle culture a livello etnologico : e bastano da soli a far cadere come irrisoria ogni antica illazione circa una pretesa staticità della vita culturale e religiosa di queste civiltà. D'altra parte essi sanciscono, con il loro anelito di libertà, con l'ansia di salvezza terrena da cui sono animati i proseliti, la funzione profana delle religioni cosiddette « primitive » e in definitiva di ogni religione popolare: funzione volta alla risoluzione di concrete crisi esistenziali determinate dalla dinamica storica: funzione che consiste nell'instaurazione di forme adeguate di riscatto miticorituale.
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Uno degli epicentri dei movimenti profetici africani é la regione compresa fra l'una e l'altra riva del Medio e Basso Congo (Congo Francese e Belga), con irradiazioni nell'Africa Equatoriale Francese e nell'intero Congo Belga.
In qual modo e con quasi specialissimi effetti ivi s'incontrino il Cristianesimo e la religione l[...]

[...]un altro elemento quanto mai sintomatico. Tra i feticci magici impiegati per favorire la caccia, viene impiegato ordinariamente il crocefisso (3). E dunque un sincretismo nel quale gli elementi portati dai missionari sono reinterpretati in funzione clamorosamente pagana, perdendo ogni valenza caratteristicamente cristiana. L'esempio è eloquente a mostrare su quale linea si svolga, anche nei successivi sviluppi, l'incontro tra due mondi culturali così eterogenei: da un lato le forme religiose indigene legate alle esigenze vitali più immediate — fecondità, fertilità, buon successo alla caccia —, dall'altro il Cristianesimo, nato dalla crisi di civiltà urbane medioorientali ed occidentali, improntato ad esigenze di tutt'altro ordine e inadeguato, almeno nelle forme genuine europee, ai bisogni religiosi locali.
(2) J. Juvelier, Relation sur le Congo du Père Laurent de Lucques (17001717). Bruxelles 1953.
(3) R. Wannijn, Objets anciens en metal du Bas Congo, « Zaire », V, 1952, 39194.
FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTA FRA I POPOLI COL[...]

[...]Epikilipikili, nel 1905, scoppiava una sanguinosa rivolta contro i bianchi nel Kasai (fiume Sankuru) : ed altri moti, pur essi fondati sul medesimo culto feticista, si propagavano nelle regioni del Cuango e della Lukenie (5). I fondatori di questi culti segreti imponevano rigide norme di resistenza passiva contro i colonizzatori europei: boicottaggio delle merci, dei tessuti, del sale, rifiuto di pagare tributi e di prestare servigi ai bianchi.
Così iniziarono, con la qualifica di veri culti religiosi di libertà, i primi moti antieuropei. Se, come avvenne nel 1905 e nei successivi episodi, i fucili dei bianchi avevano la meglio contro le sedizioni e le soffocavano, era facile agli indigeni convincersi che la sconfitta dipendeva da trasgressioni commesse alle, norme cultuali. Infatti le varie associazioni segrete svolgevano riti particolari.
(4) Comhaire, « Africa », 1955, 55.
(5) De Jonghe, pp. 567.
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Più tardi, nel sudovest della stessa provincia del Kasai, i Bashilele si univano in un'analoga organizzazione fon[...]

[...]otevoli della religione dell'Africa equatoriale: associazioni intese a procurarsi potenza (magica) contra ogni creatura e forza ostile. Ma qui importa sottolineare che nell'ambito dell'associazione del Serpente parlante dei Bashilele si sviluppava un mito nuovo e chiaramente antieuropeo. Dal serpente, seconda il mito, sarebbero nati alcuni profeti o messia i quali avrebbero lottato contra la nazione egemonica e scacciato i bianchi dal paese (6). Così si scorge come le varie formazioni religiose tradizionali africane, del resto già sorte con funzioni di protezione dai mali e dagli stregoni (feticismo, società di uominibestie), a seguito dell'aggravarsi dell'urto culturale tra indigeni e bianchi si trasformavano in senso nettamente xenofobo, antieuropeo. In realtà l'esperienza di urto coi bianchi si rendeva sempre piú drastica, e coinvolgeva tutte le forme religiose tradizionali: tanto più quelle volte già a un intento esplicitamente salvifico, di guarigione, di padroneggiamento delle forze maligne.
Secondo la credenza dei Bashilele diffus[...]

[...]i nuovo genere, che costituisce un rinnovamento — non una semplice continuazione — della tradizione: p. es. l'iconoclastia antifeticista, che pur ha indubitabili legami con l'antistregonismo delle società segrete, é un elemento di rottura con la piú antica tradizione magica (12). D'altra parte il Cristianesimo portato dai missionari in esso viene esplicitamente reinterpretato in funzione emancipazionista, e pertanto fondamentalmente trasformato. Così ii Dio unico giudaicocristiano s'innesta sulla tradizionale figura di Essere supremo, la Bibbia é riconosciuta come fonte unica di autorità religiosa, ma viene tuttavia interpretata in funzione delle esigenze aborigene di libertà (la lotta di David e Golia diventa un'allegoria mitica della lotta religiosa di liberazione dei Negri contro i Bianchi); infine lo stesso profeta si configura come reinterpretazione vivente di Mosè e di Cristo, del quale ultimo ripete la persecuzione, la passione, la latta spirituale per una nuova religione. In realtà i germi di emancipazione religiosa così seminati [...]

[...]rità religiosa, ma viene tuttavia interpretata in funzione delle esigenze aborigene di libertà (la lotta di David e Golia diventa un'allegoria mitica della lotta religiosa di liberazione dei Negri contro i Bianchi); infine lo stesso profeta si configura come reinterpretazione vivente di Mosè e di Cristo, del quale ultimo ripete la persecuzione, la passione, la latta spirituale per una nuova religione. In realtà i germi di emancipazione religiosa così seminati dal profeta Kimbangu dovevano ulteriormente svolgersi e fruttificare quando il profeta, mercé la sofferta prigionia, diveniva più che imitatore dei grandi fondatori religiosi, fondatore e martire egli stesso,
(10) E.alandier 1955, 42831; Andersson, 63.
(11) Andersson, 637.
(12) Si noti tuttavia che lo stregonismo e il feticismo sono fenomeni ben differenti, il primo (magia nera) avendo valore antisociale, il secondo invece essendosi volto contro il primo, a difesa della società.
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alla pari di Cristo e di Mosè, di una religione direttamente rivelata da Dio p[...]

[...]o delle origini, dando una nuova sanzione religiosa alle loro esigenze culturali e politiche: ed ha portato altresì la speranza messianica di un « Regno », di un « millennia », che vuol significare verace redenzione per gli uomini. La quale speranza esso aveva ripreso dalla tradizione messianica del Giudaismo. Furono a lor volta le repressioni coloniali a creare i « martiri », con Kimbangu, Matsúa e gli altri profeti di quella fede novella (18). Così nasceva, o meglio si rinnovava con inopinato fervore (poiché già esso aveva avuto modo di manifestarsi anche prima, come sopra s'è vista) il messianesimo indigeno: un messianesimo improntato al modello cristiano dei missionari, ma ritorcentesi contra di essi a causa della politica colonialista delle nazioni egemoniche e delle loro chiese.
In conclusione Matsúa da quel ch'era in vita, e cioè non più che un capo politico, si trasformò — e senza sua deliberata intenzione — in un profetamessia, modello — accanto a Kimbagu — di una religione di redenzione terrena: egli è divenuto il Cristo Negro.[...]

[...]sti, e a nascondere un segreto che nessuno vuol rivelare agli indigeni » (23).
Onde ancor meglio mostrare su quale linea continui a elaborarsi a tuttoggi il sincretismo negrocristiano, descriveremo sommariamente l'altare della chiesa negra di culto gunzistaamicalista. Entro una cappella di paglia tritata e fango, ad imitazione delle cappelle missionarie,
(19) Balandier 1957, 232.
(20) Quanto al concetto di « nativismo », il Linton (1943, 230) così si esprime: « Movimento nativista é ogni consapevole e organizzato tentativo da parte dei. componenti di una data società di revivificare o perpetuare alcuni prescelti aspetti della propria cultura ». Noi correggiamo detto concetto, in quanto che il « nativismo » non va visto unilateralmente in questo aspetto restaurativo e conservativo, ma nel suo congiunto aspetto prospettico che é volto polemicamente contra la cultura Occidentale, e mira a instaurare un culto esclusivo per gli aborigeni, insomma un culto nuovo.
(21) Balandier, 1957, 226.
(22) Balandier 1957, 229; Andersson, 12 sgg. (per [...]

[...]mente si esprime l'idea di rivolta e, soprattutto, di vittoria. La V altro non é che il portato culturale dell'ultima guerra mondiale, la fatidica V di Winston Churchill e degli alleati, riplasmata in funzione antibianchi come simbolico annuncio della fine della dominazione colonialista (24).
Come in effetti il GunzismoAmicalismo sia una religione di rivolta e di guerra lo dice con identica coerenza una serie di profezie, fra le quali una suona cosí: « La guerra é prossima — essa dice —... Siamo venuti ad annunciare la buona novella di Dio al mondo. Chi fa parte della nostra chiesa non dovrà rivolger parola a chi é legato al governo o alle missioni, o a coloro dei Negri che ancora affondano nelle tenebre. Il tempo del rosso sangue é venuto... Coloro che risusciteranno entreranno nella gloria del regno trionfante... ». Ed ancora, con linguaggio allegorico e biblico: « I Bianchi ignorano che troveranno morte e perdizione nel paese altrui. Il bufalo e l'elefante sono possenti..., essi sono come Golia..., ma non sanno costruire la via del ri[...]

[...]e — elementi d'origine cristiana —, nonché in riti di guarigione, di resurrezione di morti; divinazione, eseguiti dal profeta o dai suoi apostoli, i quali entrano in uno stato d'estasi — fra convulsioni epilottoidi —, che si trasmette al pubblico dei proseliti, in un'atmosfera di eccitazione collettiva (27). Ora, i fedeli ritengono che l'ispirazione che li fa entrare in crisi d'estasi provenga dagli spiriti dei morti risorgenti dalle tombe (28). Così gli elementi tradizionali s'intrecciano con i nuovi elementi cristiani in un complesso religioso che serba intero lo spirito di emancipazione antibianchi già proprio del Kimbangismo. « Il Regno verrà — annuncia una profezia kakista reinterpretando a suo modo l'idea cristiana del "Regno" — quando Matsúa e Kimbangu torneranno tra i Negri, apportatori di potenza e dominio : sarà il `regno africano' ». « Dio di Abramo, Dio di Giacobbe, Dio di Simon Kimbangu e di André Matsúa — così suona la preghiera di Mavonda Ntangu —: quando scenderà la benedizione e la libertà su di noi? Orsù tralascia di asc[...]

[...]intrecciano con i nuovi elementi cristiani in un complesso religioso che serba intero lo spirito di emancipazione antibianchi già proprio del Kimbangismo. « Il Regno verrà — annuncia una profezia kakista reinterpretando a suo modo l'idea cristiana del "Regno" — quando Matsúa e Kimbangu torneranno tra i Negri, apportatori di potenza e dominio : sarà il `regno africano' ». « Dio di Abramo, Dio di Giacobbe, Dio di Simon Kimbangu e di André Matsúa — così suona la preghiera di Mavonda Ntangu —: quando scenderà la benedizione e la libertà su di noi? Orsù tralascia di ascoltare le preghiere dei bianchi, già a lungo ascoltati da te. Basta con le benedizioni ricevute da loro! ora volgiti a noi. Amen » (29).
(26) Balandier 1955, 43135, 44763; Andersson, 13850. Si noti che sopra l'altare kekista è effigiato un gallo, simbolo di PietroPierre Mpadi, accanto alla fotografia di Matsúa (Balandier 1955. 458).
(27) Andersson, 140 sgg., 151 sgg., 16275.
(28) Andersson, 174.
(29) Andersson, 193.
FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTA FRA I POPOLI COLO[...]

[...]o ascoltati da te. Basta con le benedizioni ricevute da loro! ora volgiti a noi. Amen » (29).
(26) Balandier 1955, 43135, 44763; Andersson, 13850. Si noti che sopra l'altare kekista è effigiato un gallo, simbolo di PietroPierre Mpadi, accanto alla fotografia di Matsúa (Balandier 1955. 458).
(27) Andersson, 140 sgg., 151 sgg., 16275.
(28) Andersson, 174.
(29) Andersson, 193.
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Così il messaggio profetico di libertà fonde indissolubilmente il momento religioso con il momento politico: perché al livello di queste culture l'esperienza sacrale tanto più insopprimibilmente accompagna le esperienze profane, quanto più queste ultime si rendono, per condizioni obiettive, angosciose e pungenti.
Nell'atmosfera messianica sviluppata nel Congo dal Kimbangismo con le sue varie emanazioni trova la sua giustificazione un particolare fenomeno che vale la pena di ricordare, promosso dall'arrivo, nel 1935, dell'Esercito della Salvezza (Salvation Army). Questa organizzazione laica avente[...]

[...]nell'Esercito della Salvezza un insperato soccorso, anzi l'incarnazione di una misteriosa forza benefica. In breve, si diffuse l'opinione che quei bianchi eccezionalmente condiscendenti e disinteressati nei riguardi dei Negri reincarnassero lo, spirito del loro maggior protettore e Salvatore: Simon Kimbangu. La S simbolica che quelli portavano alle mostrine poteva essere precisamente la lettera del
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grande profeta: Simon. Così, perseguendo una ansiosa speranza di salvezza e di riscatto dalle minacce incombenti sulla loro esistenza — dalla stregoneria all'oppressione missionaria e governativa — gli indigeni in gran numero, disertando financo dalle missioni, accedettero all'Armata della Salvezza. Altri, a costo di difficoltosi pellegrinaggi, raggiungevano quei « missionari » di nuovo genere onde partecipare alle loro cerimonie, nella convinzione di conseguire in tal modo salute, salvezza, benessere sotto ogni riguardo. Insomma la congregazione possedeva, secondo loro, un potere magico atto a « salvarli ». È significa[...]

[...]i movimenti profetici, in qualunque regione del continente sorgessero. Zaccaria Bonzo, altro profeta congolese, penetrava nell'Angola col motto « l'Africa agli Africani! ». Simon Toko nel 1949 fondava un nuovo movimento, la « Stella rossa », basato sul principio che Dio sta con i più, e perciò in Africa Egli é a fianco degli Africani. Secondo la profezia di Toko, Dio invierà un suo figliomessia incarnato in un Negro, a redenzione dei Negri (31). Così dal sincretismo negrocristiano va sviluppandosi una coscienza religiosa panafricanista — già implicita del resto nel Kimbangismo, Gunzismo e Kakismo —, fondata su una omogeneità di esperienze di fronte ai bianchi e su una crescente consapevolezza etnicoculturale determinata dallo stesso confronto con la cultura straniera egemonica.
Mentre nell'Africa equatoriale e nel Congo, fra alterne esplosioni e repressioni, in un ininterrotto processo di proliferazioni sotterranee
(3G) Andersson, 12635.
(31) Tastevin 1956.
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e di efflo[...]

[...]la Bibbia, ponendo ad es. la monogamia a fondamento della religione cristiana, laddove la Bibbia dava ampia
(32) Schlosser, 23539; E. BRIEM, Jehovas Vittnen, Stockholm 1944; A. STRÖM, Religion och Gemenskap, Uppsala 1946, 190203; H. H. STROUP, The Jehovah's Witnesses, New York 1945; W. Watson, 1958, 197 sgg.
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testimonianza di legittimità alla poligamia, uno dei principi fondamentali della struttura sociale africana (33). Cosi gli indigeni trovavano, in un linguaggio culturale e religioso imprestato dai bianchi, un'ulteriore giustificazione al millenarismo emancipazionista fondato dai loro profeti. In realtà l'incontro fra profetismo africano e millenarismo russellita é fra i più sconcertanti fenomeni delle religioni moderne. Infatti entrambi esprimono, pur in mondi culturali diversi, una somigliante esigenza di rinnovamento religioso, entrambi denunciano una grave crisi culturale. Dal loro incontro risultano poste in netta evidenza le cocenti contraddizioni religiose in cui versano gli organismi ecclesiastici dell[...]

[...]scorge da ciò come il drammatico bisogno di rinnovare religione e cultura assuma, nei movimenti nativisti, forme mitiche e millenaristiche spesso caotiche e puerili, nelle quali vanno a conglomerarsi le più elementari esperienze vissute.
Il movimento Kitawala resta a tuttoggi una fra le più estese organizzazioni religiose nativiste dell'Africa Negra (36). « Noi siamo figli di Dio e perciò non siamo tenuti a riconoscere le leggi degli uomini » : cosí suona un annuncio dei fedeli Kitawala, dato in occasione d'una rivolta nell'Uganda nel 1942. E continua: « I tempi sono mutati: non obbediremo più alle leggi temporali, perché prestare obbedienza agli uomini significa obbedire a Satana » (37).
Annuncio di un'età che porrà fine per i Negri alle alienazioni, annuncio della fine del mondo con rovesciamento imminente dell'ordine attuale, invincibilità nella rivolta, lotta contra la stregoneria: sono questi i temi comuni non solamente alle varie organizzazioni locali dei Kitawala, ma a tutti i profetismi africani, specialmente diffusi tra genti d[...]

[...]li, perché prestare obbedienza agli uomini significa obbedire a Satana » (37).
Annuncio di un'età che porrà fine per i Negri alle alienazioni, annuncio della fine del mondo con rovesciamento imminente dell'ordine attuale, invincibilità nella rivolta, lotta contra la stregoneria: sono questi i temi comuni non solamente alle varie organizzazioni locali dei Kitawala, ma a tutti i profetismi africani, specialmente diffusi tra genti di lingua Bantu. Così in particolare tra i profetismi del SudAfrica.
Il SudAfrica fu, ancor prima dell'Africa equatoriale, uno dei maggiori epicentri del messianesimo Negro. Nel 1892 sorse la chiesa Etiopista, il più antico modello delle chiese cosiddette «separatiste» (o « indigeniste ») — fra cui le stesse formazioni Kitawala —, fondata dal profeta Mokone. La chiesa « etiopista » (dal name « Etiopia » che secondo il linguaggio biblico (Acta Ap. 8. 27; Psalm. 68. 32) designa l'Africa) persegue un programma di reazione autonomista verso le chiese missionarie, facendo della Bibbia l'unica fonte attendibile di autorità religiosa, evitando polemicamente la terminologia « importata » dai bianchi (così « etiopista » sostituisce « africanista »). Suo dogma essenziale é « l'Africa agli Africani ». Conformemente ai particolarismi
(35) Andersson[...]

[...]tte «separatiste» (o « indigeniste ») — fra cui le stesse formazioni Kitawala —, fondata dal profeta Mokone. La chiesa « etiopista » (dal name « Etiopia » che secondo il linguaggio biblico (Acta Ap. 8. 27; Psalm. 68. 32) designa l'Africa) persegue un programma di reazione autonomista verso le chiese missionarie, facendo della Bibbia l'unica fonte attendibile di autorità religiosa, evitando polemicamente la terminologia « importata » dai bianchi (così « etiopista » sostituisce « africanista »). Suo dogma essenziale é « l'Africa agli Africani ». Conformemente ai particolarismi
(35) Andersson, 250 sgg.
(36) Comhaire 1955, 589.
(37) Dalandier 1955, 420.
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tribali e ai personalismi dei suoi promotori si suddivide in molteplici e vari organismi locali — formanti altrettante chiese negre separatiste —, che ripetono nella loro struttura il carattere aristocratico delle società Bantu originarie sudafricane, con un capo (— re) insieme politico e religioso. Le varie chiese separatiste sono tuttavia legate da una comune ideo[...]

[...] religioso. Le varie chiese separatiste sono tuttavia legate da una comune ideologia irredentista e profetica, fondata sulla speranza di un rovesciamento dell'ordine e dell'espulsione dei bianchi (38): speranza resasi specialmente pressante da quando la costituzione dell'Unione del SudAfrica venne a sancire la sistematica politica di discriminazione razziale fra bianchi e negri (39).
Per vari caratteri si differenziano dalle chiese etiopiste le cosiddette chiese « sioniste » sorte accanto a quelle nel SudAfrica, e aventi in comune con esse il fondamento messianico e millenaristico. Così denominate dal Monte Sion assunto come emblema di liberazione e allusivo alla millenaristica fondazione di una città santa o Nuova Gerusalemme, hanno struttura per nulla aristocratica, e sono fondamentalmente legate ad aspetti essenziali della religione tradizionale, essendo i loro sacerdoti altrettanti profeti ispirati, guaritori, attivi avversari della stregoneria, e il culto « sionista » fondandosi su crisi di possessione collettiva (40).
In forme varie, attraverso le chiese etiopiste, sioniste, Kitawala, Gunzikakiste ecc. (41), l'irredentismo messianico africano — cosi come di tante altr[...]

[...]uova Gerusalemme, hanno struttura per nulla aristocratica, e sono fondamentalmente legate ad aspetti essenziali della religione tradizionale, essendo i loro sacerdoti altrettanti profeti ispirati, guaritori, attivi avversari della stregoneria, e il culto « sionista » fondandosi su crisi di possessione collettiva (40).
In forme varie, attraverso le chiese etiopiste, sioniste, Kitawala, Gunzikakiste ecc. (41), l'irredentismo messianico africano — cosi come di tante altre popolazioni arretrate — è cresciuto e si è alimentato sul
(38) Schlosser 1949, 233; Leenhardt 1902, 223; Sundkler 1948.
(39) Sundkler 1948; Marquard 1952; E. P. DvoRIN, Racial separation in S. Africa, Chicago 1952; Carter 1955.
(40) Sundkler 1948; Eberhardt 1957; Tracey 1955. Quanto alle crisi di possessione collettiva, esse caratterizzano anche il Kakismo (vedi) e numerosissime altre formazioni profetiche popolari d'ogni continente.
(4I) Le chiese separatiste negre sono ampiamente diffuse nei vari territori africani (Dougall 1956; Balandier 1953, 419; Bissainthe 1957)[...]

[...]rminato dalle forze interne della tradizione, in opposizione alle varie coercizioni esterne: in risposta e a superamento della grande crisi storica determinata dall'urto.
Si è visto che le più numerose formazioni nativiste africane congiungono alla tendenza xenofoba ostile ai bianchi, la difesa dalla stregoneria o magia nera. Non si creda che le due manifestazioni siano del tutto indipendenti fra loro. L'avvento dei bianchi portava in Africa, e così anche in ogni altro territorio occupato, incremento di malattie sociali ed epidemiche, l'alcoolismo oltre a conseguenze altrettanto disastrose quali il crescente desiderio di facili guadagni, la corruzione morale con incremento dei furti e della prostituzione, la detribalizzazione, ecc.: malanni che, data la loro natura particolarmente misteriosa e incontrollabile, pressa la maggior parte delle culture arretrate seconda una ideologia tradizionale sono fatti rientrare nell'ambito dei malefici operati clandestinamente dagli stregoni: malanni ai quali vanno opposte comunque, unico rimedio effica[...]

[...]con incremento dei furti e della prostituzione, la detribalizzazione, ecc.: malanni che, data la loro natura particolarmente misteriosa e incontrollabile, pressa la maggior parte delle culture arretrate seconda una ideologia tradizionale sono fatti rientrare nell'ambito dei malefici operati clandestinamente dagli stregoni: malanni ai quali vanno opposte comunque, unico rimedio efficace, medicine tradizionali dotate di particolare potenza magica. Così in Africa con l'incremento dei mali indotti in varia guisa dai bianchi s'intesifica la lotta contra la stregone ria dapprima mediante feticci, infine ad opera di profeti taumaturghi che coinvolgono nel loro bersaglio lo stesso feticismo. Insieme con la lotta anzibianchi la lotta antistregonista si colloca in una situazione coloniale così caratterizzata (48).
Non stupirà ora se in tutt'altro ambiente culturale, fra gli Indiani delle praterie nordamericane, quando la supremazia dei bianchi portò alla segregazione dei gruppi nativi nelle riserve e ogni sorta di male fisico e morale (tbc, alcoolismo, frustrazione, ecc.) incombette su di essi dal contatto dei bianchi, il culto medicinale del peiote, già ivi esistente con funzione di guarigione individuale, si sviluppò in un culto collettivista di emancipazione e di salvazione, più che di salute. Nacque una complessa religione atta a riscattare gli indigeni dalle frustrazioni subi[...]

[...]i accentrati intorno al peiote, un cactus d'origine messicana (Lophophora williamsii) il cui potere terapeutico e allucinatorio viene impiegato dai proseliti in un pasto sacramentale, fonte di visioni ritenute sacrali.
Il Peiotismo é la « nuova religione degli Indiani ». « Voi Indiani — dice il profeta Hensley — finora combatteste l'un l'altro. Con la nuova religione ciò deve finire. Voi vi stringerete le mani e dividerete il cibo fra voi... ». Cosi si esprime in termini espliciti una nuova esigenza panindianista: esigenza di solidarietà religiosa fra tutti gli Indiani contro i tentativi americani di uniformare alla propria la loro cultura mediante un processo di deculturazione e assimilazione forzata. Legato alla tradizione originaria locale, il Peiotismo reinterpreta il Cristianesimo secondo le esigenze autonomiste indigene. Il processo reinterpretativo é equivalente a quello già visto per i movimenti nativisti africani. « Gesù respinto e ucciso dai bianchi — dice Hensley — si volse a proteggere gli Indiani, vittime anch'esse dei bianc[...]

[...]
messia proclamantesi « Cristo secondo ». Una grande agitazione s'impadronì delle masse che lo seguirono. Il messia guariva le malattie. Egli ammoniva i proseliti a cessare ogni lavora nei campi, perché era alle porte l'età del benessere nella quale la terra avrebbe prodotto spontaneamente frutti abbondanti. Fini col venire arrestato (52).
Vari movimenti popolari messianici sboccavano d'altra parte in aperta rivolta contra i bianchi occupanti. Così i Chiriguano, tribù guer
riera di Guarani abitante ai piedi delle Ande e cristianizzata dai Francescani, alcuni decenni or sono si levarono contro gli Spagnoli all'appello di un messia Salvatore. Ma i fucili spagnoli presto misero termine all'avventura (53).
Le tribù Guarani al confine fra Brasile e Paraguay, seguendo una tradizione messianica che per essi risale per lo meno al sec. XVI, negli scorsi decenni hanno dato luogo a ripetute manifestazioni d'irrequietezza — di cui l'ultima registrata risale al 1912 —, abbandonando successivamente, dietro guida di profetisciamani ispirati (pagé), [...]

[...]l'ultima registrata risale al 1912 —, abbandonando successivamente, dietro guida di profetisciamani ispirati (pagé), le loro contrade alla ricerca di una presunta « Terra senza mali », sita al di là dell'Oceano. Essi si dedicavano alle danze sacre, cessando da ogni lavoro. Il mancato successo della affannosa peregrinazione trova fra essi una sintomatica giustificazione: l'impiego di abiti e cibi europei avrebbe frustrato il tentativo intrapreso. Così si esprimeva il loro bisogno di redenzione dalla oppressione dei bianchi (54).
In Argentina è significativo l'episodio del profeta Solares, il quale verso il 1870 nella provincia di Buenos Aires, quando una siccità prolungata aveva indotto carestia e fame, comincia a compiere miracoli di guarigione, tanto da apparire alle masse angosciate come Salvatore. Solares proclamava ormai giunto il momento nel quale gli indigeni si sarebbero liberati dai colonizzatori europei e dalle autorità amministrative : subito dopo, la terra s'aprirebbe e una meravigliosa città apparirebbe ai loro occhi incantat[...]

[...]e. A ciò hanno contribuito come fattori determinanti da un lato l'intensificato processo di assoggettamento dei popoli indigeni, dall'altro l'acquisita, concomitante esperienza del dislivello economico e culturale, da parte delle popolazioni native, rispetto ai portatori della cultura europea.
Per ciò che riguarda il contrasto, che qui più c'interessa, tra religioni native e Cristianesimo, risulta dall'insieme dei dati suesposti come le società cosiddette « primitive » siano venute assumendo dall'insegnamento missionario, ed in ispecie paleotestamentario, una molteplicità
(57) Lanternari 1957; Greenwood 1942.
(58) Worsley (1957, 273) pone in evidenza che i più recenti culti profetici in Melanesia non mirano più (come i primi) al puro e semplice allontanamento dei bianchi e dei loro portati culturali, bensì tendono all'acquisizione dei loro beni e del loro potere. Tendono all'indipendenza, ma per divenire (gli indigeni) più simili agli Europei.
(59) Van Wulfften Palthe 1949, 2734; Wertheim 1956, 31112.
FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE[...]

[...]ociale i quali costellano il mondo culturale d'ogni paese moder
no. Essi esprimono, allo stesso titolo che presso le società primitive, una condizione di crisi di cui rappresentano ad un tempo il prodotto e il riscatto religioso.
Tuttavia conviene discriminare — per entro la varia fenomenologia dei movimenti profetici — due forme storicamente eterogenee, che contrassegnano la vasta fioritura di manifestazioni di tal sorta su terreno etnologico così come presso civiltà progredite. Mentre una grande parte
(61) L'interpretazione del profetismo Mosaico come prodotto d'urto fra una cultura religiosa di carattere essenzialmente pastorale ed una a carattere fondamentalmente agricolo, é già enunciata nella conclusione del mio libro La Grande Festa, d'imminente pubblicazione (ed. Il Saggiatore, Milano).
(62) Cohn 1957.
FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTÀ FRA I POPOLI COLONIALI 83
di tali manifestazioni hanno radice in conflitti interculturali e pertanto in fattori d'urto di carattere esterno, un'altra parte altrettanto cospicua trova la[...]

[...]i a livello etnologico, l'intima intesa stabilitasi spontaneamente fra questi e quello rappresentano un documento quanto mai illuminante, quasi uno « specchio » rivelatore del valore contraddittorio insito nella civiltà religiosa a moderna ». Infatti il conflitto tra chiese missionarie e nazioni moderne da un canto, civiltà « primitive » dall'altro vale ad illuminare i limiti non soltanto delle civiltà « primitive », bensì non meno della civiltà cosiddetta « moderna », con le sue peculiari istituzioni di chiesa e stato.
In effetti le formazioni profetiche ricorrenti entro il mondo occidentale moderno, pur nelle loro infinite varianti, hanno una radice comune nello squilibrio fra prepotenti forze istituzionali quali Chiesa, Stato ecc., e le esigenze religiose spontanee ed incorrisposte della società.
I profetismi sorti da conflitti interculturali hanno orientamenti tendenzialmente diversi da quelli di carattere endogeno. I primi tendono a porre la via della salvezza, specie nella prima fase in cui l'urto è più sconvolgente, nell'azione i[...]

[...]quali Chiesa, Stato ecc., e le esigenze religiose spontanee ed incorrisposte della società.
I profetismi sorti da conflitti interculturali hanno orientamenti tendenzialmente diversi da quelli di carattere endogeno. I primi tendono a porre la via della salvezza, specie nella prima fase in cui l'urto è più sconvolgente, nell'azione immediata, nella lotta, nella polemica diretta e decisa contro le istituzioni straniere che ostilmente imperversano. Così é delle società « primitive » che si volgono contro gli europei invasori. Così é del Mosaismo, in lotta contro gli Egizi ed i Cananei. Così infine dei profeti dell'Esilio, che condannano apocalitticamente Babilonia.
A sua volta nelle formazioni profetiche a carattere endogeno la via di salvezza é rivolta all'azione religiosa e morale assai più che all'azione politica esterna. Gli esempi del Cristianesimo apostolico e degli altri piú recenti movimenti profetici d'origine cristiana sono eloquenti. Salvarsi significa metodicamente avviarsi ad un'esistenza ultraterrena che sola può attuare la piena liberazione individuale. La salvazione si polarizza nell'escaton o fine del mondo, il cui significato perciò diventa univocamente positi[...]

[...] d'origine, e su un collettivo ritorno simbolico verso una mitica dimora paradisiaca o « Terra senza mali », sita — conformemente al mito tradizionale —. sulle coste dell'Oceano, o addirittura oltre Oceano. Evidentemente anche in tal caso come nel profetismo cristiano le forze ostili e oppressive onde si pretendeva sfuggire agivano dall'interno della società stessa. Contrapporvisi significava voler fondare una società nuova, in una nuova dimora. Così è del Cristianesimo. Così è anche del movimento dei Mormoni, originariamente voltosi a fondare una nuova sede segregata dalla società ufficiale, esclusiva per i fedeli. Più volte la dimora paradisiaca si attua mercé la fondazione di una « città santa », che per influsso biblico può denominarsi « nuova Gerusalemme ». Quest'ultimo è il caso dei recenti movimenti messianici (sec. XIX) di Ca
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nudos, Joazeiro e Contestado in Brasile (67). Lazzaretti sul Monte Labro erigeva invece una chiesa: identica era la sua funzione (68).
Dalla nuova sede « santa » i[...]

[...]ttismo, ecc.), e formazioni profetiche a livello etnologico, tra profetismi d'origine esterna ed interna. Al di là delle differenze riconducibili a diverse condizioni storiche e culturali, le varie formazioni profetiche sono congiunte da un indissolubile nesso. Esse rivelano le condizioni di crisi in cui versano da un canto le civiltà coloniali, dall'altro la civiltà moderna occidentale. Quanto ai rapporti fra cultura ufficiale moderna e culture cosiddette primitive, le religioni profetiche rivelano un preciso limite inerente alla prima di esse, dato dall'esclusivismo dogmatico ed autocentrico dei suoi organismi istituzionali quali chiesa e stato, verso manifestazioni tendenti, come i culti profetici di liberazione e di emancipazione, a rinnovare, trasformare, rompere l'ordine religioso, sociale, culturale e politico ufficialmente costituito.
Dal canto loro i culti profetici nativisti dei popoli a livello etnologico, che si tratti di culti di liberazione propriamente detti, volti decisa
(67) Pereira de Quieroz 1958, 1116; Id. 1957 (movi[...]

[...] alla lotta, ovvero di culti di emancipazione volti a instaurare forme religiose nuove ed autonome secondo rapporti di convivenza coi bianchi, mostrano invariabilmente che la storia religiosa dei popoli nativi e arretrati ha le sue ineliminabili esigenze, che nessuna potenza o istituzione egemonica può presumere di conculcare o ignorare. Nello sviluppo religioso di codeste popolazioni non v'è in nessun caso possibilità di supine acquiescenze. Le cosiddette conversioni sono in larga misura — come i missionari più illuminati ammettono di buon grado — più apparenti che reali, e toccano comunque la superficie più che il fondo della vita religiosa. Nessuna propaganda esterna, nessuna imposizione o proibizione proveniente dall'alto hanno il potere di frantumare l'inderogabile libertà della storia. La quale ultima ha in ciò la sua legge suprema: che gli itinerari futuri sui quali essa va a svolgersi non sono mai tronconi aggiunti da fuori agli itinerari del passato, sibbene di questi sono continuazione e germinazione spontanea. Insomma, la tradi[...]



da Elemire Zolla, Antropologia negativa [Il borghese progenitore dell'uomo di massa, L'uomo massa come Prospero, La memoria dell'uomo massa è eccezionale,Il gusto dell'uomo massa è sicuro, L'uomo massa sa di essere tale,L'uomo massa pensa intensamente, L'uomo massa è poetico, L'uomo massa moltiplica il linguaggio. L'uomo massa è diabolico, Ciò che annoia diverte e viceversa,Ciò che è comico ha dignità e viceversa, Ciò che si pensa seriamente si finge scherzoso e viceversa, Chiama gioioso ciò che è torturan... in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]ghese, che immaginava di godere come di entusiasmarsi o di accasciarsi, senza mai trovarsi in un rapporto immediato con la sua esperienza. Julien Sorel rappresenta il momento in cui il borghese che affronti coraggiosamente la sua verità si scopre alienato dalla vita, e sente tale condizione come una nobile duplicità, scopre di non poter esser altro che spettacolo per se stesso e quindi di aver bisogno di un 'energia pura per agire. Il borghese è così interiormente lacerato in virtù delle leggi stesse del suo mondo, dove la sua esistenza dipende da un comportamento ispirato alla durezza del tornaconto; commerciando, amministrando, vendendo i suoi servizi, il borghese doveva considerare merce ogni cosa con cui venisse in contatto, e perfino se stesso egli doveva convertire in macchina da far funzionare e rendere. Ma che cosa

lo educava a un tale inflessibile rigore? La necessità di essere educato da qualcosa al suo continuo esercizio di crudeltà costrinse il borghese ad ammettere nel suo sistema le istituzioni sopravissute dai mondi prec[...]

[...] ad ammettere nel suo sistema le istituzioni sopravissute dai mondi precedenti, i loro residui, i brandelli degli antichi corpi mistici. Il borghese, proprio a causa del calcolo delle partite doppie che aveva sostituito lo sgranarsi dei rosari, doveva obbligare se stesso e gli altri a riverire i valori feudali superstiti, cavando da essi anche la consolazione narcotica che gli placasse la coscienza delle ferite che a sé ed agli altri infliggeva. Così era utile che perdurasse la famiglia e fossero mantenuti in vita gli102

ELEMIRE ZOLLA

affetti in essa covati e l’autorità paterna, affinché il futuro venditore del proprio lavoro così come il futuro giovine borghese si adattassero alle leggi del mercato o della carriera.

Altrettanto utile, come avevano scoperto i teorici dell’assolutismo, era la religione, ed il borghese, se personalmente non si sentiva immerso nell’antica fede, pure favoriva il mantenimento dei vincoli religiosi negli altri, ed a tal fine « dava il buon esempio». Utile poi sommamente, ancor più della religione, era l’amor di patria, poiché la civiltà borghese aveva superato quasi dappertutto il mercenario, per socializzarlo e levargli il soprassoldo, e le guerre dettate dagl’interessi mercantili doveva[...]

[...] può invocare la scriminante dell’ingenuità, della cecità di chi è calato e fuso in una tradizione. Se resta attaccato alla sua religione avita, è perché l’ha scelta, e come borghese la sceglie perché è vantaggiosa all’ordine borghese od al suo interesse economico o psichico (gli dà conforto o pace o tranquillità o altro bene, il ché è segno di calcolo e non certo di spontanea vita religiosa). Allo stesso modo sceglie di aderire alla sua nazione così come è retta, tanto che, se dissente, va in esilio; infatti il commercio internazionale fonde i popoli e la vita cosmopolita dei ceti più ricchi o degli artisti oggettivamente abolisce le antiche barriere, che la lucida mente del borghese doveva essere comunque tratta a criticare. Eppure in guerra il borghese fingeva di ignorare che i lumi erano stati accesi, recitava la parte del barbaro incontaminato dalla ragione. Magari, per dimostrarci la sua buona fede, nella valle di Giosafat si difenderà citando i sacrifici sofferti per bene interpretare la parte. Dovremo prestargli ascolto? Nella ste[...]

[...]evisive, i conteggi dei punti delle squadre sportive, i caratteri distintivi dei vari tipi di automobili nonché d’altre macchine.

Perché? Invano cercheremo nella lista dei vizi e delle virtù l’incentivo che spinge a stipare nella memoria tanta immondizia. Per capire bisogna rifarsi ai metodi di allenamento dell’esercito tedesco. Uno dei «mezzi per piegare la volontà», anzi, fra quelli il più efficace, era il martirio degli «ordini insensati». Così: obbligare i soldati a destarsi nel cuor della notte e correre a svuotare in breve l’acqua d’una cisterna onde riversarla in un’altra usando di gavette o tazze; meglio ancora: destarli nel108

ELÉMIRE ZOLLA

cuor della notte e ordinare di arrampicarsi sugli armadi e ridiscendere in meno di quattro minuti. Questo accorgimento militaresco l’uomo massa applica volontariamente a se stesso: a furia di compiere operazioni mentali inutili, stipando la mente di notizie superflue, eccolo garantito dall’affiorare di domande pericolose, di pericolosi sentimenti.

Il soldato tedesco poteva domanda[...]

[...]taresco l’uomo massa applica volontariamente a se stesso: a furia di compiere operazioni mentali inutili, stipando la mente di notizie superflue, eccolo garantito dall’affiorare di domande pericolose, di pericolosi sentimenti.

Il soldato tedesco poteva domandarsi: — perché mi danno ordini gli ufficiali, con quale diritto umano? Il metodo serviva a dimostrargli che gli ordini erano di fatto antiumani, e che quindi era inutile porsi la domanda. Così l’uomo massa a furia di inzeppare notizie inutili nella sua mente evita di prendere sul serio la domanda: — perché debbo fare come vuole l’industria? Se impara a riverire un annunciatore della televisione o una cantante di canzonette o un giocatore di calcio, sarà talmente allenato ad accettare tutto senza mai domandarsi quid jurisì, che eviterà domande come: — perché mi vogliono far credere che l’azienda dove lavoro è una famiglia o una squadra sportiva dove tutti si vogliono bene, quando è evidente che è un’azienda e basta? Perché debbo credere agli esperti che sbagliano nel calcolare gli e[...]

[...]ttanto innocui. Si tollera meglio, si costringe i ragazzi a guardare la televisione, il cinematografo, a leggere i fumetti, ad ascoltare le canzonette o seguire gli sports. Le uniche proteste che si odano sono quelle disgustose e filistee dei moralisti che vorrebbero fumetti, spettacoli «morali», come nell’Inghilterra ottocentesca chi avesse suggerito di far pulire le cappe o strisciare per i cunicoli con l’assistenza di macine per preghiere.

Così istupiditi i ragazzi vengono poi costretti a studiare quel che studiavano i loro progenitori, sicché gemono di fatica; forse presto li si libererà, non dal gravame dell’immondizia, ma dall’eccessivo peso dello studio. Appunto, come i giovani minatori inglesi venivano liberati non già dall’infame lavoro, ma dalla scomoda crescita del loro corpo.

L’uomo massa fa a se stesso ciò che erano un tempo i riranni a fare ai loro sudditi. Egli reprime sitematicamente nella sua memoria così ampia e tenace il ricordo di tutto ciò che possa avere un umano interesse. Un uomo massa giunge a punti di altis[...]

[...] costretti a studiare quel che studiavano i loro progenitori, sicché gemono di fatica; forse presto li si libererà, non dal gravame dell’immondizia, ma dall’eccessivo peso dello studio. Appunto, come i giovani minatori inglesi venivano liberati non già dall’infame lavoro, ma dalla scomoda crescita del loro corpo.

L’uomo massa fa a se stesso ciò che erano un tempo i riranni a fare ai loro sudditi. Egli reprime sitematicamente nella sua memoria così ampia e tenace il ricordo di tutto ciò che possa avere un umano interesse. Un uomo massa giunge a punti di altissima raffinatezza nell’eseguire l’operazione: egli ricorda la lista d’attori d’un film, ma non c’è verso che ricordi il nome del regista. Perché non è visibile? No, tanto che egli ricorda il nome della casa produttrice. E’ chiaro che egli intuisce il pericolo di poter interrompere, grazie all’associazione dei caratteri personali della regìa di varii film, la serie dei film che egli vede, di far apparire un’opera umana, imprevedibile, nella serie dei prodotti intercambiabili.

La m[...]

[...]li.

La memoria dell’uomo massa seleziona, ma per respingere tutto quanto possa parlargli dell’uomo e dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri.110

ELEMIKE ZOLLA

Il gusto dell’uomo massa è sicuro

Nel secolo andato i popolani leggevano a caso tutte le opere narrative che capitassero fra le loro mani, purché colorite e avventurose e a basso prezzo, sicché una volta educati si poteva sperare che giungessero a sciogliere l’oro dalla ganga. Così i villici analfabeti imparavano tanto il Calloandro fedele come il Bovo d’Antona, tanto il Guerrin Meschino come la Gerusalemme Liberata. Educati, avrebbero saputo scegliere.

Tutt’altro l’uomo massa, che appare perfettamente educato, sapendo discernere e scartare. Mai darà la palma di bestseller ad un’opera d’arte, anzi mai concederà la sua presenza ad uno spettacolo sospetto di espressività artistica, ancorché avvincente. Mai vedrete stipato di clienti il caffè fornito di televisione quando si trasmetta un dramma non filisteo; in Italia perfino un’opera lirica non attrae più.

Vi è mai [...]

[...]sa e quando resti elementare, il ritmo, quando si modelli su sentimenti autentici e quando obbedisca ad uno schema astratto di sincopi obbligatorie, sa distinguere melodia e mero motivo, sa tutto ciò e opta per il peggio. Egli vuole che il motivo (e nel suo linguaggio opportunamente lo degrada ancor più, bamboleggiando, chiamandolo motivetto) sia la cosa più importante e insieme la più trascurabile, corvéable à merci, serva dello schema ritmico. Così vi si riflette la sua personalità di uomo massa: sconfinatamente presuntuoso e modesto fino all’autoannientamento, tutt’insieme (egli dice, se vuole colpire un’opera senza pietà: — non ci capisco niente —, ed è la sua formula di condanna più severa: se manca la sua comprensione, come può osare qualcuno affermare che l’opera è comprensibile? Ed aggiunge,

— non me ne intendo, però —).

Il motivo dev’essere singhiozzante, deve proclamare: — tutto è ridotto a singhiozzo, quindi non c’è da prendere sul serio il sin112

ELEMIRE ZOLLA

ghiozzo e soprattutto si può star sicuri che un’improv[...]

[...]cchi allora ci si chiudono e le mani ci corrono alle orecchie.

L’uomo massa sa di essere tale

Parrebbe di primo acchito, che di tutte le proprietà dell’uomo una manchi all’uomo massa, l’autocoscienza. Ma, come l’avo borghese recitava le varie parti di buon padre di famiglia, di amante appassionato, di pattriota fervente, restando scettico come esigeva il mercato (che era il suo sagrato e la sua chiesa), e perciò abusando dei mezzi scenici, così l’uomo massa sa bene che cosa è e che cosa fa a sé stesso, ma invece di fingere recitando di non saperlo, assai più raffinatamente, svaluta la coscienza stessa. Il borghese pretendeva di essere buon patriota e a chi avesse osato ricordargliantropologia negativa

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che proprio i più ferventi pattrioti preferivano lo straniero al proprio popolo (così al tempo della Commune), nei casi più plateali gli avesse mostrato i suoi dividenti d’azioni di fabbriche d’armi, o, nei casi più squisitamente spirituali, avesse esibito la cartella clinica della simulazione coatta, a costui il borghese lanciava addosso le sue contumelieluoghi comuni : sovversivodisfattistasenzapatriacinico e via dicendo. L’uomo massa è assai più avveduto, non si cura affatto della coscienza smascheratrice e quando gli si dica: « poiché fai quel che fai sei un verme », sorride e risponde « ebbene ? ».

L’uomo massa « deflaziona » l’intelligenza e la critica, anzi, sì poco [...]

[...]simulazione coatta, a costui il borghese lanciava addosso le sue contumelieluoghi comuni : sovversivodisfattistasenzapatriacinico e via dicendo. L’uomo massa è assai più avveduto, non si cura affatto della coscienza smascheratrice e quando gli si dica: « poiché fai quel che fai sei un verme », sorride e risponde « ebbene ? ».

L’uomo massa « deflaziona » l’intelligenza e la critica, anzi, sì poco le teme che ne accoglie senz’altro la diagnosi. Così le adoratrici di certo jazz si denominano jitterbugs o insetti fremebondi, gli sciagurati che impiegano il breve tempo che li separa dalla morte a stiparsi la mente di notizie sugli sports si denominano fans o janatics. I tifosi già hanno provveduto a classificarsi come malati. Che cosa si può fare per costoro? La ragione resta impotente, non perché essi siano pronti a perseguitarla, come ancora i loro avi borghesi che almeno così, nella loro indignazione, mostravano almeno di prenderla sul serio, ma, molto più disperatamente, perché ne condividono la diagnosi.

L’uomo massa pensa intensamente

La facoltà di connettere è tutt’altro che minorata nell’uomo massa, anzi la sua occupazione preferita è la rapida classificazione di oggetti irrilevanti secondo categorie inutili.

Uno dei diletti maggiori degli uomini massa bersagliati da bombardieri era un ebete classificare gli apparecchi in volo su di loro a seconda della sagoma e del rumore, che consentivano di identificare la ditta costruttrice. Gli antichi popoli so[...]

[...]onnettere è tutt’altro che minorata nell’uomo massa, anzi la sua occupazione preferita è la rapida classificazione di oggetti irrilevanti secondo categorie inutili.

Uno dei diletti maggiori degli uomini massa bersagliati da bombardieri era un ebete classificare gli apparecchi in volo su di loro a seconda della sagoma e del rumore, che consentivano di identificare la ditta costruttrice. Gli antichi popoli sottoposti a dure prove esclamavano: « così vuole l’Altissimo» per dire la loro rassegnazione, oggi l’uomo massa si mormora, « stiamo tranquilli, sono tutti prodotti di industrie che conosco ».114

ELÈMIRE ZOLLA

Uno fra i tratti più irritanti e disgustosi dell’uomo massa è la sua pretesa di ricevere un cenno di assenso allorché comunica la marca di fabbrica e la designazione commerciale di automobili o aeroplani in transito. Così pure, alla menzione di un film, informa subito della protagonista nonché dell’occasione in cui onorò

lo spettacolo della sua presenza. Così se oda un ronzìo di canzonetta per l’aria dirà immantinenti il nome della banda che l’esegue, il titolo e poi perseguiterà fischiando o mormorando. Così vuol dirci: «Vedete che funziono perfettamente, ho riflessi pronti che non servono a niente. Di me potete fidarvi, non mi occupo di cose che abbiano un senso, ma mi occupo intensamente ».

L’uomo massa è poetico

Kafka descrisse l’invasione dei nomadi del nord nella novella Ein altes Blatt :

Qualcosa dev’essere stato trascurato nella difesa della nostra patria.... con i barbari non si può parlare, non conoscono la nostra lingua e non ne hanno una loro... il nostro modo di vivere e le nostre abitudini sono loro tanto incomprensibili quanto indifferenti... non si può dire che adoperino l[...]

[...]il terreno è pericoloso. Impercettibilmente il nostro sguardo devia, per disattenzione, verso lo schermo, e avvinto senza che se ne avveda, si posa su di esso, non perché vi sia qualcosa da osservare che non sia un’immagine quando non degradata superflua e filistea della realtà, ma perché si è indotti a rivolgere a Odradektelevisione la stolida domanda:

— chi sei? —, per ottenere la stolida risposta: — Odradek, quasi fosse un canto di sirena. Così si viene irretiti da un banco di sirene che al contrario delle antiche, minacciose perché tutto rammentavano della guerra di Troia, tutto fanno scordare: lobotomizzano; poi altro banco ancora di tali creature sollecita muto il nostro sguardo: in mano ad altri uomini massa scorgiamo rotocalchi cosparsi di figure che, a furia di ricomparire esigono imperiosamente un cenno di riconoscimento, e seppure paiopo persone (attori, calciatori, annunciatori), non sono in verità che nuove apparizioni di Odradek. O ancora vedi, uscendo da codesto antro di tentazioni del non tentante, di allettamenti del n[...]

[...]o generale. Un tempo un medico si esprimeva nella lingua italiana o francese o inglese o latina, ora ha un gergo di parole gratuitamente formate per ravvolgere d’una nebbia il discorso scientifico. Una sentenza di cent’anni fa poteva essere prontamente compresa dalla massima parte dei buoni parlanti, oggi i giudici si industriano di scriverla in modo che appaia indecifrabile a chi non abbia il cifrario, d’altronde assai semplice, del loro gergo. Così un commentatore sportivo esibisce una tale serqua di parole straniere e termini italiani distorti, che venirne a capo significa dover pazientare di nuovo attorno ad un cifrario, d’altra parte anch’esso grottescamente semplice. Si tratta di maschere che si indossano per lavorare, dove le improprietà d’italiano si mescolano a neologismi superflui e a conii grecolatini, e tali maschere sono soltanto d’impaccio.

Invece della lingua unica ne sorgono tante quanti sono i rami di specializzazione degli studi. Ma quando l’uomo massa non lavora, quale lingua usa? Come sul lavoro parla una lingua gro[...]

[...]e anch’esso grottescamente semplice. Si tratta di maschere che si indossano per lavorare, dove le improprietà d’italiano si mescolano a neologismi superflui e a conii grecolatini, e tali maschere sono soltanto d’impaccio.

Invece della lingua unica ne sorgono tante quanti sono i rami di specializzazione degli studi. Ma quando l’uomo massa non lavora, quale lingua usa? Come sul lavoro parla una lingua grottesca, comicissima con volto serissimo, così nel tempo libero parlaANTROPOLOGIA NEGATIVA

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una lingua mortalmente triste con volto sempre scherzoso. Il suo linguaggio quotidiano è triste perché non è né scelto né ereditato, ma raccattato, subito per disattenzione e conformismo; esso si compone di termini « lanciati » dall’industria dei giornali, dai programmi di varietà e di canzonette. Esiste una formazione costante di termini nuovi superflui, a parte i neologismi necessari per nuove realtà. L’utilità dei nuovi termini sta nell’essere adeguati alla mentalità di massa, ovvero indeterminati e tuttavia perentori. Sono come segnal[...]

[...] l’uomo massa manipola in modo che appaiano sciolti da ogni connotazione sensibilerazionale, e sempre hanno in sé il momento della svalutazione del sentimento espresso, la sua riduzione a banalità vuota.

Questo slang proviene spesso dall’esercito ed ha tono sessuale, se invece proviene dalle famiglie ha tono bamboleggiante. Col tempo il tono sessuale, che forse resta vivo nel subconscio, diventa inavvertito alla superficie della conversazione così come il bamboleggiare cessa di sostituire la tenerezza mancante.

Un esempio: il termine pignolo. Esso offre il vantaggio dell’indeterminatezza, potendo significare: pedante, esigente, formalista, meticoloso, indifferentemente; esso soddisfa un bisogno di aggressione a contenuto irrazionale e incerto e insieme il bisogno di non prendere sul serio la propria irritazione. E’ un vocabolo senza forza, eppure all’uomo massa appare assai più incisivo dei suoi sinonimi della lingua italiana. Ancora, un termine tradizionale, come vigliacco, ha perduto nell’uso dell’uomo massa il significato di coda[...]

[...]LEMIRE ZOLLA

Ecco talune espressioni di avversione: bastardo, che ha perduto ogni rapporto effettivo con i natali oscuri, cornuto, che non ha più rapporto con l’adulterio, lavativo, che non si sa di preciso che cosa significhi, ed ha perduto il significato di clistere, fesso o fottuto, che indicano il disprezzo per l’omosessuale passivo ma non si riferiscono affatto a un atto preciso (d’altra parte l’uomo massa è ossessionato dall’omosessuale così come il borghese lo era dalla prostituta; questa era simbolo della riduzione a merce dell’umano, quello è simbolo della passività masochistica).

Così, schifoso, boiata e via elencando.

Si tratta di ingiurie sine materia, segnali che dicono: — non voto per te.

La simpatia è sempre espressa senza calore, con termini come in gamba, deciso, dritto, cannone, macchina; dove si ha una regressione verso l’infantile ammirazione per chi riesce a mantenersi in equilibrio o il paragone ritenuto elogiativo a strumenti meccanici.

Il dileggio non ha bisogno di designare un fatto condannabile: nel linguaggio politico il fascista dei comunisti o il comunista dei fascisti non hanno alcun rapporto con l’ideologia di chi viene colpito, ma indicano se[...]

[...] dalla scuola, dalla burocrazia, dalle officine, hanno attorno a loro l’alone redentore dei prodotti di convivenze forzate, di agglomerati di massa. La lingua tradizionale decade, stretta d’assedio fra gerghi professionali e questo linguaggio dal tono anonimo e sportivamente sessuale. Quel che ne resta si avvilisce sempre più, perde continuamente gli elementi di differenziazione e precisione, che vengono considerati dall’uomo massa con sospetto. Così il soggiuntivo, l’uso di aggettivi non cliché, i pronomi personali vanno livellandosi, quello scomparendo, quelli vergognandosi di esistere, questi perdendo il genere e la declinabilità.

Per l’uomo massa l’imprecisione è un reagente che lo fa sentire più vivo, e per rimediare alla crescente imprecisione ricorre alla moltiplicazione di gerghi spurii e convenzionali.

L’uomo massa è diabolico

L’uomo massa non vuole dunque comunicare, e infatti evita la conversazione, e quando mai debba affrontarla la ridurrà a notiziario deH’industria culturale ed a luoghi comuni. Egli è estremamente di[...]

[...]ontinuo quelle ingrandite, «reclamizzate», lustre sullo schermo e sulle riviste.

Quando mai si fa il tifo seriamente? A furia di scherzare, magari con il tono dell’esperto, lo stesso atteggiamento impuntato, gratuito quanto eccitato, sarà adottato verso la lotta politica, che ne verrà svalutata.

Quando mai si seguono seriamente i fumetti? Ma a furia di parlarne facetamente, si otterrà che i giornali perpetuino i contratti con i fumettisti. Così, chi piglia sul serio l’idiozia organizzata, come le parole incrociate o la raccolta di francobolli ? Eppure ne nasce un costume e se ne impadronisce con mortale serietà il commercio.

Quando mai si piglia sul serio la rubrica astrologica? Ma poco alla volta si faranno certi atti dettati da quella, si obbligheranno, a furia di enunciare il proprio oroscopo scherzosamente,

i giornali a rinnovare i contratti con i fornitori internazionali di rubriche.

Quando mai si crede che un talismano eviti gli scontri automobilistici? Ma a furia di scherzare sui pericoli scampati grazie a qualche ri[...]

[...]o o i capi avranno la stessa investizione di cui godono i cantanti della radio o gli annunciatori della televisione, ed essere a contatto con loro attraverso la «macchina» del partito renderà distinti gli uomini di massa.

Ma l’uomo massa ha anche un altro mezzo per distinguersi, per sentirsi diversamente di massa, attraverso l’imitazione più pronta di certi stereotipi o attraverso l’adozione di trovate, nella vita o nel vestiario o nei gusti. Così i frequentatori di luoghi turistici particolari, gli esseri contrassegnati dalla personalità artificiosa in serie acquistata grazie al rovesciamento dell’uniformità di massa. Essi hanno un linguaggio simile allo slang prevalente, ma con storpiature di parole o abbreviazioni o nuovi conii

o soltanto con pronunce particolari che essi affettano non perché le ritengano miglioramenti ma perché rispondono allo schema astratto e generico deU’affettazione in se stessa e quindi escludono ogni movente serio, quale poteva esserci nell’antico snobismo, che era un tentativo maldestro di attingere forme[...]

[...]sse, ma prediligendo bande ancora poco note, sofisticate; si occupano di sports facendo ridicole distinzioni fra sports vili e nobili oppure occupandosi appunto dei più diffusi con un tono che insinua — ce ne occupiamo, ma in modo diverso dagli altri — al modo di certe rubriche sportive su periodici di cultura italiani. E’ gente assai più volgare della comune proprio per la sicumera con cui sotterraneamente proclama: — la massa sono gli altri —, così come piùANTROPOLOGIA NEGATIVA

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volgari degli « uomini col vestito grigio » sono quelli in camiciole non ancora «lanciate» sul mercato e scimmiette o pappagalli appollaiati sulle spalle o iene al guinzaglio, come più volgari dei bruti che urlano sugli spalti dello stadio sono i silenziosi giocatori di golf con la pipa stretta fra le labbra, più desolanti dei lettori comuni di fumetti quegli intellettuali americani che pregiano Al Capp, più irritanti dei soliti patiti di automobili gli snobs per lo più inglesi che cercano automobili di foggia antiquata. Le varianti di codesti cultori [...]

[...]eudoeroiche, stando fedeli al gusto piccolo borghese ottocentesco. Mentre da un verso i prodotti di massa vengono elogiati per la loro sanità, dall’altro si opera un rovesciamento del gusto borghese, la cui volgarità resta intatta. Il borghese non riusciva a guardare la merce

o la macchina nude, e quindi il tuo totem era la decorazione posticcia, l’ornato aggiunto: il liberty è la grande stagione del pudore borghese dinanzi alla macchina nuda così come nel costume fu contrassegnato dal sentimentalismo spurio che indorava la crudezza cinica del borghese. Per l’uomo massa snob la decorazione e l’ornato sono non più totem ma tabù, la macchina deve essere nuda, sia pure essa la macchina per abitare, la casa. Spudoratezza funzionale, essenzialità sono caratteri che non significano superamento del pudore, bensì masochistico godimento della vergogna dinanzi alla nudità (come pensare che non sia goduta l’angoscia di chi vive in un minimum habitabile nudo, essenzializzato, con quadri astratti alle pareti ?). Applicare il criterio della nudità c[...]

[...]in un minimum habitabile nudo, essenzializzato, con quadri astratti alle pareti ?). Applicare il criterio della nudità che sveli lo scopo essenziale alle arti signiANTROPOLOGIA NEGATIVA

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fica distruggerle. Mentre i maestri dell’avanguardia laceravano la forma per manifestare la loro disperazione, gli accademici dell’avanguardia ed i loro protettori si compiacciono a vuoto dei brandelli della distruzione ottusamente riprodotti. A vuoto; così come i membri del partito si compiacciono della ripetizione ottundente d’una propaganda prevedibile e monotona. L’uomo massa non può evadere dunque attraverso lo snobismo d’una o d’altra sorta, che gli consente soltanto il tetro divertimento del prigioniero che nella sua cella si spoglia della casacca a strisce per avere un’illusione di libertà.

L’uomo massa non si sa difendere

L’uomo massa non può difendersi, non perché manchi di sofismi ma perché lo pungola internamente un senso di colpa; così Oreste, creatura della civiltà patriarcale era perseguitato dalle Furie, divinità del mondo [...]

[...]tizione ottundente d’una propaganda prevedibile e monotona. L’uomo massa non può evadere dunque attraverso lo snobismo d’una o d’altra sorta, che gli consente soltanto il tetro divertimento del prigioniero che nella sua cella si spoglia della casacca a strisce per avere un’illusione di libertà.

L’uomo massa non si sa difendere

L’uomo massa non può difendersi, non perché manchi di sofismi ma perché lo pungola internamente un senso di colpa; così Oreste, creatura della civiltà patriarcale era perseguitato dalle Furie, divinità del mondo matriarcale crollante.

Quanto a pretesti, a mezzi di difesa d’ogni sorta, l’uomo massa ne sfodera in copia, confermando ancora di essere non già un Calibano, ma un Prospero. Anzitutto l’uomo massa solleverà un’eccezione alla competenza di chi lo giudica: «Con quale diritto si mescolano psicologia, letteratura, filosofia, sociologia per dare un quadro necessariamente falso della società e dell’uomo che in essa vive ? Si tratta di specialità da lasciare ai singoli esperti, e non è un’analisi sociologi[...]

[...]à come è.

Se invano avrà tentato di rassicurarsi contro la sua colpa con codesti argomenti alti, l’uomo massa si difenderà con una fuga nella nevrosi, recitando una scena isterica: chiederà l’assoluzione per incapacità d’intendere. Per coazione alla succubanza: «Ma

lo fa anche Tizio», e il nome invocato sarà cinto di prestigio sociale (l’uomo massa è del tutto incapace di giudicare senza ricorrere all’argomento d’autorità). Per narcisismo: così capita che criticando una certa istituzione di massa, il foot ball o i bigliardini o le canzonette, si sia aggrediti da un «Ma lo faccio anch’io! », con la variente civettuola: « io guardo la televisione, m’interesso di sport e tuttavia non potete dire che questo mi impedisca di gustare l’arte o di amare o di cogliere la singolarità d’ogni momento ddl’esistenza » dove si vuole ignorare che l’usura del Kitsch è lenta e se ci è voluto del tempo perché i popolani italiani devoti all’opera lirica nazionale diventassero degli uomini132

ELÉMIRE ZOLLA

massa fischiettanti canzonette sincopate [...]

[...] di cogliere la singolarità d’ogni momento ddl’esistenza » dove si vuole ignorare che l’usura del Kitsch è lenta e se ci è voluto del tempo perché i popolani italiani devoti all’opera lirica nazionale diventassero degli uomini132

ELÉMIRE ZOLLA

massa fischiettanti canzonette sincopate o giulebbose, sull’individuo l’usura potrà essere quasi inavvertibile (ma facendo attenzione non sarà difficile reperire i segni clinici della degenerazione, così come l’occhio esercitato scorge nel bevitore che si vanta ancora della sua capacità di resistere senza danno, i primi segni dell’alcolismo).

« Ma che male vi fa ? » è l’ultima folle sortita dell’uomo massa: gli si risponderà: «il male che ti fai».

Un’ipotesi sulla nascita dell’uomo massa che potrebbe aiutare a

provocarne la morte

In fondo tutte le manifestazioni interiori della civiltà di massa sono fenomeni secondari, prodotti dell’industria che controlla il tempo libero. Perché mai però l’uomo massa sottopone il suo tempo libero alla preformazione del Kitsch ? Prospetto una ipot[...]

[...]ne incorrotta. Ma quel paradiso perduto sta sotto il segno di una particolare aggressione da parte degli adulti, che percuotono non con schiaffi ma con smancerie e sdilinquimenti obbligatori, con il baby tal\ (non necessario al bambino e nemmeno gradito, poiché il bambino deve ancora imparare a conoscere ciò che gli aggrada a parte la soddisfazione della fame e del bisogno di affettuosa attenzione). Tali smancerie sono necessarie all’adulto, che così simula l’amore e si finge infante e finge che il bambino sia l’essere demente cui egli cupamente vorrebbe ridurlo.

Il bambino deforma per incapacità, gli adulti lo imitano per desiderio di somigliargli, ed essere come lui esentati dalle fatiche e dalle responsabilità, il bambino allora li imita a sua volta, imANTROPOLOGIA NEGATIVA

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parando il vezzo e l’ipocrisia: ottiene i primi successi come conformista con il pappo e il dindi di secondo grado. Mozart che gioca con il pianoforte e Montaigne che apprende non il babil e neanche il perigordino, ma un classico latino appaiono possib[...]

[...]coincide invece con la coercizione impersonale della scuola anonima, miscuglio di promiscuità e fredda solitudine, lizza per una libera concorrenza nei voti. La prima esperienza del mondo reale come dura palestra e della separazione del pubblico dal privato introduce allo studio. Il Kitsch è associato alla protezione familiare e umana e insieme al giulebboso terrorismo, mentre lo studio e la serietà sono associati all’impersonalità ed alla noia. Così forse si spiega perché il Kitsch viene cercato pur non avendo esso nulla da offrire, per un riflesso condizionato simile a quello per cui un gatto ci corre incontro quando con le labbra imitiamo un pigolìo d’uccelli, ricordo di fieri assalti al suo tempo di libertà. Ma come il pigolìo simulato è ormai il segnale della servitù dei gatti, così il Kitsch è l’emblema della noia quotidiana (sul New Yor\er apparve una vignetta di due persone intente a guardare la televisione, l’una reagisce alla faccia annoiata dell’altra esclamando: programs are always thè same, but then what isn’t?).

Elemire Zolla



da (9 Domande sul romanzo) Elsa Morante in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]i real tà, mentre il romanzo rappresenta una realtà (da questo non si. desume, tuttavia, una superiorità poetica del romanzo sul racconto! Non si tratta di qualità superiore o inferiore, ma di un differente rapporto con l'universo).
Bisogna però aggiungere che una raccolta di racconti — quan
9 DOMANDE SUL ROMANZO 19
do si componga, con la ricchezza omogenea delle sue parti, in una interezza sviluppata e armoniosa — ha valore certo di romanzo. Così, poniamo, « La lettera rubata » di Poe é un racconto; però il volume dei « Racconti straordinari » (di cui « La lettera rubata » è parte) si può identificare certamente con un romanzo, del quale i singoli racconti sono altrettanti capitoli. Allo stesso modo, gran parte delle singole narrazioni di Cekof sono, a sé stanti, dei raccontï; ma la raccolta cekofiana dei « Racconti » (anche senza contare quelli, come « La steppa » o « Una storia noiosa » ecc. che sono già dei romanzi in se stessi) senza dubbio ha valore di romanzo: giacché presenta un intero sistema (il sistema cekofiano) delle relaz[...]

[...] i singoli racconti sono altrettanti capitoli. Allo stesso modo, gran parte delle singole narrazioni di Cekof sono, a sé stanti, dei raccontï; ma la raccolta cekofiana dei « Racconti » (anche senza contare quelli, come « La steppa » o « Una storia noiosa » ecc. che sono già dei romanzi in se stessi) senza dubbio ha valore di romanzo: giacché presenta un intero sistema (il sistema cekofiano) delle relazioni umane e dell'universo reale.
Liberato, così, da certi superflui schemi, e meglio inteso secondo le sue origini e le sue ragioni poetiche, il romanzo non può restringersi nella misura di un genere letterario, fissato da convenzioni scolastiche o determinato da contingenze culturali. Il gusto di inventare la storia inesauribile della vita è una disposizione umana naturale, comune a tutte le epoche e a tutti i paesi (perfino le leggende mitologiche e popolari sono già una specie di romanzo collettivo).
Il romanzo in prosa, che ha prevalso (sebbene non esclusivamente) dal Seicento in poi, non é altro che il successore diretto del poema na[...]

[...] saggio, e di « opera di pensiero ». E se é vero che alcuni romanzi (a differenza di quelli che si affidano alla pura rappresentazione) si valgono, dentro la loro struttura, di modi e forme dichiaratamente saggistici, questa differenza non si riscontra solo nell'epoca moderna, ma é di tutti i tempi. « La divina commedia », a differenza dell'« Iliade », é un romanzo saggistico; e « I promessi sposi » é saggistico, a differenza dei « Malavoglia ». Cosi come, oggi, il romanzo di Musil é saggistico, a differenza di quello di Hemingway; ma la stessa, valida coesistenza di questi due autori potrebbe forse provare che non si può stabilire una prevalenza decisiva dell'una forma sull'altra, nel romanzo contemporaneo.
Io credo, veramente, che la scelta fra le due forme dipenda — più ancora che da possibili contingenze esterne — dal diverso genio di ciascun autore. Tutti sanno, difatti, che la ragione e la immaginazione, per natura, si equilibrano in ogni persona umana in diverso modo; ma che, nella loro diversa armonia, le due funzioni sono entram[...]

[...]Ma al romanziere (come a ogni altro artista) non basta l'esperienza contingente della propria avventura. La sua esplorazione deve tramutarsi in un valore per il mondo: la realtà corruttibile dev'essere tramutata, da lui, in una verità poetica incorruttibile. Questa è l'unica ragione dell'arte: e questo è il suo necessario realismo.
Supremi esempi di nonrealismo, di nonimpegno, e di evasione, a me sembrano certi prodotti del realismo socialista (così nominato), o del (così nominato) neorealismo contemporaneo.
Un vero romanzo, dunque, è sempre realista: anche il più favoloso! e tanto peggio per i mediocri che non sanno riconoscere la sua realtà. Soltanto degli sciocchi, a esempio, potrebbero disconoscere il realismo di Alighieri: per quanto il suo romanzo pretenda narrare le peripezie di un vivente nell'oltretomba e metta gli angeli e i diavoli sulla scena. Così pure, a esempio, è realista la narrativa di Poe: giacché le figure, che egli proietta nel mondo, rappresentano con verità la sua psicologia reale di uomo vivente. Se egli, falsando la propria realtà psicologica, avesse descritto con zelo documentario, a edificazione dei borghesi suoi concittadini, gli onesti passatempi domenicali di una famigliola puritana, allora si che non sarebbe stato realista. Né più né meno che non sarebbe stato realista Verga se, in luogo di proiettare nel mondo (secondo la propria realtà psicologica) le figure dei Malavoglia, avesse fabbricato, a edificazione della su[...]

[...]ere che in Verga, per esempio, questo sentimento è la pieta, in Flaubert (come già in Cervantes) è l'ideale romantico, in Melville è la religione materna, in Kafka è la paura dell'esistenza e delle « relazioni » nel mondo, in Poe è l'orrore della morte, ecc. Sono sempre sentimenti soggettivi, ma il dramma, che ne nasce, ha sempre, come ogni dramma, un termine di rapporto oggettivo: che è sempre, in ogni romanzo, il mondo
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reale. Così, anche la distinzione fra romanzi soggettivi e romanzi oggettivi, a me sembra soltanto esterna. E riguardo all'ipotesi che il romanzo volti definitivamente le spalle alla psicologia, essa mi sembra assurda nella sua stessa enunciazione, perché il romanzo è, in se stesso, la proiezione di una psicologia nel mondo. Lo è quando intreccia favolisticamente delle vicende, non meno di quando si ferma a esaminare, in termini di analisi psicologica, le coscienze e le relazioni umane. Ma in quanto, poi, alla scelta fra queste due diverse forme espressive (la favolistica e la psicologica) direi anche qu[...]

[...]nziere moderno, in luogo di invocare le Muse, é indotto a suscitare un io recitante, (protagonista e interprete) che gli valga da alibi. Quasi per significare, a propria difesa: « S'intende che quella da me rappresentata non è la realtà; ma una realtà relativa all'io
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di me stesso, o ad un altro io, diverso in apparenza, da me stesso, che in sostanza, però, m'appartiene, e nel quale io, adesso, m'impersono per intero ». Così, mediante la prima persona, la realtà nuovamente inventata si rende in una verità nuova.
Questa prima persona responsabile, dunque, é una condizione moderna; ma non è detto che sia definitiva. La enorme riforma scientifica del mondo é, oggi, ancora una novità, in piena azione: e le coscienze presenti ne risentono l'urto. Ma è possibile (augurabile!) che, più tardi, scontato questo trauma scientifico e industriale, l'uomo riprenda la sua naturalezza e si riabbandoni, senza ripugnanze mentali, alle proposte immediate della realtà. Così, a esempio, é probabile che, all'epoca delle grandi scoper[...]

[...]a.
Questa prima persona responsabile, dunque, é una condizione moderna; ma non è detto che sia definitiva. La enorme riforma scientifica del mondo é, oggi, ancora una novità, in piena azione: e le coscienze presenti ne risentono l'urto. Ma è possibile (augurabile!) che, più tardi, scontato questo trauma scientifico e industriale, l'uomo riprenda la sua naturalezza e si riabbandoni, senza ripugnanze mentali, alle proposte immediate della realtà. Così, a esempio, é probabile che, all'epoca delle grandi scoperte astronomiche, ne sia conseguito, per qualche poeta, un certo scetticismo, al momento di chiamare la luna candida vela del cielo, vergine della notte, e simili. Ma poi, gli astronomi sono rimasti padroni delle loro verità, e i poeti si sono ripresi le verità loro; e, attraverso i secoli, fino a Leopardi e a Ungaretti, hanno seguitato a rivolgere madrigali alla luna, né più né meno di come faceva Saffo.
Le verità scientifiche sono, senza dubbio, legittime: però le verità poetiche, di certo, non lo sono meno. E mai, come in periodi di[...]

[...]in special modo — la consapevolezza dei percorsi compiuti prima di lui, e del punto presente dal quale lui si muove. Per trovarsi maturo alla propria scelta, il romanziere deve avere esperimentato in sé la prova comune, fino all'ultima angoscia. E deve avere assi
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milato in sé le verità del passato, e la cultura dei propri contemporanei. Avere assimilato, però, significa un arricchimento, e non una intossicazione, o un ingorgo.
Cosi, al momento della sua massima attenzione verso le cose reali (al momento, cioè, in cui si dispone a scrivere) lo scrittore dovrà fare il silenzio intorno a se stesso, e liberarsi da ogni schermo culturale, da ogni feticcio, da ogni vizio conformistico. La sua coscienza provata e matura, in quel momenta, dovrà raccogliersi e fissarsi su un unico punto: l'oggetto reale della sua scelta, inteso a confidargli la propria verità. Col sentimento avventuroso e quasi eroico di chi cerca un tesoro sotterraneo, egli dovrà ora cercare quell'unica parola, e nessun'altra, che rappresenta l'oggetto preciso [...]

[...]accogliersi e fissarsi su un unico punto: l'oggetto reale della sua scelta, inteso a confidargli la propria verità. Col sentimento avventuroso e quasi eroico di chi cerca un tesoro sotterraneo, egli dovrà ora cercare quell'unica parola, e nessun'altra, che rappresenta l'oggetto preciso della sua percezione, nella sua realtà. Appunto quella parola è la verità, voluta dal romanziere. E appunto qui, nell'atto stesso di scrivere, il romanziere andrà così inventando il proprio linguaggio. È l'esercizio della verità, che porta all'invenzione del linguaggio, e non viceversa. Col puro esercizio delle parole — dove queste parole non siano confidate dalle cose, e discusse attraverso il dialogo con le cose — si potrà magari combinare un artificio elegante; ma non si inventa nulla.
Il problema del linguaggio — come ogni altro problema del romanziere — si identifica e si risolve, da ultimo, nella realtà psicologica del romanziere stesso, e cioè nella intima qualità del suo rapporto col mondo. Il più vivo segreto di un linguaggio nuovo (ossia valido a[...]

[...]ialogo, per essere proprio vero, bisogna che sia inventato. La trascrizione documentaria di una realtà praticamente auditiva, rischia di ridursi, sulla pagina di un romanzo, a una larva spenta, che non dice nulla.
Quanto alla realtà puramente visiva predicata da una giovane scuola francese odierna (detta, se non mi sbaglio, du regard) confesso di non avere ancora letto nessuna delle opere prodotte da questa scuola; ma la sua tesi programmatica, così come é enunciata nella presente inchiesta, mi ispira qualche perplessità. Mi domando, difatti, per chi possa darsi mai una realtà puramente visiva, se non per una macchina fotografica; e in nome di quale « valore di verità » l'organismo, tutto altrimenti articolato e complesso, di un romanziere, debba costringersi a imitare il lavoro di un povero meccanismo ottico di bottega. Immagino che possa trattarsi di un degno esercizio ascetico: quale, a esempio, assistere ai concerti con gli orecchi imbottiti di cera Ohropax; oppure nutrirsi esclusivamente di limonate. Ma uno spettacolo di ascetismo, [...]

[...]erità poetica potrebbe essere comunicata. Gli avvenimenti storici, anche contemporanei, hanno offerto, in passato, ricchi valori simbolici ai poeti: tanto è vero che ne é nato, per esempio, un poema come « Guerra e pace ». E Dio volesse che certi atroci fenomeni storici del nostro secolo potessero già oggi proporsi a qualche poeta come simboli di verità spiegate, da rendersi in un valore poetico senza fine per noi contemporanei e per gli altri.
Così, non si dovrebbe nemmeno escludere la possibilità, oggi, di un « romanzo nazionale storico » contemporaneo. Rimane solo da sapere se il valore di simboli quali « nazione », e simili, non sia stato, ai nostri giorni, compromesso, o sostituito da altri valori. Ma una tale discussione oltrepasserebbe i limiti della presente inchiesta, e anche i limiti miei.
***
Mi rimane ora da rispondere, qui per ultimo, alla domanda (che la presente inchiesta pone per prima) circa la crisi del romanzo e in generale delle arti. Ma forse, dalle mie risposte precedenti, già si può capire che — se per crisi s'in[...]

[...] mondo) non si può considerare possibile una crisi mortale dell'arte.
Se per crisi invece s'intende « sviluppo » o « trasformazione » (o magari «eclisse temporanea ») è certo che ogni forma artistica, come ogni altra espressione umana, partecipa delle crisi periodiche della società e della vita: anzi, ne è il centro sensibile. Il nostro secolo é il luogo di un passaggio drammatico: che si può tradurre, nella psicologia, in una crisi d'angoscia. Così accade che gran parte degli artisti odierni proiettino, nel mondo, le proprie immagini reali (che essi chiamano astratte) di questa angoscia. Tali, che, molto spesso, per quanto si nominino « artisti », essi, invece, abdicano, nell'atto stesso di esprimersi, alla prima ragione dell'arte: che é la forma della verità, espressa attraversò la realtà delle cose. Le loro immagini si limitano a rendere la greggia realtà della loro angoscia. E qui, curiosamente, certi astrattisti di ogni arte si ricongiungono con quelli che essi ritengono i loro contrari: e cioè i naturalisti, e i documentaristi. Dif[...]

[...]zza che anche questa astrazione ascetica, come la precedente astrazione, è una risoluta negazione dell'arte. Essa ambisce, difatti, ad alienarsi dagli oggetti della vita reale, riducendo la molteplicità dei simboli allo zero; mentre che il primo segreto dell'arte sta proprio nella sua simpatia coi molte
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plici oggetti del mondo reale, che l'arte, per la sua qualità, deve saper tradurre in simboli di verità sempre nuove, così da rinnovare perennemente il mondo e la vita. « Un'arte senza oggetti » é una proposizione assurda nei suoi stessi termini: come dire « una vita senza viventi ».
Sembra strana, in proposito, la sentimentale pretesa odierna: di volere riconoscere delle affermazioni di valori poetici dentro le stesse negazioni di questi valori. Ma una simile pretesa, forse, può valere a confermare, infine, la esigenza perenne e disperata di valori poetici nel mondo.
Bisogna osservare, a questo punto, che l'abdicazione ai simboli, e certe « regressioni » e « riduzioni » per effetto dell'angoscia, anche se non [...]

[...]forse soltanto dal poeta tragico), rappresenta, nel mondo, la com
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piuta armonia della ragione e dell'immaginazione: e cioè l'intera e libera coscienza umana, l'intervento che riscatta la città umana dai mostri dell'assurdo.
A lui non basterà di riconoscere passivamente i segni della malattia, né di denunciarne la strage e lo scandalo comune. Si tratterà, per lui, di compiere l'amara traversata dell'angoscia a occhi aperti (per così dire) : in modo da ritrovare, anche in mezzo alle confusioni piú aberranti e difformi, il valore nascosto della verità poetica, per consegnarlo agli altri. Così hanno fatto, per esempio, Proust e James; così ha fatto Svevo; così ha fatto Saba (per tacere di altri, viventi tuttora). Così non ha fatto, invece, Joice nell'Ulysses (con tante scuse per i Joiciani; del resto, si intende che il mio punto di vista può essere sbagliato, e in questo caso me ne pentir)).
Onestamente, mi sembrerebbe ingiusto denunciare, oggi, una crisi del romanzo: mentre appunto in questi ultimi decenni sono stati prodotti dei romanzi meravigliosi (e non pochi anche in Italia: per un privilegio della sorte di cui gli Italiani, peraltro, non sembrano né abbastanza consapevoli, né abbastanza riconoscenti).
Grazie all'opera dei grandi scrittori, e dei pensatori moderni, nel nostro secolo sono stati aper[...]

[...]e all'opera dei grandi scrittori, e dei pensatori moderni, nel nostro secolo sono stati aperti nuovi itinerari affascinanti e ancora misteriosi, per la esplorazione della realtà psicologica e della società umana. Un'avventura drammatica, sconfinata e piena d'imprevisti, si propane alla conoscenza dei nuovi romanzieri. Al contrario di quanto affermano alcune persone, io direi che, forse, sta per cominciare una nuova, grande epoca per il romanza.
Così, anche nella ipotesi (finora, tuttavia, non dimostrata affatto) di una eclisse nelle altre arti contemporanee, a me sembra che tale eclisse non dovrebbe raggiungere l'arte del romanzo. Le stesse ombre, difatti, che oggi possono minacciare gli altri artisti, frapponendosi fra loro e la realtà, si propongono, anzi, al romanziere, come tentazioni alla conoscenza reale. Non si deve dimenticare che il romanziere, per sua natura, non è soltanto un termine sensibile nel rapporto fra l'uomo e il destino, ma è anche lo studioso e lo storico di questo rapporto sempre diverso.
Neppure i motivi di carat[...]

[...]are per una possibile crisi delle altre arti, non do
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vrebbero minacciare l'arte del romanzo, che si esprime e consiste nella parola. La parola si rinnova sempre nell'atto stesso della vita,
e (a meno di una enorme frana della civiltà) non può scadere a oggetto pratico, spento e logoro. Ogni altro strumento può deperire, o decadere, ma la parola rinasce naturalmente insieme alla vita, ogni giorno, fresca come una rosa. Così, seppure i musicisti moderni vorranno ricorrere alla fisica elettronica, e i pittori sostituire al pennello la fiamma ossidrica, e gli scultori, al posto della materia plasmabile, usare degli spaghi ritorti, lo scrittore non potrà seriamente alienarsi dal proprio lavoro in simili esperimenti di fabbrica. Il suo mezzo, e la sua espressione, sono tutt'uno. Non si può trasferire o travisare il valore della parola, giacché le parole, essendo i nomi delle cose, sono le cose\ stesse.
« Una rosa é una rosa é una rosa é una rosa ».
Con questo, non si nega che l'arte del romanzo richiede oggi, da pa[...]

[...] società vivente che comprenda il suo lavoro, o che, addirittura, riconosca una cittadinanza alla sua persona. La necessaria, finale eliminazione delle caste sociali o economiche (già acquisita, ormai da tempo, nella mente e nell'opera degli scrittori) nella pratica, invece, delle società contemporanee (anche delle società « progressive ») si trova ancora a un incrocio convulso, e ingombrato dall'ignoranza, dalla bestialità e dalla gretta paura. Così, le classi nuove che saprebbero forse già accogliere — con intelligenza, e avidità, e freschezza di sentimenti — le anticipate verità della poesia, non dispongono ancora dei mezzi materiali e culturali adatti a riceverle. Mentre le caste che ancora resistono —
o si impongono con la violenza — alla direzione degli stati, sono gente ridotta alle brute funzioni fisiche: qua per la sordida, impossibile conservazione; e là per la cieca, impossibile repressione antiumana.
36 ELSA MORANTE
In conseguenza, bisogna che i romanzieri contemporanei siano rassegnati a dedicare quasi sempre le loro più c[...]

[...]ticolare del romanzo, appartengono, il più delle volte, proprio a simili tipi umani: paurosi, nel loro cuore, di ogni nuova verità poetica, e indotti a negarne l'apparizione troppo pericolosa per i loro piani, o per i loro vantaggi. Tanto più, allora, i poeti dovranno tener caro il massimo
valore della poesia e difenderlo dalle varie tentazioni interessate... E la crisi finirà (come diceva una canzonetta della nostra infanzia).
***
Mi sembra, così, di avere risposto coscienziosamente a tutte le domande della presente inchiesta. Mi rimane solo la domanda finale: quali siano i miei romanzieri preferiti, e perché; e a questa rispondo:
Omero; Cervantes; Stendhal; Melville; Cekof; Verga.
Perché questi sei poeti, più di tutti gli altri da me conosciuti, provocano sempre in me, a frequentarli, un aumento di vitalità straordinario. Tale che, più di una volta, nel corso (ormai funghetto) della mia vicenda, io credo di essere stata addirittura risuscitata dai morti, per la virtù loro.
ELSA MORANTE



da Alberto L'Abate, Tre storie di emigrati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]li non lavora, solo chi può portare qualcosa riesce a trovare lavoro.
Quando mi sposai lavoravo come segnalatore, dipingevo segnali stradali. Era un buon lavoro e mi piaceva. Chiesi otto giorni di vacanza; non potevo mica tornare al lavoro il giorno dopo il matrimonio!; e me li dettero. Ma quando tornai a lavorare trovai il mio posto occupato: c'era un tizio che se la passava bene e che, per andare al mio posto, aveva pagato a dritta e a manca. Così mi trovai per la strada.
Per un po' di tempo lavorai qua e là, saltuariamente. Il lavoro era duro ma il guadagno scarso. Infine riuscii a trovare lavoro in una ditta. Ma, nel frattempo, era scoppiata la guerra di Spagna e mi dissero che dovevano dare la preferenza ad un reduce di guerra e che io potevo andare a combattere. Così non mi restò altro da fare che partire come « volontario ». Altro che idea! Quasi tutti eravamo li per i soldi. Io ero giovane e, la prima notte, mentre mi riparavo, dietro un albero, dalle schegge e dalle pallottole che passavano tutto intorno, mi venne da piangere a pensare cosa mi toccava fare per mantenere la mia famiglia. Mi venne in mente che stavamo combattendo contro altri operai, come me. Alcuni volontari disertarono ed andarono dall'altra parte. Io continuai perché volevo mettere da parte
TRE STORIE DI EMIGRATI 167
un po' di soldi; la paga era discreta; ma cosa non dovevamo fare p[...]

[...]no. Era una gioia vedere il campo tutto carico al tempo del raccolto. Avevamo sudato, ma, finalmente, se ne vedevano i frutti. Avremmo potuto mettere da parte un poco di soldi e magari comprarci un po' di terreno. Ma venne la grandine, all'improvviso, e rovinò tutto. Non ci rimase più niente (t stemmo una giornata intera a piangere tutti e due, aggiunge la moglie, e mi viene quasi da piangere quando ci ripenso. Avevamo fatti tanti progetti! »).
Cosi smisi di fare il contadino. Dopo un poco presi ùn cottimo per fare il carbone. Il comune dava a cottimo una parte di bosco in montagna. Io ne presi una fetta, mio fratello una fetta accanto alla mia, ci facemmo una baracca nel mezzo, dove dormivamo insieme. Era un lavoro duro: si facevano mucchi di legna, si dava fuoco, si spengevano con l'acqua finché la legna non era carbonizzata. Si lavorava il giorno e la notte, senza quasi interruzione. Anche mia moglie veniva ogni giorno lassù (era molto alto e c'era freddo e neve) per portarmi l'acqua per spengere il fuoco. Doveva lasciare soli a casa [...]

[...] all'altro di essere richiamato dal Brasile e ci dissi che non potevo impegnarmi. C'era un maestro, pensi, un maestro!, che andava in giro dicendo che ci poteva far emigrare in Brasile. Prese
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soldi da varie persone. Anche io lo avevo pagato. Tutte le volte che lo incontravo mi diceva: « Tra poco arriva la chiamata, tra poco arriva » ed io stavo li senza far niente in attesa di questa benedetta chiamata che non arrivava mai. Così persi l'occasione per fare ancora del carbone, ed il maestro, coi soldi che gli avevamo dato, in Brasile ci fece andare sua madre, poi non lo vedemmo più.
Nel '50 decisi di emigrare in Francia. Avevo fatto domanda attraverso l'ufficio collocamento: volevano dei contadini che si trasferissero con tutta la loro famiglia. Il contratto era buono: vitto, alloggio e 17.000 franchi al mese tra stipendio ed allocazioni familiari. Appena in Francia ci portarono ad Auxerre, in una specie di campo di smistamento. Li si aspettava la chiamata da parte dei padroni, ma, quando venne, ci dissero che lo stip[...]

[...]o ed allocazioni familiari. Appena in Francia ci portarono ad Auxerre, in una specie di campo di smistamento. Li si aspettava la chiamata da parte dei padroni, ma, quando venne, ci dissero che lo stipendio era di soli 6000 franchi al mese più 4000 per mia moglie se lavorava mezza giornata. E che poi al mangiare dovevamo pensare noi. E come potevo vivere con quella miseria con tutta la famiglia! Lo avessi saputo prima non ci sarei nemmeno andato. Così, dopo circa quaranta giorni di campo di smistamento, ce ne tornammo a casa.
Qualche anno dopo emigrai in Svizzera, nei Grigioni. Avevo addirittura due contratti di lavoro: uno, come contadino l'avevo avuto pagando 5000 lire ad uno svizzero, almeno così diceva di essere, che andava in giro vendendo contratti di lavoro per l'agricoltura persino a 20.000 lire. Tanto che dopo l'hanno arrestato. L'altro, nell'edilizia, attraverso un conoscente che era andato a lavorare in Svizzera già da qualche anno. Scelsi quest'ultimo lavoro perché si guadagnava di più e rimandai l'altro contratto dicendo che ero ammalato. Divenni così manovale nella costruzione di una diga. Eravamo in montagna, in mezzo alla neve e con l'acqua fino al ginocchio ed anche piú. Dopo pochi giorni di lavoro mi fracassai tre dita della mano sinistra. Stettï trentacinque giorni all'ospedale e dopo qualche tempo che avevo ripreso il lavoro mi tornarono i reumatismi e non potetti più lavorare, fui così costretto a rientrare a casa.
Quattro anni fa andai a cercare lavoro a Locarno. Dopo otto giorni di ricerca inutile decisi di venire a Ginevra. I primi giorni non trovai niente neppure qui, e non avevo più soldi nemmeno per mangiare. Ma il padrone della pensione dove abitavo, uno svizzero, se ne accorse e mi disse: « Non ti preoccupare, mangia e dormi, che quando troverai lavoro me li renderai ». Non me ne dimenticherò mai, è stato gentilissimo. Mi accompagnò persino con la sua macchina, per due giorni interi, per aiutarmi a trovare un lavoro. Ed infine riuscimmo a trovare il posto dove sono[...]

[...]né gabinetto. Ci faceva 'Pagare 200 franchi al mese compresa la luce ed il carbone. Ma tutte le volte che lo incontravo mi faceva capire che mi faceva un grande favore: « Vede, diceva, ci sono tre stanze: potrei metterci due stagionali italiani per stanza, a 50 franchi al posto, ed avrei 300 franchi al mese. Con lei ci rimetto ». Finché un giorno mi disse di andarmene via, su due piedi. Aveva chiesto un aumento ed io non ce lo avevo voluto dare, così mi mise sulla strada, con moglie, figli e bagagli. Disse che aveva già degli altri inquilini e che, se non volevo pagare di piú, dovevo andarmene subito. Non mi dette nemmeno il tempo di portare via i bagagli. Li preparai e li misi da un lato. Dopo qualche giorno presi un taxi ed andai per prenderli, ma come avevo ormai restituito la chiave dovetti scavalcare la cancellata. Quando il padrone lo seppe mi telefonò furente: « Lo sa che io la posso denunziare, mi fece, io la denunzio » e così via. Ma io avevo la coscienza a posto, gli dissi di telefonare pure alla polizia, se voleva, che io non a[...]

[...] e bagagli. Disse che aveva già degli altri inquilini e che, se non volevo pagare di piú, dovevo andarmene subito. Non mi dette nemmeno il tempo di portare via i bagagli. Li preparai e li misi da un lato. Dopo qualche giorno presi un taxi ed andai per prenderli, ma come avevo ormai restituito la chiave dovetti scavalcare la cancellata. Quando il padrone lo seppe mi telefonò furente: « Lo sa che io la posso denunziare, mi fece, io la denunzio » e così via. Ma io avevo la coscienza a posto, gli dissi di telefonare pure alla polizia, se voleva, che io non avevo toccato uno spillo della sua roba. Ma non ne fece di nulla. Però, per l'affitto e per un po' di legna che
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gli avevo consumato, pretendeva ancora 200 franchi. In quel momento non li avevo ma, per non aver altre storie, gli dissi che glieli avrei pagati appena li avessi avuti. Ma poi mia moglie si ammalò ed ebbi molte spese e non glieli potetti dare. Un giorno mia figlia, che a quei tempi lavorava nella fabbrica di sigarette con mia moglie, tornò a casa tutta piang[...]

[...]ppena li avessi avuti. Ma poi mia moglie si ammalò ed ebbi molte spese e non glieli potetti dare. Un giorno mia figlia, che a quei tempi lavorava nella fabbrica di sigarette con mia moglie, tornò a casa tutta piangente. Quel tipo 11, insieme alla moglie, l'avevano attesa davanti all'uscita della fabbrica ed, in faccia a tutte le sue compagne, si erano messi ad insultarla dicendo: Tuo padre è un farabutto, digli che ci dia i soldi che ci deve » e così via. Aveva già fatto una cosa del genere con me, qualche tempo prima, così decisi di farla finita. Andai alla polizia, spiegai che cosa era successo e dissi che avrei pagato quando avrei potuto ma che, per il momento, non ero in grado di farlo. Ma che intanto dovevano far smettere quelle persone di insultarmi perché non ne avevano alcun diritto. Il capo telefonò a quel tipo. Io non so bene il francese ma qualche cosa riuscii a capire. Gli disse che era molto meglio che stesse zitto perché non aveva alcun diritto di farmi pagare tanto e che, se io volevo fargli causa, sarebbe andata a finire male per lui. Infatti aveva dichiarato che pagavamo 100 franchi invece di 20[...]

[...] farlo. Ma che intanto dovevano far smettere quelle persone di insultarmi perché non ne avevano alcun diritto. Il capo telefonò a quel tipo. Io non so bene il francese ma qualche cosa riuscii a capire. Gli disse che era molto meglio che stesse zitto perché non aveva alcun diritto di farmi pagare tanto e che, se io volevo fargli causa, sarebbe andata a finire male per lui. Infatti aveva dichiarato che pagavamo 100 franchi invece di 200. A sentire così fui contento e non volli insistere; ma i 200 franchi non glieli ho più pagati e lui non ha detto più niente.
Grazie ad un avviso sul giornale trovai subito un bell'appartamento con tutti i servizi. Ma costava 260 franchi al mese. Per pagarli ci toccava fare un sacco di sacrifici e poi, quando di inverno si andava in Italia per la stagione, non avevamo più una lira per mantenerci. Ci stemmo circa sei mesi. Poi un amico ci disse che al Centro Sociale Protestante procuravano degli alloggi a buon mercato. Sono loro che mi hanno trovato questa stanza. E un po' piccola per tutti e quattro ma si pa[...]

[...]a sei mesi. Poi un amico ci disse che al Centro Sociale Protestante procuravano degli alloggi a buon mercato. Sono loro che mi hanno trovato questa stanza. E un po' piccola per tutti e quattro ma si paga poco ed è meglio che niente.
E da dieci anni che non metto piede alla messa. Prima ci andavo, ma poi i preti hanno cominciato a fare della politica e non li ho potuti più sopportare. Avrei voluto rispondergli, quando parlavano, ma era proibito. Così ho smesso di andarci. Qui andiamo talvolta al culto nella chiesa protestante. La prima volta che sentii parlare di loro fu da mia sorella, tanti anni fa. Lei aveva lavorato in una loro casa. « Sai, c'è della gente che è differente da noi, come religione, mi disse, si riuniscono, uno parla e poi cantano tutti insieme, é bello, sai ».
Non ne seppi più niente fino a qualche anno dopo: durante il fascismo vennero al mio paese dei protestanti confinati. Credo che il fascismo non gli volesse bene, ma forse anche per ragioni politiche. Non sono mai stato alle loro riunioni, sapevo però che si riuni[...]

[...]lia, avevamo fatto dei sacrifici per farla studiare. La mandavamo da una mastra, per imparare il mestiere, e pagavamo anche. Ma quando la mastra doveva tagliare la stoffa mandava le apprendiste in un'altra stanza perché aveva paura che le rubassero il mestiere. È per questo che le cose non vanno, da noi, c'è troppa gelosia; ce n'è anche qui, ma meno forte. Qui a mia figlia la pagano e le fanno anche vedere come si deve fare, se non lo sa di già. Così le fecero il contratto di apprendistato. Dato che doveva lavorare tutto l'anno e che, essendo minorenne, non la potevamo lasciare sola, feci domanda per poter restare anche io nella stagione invernale. Ma non ne vollero sapere ed annullarono anche il contratto di mia figlia. Ma ora ha compiuto 18 anni e si è potuta impiegare regolarmente.
Tempo fa sono stato ad una riunione del sindacato (F.O.B.B.) (1). C'erano un sacco di italiani, tutti stagionali. Parlò un avvocato in italiano. Ci disse che, se siamo qui, la colpa è del nostro governo che non fa niente per dare lavoro a tutti, in Italia. [...]

[...]iamo vedendo di farvi ottenere pure le allocazioni familiari ».
Io ho intenzione di restare qui fino a quando c'è lavoro e finché i miei figli non si siano fatti la loro strada. Se torno al mio paese, 2500 abitanti, nelle montagne degli Abruzzi, come faccio a fare studiare mio figlio? Invece qui le possibilità ci sono. Ed anche se il lavoro è duro, specie alla mia età, ho 49 anni, sopportiamo, per il loro bene. La vita è dura, bisogna prenderla così.
(1) Sindacato edile aderente alla corrente detta dei sindacati liberi.
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II
« È vero che ha lavorato in Sicilia? » mi domanda l'intervistato, un giovane trentatreenne che lavora da vari anni a Ginevra come operaio specializzato. Alla mia risposta affermativa continua: « Io ci sono stato durante la guerra: Terrasini, Misilmeri, Caltanisetta. Quando ero a Terrasini mi ricordo che una o due volte la settimana prendevamo il treno di notte. Si passava dall'Isola delle Femmine, da Sferracavallo e ci si fermava in un posto che ora non ricordo. Avevamo i sacchi vuoti con noi. A[...]

[...]. Poi, per fortuna, si sono ricordati che era solo un cavolo e l'hann.o lasciato libero. Il nostro comandante, invece, in quel periodo, faceva il contrabbando.
Di mestiere faccio l'alesatore, in una ditta che fabbrica macchine utensili. E da tre anni e mezzo che lavoro in Svizzera. Prima lavoravo a Modena, la mia città. Ho fatto fino alla quinta industriale poi sono entrato a lavorare alla FIAT. Ma dopo la guerra di Abissinia il lavoro diminuì, così mi licenziai ed andai a lavorare da un'altra ditta. Poi scoppiò la guerra ed andai militare. Ero in uno dei reparti pompieri dell'esercito e lavoravo nel carro attrezzi, ma non sono mai stato un buon militare. Ho sempre detto a tutti che facevo parte del battaglione « lepre » (o « scappa »). A quei tempi ero giovane, non pensavo che a mangiare, quando avevo la pancia piena ero contento. Mi ricordo che una volta, quando ci si trovava sempre in Sicilia, andammo ad aiutare un proprietario a fare dei lavori. Quando si ebbe finito ci portò un piatto grandissimo di tonno all'olio, del pane e del vi[...]

[...] avevamo fame. E facevamo spesso dei piccoli lavori usando gli utensili del carro officina: non chiedevamo soldi ma roba da mangiarsi: riparavamo ferri da stiro, piccoli mulini per macinare il grano, rubinetti, insomma tutti quei piccoli lavori di meccanica o di elettricità che può fare un artigiano in un paesino.
Finita la guerra tornai a Modena, ma ero in incognito, per non essere richiamato dai fascisti, allora c'era la Repubblica di Salò; e così, per un po' di tempo, dovetti arrangiarmi a fare tutti i mestieri, per vivere. Ho pulito mosti, poi sono entrato in una bottega per riparazioni di macchine da scrivere. Siccome non ero dichiarato non avevo tessere per i viveri e non ce la facevo, avevo sempre fame. Alla fine decisi di rientrare alla FIAT dove cercavano degli alesatori; non l'avevo mai fatto, ma, con la mia esperienza di tornitore, non mi ci volle molto ad impararlo. Intanto ero entrato in contatto con il movimento di liberazione ed avevo cominciato a leggere cose serie; mi erano capitati tra le mani due opuscoletti di Giustiz[...]

[...]stizia e Libertà ».
Non ho partecipato a veri e propri combattimenti, ma andavo sempre in giro a distribuire manifesti di propaganda ed a discutere con la gente. Vede, ho come una avversione interna verso tutto quello che è violenza, come un senso di nausea, una cosa istintiva contro le armi. Forse è anche un poco di paura, chi non ne ha, io ne ho avuta e ne avrò ancora, ma è qualche cosa di più che mi fa aborrire tutti gli strumenti di guerra. Così preferivo fare l'altro lavoro.
Alla fine del '44 lasciai il movimento G.L. e cominciai a lavorare con il P.C.I.: credevo che quest'ultimo lavorasse più in profondità e creasse più che ogni altro le condizioni di un rinnovamento totale dell'Italia. Ero capocellula. Ero molto attivo: quasi tutte le sere facevo qualche riunione. Nel frattempo ero rientrato alla FIAT. Restai nel partito un anno. Ma c'era qualcosa che non mi andava. Si facevano le riunioni, per esempio, e non è che si chiedesse alle persone presenti di discutere su un problema. Ognuno avrebbe potuto portare la sua esperienza e ne[...]

[...]sopra quello che il partito pensava su quell'argomento. Si leggeva il biglietto alla gente ed alla fine si faceva un sermoncino in cui si diceva che ognuno poteva prendere la parola per dire ciò che pensava sull'argomento, ma, che se c'erano critiche da fare, queste dovevano essere costruttive e non disgregatrici o della vuota accademia. La gente ascoltava e non aveva il coraggio di parlare. Pensava « Dice bene il Partito », « Sono d'accordo » e così via e la vera discussione non c'era. Ed io sentivo sempre più che quella libertà che mi era così cara e di cui parlava Mill, nel partito non c'era. Trovai un anarchico che mi accompagnò ad una loro riunione. Non vi era alcun freno alla discussione, ognuno si accalorava, si accaniva quasi a sostenere il suo punto di vista ma poi si mettevano tutti d'accordo sul da farsi. Nella lettura dei loro giornali e nei loro libri trovai ciò che sentivo confusamente in me, spiegato in modo chiaro e trovai in quelle idee una etica ed un senso di libertà che da tanto tempo cercavo. E da allora sono restato anarchico, mi ci trovo bene perché ognuno può pensare come crede, mi sento libero nei miei pensie[...]

[...]il consiglio di gestione ma, nella nostra fabbrica, ha sempre avuto poco valore. I dirigenti lo chiamavano ogni tanto, solo per dargli informazioni su qualcosa di secondario, ma non ha mai avuto un valore effettivo. In quel tempo, però, i padroni avevano ancora bisogno degli operai e si dimostravano gentili con loro. Ci dicevano « Noi non siamo nemici, dobbiamo collaborare insieme per ricostruire la fabbrica, abbiamo bisogno l'uno dell'altro » e così via. Ma a poco a poco che la fabbrica era rimessa su hanno incominciato ad essere sempre più duri ed a dire: « Se vi va è così, altrimenti fuori! ». Così si arrivò ai licenziamenti. Noi l'avevamo saputo e, per impedirli, occupammo la fabbrica. Stavamo nei refettori, volevamo impedire che i nostri compagni fossero licenziati. Dopo tre giorni arrivò la polizia; erano le sei del mattino, noi sfollammo ed i licenziamenti furono fatti ugualmente.
Io non fui mandato via, ma dopo un po' me ne venni via da solo perché non mi ci trovavo più bene. Avevo lavorato dodici anni in quella fabbrica. Avevamo lottato e sperato di dar vita ad un mondo migliore. Avevamo fatto gli scioperi del '44 per difendere dei compagni di lavoro che i tedeschi volevano manda[...]

[...]l '44 per difendere dei compagni di lavoro che i tedeschi volevano mandare in Germania a lavorare; ricordo bene i comizi con le promesse e le minacce che ci tennero i repubblichini; ma si tenne duro, ed i compagni non andarono in Germania. Nel '55 invece non fummo capaci di difendere le nostre libertà ed il lavoro dei licenziati; avevamo dichiarato sciopero a tempo indeterminato ma è durato pochissimo, ci siamo arresi quasi subito. Avevo perduto così la fiducia nei miei compagni di lavoro e non potevo più restare, vedevo in molti la paura ed in altri un conformismo ed un quieto vivere che toglieva loro, agli occhi miei, ogni dignità. Inoltre la sorveglianza .cui eravamo sottoposti era diventata sempre peggiore. Ci controllavano dappertutto. E tutte le volte che si usciva si doveva passare la visita. C'era un vero esercito, per spiarci. E se si doveva andare da un reparto all'altro, anche per lavoro, si doveva essere accompagnati o avere il permesso del caposquadra. Ci sono delle guardie con tanto di berretto. Il loro comandante, un exmare[...]

[...] .cui eravamo sottoposti era diventata sempre peggiore. Ci controllavano dappertutto. E tutte le volte che si usciva si doveva passare la visita. C'era un vero esercito, per spiarci. E se si doveva andare da un reparto all'altro, anche per lavoro, si doveva essere accompagnati o avere il permesso del caposquadra. Ci sono delle guardie con tanto di berretto. Il loro comandante, un exmaresciallo dei carabinieri, era un tizio che si vantava, almeno così mi hanno detto, di avere trattato duramente i partigiani. E la situazione non è molto cambiata. Sono stato ultimamente a casa ed ho potuto parlare con vari amici che lavorano sempre li. Hanno paura di aprirsi ma, dopo un po' che eravamo insieme, hanno cominciato a parlare ed ho potuto rendermene conto. Mi hanno raccontato anche che, ultimamente, è stato licenziato un nostro amico che ora è in causa con la ditta. Lo chiamavamo « La resistenza ». È un tipo bassotto, balbuziente, ma che sa il fatto suo. Durante la Resistenza era addetto al trasporto delle armi. Una volta, per farle passare, riem[...]

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pieno di questa roba, ma non si era accorto che mancava il coperchio e che si vedeva dentro. Ha attraversato tutta una cittadina in quelle condizioni. Fu un vero miracolo se non fu preso. Ci raccontava sempre questo episodio, per questo lo chiamavamo « La resistenza s. Ultimamente l'hanno chiamato da parte in seguito ad un suo litigio con un altro operaio, gli hanno fatto fare una visita dal loro medico ed hanno detto che era inabile al lavoro. Così l'hanno licenziato dopo 17 anni di lavoro nella fabbrica. Probabilmente gli dava noia, per le sue idee politiche. Lui si è fatto visitare da un altro medico e sta facendo causa. Forse riuscirà solo ad ottenere qualcosa di più, come liquidazione.
Visto quel clima decisi di partire. Avevo già pensato di emigrare in Svezia, qualche anno prima, poi ci avevo rinunciato per non lasciare soli i miei vecchi. Nel frattempo, però, erano morti. Un mio amico che era venuto a lavorare qui mi scrisse che si trovava bene e che cercavano operai. Anzi, un giorno mi fece sapere che la ditta dove lavoro attual[...]

[...] il 10% circa di italiani, da Modena, Varese, dal Trentino e da altre zone. Qui non è come da noi che tengono sempre le vecchie macchine e sfruttano l'operaio più che possono. Qui ci sono tutti macchinari moderni ed anche la paga è buona: 4 franchi l'ora, ma lavoro a cottimo e posso prendere anche di più. E ci considerano molto più che da noi. Per esempio quando si lavora mi portano un disegno di un nuovo pezzo. Io lo guardo e dico « Io lo farei così ». Loro ascoltano e mi dicono solo se sbaglio o se c'è un metodo migliore per farlo, ma in caso contrario mi fanno fare a modo mio. Da noi invece ci portavano un disegno e ci dicevano: «Devi fare così e così ». Ed avevi voglia a dire che, magari, in un altro modo sarebbe venuto meglio! Non volevano intendere ragione; ci toccava fare a modo loro.
Poi, per quanto riguarda il macchinario, in Italia cercano sempre di utilizzare quello vecchio, che tante volte non funziona più e col quale é molto più difficile lavorare. Vede, per esempio, se devo fare un foro di una certa grandezza, qui ci sono tutti i ferri delle varie misure, e messi in ordine. Prendo quello segnato per la misura che mi occorre e sono sicuro che va bene, perché ogni tanto fanno il controllo e se è consumato lo cambiano. In Italia i[...]

[...] di utilizzare quello vecchio, che tante volte non funziona più e col quale é molto più difficile lavorare. Vede, per esempio, se devo fare un foro di una certa grandezza, qui ci sono tutti i ferri delle varie misure, e messi in ordine. Prendo quello segnato per la misura che mi occorre e sono sicuro che va bene, perché ogni tanto fanno il controllo e se è consumato lo cambiano. In Italia invece li lasciano sempre 11 e sempre tutti in disordine. Così, per fare lo stesso lavoro devo fare le prove finché non trovo il ferro adatto; si perde un sacco di tempo in più senza concludere niente. Inoltre molto spesso i dirigenti non sono capaci di organizzare bene il lavoro; per questo talvolta le nostre ditte vanno male e devono fare tutti quei licenziamenti. Dovrebbero venire qui ad imparare!
Perd, per quanto riguarda le assicurazioni sociali, la Svizzera é il paese
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dove ce n'è di meno. Per la Cassa Malattie, per esempio, ogni ditta ha la sua solo per l'operaio. Se si ammala qualcuno della famiglia non c'è niente. Oppure bi[...]

[...]irmò un patto con i padroni, qualche anno fa, dove si impegnavano a non farli. La chiamano « pace sindacale », la chiamano.
Io, una volta al giorno, mangio in un ristorante di fronte a casa mia. I padroni sono italiani ed hanno una buona cucina. L'altro pasto lo prendo invece alla mensa della fabbrica, é cucinato alla svizzera, non è molto buono, ma meglio che niente.
Per la camera ho avuto fortuna: pago solo 55 franchi al mese. Per una camera cosí chiedono, di solito, 100 franchi ed anche piú. Ma c'è il cimitero, qui davanti, per questo il prezzo è basso. Ma a me i morti non danno noia, stanno sempre zitti. Sembra che ci sia seppellito anche Calvino, che era protestante. Io però non l'ho sentito protestare mai!
Ogni tanto, nelle ore libere, mi metto a disegnare. Che vuole, è un passatempo! Tempo fa mi sono anche comprato un giradischi. Di dischi ne ho pochi ma spero di farmene di più. L'altro giorno, per caso, ho comprato la quinta di Bethoven. Cercavo il disco di una musica che avevo sentito in un film: il «Crepuscolo degli dei » di [...]

[...]sentito protestare mai!
Ogni tanto, nelle ore libere, mi metto a disegnare. Che vuole, è un passatempo! Tempo fa mi sono anche comprato un giradischi. Di dischi ne ho pochi ma spero di farmene di più. L'altro giorno, per caso, ho comprato la quinta di Bethoven. Cercavo il disco di una musica che avevo sentito in un film: il «Crepuscolo degli dei » di Wagner. Non ce l'avevano e mi hanno dato questo. Non l'avevo mai ascoltato, prima: è magnifico, così forte, mi prende tutto. E stata una vera rivelazione per me. Appena posso mi voglio comprare anche le altre sinfonie.
Mi piace molto anche il cinema. Sono iscritto al cine club universitario. Ultimamente hanno dato « La terra trema », di Visconti. Che film! L'ho rivisto tre volte e mi piace sempre di piú. È difficile capire il dialogo, con quel dialetto, ma come film è stupendo.
Leggo anche molto. Ora sto leggendo Proust: « Un amore di Swann »; scrive molto bene. Compro libri usati sulle bancherelle, oppure me li faccio prestare da amici che hanno delle buone biblioteche. Ora mi piacerebbe [...]

[...]ce. Creò un consiglio di gestione che era incaricato della direzione: era formato pariteticamente dai reppresentanti degli operai e da quella della direzione. Ne ho fatto parte per tre anni. Siccome i locali erano tutti distrutti occupammo una vecchia caserma. Si misero i primi macchinari che riuscimmo a trovare e iniziammo il lavoro. Allora al governo c'erano anche i socialcomunisti e l'ordine era di rimettere in piedi le fabbriche distrutte. E così facemmo. Il consiglio di gestione studiò varie possibilità di produzione e, dopo aver visto il pro e il contro, si decise per alcune di esse. Facemmo una motobicicletta che è stata la prima sul mercato del suo genere ed è andata piuttosto bene. Un telaio per calze, dei calibri ed altre cose. Eravamo 6000 operai e riuscimmo a mantenere il lavoro per tutti, anche se a quei tempi, secondo la legge, se non c'era lavoro per lui, l'operaio aveva diritto ugualmente a buona parte della paga. Ma c'era l'entusiasmo e tutti lavoravamo alla ricostruzione. Lo stesso è successo nelle altre fabbriche Breda [...]

[...]dizioni della fabbrica per poi permetterci, dopo qualche mese, di riassumere i licenziati.
Le cose sono andate avanti tosi fino a dopo il '48. Con la venuta di De Gasperi dell'America e la cacciata dal governo dei comunisti e dei socialisti, tutto è cambiato completamente. I consigli di gestione sono stati eliminati in tutte le industrie e, dopo poco, sono cominciati i licenziamenti e le riconversioni di molte industrie in produzioni di guerra. Così è successo pure da noi. Nel '49 ci sono stati i primi licenziamenti. Millecinquecento persone, tra cui tutti i partecipanti dei consigli di gestione e tutte le persone che più o meno erano state attive nella vita interna della fabbrica. Tra i licenziati c'erano 500 comunisti e 250 socialisti: una vera e propria epurazione politica. Noi decidemmo l'occupazione della fabbrica, continuammo pure a mandare avanti la produzione, finché c'era materiale all'interno, e solo un mese dopo circa ci decidemmo allo sgombero. Era venuto un intero reparto dell'Esercito e Polizia, con carri armati, cannoni, e[...]

[...]l '51 — continua il primo operaio —. Ora la Breda fa solo materiale da guerra per la NATO, proiettili e simili. La ditta dove lavoro attualmente seppe dei licenziamenti e come aveva bisogno di operai venne a cercarci. Fummo in cento assunti dalla mia ditta. Ci fecero la morale, ci dissero che ci davano del lavoro ma che ci si sarebbe dovuti comportare bene, che potevamo parlare di politica a casa nostra, ma che dentro la fabbrica era proibito, e così via. E venimmo a Ginevra. Prima del nostro arrivo c'era stata una questione per il nostro contratto. L'abbiamo saputo dopo. Qui la paga è fissata insieme dai rappresentanti del sindacato con quelli degli imprenditori, e con l'arbitraggio di un ufficio speciale dello Stato. Gli imprenditori volevano darci 20 centesimi l'ora meno del minimo sindacale, ma il sindacato si è opposto ed è riuscito a spuntarla. Così siamo entrati col minimo. Quando l'abbiamo saputo abbiamo pensato che era giusto partecipare anche noi alle lotte del sindacato e ci siamo iscritti.
Nei primi tempi il salario era buono, avevamo un cottimo discreto. Ma poi è stato cambiato e ora non si riesce più a restare nei tempi. Bisogna dire che è anche colpa degli operai; per guadagnare di più si sforzavano di fare 50 invece di 30 in un'ora. Visto questo la Ditta ha pensato di approfittarne. Ha ridotto i tempi e ora ci tocca fare 50 con la stessa paga con cui prima si faceva 30. E non ce la facciamo quasi piú.
Anche qui si costruisce [...]

[...], dello stesso cartello. Io sono amico di quello che rappresenta gli italiani in seno al sindacato, ma non lo lasciano parlare; solo una volta, per una questione importante, ha potuto parlare per quasi mezz'ora. Ma è raro; molti italiani, perché hanno alzato troppo la voce, sono stati rimandati in Italia con la scusa che facevano della politica. Il nostro sindacato, la FOMH, fa parte dei sindacati liberi. Qualche anno fa firmò, con i padroni, la cosiddetta «pace del lavoro». Si impegnava a non fare piú scioperi. Ma ebbe anche dei vantaggi, per). Per esempio fu allora che furono riconosciute legalmente le Commissioni interne. Gli italiani non ne possono far parte ma ci sono dei loro rappresentanti che sono consultati dalla commissione interna per questioni che li riguardano. Prima, nel nostro sindacato, c'erano anche dei membri del partito del lavoro. Ma dopo i fatti di Ungheria sono stati buttati fuori.
Sono sposato ma non ho bambini. Mia moglie vive qui con me. Ma queste sono questioni personali, non hanno importanza.
Uno dei problemi [...]

[...]o, c'erano anche dei membri del partito del lavoro. Ma dopo i fatti di Ungheria sono stati buttati fuori.
Sono sposato ma non ho bambini. Mia moglie vive qui con me. Ma queste sono questioni personali, non hanno importanza.
Uno dei problemi principali, per gli italiani che lavorano a Ginevra, è quello degli alloggi. Quando entriamo in Svizzera mettono sul permesso di soggiorno un timbro con scritto sopra: « non può affittare un appartamento ». Cosi siamo costretti a prenderli in subaffitto e si paga molto più caro. Oppure si prende una camera in qualche famiglia, ma spesso non vogliono i bambini e tosi molti italiani non possono richiamare i loro familiari. Nella mia ditta si sta un poco meglio perché lo Stato ha dato dei sussidi alle fabbriche per degli appartamenti a buon mercato per operai. A noi non li danno, non ne abbiamo diritto, ma spesso gli svizzeri che ci vanno ci lasciano le loro vecchie case. Ma altri italiani vivono ancora in baracche o in condizioni orribili.
Inoltre non possiamo cambiare lavoro. Anche questo è scritto s[...]

[...]orniamo a casa, senza lavoro. Oh non abbiamo lavorato anche noi! La ditta fa contratti ogni tre mesi, per prova, e poi per sei mesi, e se dopo non ha lavoro ti licenzia. Ultimamente volevano licenziare un certo numero di operai. Noi avevamo fatto uno studio dove si dimostrava che molti dei li
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cenziati avrebbero potuto ancora avere del lavoro. La commissione interna si è opposta ai licenziamenti facendo vedere questo studio. Cosi, quando c'è stata una riunione per discutere sui licenziamenti, i rappresentanti del governo che si interessano delle commesse alle ditte — c'è un ufficio apposito collegato al Ministero del lavoro — ci hanno dato ragione e hanno impedito una buona parte dei licenziamenti.
L'altro fatto che non va, per noi italiani, è quello della visita medica. Quando ci fanno entrare, ci fanno tanto di visita, per vedere se siamo sani. Ma quando si esce non fanno niente, e se ci siamo presi una malattia e cadiamo ammalati in Italia, la cassa malattie di qui non paga una lira. Specie per gli stagionali: mur[...]

[...]iani, è quello della visita medica. Quando ci fanno entrare, ci fanno tanto di visita, per vedere se siamo sani. Ma quando si esce non fanno niente, e se ci siamo presi una malattia e cadiamo ammalati in Italia, la cassa malattie di qui non paga una lira. Specie per gli stagionali: muratori, manovali, minatori, che ogni anno devono rientrare in Italia per qualche mese, questo fatto è gravissimo. Se prendono qualche malattia professionale, la silicosi, per esempio, per i minatori, e cadono ammalati in Italia, sono rovinati.
Quelli che lavorano nelle costruzioni, inoltre, se hanno famiglia in Italia, non hanno assegni familiari. E se hanno a carico i genitori o i fratelli gli tolgono pochissimo dalle tasse. Ma questo anche per le altre categorie.
Inoltre c'èé la questione della difesa militare. Perché a noi italiani ci tocca pagare per la difesa nazionale svizzera? I francesi hanno ottenuto di non farlo. Tempo fa, alla Cappella italiana, è venuto a parlare un nostro ministro. Quando ha finito, ho chiesto il contraddittorio e gli ho domand[...]

[...]itto. Sono loro che, quando i dirigenti dicono qualcosa, sono i più servili. Non pensano che a guadagnare di più e non gliene importa niente delle condizioni degli altri operai. Gli altri no, hanno invece una dignità. Ma quasi tutti noi pensiamo di ritornare in Italia. Siamo ancora italiani e speriamo che tra qualche anno le condizioni saranno cambiate e ci sarà lavoro anche per noi. Ci prepariamo per quel momento, non può mica continuare sempre così! ».



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte prima: Vita sfortunata di Ziu Marrosu Gangas vecchio orgolese in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]ede, fa. «Narami in chi abitas a ti naro chi ses» dice il proverbio. Non mi davano da mangiare se non me lo sapevo procurare da me. Ma è meglio che comincio a raccontare subito come ho dovuto arrangiarmi.

Una volta, insieme ad un altro ragazzo, di stato mio, abbiamo fame (non mangiavamo da qualche giorno); ci pensiamo un poco; e poi andiamo a trovarci qualche bestia. C’era chiusi in un muro vicino qualche agnello. Io da fuori metto le mani: e così ho preso le pelli.

Sento gridare: — O quello! Porca madonna!

E poi: — Ti possano ammazzare!

— Che c’è? Che c’è? — mi metto a dire spaventato.

Altro che agnello: era il padrone!

— Ti possano ammazzare!

— Pè, pè, pè, pè.

Sortono due uomini dall’ovile vicino, due compagni del padrone. E ci danno un sacco di botte. Che non si dice.

Un'altra volta (questa volta era di notte) vado a cercare qualche pecora : e me l’ero messa sulle spalle. In quel momento arriva il padro96

FRANCO CAGNETTA

ne, e salgo su un albero. «Mi pare che ci deve stare qualcheduno». Ed io zitto.
[...]

[...]o e se ne scappa. Anche due o tre che stavano lì, a dormire con lui, prendono il fucile che avevano e si mettono a scappare: erano carabinieri!

Con Corbeddu stavamo meglio. Ero più grande e mi aveva messo allora al Sopramonte. C’erano latitanti di Orgosolo, di Oliena, di Nuoro, di Orune. Ci avevo 25 latitanti. Tutto un gruppo.

Andiamo a fare le capanne. Un giorno sento gridi di maiale: era una volpe che si è presa un porcetto. Gli sparo: e così cade. A colpa di quell’accidente ecco un falco. Subito si mette a cadere per prendere

il porcetto. Tiro: e l’ho colpito. Vado per prenderlo dove era caduto, e il fucile l’ho messo da parte, vicino a un «presetu», ossia un buco nella pietra dove ci sta, per la pioggia, l’acqua. Tornavo e portavo quel falcone e quella volpe.

Porca puttana! Spunta un carabiniere.

Meno male che avevo nascosto il fucile. Stava con me il latitante Valuzza Giovanni, condannato a perpetua galera.

— Qui ci sono i cacciatori — dice il carabiniere. E vede il falcone e la volpe. — Me li date?

— Se li prend[...]

[...]di pelli che avevo addosso. Volto la testa e vedo un ragazzo.

— Porca puttana!

Torno a parlare e mi sento tirare due o tre volte.

— Tu sei matto!

Allora ho visto un signore discosto che sorrideva.

Porca madonna! ho avuto paura. «Chi sarà questo?».

Era il giudice istruttore: — Oh, stai qui? Come stai?

. — Bene.

« Che diavolo vorrà questo » mi ho pensato.

— Senti, tu devi avere pochi anni. Ma non ho mai trovato una pelle così dura.

Non mi fa niente. Mi convita a bere. E andiamo dentro. Allora ho bevuto, e ha pagato tutto lui.

— Senti, so che sei buon cacciatore. Se ci hai un cinghiale di 67 chili te lo compro.

— Bene, bene.

Mi imputano la prima volta per una rapina a Benetutti, il 1890, e vado da lui. Era il giudice CoiPodda.

— Sentite, mi è successo questo.

— Non ti preoccupare. Ti tiro io in due o tre giorni. (E così è stato). Piuttosto, combina qualche bella caccia di cinghiale. Al Sopramonte.

— Sapete — gli dico io — Ci sono latitanti.

— Non importa — dice lui.

La massima contentezza.

— State sicuro — dice — So che sta Corbeddu e sono stato a caccia due o tre volte con lui. Anche con Congiu di Oliena e qualche altro.

Vado a Corbeddu, lo dico, e facciamo allora una caccia. Hanno ammazzato due mufloni e sei sette cinghiali. Dopo ce l’abbiamo cotto uno sotto terra, al fuoco.

Gli ha detto a Corbeddu: — Tu sei un grande capocaccia!

Allora passa un cinghiale, gli ho tirato e quello è mort[...]

[...]tutti versava98

FRANCO CAGNETTA

tabacco, dinari, dicendo che quando veniva la combinazione, di scrivergli, perché amante di trovarsi a caccia.

Anche col Sindaco di Oliena abbiamo avuto di queste cacce. E una volta, rubate le pecore, viene lui e ci dice, tutto tranquillo:

— Vai a Mamoiada, va a tale casa. Gli porti queste pecore.

E ci danno vino, tabacco, munizioni. E quando ci ha visti ci ha detto :

— Prendete una pecora.

E così ce l’abbiamo mangiata subito, insieme.

Adesso vi dico la prima rapina grave che mi hanno imputato. Era la famosa rapina di Tortoli, il 1° ottobre 1899, in casa del fratello del vescovo De Pau di Lanusei, che duecento o trecento latitanti si presero tutto Toro, dieci casse, e sgozzarono un servo. Anche un latitante fu lasciato senza la testa e le mani, tagliate, per non farlo conov scere.

Io ero in età di soldato e vado a farlo. In fortezza al 28° artiglieria. Ho avuto fortuna e fatto due anni invece di tre, perché ho tirato un numero alto. Tornavo proprio il giorno prima di quella rapin[...]

[...] Bonomo Giovanni era tenente.

— Altro! Altro!

iINCHIESTA SU ORGOSOLO

99

Allora arrivo al capitano: — Frangieri scgnor ditto Comandante del 28° Artiglieria di Porterra.

— Come? Come?

— Porca madonna!

— Beh, che Fè? L’è questo.

— Adesso vi do due schiaffi. ,

— A me non mi date schiaffi. Proprio niente.

Pum! pum! pum! : campanello.

— Le guardie! Prendete a quello!

Era arrabbiato.

— Che avete fatto Ganga?

Così così. Mi ha detto di dire i nomi di con chi stavo il 1° ottobre e ho detto i nomi del battaglione.

Mi portano in cella.

— Guarda bene come parli — dice il carceriere.

— QuelFuomo è pazzo. Ho detto il vero!

— Bene, bene.

Viene il sottogiudice: — Permesso?

— Avanti.

Si parla bene. Gli spiego la cosa. E c’era anche il mio parente scrivanello.

— Il primo ottobre ero a caserma S. Giustino, Bologna. Se volete tre o quattro lire per fare un telegramma le pago io.

— Basta, basta!

Fanno il telegramma e risulta Gangas Antonio fu Giovanni Antonio partito il giorno tale. Tor[...]



da Natalia Ginzburg, Le piccole virtù in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]che cerchiamo di rammentare e imitare, nei rapporti coi nostri figli, i modi tenuti dai nostri genitori con noi. Quello della nostra giovinezza e infanzia non era un tempo di piccole virtù: era un tempo di forti e sonore parole, che però a poco a poco perdevano la loro sostanza. Ora é un tempo di parole sommesse e frigide, di sotto alle quali forse riaffiora il desiderio d'una riconquista. Ma é un desiderio timido, e pieno di paura del ridicolo. Così ci rivestiamo di prudenza e d'astuzia. I nostri genitori non conoscevano né prudenza, né astuzia; non conoscevano la paura del ridicolo; erano inconseguenti e incoerenti, ma non se ne accorgevano mai; si contraddicevano di continuo, ma non ammettevano mai d'essersi contraddetti. Usavano con noi un'autorità, che noi saremmo del tutto incapaci di usare. Forti dei loro prìncipi, che credevano indistruttibili, regnavano con potere assoluto su di noi. Ci assordavano di parole tuonanti; un dialogo non era possibile, perché appena sospettavano d'aver torto ci ordinavano di tacere; battevano il pugno[...]

[...]durre, giorno per giorno, il denaro nella fessura; s'abituano al denaro custodito là dentro, che là, nel segreto e nel buio, cresce come un seme nel grembo della terra; s'affezionano al denaro, dapprima con innocenza, come ci s'affeziona a tutte le cose che crescono grazie al nostro zelo, pianticelle o bestiole; e sempre vagheggiando quel costoso oggetto visto in una vetrina, e che sarà possibile comperare, come noi gli abbiamo detto, col denaro così risparmiato. Quando infine il salvadanaio viene infranto e il danaro speso, i ra
1
4 NATALIA GINZBUI{G
gazzi si sentono soli e delusi: non c'è più il denaro nella stanza, custodito nel ventre della mela, e non c'è più nemmeno la rossa mela: c'è invece un oggetto a lungo vagheggiato in vetrina, e di cui noi gli abbiamo vantato l'importanza e il pregio: ma che ora, nella stanza, sembra grigio e disadorno, appassito dopo tanta attesa e dopo tanto denaro. Di questa delusione i ragazzi non incolperanno il denaro, ma l'oggetto stesso: perché il denaro perduto conserva, nella memoria, tutte le su[...]

[...] male che abbiano sofferto una delusione; è male che si sentano soli senza la compagnia del denaro.
Non dovremmo insegnare a risparmiare: dovremmo abituare a spendere. Dovremo dare spesso ai ragazzi un po' di denaro, piccole somme senza importanza, sollecitandoli a spenderle subito e come gli piace, seguendo un momentaneo capriccio: i ragazzi compreranno qualche minutaglia, che dimenticheranno subito, come dimenticheranno subito il denaro speso così in fretta e senza riflettere, e al quale non si sono affezionati. Trovandosi fra le mani quelle minutaglie, che saranno subito rotte, i ragazzi rimarranno un po' delusi, ma dimenticheranno rapidamente sia quella delusione e le minutaglie, sia il denaro; anzi associeranno il denaro a qualcosa di momentaneo e di stupido; e penseranno che il denaro è stupido, come è giusto nell'infanzia pensare.
E giusto che i ragazzi vivano, nei primi anni della loro vita, ignorando che cos'è il denaro. A volte questo è impossibile, se siamo troppo poveri; e a volte è difficile, perché siamo troppo ricchi. Tut[...]

[...] e penseranno che il denaro è stupido, come è giusto nell'infanzia pensare.
E giusto che i ragazzi vivano, nei primi anni della loro vita, ignorando che cos'è il denaro. A volte questo è impossibile, se siamo troppo poveri; e a volte è difficile, perché siamo troppo ricchi. Tuttavia quando siamo molto poveri, quando il denaro è strettamente legato a un fatto di sopravvivenza quotidiana, a una questione di vita o di morte, allora esso si traduce così immediatamente agli occhi d'un bambino in cibo, carbone o panni, che non ha il modo di guastargli lo spirito. Ma se siamo così così, né ricchi né poveri, non è difficile lasciare che un ragazzo viva, nell'infanzia, senza saper bene che cos'è il denaro e senza curarsene affatto. E tuttavia è necessario, non troppo presto e non troppo tardi, spez
f i
LE PICCOLE VIRTÙ 5
zare questa ignoranza: e se abbiamo delle difficoltà economiche, è necessario che i nostri figli, non troppo presto e non troppo tardi, ne siano messi al corrente; così come è giusto che a un certo punto dividano con noi le nostre preoccupazioni, e le nostre ragioni di contentezza, e i nostri progetti, e tutto quanto concerne la vita famigliare. E abi[...]



da Franco Lucentini, La porta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]ai? ».
« No, ho fatto l'analisi » disse seguitando a camminare. « Dice che
sono guarita bene ».
Camminava svelta sui tacchi alti, saltando le pozzanghere. Ogni
tanto rallentava davanti a una vetrina.
« Penso se mi sono scordata di comprare niente » disse.
« Possiamo vedere quando stiamo là » dissi. « Caso mai te lo vado
a comprare io ».
« A proposito » dissi, « ti volevo comprare qualche cosa, ma questi
giorni ci ho avuto delle spese... così non ho potuto ».
« Qualche cosa? » disse Adriana. « Che cosa? Un regalo? ».
« Beh, si » dissi. « Ma sai, le spese... ».
« Che spese? » disse. « Mi pare che é da parecchio che stai senza
soldi ».
« Beh, come ti pare » dissi. « Comunque bene o male tiro avanti,
non ti preoccupare ».
«Franco» disse.
Le caddi quasi addosso, inciampando nella valigia, perché s'era fer
mata all'improvviso.
« Ci prendiamo un caffè? » disse. « Aspettiamo dentro che spiove ».
Entrammo in una latteria vicino al Pantheon. Dentro c'erano un
82 FRANCO LUCENTINI
altro paio di coppie; gli uomini guardarono Adri[...]

[...]a voglia di andare attorno. In tre anni mi può bene tornare ».
«In ogni modo» dissi, «puoi sempre uscire prima. A un certo punto, se non ti va più, non ti sforzare ».
Mia sorella rise, poi diventò seria. Poi rise ancora.
« Senti » disse, « se mi ammazzavo, non l'avrei fatto col permanganato. Lo sai come succede. Dopo uno s'affaccia alla finestra, strilla: "Ho preso il permanganato, la varecchina", gli fanno la lavanda gastrica. Mica decoroso. Così, qui é lo stesso. Non é che dopo una settimana, un mese, posso riuscire fuori, tornare tra quelli di sopra: "Rieccomi qua". Qui se ci sto é perché ci devo stare, perché mi tocca starci, perché non potrò uscire. Capisci? ».
« Non tanto » dissi. « Perché non potrai uscire? ».
Cominciò a sfilarsi l'altra calza.
« Perché là in fondo, vedi? » disse indicando il vano della scala, dall'altra parte della cantina. « Là c'é un'altra porta, come quella che dà sul cortile, e chiude la scala in basso. Si pub chiudere a chiave anche quella. Quando saranno chiuse tutte e due potrò pure urlare, nessuno se[...]

[...]accanto al tavolo, e mi dette un bacio sulla faccia.
«Tu sei sempre acuto» disse ridendo, «capisci tutto. Ma pensi sempre troppo a te, sei un pochetto presuntuoso, e allora qualche volta capisci tutto, ma non capisci il resto ».
« Che vuoi dire? » dissi smontato. Lei rideva, era molto bella, e si vedeva chiaro che in quel momenta se ne fregava di me, ci aveva qualche altra cosa che l'interessava. Non era la prima volta che ci facevo una figura così con una donna.
« Come sei caro! » disse tenendomi abbracciato. « Come , ti voglio bene! ».
« Adesso ti spiego » disse. « Tu hai capito bene, hai capita che non bastava. Non ti sbagli mai, tu! È vero che ci ho la grande passione, la grande speranza. Ma non sei tu. Pianterei ancora tutto, per te, ma quello che aspetto qui dentro non sei tu. Io pure, la commedia me la faccio da sola, non credere che sono tanto cretina. Anzi me la volevo fare tanto da sola che non volevo nemmeno starti a spiegare, perché tu non credessi che ti ci volevo tirare dentro ».
«Vedi come ti sei sbagliato? E perché no[...]

[...]e, tornai ad appoggiarmi al tavolo.
Fumò senza parlare. Restò a guardare il soffitto.
« Tu lo sai il sentimento che ci ho per .te » disse.
« Si » dissi. « Non é una cosa nuova ».
E non è solo_ quello » disse. c< Ci sono altre cose, che sento. Un mucchio di cose, non ti saprei dire precisamente. Se fosse diverso, se fosse una vita diversa, sono cose che si potrebbero ordinare... ci potremmo fare una figura decente, pulita. Ma c'é andata male. Così come stiamo, tutte queste cose... fanno solo un vomitò, in gola. Così come stiamo, tutto sarebbe megliq di questo vomito, di questo disordine. Se ci fosse una cosa sola, qualunque cosa, che mandasse via tutto il resto, che non desse tempo di sentire niente altro, che spazzasse via tutto... ».
« La grande passione » dissi.
« Che ci vuoi fare » disse. « Sono una povera puttana, no? ».
Si girò sul letto per schiacciare la sigaretta nel portacenere, sullo sgabello accanto a lei. Mi sorrise con un sorriso sforzato, sembrò che volesse cambiare argomento.
« Lo sai che sono abbastanza paurosa » disse. cc Non credi che potrei avere paura, qui dentro? ».
« Ma certo [...]

[...]orella mi guardava, aspettava che dicessi qualche cosa, che protestassi.
Mi alzai e cominciai a camminare per la cantina, guardando le scritte sulle casse dei viveri: «Army Ration C »; « Evaporated Milk »; « Safety Matches »; « Cocoa »; « Army Ration C »; « Army Ration C ».
LA PORTA 91

Due volte mi fermai davanti alla porta e guardai in basso. Non si
vedeva niente, veniva un odore di muffa e fango.
Tornai da lei, mi sedetti sul letto.
« Così la grande passione era questa? » dissi. « La paura? Quello
che deve spazzare via tutto, ripulire tutto, é la paura? ».
« Non ho trovato altro » disse. « Io non ho saputo trovare altro ».
Mi prese una mano e la carezzava, poi la lasciò.
«Non credi che ce ne sia abbastanza di sopra, di paura? » dissi.
« Ma é sporca » disse. « È diversa. Quella che aspetto qui é un'altra ».
Lei aspettava la paura bianca, assoluta. Ce l'aveva già sulla pelle.
«Non so che dire » dissi. « Per il gusto mio é un po' forte. Mi sem
bra pure un po' inutile. Non capisco che cosa speri».
« Spero una cosa » disse.[...]

[...] sulla pelle.
«Non so che dire » dissi. « Per il gusto mio é un po' forte. Mi sem
bra pure un po' inutile. Non capisco che cosa speri».
« Spero una cosa » disse. « Aspetto qualche cosa ».
« Ma che cosa? » dissi.
« Qualcuno » disse.
« Come? ».
« Aspetto qualcuno » disse.
« Ma tu mi vuoi fare diventare scemo » dissi. « Che é adesso que
sta novità? Chi aspetti? ».
« Oddìo » si lamentò, « non ti posso spiegare, non te lo so spiegare.
Sono così stanca. Stanotte non ho dormito per niente. Vorrei dormire ».
«Oh! e dormi! » dissi. «Mettiti a letto e fatti una bella dormita.
Dopo discorriamo ».
« Perché vedi» disse, « io credo che lá sotto... ».
(( Niente, niente» dissi, «adesso non voglio sapere niente. Mettiti
a letto e dormi. Ci abbiamo tutto il tempo per discorrere dopo. Va be
ne? Ti metti a letto? ».
«Va bene» sorrise, sollevandosi sui gomiti. «Mi fai alzare? ».
Mi tolsi dal letto perché potesse mettere giù le gambe, l'aiutai ad
alzarsi.
« Come sono stanca! » disse, cominciando a spogliarsi. Sistemò la
giacca e la camice[...]

[...] spalancati e la bocca aperta. Poi chiuse gli occhi, li riaprì.
« Oddio » disse, « m'ero sognata... ».
Mi misi seduto sul letto e la sollevai per le spalle, cercando un altro cuscino da metterle dietro la testa.
« Aspetta » dissi, « ti prendo un altro cuscino, ti porto qualche cosa da bere ».
«No» disse, «stai qui. Stai qui ».
« Sto qui » dissi. « Non avere paura ».
La tenevo stretta contro il petto e la sentivo che tremava.
« Appòggiati così » dissi, sistemandola con la testa e le spalle appoggiate a me. «Non avere paura ».
Seguitava a tremare. Ogni tanto pareva che si calmasse, poi all'improvviso tremava più forte.
«Mi sono sognata...» disse.
«Non parlare» dissi, «stai calma. Adesso stai calma, tesoro, non parlare».
La camicia le era scesa dalle spalle, la ricoprii. .Le carezzavo le braccia, i capelli, il viso. Masse una mano sulla coperta, cercando la mia. Prendendole la mano pensai a tutta la vita che aveva fatto, alla vita che avevo fatto io. Alla vita che facevamo tutti. Le tenni la mano stretta, senza parlare, mentre le[...]

[...]o... Qualcuno che deve entrare...».
« Qualcuno che deve entrare da quella porta? » dissi.
(' Si » disse.
« Ma se là sotto è chiuso » dissi, « se è tutto chiuso. Non l'hai detto
tu che é chiuso? ».
« Si » disse.
« E allora, se é chiuso, chi deve venire! O forse credi che ci sia
già? È qualcuno che ci sta già, là sotto? ».
« Non so » disse. « Non credo che ci sia già ».
« Ma allora chi è? Come può venire? E un mostro? ».
« Si » disse. « Così. Più o meno. Sai, in tre anni, credo che mi
verrà una paura così grande... aspetterò così forte... che qualcuno dovrà
venire, anche se non c'è nessuno, adesso ».
« Uh » dissi baciandola, « scema! ».
« Cosi » dissi, « quando torno, ti trovo a letto con un orribile mo
stro, e magari madre di qualche mostricciattolo ».
Mi guardò ridendo.
96
FRANCO LUCENTINI

« Tu sei sempre cosh » rise. « Con te non si pub parlare. Perché poi dovrebbe essere orribile? Potrebbe essere un bellissimo giovane! ». Giusto » dissi. « Ma allora a che ti serve che sia uno spettro, un mostro? Non ne puoi trovare uno che non é mostro, senza stare a girare tanto? Senza..., senza stare a... aspettare tanto? ».
Seguitò a ridere e risi io pure, ma ridevo stonato. Lei . se ne accorse e non rise piú. Voltò piano la fa[...]

[...] più tanto sicuro. Credo che ci avevi
104 FRANCO LUCENTINI
ragione quando dicevi del coraggio, che nessuno ce l'ha. Credo che tu ce l'hai avuto, e pure se sei tornata ce l'hai avuto lo stesso. Credo che se qualcuno si merita qualche cosa, sei tu. Adesso solo ho capito quello che volevi dire, col fatto del mostro. Ma se per te qualcuno verrà, non sarà perché avrai avuto paura. Sara. perché sei come io non t'ho saputo vedere in tempo, perché sei così calma e gentile, così leggera, così an gelo. Oramai, per volerti bene da vicino é tardi. Tu, oramai, per me non ci puoi avere che pieta. Io non so che farò, ma non m'importa. Di averti incontrata a te, un momento, mi deve bastare ».
Ci vollero altri tre mesi prima che trovassero quello che aveva sistemato il pederasta. Anzi, pare che non era nemmeno sicuro che era quello, ma a me in ogni modo pensarono di darmi il cambio, visto che c'ero stato quasi un anno. Mi dettero il foglio di via e mi misero sul treno. « Stai attento a non tornare » dissero. « Hai visto che succede a tornare. E puoi essere contento che t'é andata bene »[...]

[...]a lettera mia per Adriana? » dissi.
« No » disse. « Ma perché ti cercano, che hai fatto? ».
« Niente » dissi, « é per quella faccenda della residenza. Per adesso resto qui, ma bisogna stare attenti al portiere ».
Restai a letto una settimana, per vedere di farmi passare la febbre. Ogni volta che suonavano il campanello saltavo. Non avevo paura che fossero i poliziotti, pensavo che poteva essere Adriana. Perché poi la cosa, adesso, non era più così spirituale come s'era messa al principio. Adesso me la sognavo, la notte, che ci stavo a letto. Il giorno ci ripensavo. Tutto il giorno e la notte, alla fine, ci stavo a pensare. Ma c'erano di mezzo quelle due porte chiuse. Poi, non sapevo nemmeno se lei stesse ancora là dentro. Poteva essere che se ne fosse andata, senza tornare .a casa. Poteva essere capitata qualche altra cosa.
Non aspettai che la febbre mi fosse passata. Mi alzai una sera verso
LA PORTA 105
le sei, andai in cucina a farmi la barba. Ci avevo le gambe deboli, ma la testa non mi faceva male, anzi mi sentivo leggero.
« Ch[...]

[...]hé non aveva cominciato a piovere. Adesso stavo riparato sotto il portone e guardavo il selciato bagnato, la gente che passava con gli ombrelli. Di fronte al portone c'era una macelleria, si vedevano i manzi appesi, la segatura per terra, una che stava alla cassa e ogni tanto rispondeva al telefono. Più in lá c'era una latteria, usci una ragazza in grembiule, senza ombrello e corse rasente al muro fino alla macelleria. Aveva cominciato a piovere così forte che le gocce rimbalzavano dentro al portone; mi tirai più indietro. Attraverso l'acqua, il negozio di fronte non si vedeva quasi piú, la ragazza stava sulla porta
106 FRANCO LUCENTINI
aspettando che la pioggia rallentasse. Poi traversò la strada di corsa, infilò a testa bassa il portone, si fermò di colpo.
« Sei tu! » disse.
Restai a guardarla nel buio del portone, senza potere parlare. Pareva dimagrita e ci aveva tutti i capelli bagnati, incollati alla faccia.
« Sei tu » disse. « Come stai? Franco. Che... Come stai, tu? Franco? Eh... Bene. Io... Franco ».
Portava un grembiule bia[...]

[...] a me.
«Amore mio» dissi, ma la voce non suonò.
«Adriana» dissi, e le presi una mano, ma lei la ritirò.
« T'avevo mandato una lettera » dissi. « Una lettera dove ti dicevo che io, adesso... ti volevo bene, ma tu... Credevo che tu» dicevo, adesso invece non era più come... Era finito.
Guardava sempre il muro, aggiustando la carta bagnata del pacchetto, che si rompeva.
« Si » disse. « È finito ».
« Ho freddo » disse. « Ero uscita un momento, così in grembiule... ». « Così» dissi, « adesso esci? Non stai più sempre lá sotto? ».
« Ero andata a comprare qualche ovo » disse. « Quelle fresche sono meglio di quelle in polvere che ci ho giù ».
« Io ero venuto l'altro ieri » dissi. « Ho bussato ma non hai sentito ». « Ma andiamo giù » dissi. « Non prendere freddo ».
« È che giù... » disse.
LA PORTA 107
Girava nelle mani il pacchetto delle uova, pareva imbarazzata.
« È che giù ci ho gente » disse. « Non so... Se vuoi venire... ».
Mi appoggiai al muro.
« Chi ci hai? Uno? » dissi.
« No » disse. « Sai, qualcuno, delle conoscenze. È venuto un ame
ricano... No, no[...]

[...]elle conoscenze. È venuto un ame
ricano... No, non per quello che pensi tu... Non lo faccio più, adesso.
Ma poi ci ho una donna che fa la pulizia, mi lava un po' di roba, e c'è
qualche altra persona, si sta un po' a parlare... ».
« Per me » dissi, « anche se ci hai un americano... posso venire giù
un momenta... Stiamo un po' a sedere... ».
Si avviò per la scala della cantina, dove adesso ci avevano messo un
lume. Io scesi dietro a lei.
« Così la porta... » dissi. « Quello che doveva entrare...? ».
« Ah..., ah, niente » disse. « Niente ».
L'americano era un sergente inglese, la stava aspettando in fondo
alla scala.
« Allò » disse.
« Giò » disse mia sorella, « questo si chiama Franco, é un amico ».
«Amico» disse l'americano.
Altri quattro o cinque stavano seduti al tavolo in fondo. Una donna
stava lavorando al fornello, ci venne incontro e prese il pacchetto delle
uova.
« Questo é un amico » disse mia sorella a quelli che stavano in
torno al tavolo.
« Piacere » dissi.
« Ah, piacere! » dissi quando vidi che uno era un pr[...]

[...]come era dimagrita, come era ridotta, con gli occhi annebbiati e la pelle della faccia senza colore. I capelli pare
LA PORTA 109
vano grigi, la voce non si riconosceva più. La paura doveva essere cresciuta, lá sotto, mentre lei non se ne accorgeva. Doveva essere salita su da quel pozzo mentre lei credeva ancora di resisterci, di potersi difendere. Poi doveva averla presa all'improvviso e sbattuta, sfasciata del tutto. M'ero immaginato una cosa così fino dal principio. Ma non m'ero immaginato che lei al momento dello sfascio avrebbe chiamato il prete... Il prete e quegli altri... Adesso ci stava in mezzo. Lei, che per quanto avesse fatto e girato, in una merda simile non c'era stata mai.
« Adriana », dissi carezzandola. « È stata la paura, no? E per la paura che stai crisi? Che ti sei ridotta a stare con quelli? ».
« Perché? » disse. « Che ci hanno, quelli? ».
« Non sono come gli altri? » disse.
« Come gli altri? » dissi. « Come gli altri? Si. Si, ma...».
« Tu ci hai di meglio? » disse. « Conosci qualcuno meglio, da mandarmelo qua? [...]

[...]richiusa? ».
« Non vengo » disse. « Sai, qui o là é uguale... qui mi dànno da mangiare, da dormire... Non vengo ».
« Ah, ti dànno da mangiare!» dissi.
« Si » disse. « Certo che... Beh, loro lo sai come sono... Prima mangiavo a tavola, fino a poco tempo fa. Adesso mi devo mettere in fila pure io, per il latte. Ma tanto che gli fa, no? ».
« Si» dissi. « Adesso però senti, amore, vieni un momento su. Vieni, tesoro, andiamo un momento da... Stai così magra, sbattuta... Ti
LA PORTA 113
vorrei portare da un medico, uno che conosco... Ti vorrei fare vedere... ». « No » disse. « Non importa... Non m'importa... Non m'importa più di niente... Ci avevo sperato, sai?... Adesso é finito, tutto... Ci avevo sperato sul serio, tanto tempo, che di .là sotto... ».
Restò con la galletta inzuppata che le sgocciolava sul grembiule, già pieno di macchie, a guardare fisso un punto dietro a me. Mi voltai e vidi che guardava la porta del pozzo, in mezzo alla parete di fronte.
« Adriana » dissi, « amore mio, vieni via. Adesso non pensare più a... Non pensa[...]



da Tibor Mende, Riflessioni in margine agli avvenimenti indonesiani in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]nque, la minima idea sulle dimensioni della preziosa cintura. Per essere più precisi, essa é composta di almeno tremila smeraldi. Circa un terzo sono disabitati. Uno, Borneo, è vasto quanto la Francia. Sumatra ha quasi la superficie della Spagna. E via via essi diventano sempre più piccoli, fino alle centinaia di minuscoli frammenti di giungla sparsi qua e là dal cataclisma preistorico che ridusse in frantumi la penisola più orientale dell'Asia. Così, tutti gli smeraldi messi insieme fanno una superficie che è circa sessanta volte quella dell'Olanda, il paese che li governava.
Estendendosi da Singapore alle Filippine verso Nord, e fino ai margini dell'Australia verso Sud, questo arcipelago senza frontiere, immensamente vario, lungo 5000 chilometri, é il quinto tra i paesi più popolosi del mondo, con più di 80 milioni di abitanti. Fatta eccezione per gli Stati Uniti, il Canadà e forse il. Brasile, nessun altro paese é benedetto da una maggiore abbondanza di ricchezze naturali. Se la sua superficie fosse sovrapposta alla car
RIFLESSIONI I[...]

[...]he confronto nei gradi più bassi dell'istruzione. Nel 1926, in una popolazione circa cinque volte più numerosa di quella Indonesiana, il numero di Indiani che studiavano nelle scuole superiori era mille volte più alto che in Indonesia: 1.716.000 in India, contra 1786 in Indonesia quattordici anni dopo. Quando, nel 1926, la prima ed unica Università Indonesiana aveva solo sette anni, già 87.600 Indiani studiavano in collegi tecnici e Università.
Così, quando gli Olandesi furono costretti a rinunciare alla loro sovranità su ciò che un tempo costituiva le Indie Orientali Olandesi, essi lasciarono una popolazione_ di 70 milioni con meno di 850 medici e meno di 4000 individui con istruzione universitaria ad affrontare i problemi di amministrazione di uno dei paesi geograficamente più complicati del mondo.
Prima ancora di immaginare come una popolazione priva di esperienza, con una minoranza così inadeguata di persone istruite, potesse cercare di creare l'ordine dal caos lasciato da tre anni di occupazione Giapponese, seguiti da più di tre anni di distruttiva guerriglia, é meglio rivolgere l'attenzione al secondo maggior problema dell'Indonesia: le forze centrifughe nascenti dalla sua particolare situazione geografica.
Infatti, la storia e la diversa densità della popolazione hanno creato due Indonesie. Una, il centro vero e proprio, é l'isola di Giava. Essa é occupata dal 65% di tutti gli Indonesiani — circa 54 milioni di persone, il cui numero aumenta ogni anno di un altro milione [...]

[...] forza attraverso la convinzione che. « mantenendo » il livello di vita di Giava, essi venivano privati di vantaggi che le ricchezze naturali o esportabili della loro regione
o isola avrebbero potuto fornire. Logicamente, una volta rimossa
RIFLESSIONI IN MARGINE AGLI AVVENIMENTI INDONESIANI 61
l'autorità olandese, queste forze centrifughe avrebbero chiesto una autorità federale meno forte, che lasciasse alle « altre isole » la loro autonomia. Così, durante la guerra contro i guerriglieri Indonesia
ni, l'Olanda cosa comprensibilissima — incoraggiò le tendenze
separatiste, di modo che il Governo dell'Indonesia indipendente si vide costretto ad esercitare una autorità centrale anche più forte per contrastare queste tendenze. E il forte « Stato Unitario », sotto ,l'influenza del capo del movimento di indipendenza, il Presidente Sukarno stesso, non fece che accentuare la rivolta regionale contro la preminenza accentratrice e « parassitica » dell'inesperta Giava.
Fin dal principio questa resistenza assunse una forma militare. La più impor[...]

[...]ne rivoluzionaria. Per di più, l'assoluta opposizione agli esperimenti, tipo quello Indonesiano, tendenti a rafforzare il potere esecutivo, può essere, ed è in realtà, interpretata in Asia come una preferenza dell'Occidente per le strutture democratiche inefficienti e superficiali che — secondo questa inter
66 TIBOR MENDE
pretazione — rendono relativamente facili gli interventi economici da parte di imprenditori o uomini politici occidentali.
Cosi, mentre una grossa parte dell'opinione pubblica Indonesiana era sinceramente contraria all'« idea » del Presidente Sukarno, era relativamente facile convincere l'altra parte, altrettanto grossa e anticolonialista che tale opposizione non era che l'espressione di interessi personali da parte di stabili posizioni occidentali.
***
Sulla sfondo particolare dell'opposizione latente fra l'Indonesia « affollata » e quella « vuota », le discussioni per la formazione del Consiglio Nazionale non potevano fare a meno di rafforzare la rivalità tra la « sinistroide » Giava e le altre isole « conservatri[...]

[...]n ha nulla in comune con gli indonesiani. Non è necessario essere un antropologo per comprendere che i Papuani hanno, dal punto di vista razziale, anche minori affinità con gli olandesi. Inoltre, la popolazione della Nuova Guinea aveva legami storici con le isole dell'Indonesia molto prima che il colonialismo olandese comparisse sulla scena. Naturalmente né l'Olanda, né l'Australia hanno potuto sfruttare le presunte ricchezze della Nuova Guinea. Così gli argomenti si riferiscono a posizioni formali che non hanno nulla a che vedere con la situazione reale. Il fatto che l'Australia, durante i periodici dibattiti dell' ONU sul problema abbia opposto il veto formale all'estensione della sovranità Indonesiana in prossimità delle sue coste, è a mala pena menzionato.
Nel frattempo, il Ministro degli Esteri olandese, sul suo annuario del 195253, ha silenziosamente trasportato la Nuova Guinea Occidentale (ora ribattezzata dagli indonesiani « Western Irian ») nella colonna dei possedimenti olandesi d'oltre mare. Questa ha immediatamente provocato [...]

[...]. Aggiunsero che essi non avrebbero riconosciuto alcun obbligo contratto dall'Olanda a nome dell'Irian Occidentale.
RIFLESSIONI IN MARGINE AGLI AVVENIMENTI INDONESIANI 69
Per rendere le cose ancora più drammatiche, gli olandesi accusarono gli indonesiani di avere sbarcato nell'Irian, già nel settembre del 1953, bande di guerriglieri. Dal canto loro, le autorità indonesiane dichiararono immediatamente che la cosa era assolutamente «inventata ». Cosi le cose andavano avanti, punteggiate da periodiche proteste e dibattiti dell' ONU, ma senza alcun progresso per quanto riguardava l'avvenire della metà olandese dell'isola.
Nell'autunno del 1957, ancora una volta la questione tornò all'esame delle Nazioni Unite e, questa volta, gli indonesiani fecero capire che si aspettavano che l'opinione pubblica mondiale prendesse posizione sull'argomento, altrimenti essi avrebbero cercato di imporsi agli olandesi con la forza. La loro pretesa non si basava su ragioni antiche, ma sui diritti legali che erano stati espressi nell'accordo della Tavola Roton[...]

[...]l'indipendenza indanesiana.
Nel novembre del 1957, il Comitato Politico delle Nazioni Unite approvò con una notevole maggioranza una proposta che in vitava l'Indonesia e l'Olanda a trattare la futura condizione dell'Irian Occidentale con l'assistenza di Hammerskjold. Quando la proposta giunse all"Assemblea Generale ottenne di nuovo una maggioranza di 41 voti contro 29, ma per passare all'Assemblea aveva bisogno di una maggioranza dei due terzi. Così l'Indonesia non ebbe soddisfazione. L'Inghilterra e la maggior parte dell'Europa occidentale votarono contro la proposta. Gli Stati Uniti si astennero.
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Il dibattito fu preceduto e accompagnato in Indonesia da una violenta propaganda antiolandese, comprese minacce contro gli interessi olandesi, se 1' ONU non avesse sostenuto la richiesta, giuridicamente giustificata, dell'Indonesia. Quando l'insuccesso dell' ONU divenne noto, le passioni antiolandesi si scatenarono. A Giacarta e a Surabaya vi furono delle dimostrazioni di massa ben organizzate. Un'immagine che rappresentava l'[...]

[...]gli avvenimenti militari, essi erano piuttosto confusi e osservatori dalla vicina Singapore inviarono descrizioni contraddittorie. Sembra comunque che le forze governative abbiano inflitto gravi perdite ai ribelli, forniti solo di armi leggere e il cui numero oscillava tra i 5000 e gli 8000, costringendoli ad abbandonare le loro forti posizioni cittadine e a prepararsi per la guerriglia nell'adattissima regione montagnosa del centro di Sumatra.
Così, nell'aprile del 1958, é tuttora impossibile dire se il Governo dei ribelli finirà col confondersi con la lunga serie di movimenti di insurrezione, senza aver messo seriamente in pericolo il
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Governo di Giacarta, o se, con aiuti stranieri, riuscirà alla fine ad incrinare il potere politico ed economico del regime centrale e a portare qualche cambiamento nell'orientamento politico del Governo indonesiano.
A giudicare dal tono della stampa americana e inglese, sia Londra che Washington guardavano il Governo dei ribelli con una certa simpatia e, benché impreparate ad aiutarlo ap[...]

[...]Giappone vede nell'Indonesia la regione nella quale può trovare le materie prime (ed eventualmente anche i mercati) che prima gli erano fornite dalle sue stesse colonie (Formosa, la Corea e la Manciuria). Da un po' di tempo in qua, il Giappone segue una politica di pacifica penetrazione in Indonesia e, per cancellare nel paese il ricordo della sua occupazione, cerca di mettersi dalla parte dei p polari sentimenti antioccidentali e anticoloniali. Così, se l'Occi dente non vede ancora chiaramente i pericoli di un intervento suscettibile di essere interpretato come una forma modificata di imperialismo, i_ giapponesi, al contrario, li vedono. E sembra che il loro atteggiamento abbia avuto un'influenza decisiva sulle segrete conversazioni di Manila.
Benché sembra che alcuni bimotori abbiano paracadutato armi al Governo ribelle di Sumatra (probabilmente venivano da Formosa), per il momento un aperto intervento é stato evitato. Navi sovietiche davanti a Singapore osservano i movimenti dei loro avversari Occidentali. Nei limiti di un accordo di [...]

[...]esiana può ancora impantanarsi nella giungla di Sumatra, con Giacarta capace di controllarla militarmente, ma probabilmente incapace di darle il colpo mortale. Per sopravvivere, i ribelli dovrebbero dar prova di essere in grado di condurre una guerriglia per lungo tempo. Altrimenti essi possono allearsi con i vari altri ribelli
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già esistenti nelle altre isole — per lo più appartenenti ai movimenti musulmani ortodossi — e perdere così ogni pretesa alla simpatia degli elementi più illuminati sia dentro che fuori l'Indonesia.
Le sorprese non sono escluse. I capi militari ribelli potrebbero volerli trascinare tutti nella lotta insieme agli altri oppositori del governo, oppure rivoltarsi contro di essi e aderire al richiamo di Giacarta di unirsi contro ciò che viene chiamato, l'intervento straniero. E chiaro, comunque, che un grosso cambiamento può venire solo da un aperto e massiccio intervento straniero. Il che, d'altra parte, rappresenta chiaramente per le grandi potenze il pericolo di esser coinvolte e, in ultima analisi,[...]

[...]ediari — che sia nelle Filippine, sia a Formosa sono impossibilitati a sostenere un'azione simile senza l'appoggio americano.
Per concludere, la lezione maggiore é forse che — in Asia — l'Occidente non ha più modo di « interferire », ma può solo cercare di venire incontro alle giustificate aspirazioni dei popoli; e in primo luogo di aiutarli nella propria emancipazione economica con un aiuto materiale sufficiente ed efficiente.
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Cosi, finché su 85 milioni di indonesiani solo 50 continueranno a vivere nella sovrapopolata Giava, monopolizzando così la maggior parte delle ricchezze del paese — prodotte principalmente a Sumatra e nelle altre isole periferiche —, ci saranno crisi e scompensi economici nella fragile giovane repubblica. Per lenire le sue tensioni interne la soluzione non è bombardarla in nome degli insorti che favoriscono gli occidentali, quanto aiutarla a risolvere i propri problemi economici politici e amministrativi. E se ciò é vero per l'Indonesia, lo é altrettanto per un gran numero di paesi sottosviluppati.
Se il tentativo fallito di rovesciare il governo legale indonesiano con l'aiuto dei governifantoccio ha chiarito[...]



da Vasco Pratolini, Firenze, marzo del ventuno in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]ome su quelle di Ponte Vecchio, si eressero delle piccole case dove, invece di botteghe, vi si aprirono oratori. Questo. ponte prese il nome dal suo padrino, fino al giorno in cui un'immagine sacra non incominciò ad elargire delle grazie, dentro quegli oratori.
Risalendo il corso del fiume, ponte Vecchio é il secondo, e il più antico. Lo gettarono i padri etruschi; poi, nell'età di Cesare, la Colonia Florentia venne ad affondarvi le sue radici. Così come appare, lo ideò Taddeo Gaddi, dicono, ma il Longhi lo nega, dopo che la gran piena del Tre Tre Tre una volta di più lo aveva scancellato, portandosi come relitti d'un naufragio i legni della sua armatura. Già da un secolo prima, in un'altra notte e di agguati e di fazioni, su quelle tavole, Buondelmonte ci aveva lasciato la vita.
Il terzo é ponte a Santa Trinita, costruito a spese dei Frescobaldi che in quel punto del fiume, ma di là, avevano le loro case. Crollò sei volte, e sei volte lo si rimise in piedi, dopo che fra Sisto e fra Ristoro domenicani l'ebbero progettato, come per dar t[...]

[...]one chi con ironia. Gli dettero qualche pedata quando non ne poterono proprio fare a meno: nel Quarantotto e poi, una definitiva, all'alba del Cinquantanove. Ma non appena Firenze diventò Capitale, si accorsero che averlo barattato con un Savoja, fu una cosa giusta, non certo un affare. « Oh, si, un bel bollo » dicevano. Mentre i Medici avevano vegetato trecento anni, al sol di luglio della gloria, della ricchezza e delle nefandezze ammassate da Cosimo I e da Lorenzo, Leopoldo, al contrario, quest'austriaco di poco sego, si era reso conto che il mondo camminava e che i fiorentini non sarebbero rimasti indietro. Sotto di lui Firenze si era rimessa, dopo tanti anni, in moto. I piemontesi la ornarono di viali stupendi, di belvederi meravigliosi, di fontane, di giardini; e una volta presa Roma al Papa, la lasciarono « con gli occhi per piangere e i debiti da pagare ». Si dové ricominciare di là, dove era arrivato il Lorena col suo acquedotto, i suoi doppi binari, i suoi forni, le sue Manifatture, i suoi Loggiati. Era sorta, intraprendente e c[...]

[...]e. Dalla parte delle Cascine, come ogni sera, c'erano quelle balie e quelle madri, non certo del Pignone, coi ragazzi per la mano, che spingevano la carrozzina. Sull'Arno, e lontano, il traghetto dell'Isolotto, un renaiolo sul barcone. Anche sull'Arno, era come non ci fosse nessuno; o per via del riflesso, non si vedeva. Il fiume scorreva con un certo moto; era calato dopo l'ultima piena, ma era ancora alto da coprire metà degli argini. È sempre così, di primavera. Gonfio, ma calmo, quasi verde e ora tutto barbagli; sotto il ponte schiumava un po', siccome fa un balzo alla pescaja di Santa Rosa, quando tocca San Frediano. Dall'altro capo, sullo slargo dove incominciano via dell'Antonella e via Bronzino, c'era la stessa gente di tutte le sere, ma era come se stesse ferma ad aspettare qualcuno o qualcosa che sarebbe dovuto arrivare da un momento all'altro. Era i fascisti che aspettavano: gliel'avevano mandato a dire, non si sapeva da chi, non si sanno mai queste cose, che sarebbero tornati stasera: "E prima di buio, giacché al Pignone si vu[...]

[...]vano paura di farsi riconoscere; cantavano e il più delle volte erano in divisa. La camicia nera aperta sul petto anche di gennaio; o col collo alto che gli pigliava tutta la gola; i pantaloni da soldato, coi gambali, o con le mollettiere. Chi in calzoni a righe, chi vestito di tutto punto, con la lobbia che davvero pareva un signorino. Pochi portavano il fez, cotesto aggeggio lo inalberavano nei cortei; i più erano, come si dice, a zucca vuota. Così, capelli al vento e manganello tra le mani, avevano messo a sedere San Frediano, facendovi irruzione una sera ogni tanto, quando pareva se ne fossero scordati. Fino alla sera della battaglia, che loro erano una cinquantina e si trovarono di fronte altrettanta gente, molta di più. « Un buscherio ». Gli rovesciarono addosso, dalle finestre, l'olio bollente; la teppa di via San Giovanni, ne prese uno e stava per infilarlo alla cancellata del Tiratoio; un altro "fu messo al muro e sorbottato, le donne gli strizzavano i cordoni". Ci fu un morto, ma tra quelli di San Frediano; e dei feriti. Di ques[...]

[...]lli di San Frediano; e dei feriti. Di queste cose non ci si fa mai un'idea; non le scrivono sul
lo VASCO PRATOLINI
giornale, bisogna saper leggere sotto i titoli dove dicono: una rissa, un litigio, la solita cazzottata in via del Leone. Qualche sera dopo, invece di loro, ma in mezzo qualcuno ce n'era, lo dicono questi del Pignone e in San Frediano, venne l'Esercito con l'autoblindo, bloccò via San Giovanni, e circondò piazza Tasso; la Polizia, cosí protetta, fece una retata. Dopotutto, se non al Pignone, chi é in San Frediano che non é schedato ? Tra poco, non importa più essere né ladri né ruffiani; « basta ti bollino per sovversivo ». Pensatela come volete, un ordine ci vuole; sistemato San Frediano, si erano buttati sul Pignone. Un osso un po' più duro.
Come in San Frediano, anche al Pignone abitavano dei fascisti; e mentre in San Frediano erano in diversi, ma quando c'era da bussare si eclissavano, al Pignone, i fascisti si contavano sui diti, e al contrario, erano i più coraggiosi. Essi, guidavano le spedizioni. È così, dove c'é p[...]

[...]né ladri né ruffiani; « basta ti bollino per sovversivo ». Pensatela come volete, un ordine ci vuole; sistemato San Frediano, si erano buttati sul Pignone. Un osso un po' più duro.
Come in San Frediano, anche al Pignone abitavano dei fascisti; e mentre in San Frediano erano in diversi, ma quando c'era da bussare si eclissavano, al Pignone, i fascisti si contavano sui diti, e al contrario, erano i più coraggiosi. Essi, guidavano le spedizioni. È così, dove c'é più api c'è più miele. Specie con Folco Malesci. Con l'ingegnere. Avrà avuto venticinque anni, nemmeno; non ancora di leva, era andato al fronte volontario. Era un animo irrequieto; negli ultimi tempi della guerra si era fatto aviatore. Poi era stato a Milano, era stato a Fiume. Era stato anche all'estero, aveva viaggiato. Conosceva Mussolini di persona. Sembra che D'Annunzio gli scrivesse come Garibaldi scriveva a quelli della Mutuo Soccorso. Di più. E dacché era tornato, malgrado avesse preso moglie e avuto svelto svelto due figlioli: « Ora si ripulisce il Pignone », diceva, non a[...]

[...]tava. « Hanno sempre una tale voglia di parlare che mettendo insieme cento battute, in capo al giorno », ne sapeva su
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di loro più di quanto loro stessi non sapessero l'uno dell'altro, a furia di tener conversazione. Un interrotto monologo riempiva la sua giornata; il suo interlocutore era La Nazione che leggeva da cima a fondo, « con un occhio sullo stampato e un occhio a chi passa e crede non lo veda. A volte son così bischeri che invece di passare dalla corsia, cercano di scavalcare la sbarra piano piano ». E non tanto per risparmiare, quanto per la soddisfazione di buggerare me e l'Impresa di un soldino! ». Egli era amico di tutti, e di nessuno. "Ma chi vi conosce, ma chi siete?". Scontroso e affabile a giorni, secondo l'umore che ormai andava col tempo. « Quando fa freddo o quando fa bufera, di qui dovete passare, uno per volta, e io vi bollo! Ma di cotesta stagione, come d'agosto, ve lo raccomando star chiuso dentro questa prigione! Col caldo le tavole del ponte scricchiolano che sembra da un momento a[...]

[...]che facevano da bambini. Le loro voci sottolineano quel silenzio. E una folla che aspetta; sono cento, duecento persone, quella parte del Pignone in cui più a fondo ha inciso il suo segno e la disperazione e l'ardimento insieme. Chi manca è chiuso dentro le case, e la più parte, aspetta solo che la miccia bruci, per accorrere e potersi dire che la curiosità l'ha avuta vinta sul suo proposito di restarne fuori. Del resto, la stessa folla che ora, così separata in capannelli muti che sembrano voltarsi le spalle, nessuno la controlla o la guida. I suoi Capi, coloro in cui essa ha fiducia, non sono nel Quartiere, stasera. Sono andati dal Prefetto, tutti, per dar più peso alla protesta che intendevano elevare; e siccome il Prefetto non li ha ricevuti, sono andati in Questura: costi li hanno subito fermati senza nemmeno dargli il tempo di ricomporre la salma di Gavagnini. È stata un'ingenuità, ma c'erano preparati, hanno voluto tentare. Questo, piuttosto che disorientarla, ha fatto diventare di pietra la gente del Pignone. Non é un popolo genti[...]

[...]amo sempre difesi male ».
« Siamo troppo dolci ».
«Ci hanno preso sempre alla sprovvista ».
« Ma stasera, che non passino il ponte stasera ».
Quei garofani e quei gerani ci stavano per figura, ai davanzali. Di fronte ai loro occhi, ma lontano, di lá dal ponte su cui si fissavano i loro sguardi, il gran verde delle Cascine, avvolto nell'incendio del cielo, era un orizzonte tutto nero e di fuoco. Come brucia e scoppietta una pina dopo l'altra, così era brulicante e immobile la loro attesa. E come se coteste pine, d'un tratto, si rivelassero tante bombe a mano, destinate a deflagare. Ma quali fossero le loro più nascoste intenzioni, lo dice il fatto che nessuno di loro era armato. Il dolore che li animava, era la loro corazza. Dai loro cuori pieni di veleno, e di sgomento, di irresolutezza, affioravano ai cervelli, e sembravano paralizzarli, i propositi di vendetta, di uno sterminio al quale soltanto singolarmente, ciascuno nel proprio intimo, si sentivano preparati. Inermi com'erano, la disperazione li accendeva, una gran fiamma che l'[...]

[...]o, come da dietro un gran velo di tulle, di caligine, di bruma, uscendo dall'ombra della piazza dove già era calata la sera, e sbucando sul ponte ancora colpito dai barbagli di sole, la gente del Pignone avanzava lentamente, compatta, unita, si sarebbe detto facendosi catena con le mani. Il ponte era largo cinque metri, ed essa lo riempiva, da questo a quel parapetto, dall'una all'altra grata. Erano un centinaio di persone, forse, o poco più, ma cosí strette, affiancate, parevano un esercito, un'armata. Delle donne stavano nelle prime file.
« Carogne, fermatevi », gridò Folco. Si era messo con un ginocchio a terra, per impugnare meglio la pistola e darsi come un riparo. Gli altri lo avevano imitato. « Un altro passo, e si spara ».
Gli rispose, non più il Santini, non lo si vedeva: erano tutti
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e nessuno, che si tenevano ammucchiati: ma un urlo di donna:
«
Assassini! ». Si vide un vestito verde agitarsi, e subito venne risucchiato nel gruppo come da uno strattone.
I fascisti ne avevano approfittato per rinculare di[...]

[...]é accanto. Già le tre macchine avevano il motore acceso. E il Masi stava sgusciando a sua volta, rasente la spalletta, per raggiungere casa, l'incasso della giornata dentro il sacchetto: l'Impresa, egli pensava, avrebbe considerato le ragioni per cui abbandonava il posto avanti dell'orario.
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Solo, in disparte, era rimasto Tarbé. Il berretto tirato sulla fronte ora, gli occhi balenanti acciaio, si rivolse a Folco, e li fermò tutti:
« Scappate così? Siete dei bei pusillanimi ».
Folco scese dalla macchina e lo affrontò. « Vuoi un par di schiaffi anche te? Su, fila ». Lo trascinò per il braccio: « Cosa vuoi fare? Un'altra bambinata ? ».
Tarbé gli resistette; e Folco, come ritrovando la calma, guardandolo negli occhi, gli disse: « Ogni secondo che si resta qui, se non si rischia la pelle, ci si va vicino. Quelli stanno salendo dalle Cascine col barcone, e sulla piazza... ».
« Insomma tu scappi », Tarbé disse.
« Non scappo, non sono mai scappato. Non dubitare che ï conti li regolo anche da me solo. È gente mia, e la voglio vedere con la[...]

[...]. A cominciare da stanotte quando tornerò a casa, per tua norma, capito? ».
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 29
« Ma intanto scappi ».
« Qui non siamo sul ponte di una nave, Tarbé, siamo su un ponte d'Arno ».
«Ma scappi. Scappi davanti a delle pecore ».
«Non sono delle pecore, Tarbé. Sono dei delinquenti. Se ora gli si va incontro, succede una carneficina ».
« Perciò tu li prendi isolati. In tre, in dieci contra una pecora. Così fate la rivoluzione ».
« Basta Tarbé! », urlò Folco. « Se per via del tuo nome tu sei qualcuno, anch'io sono qualcuno, anche mio padre. E la sua roba ce l'ha al Pignone, non alle Cure, capito ? ».
« Io con mio padre non ho rapporti. Ho fatto cinque anni di marina apposta, senza gradi ».
«E io ho fatto... ».
« Ma scappi ». Guardava Folco con quei suoi occhi che sembravano non vedere, grigi ora, fermi, lo derideva. « Davanti a delle pecore. Se gli fai un bercio, scompaiono. Non l'hai visto dianzi? E tu sei tanto vigliacco, tutti voialtri sareste tanto vigliacchi, da scappare[...]

[...]che la rabbia stroncava; minacce che la provocazione di Tarbé rendeva tragicamente ridicole. E digià, inumane. Egli avanzava, puntando la rivoltella contro di loro; e sem
pre più gli si avvicinava. Ora venti, trenta passi li dividevano. Egli si trovava a un terzo del Ponte, nemmeno, e nel punto in cui
i cavi si flettevano per risalire, dopo la meta giusta, verso gli altri piloni e l'altra riva. Il ponte, come una lunghissima cuna, si stendeva, cosí sospeso ed aereo, in quella luce vespertina, oscillando
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appena dove il peso della folla lo gravava e dove più basse, e nella misura d'uomo, erano le grate che lo cintavano.
« Chi sei? Te non ti si conosce, va' via ».
Egli si era fermata, la rivoltella in pugno. Li vedeva distintamente ora, tutti e nessuno nello stesso tempo. Quelle donne che vedeva, quel ragazzo con la testa fasciata e la benda arrossata di sangue, loro che erano nelle prime file, le donne come gli uomini, più la insultavano e più facevano forza con le spalle per trattenere la massa su cui si agitavano [...]

[...]in pugno. Li vedeva distintamente ora, tutti e nessuno nello stesso tempo. Quelle donne che vedeva, quel ragazzo con la testa fasciata e la benda arrossata di sangue, loro che erano nelle prime file, le donne come gli uomini, più la insultavano e più facevano forza con le spalle per trattenere la massa su cui si agitavano le spranghe di ferro, i pugni chiusi, le mazze, i bastoni. Era una folla inferocita, e spaventata,
e vigliacca, lui pensava. Così, lui faceva un passo, ed essa arretrava. Più lo insultavano, più egli muoveva un piede, più andavano indietro, ammucchiati gli uni sugli altri.
Egli sorrideva, stirando le labbra, alzando la rivoltella, come per prendere la mira.
« Sono un fascista. Non vi basta ? E vengo a pigliarvi tutti, da me solo ».
Fece l'atto di puntare la rivoltella; loro non si disunirono ma arretrarono di più questa volta. Si alzarono più intense le imprecazioni e le grida.
« Fuori! », egli intimò. Si portò avanti di un passo ancora,
e agitava la rivoltella. « Tornate a casa, sparite. Io non sono il Malesci, tu[...]

[...]rivava all'altezza della vita, alzò le braccia come per arrendersi; ma da una parte e dall'altra, i due gruppi convergevano su di lui, gli furono sopra: ora il suo corpo ondeggiava sulle loro teste e precipitava sotto i loro colpi, i loro pugni, gli sputi, le bastonate. Lo sollevavano e lo lasciavano ricadere, urtandosi, calpestandosi, ammucchiandosi su di lui, e tra loro. " Sembrava impossibile non l'avessero bell'e dilaniato ". No, non ancora. Così ridotto, la faccia insanguinata, senza più giacca, senza più berretto, i capelli come spiaccicati, e la camicia a brandelli, i pantaloni su cui incespicava, " lo si vide spuntare di mezzo alla bu
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riana " e correre davanti a tutti, raggiungere la grata dalla parte più bassa, rovesciarsi sul traliccio, " mezzo sul ponte, mezzo sporto sul fiume, e poi sparire ". Si pensò fosse cascato in Arno, poteva essere la sua fortuna; l'altezza era molta, ma lui era un marinaio, avrebbe nuotato.
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Dopo, tutto ci() che si disse, malgrado le contraddizioni delle diverse testimonianze, c[...]

[...]ponte, mezzo sporto sul fiume, e poi sparire ". Si pensò fosse cascato in Arno, poteva essere la sua fortuna; l'altezza era molta, ma lui era un marinaio, avrebbe nuotato.
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Dopo, tutto ci() che si disse, malgrado le contraddizioni delle diverse testimonianze, ciascuna diversamente interessata, e per la complicità come per le intimidazioni, le omertà, i timori, fu tutto vero. Come nessuno confessò mai di essersi trovato sul ponte, quella sera, così non si riuscì ad identificare nemmeno una ch'è una delle persone che avevano preso parte al linciaggio, senza che non sorgessero comunque dei dubbi, delle perplessità, dei casi di coscienza, delle cieche persuasioni. Anche questo a suo modo, fu vero. Non erano, dei cento o duecento quanti erano, tante singole persone; ma una folla che nella propria disperazione, nel proprio odio, e nella ferocia con cui si era scatenata, esaltava se stessa e insieme si annullava. Infierendo sul fascista caduto tra le sue innumerevoli mani, mentre si accaniva su di lui che da solo la aveva affrontata, proprio [...]

[...]nte: sotto di lui,. nove dieci metri, scorreva il fiume; e si teneva, ormai morto: o per via di un irrigidimento che non corrispondeva a nessuna legge naturale: con le mani disperatamente aggrappato. «Chiamava la mamma; e quelle donne, quegli uomini, forse soltanto un paio,
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forse una diecina, ma come se fossero stati centomila, gli pestavano le mani ». Lo colpivano « coi bastoni sul capo », dall'alto della grata.
Così, prima una mano, poi l'altra, centimetro per centimetro, il tempo parve millenni, egli abbandonò l'orlo dei tavolato, e senza un grido, precipitò nel fiume. « Andò giù ritto come si trovava »; l'Arno sembrò aprirsi e rinchiudersi. E la gente, non ancora paga, ma sempre più riducendosi le sue file, corse ai due capi del ponte, discese sugli argini, per vederne la fine. Qualcuno era saltato sui barconi e spingeva sotto al ponte. Per un momento, ed era ormai sera, ci fu un silenzio, questa volta pauroso, ossessionante. Il corpo non era riaffiorato. Già costoro forse si guardavano negli occhi, « [...]



da Giovanni Testori, Il Fabbricone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]NI TESTORI
a chiuder occhio tutta la notte per via dei lamenti che, dalla stanza attigua, il malato non aveva smesso un sol momento di emettere, lei aveva esclamato: « Oh, madonna, quella povera mummia! Il giorno che decide d'andare, sarà sempre tardi... »; da allora il soprannome aveva guadagnato tutti ed era arrivato fin dentro la casa degli Oliva, anzi fin al letto del malato, il quale ne aveva sorriso, quasi fosse stato sicuro che avrebbero cosí dovuto averne di pazienza, quelli che nella casa non aspettavan altro che la sua fine!
In verità in quel momento non è che non vedesse niente; malgrado l'età, ottantadue anni, la vista l'aveva infatti ancor buona; ma si sentiva così staccato dal mondo che ben poco di quanto succedeva riusciva a interessarlo; del resto anche adesso teneva sempre nelle mani la corona del rosario e se la stringeva con la gioia, tra animale e innocente, con cui un bambino stringe a sé una caramella o un torrone.
Quel che aspettava era il rientro del figlio e del nipote che l'avrebbero preso, uno dalle spalle, l'altro dai piedi, e gli avrebbero fatto cambiar posizione; tutto il suo piacere, durante la giornata, consisteva in quei tre o quattro cambi, coi quali i suoi muscoli sembravano andar ogni volta a posto, come se ogni volta si sistemas[...]

[...]stesse per disfarsi; e lo seguiva con la speranza e col desiderio di poter scorgere nel mezzo, qualche goccia talmente grossa e pesante da non esser più pioggia, ma finalmente grandine, tempesta.
« Parole, improperi, bestemmie... — continuò a pensare, men
A
7e GIOVANNI TESTORI
tre la faccia le veniva rischiarata dai bagliori dei lampi — E per cosa? Per un po' di merda su un manifesto...; «siete stati di certo voi! »; « ah, perché noi saremmo così scemi da venir a fare queste cose, qui, in casa nostra? »; « e allora? »; « è la gente! E' l'odio che han tutti per voi che vi siete venduti ai preti e ai padroni! »; «e voialtri, allora? Dei senzapatria! Dei senzadio! Ecco cosa siete! Dei venduti all'inferno! »; un po' che questo tempo va avanti — comment() allora la Redenta — e me la contate dove andran a finire i vostri manifesti! »; spiaccicati per terra o contro i legni che, nell'orto, sostenevan le piantine dei pomodori, alcuni pezzi di carta si mostravan infatti, qua e lá, pronti a farsi definitivamente distruggere dalla furia dell'acq[...]

[...]ico, preso dal terrore.
«Cosa? »
Dalla sua porta era uscita intanto anche l'Enrica e, sporgendosi dalla ringhiera, chiedeva anche lei, con voce eccitata, cosa mai fosse successo.
« E' venuto giù un pezzo di casa! »
cc Un pezzo di casa? E come? E da che parte? »
« No! Niente paura! — intervenne a quel punto il Tino, che aveva trovato il coraggio di tornar fuori a veder quel che era successo. — E' stata una persiana. S'è tutta sfasciata... »
Così, mentre altre inquiline, gli occhi fuor dalla testa, si sporgevan dalla scala o s'affacciavan alle porte, il vento continuò a tur
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binare tutt'intorno al casone e l'acqua a scrosciare senza trasformarsi però mai in tempesta, come invece, dalla cucina, la Redentat aveva continuato a desiderare e come il tonfo della persiana l'aveva indotta a più vivamente sperare.
Quando quei segni e altri che s'accavallarono subito dopo, furon sul punto di convincerla che, finalmente, quella volta i suoi nervi avrebbero avuto lo sfogo che si aspettavan da tempo e che la grandine avrebbe dis[...]

[...] rividero tutti i pezzi dei manifesti cader giù, imbrattati di macchie, oscenità e bestemmie, come brandelli di carne che penzolassero da un crocefisso.
I Villa, quelli che formavan il tenebroso focolaio di male che serpeggiava per tutta la casa! Loro, quelli che, l'avessero visto passar per le strade, avrebbero sputato addosso anche a Gesù Cristo! Quelli, per i quali tutto il dafare consisteva nel maledire, nell'odiare e nel pensar al sangue.
Così, mentre l'accendersi e spegnersi intermittente delle lampadine, indicava che nel fabbricone la luce sarebbe presto tornata, l'Oliva cominciò a farsi passar nella testa tutti i componenti di quella sciagurata famiglia; prima il padre; poi la madre; infine i tre figli; il maggiore che, forse per lo sfogo con cui liberava nelle palestre la sua cattiveria, risultava il meno peggio; il secondo, il Carlo che, avesse potuto, avrebbe bruciato tutto, preti, vescovi, suore, chiese, oratori, e forse l'intero mondo che non si fosse messo sotto la protezione della sua falce e martello; e la ragazza, che s[...]

[...]sotto la protezione della sua falce e martello; e la ragazza, che se non era diventata una figlia di Satana vera e propria, lo doveva solo al fatto che il suo carattere e la sua bruttezza non avevan mai indotto nessun uomo ad avvicinarla veramente.
Continuando a trafficar, la testa piena di preoccupazioni, tra pentole e stufa, la moglie dell'Amilcare Villa si decise finalmente a guardare anche lei oltre la finestra per veder cosa succedeva e fu così che vide aprirsi, nel grigio plumbeo del cielo, il primo sfolgorio di luce.
Due piani sotto, la Schieppati che, al riaccendersi delle lampadine, aveva cercato di riprendere a stirare e che, convintasi del guasto occorso al ferro, s'affannava a rigettar nella cesta la pigna di biancheria che aveva sul tavolo, s'arrestò un attimo, colpita dai raggi che, da fuori, eran penetrati nella casa e che avevan dato al miserando squallore della sua cucina uno strano aspetto di festa,
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ma presa com'era dai suoi pensieri non riuscii a goderne minimamente.
Sull'ingresso invece i bambini,[...]

[...] gli amici, tentò di rimuoverli; 'visto che non ne valeva la pena, guardò in su, verso il davanzale, per veder cosa, nel precipitar a terra, la persiana avesse portato via; poi gridò:
« Guardate, ne ha fatto venir giù più di mezzo... ».
Il davanzale si mostrava infatti sfracellato per un buon terzo; sull'alto dello stipite poi, un buco, ben piú grande di quelli che i mitragliamenti aerei avevan lasciato su tutta quanta la facciata, si mostrava così aperto da parer una ferita.
« E' partito anche il gancio... » — fece l'Enrico.
« Allora in un posto o nell'altro dovremmo trovarlo... » — disse il Remigio, riportando gli occhi a terra.
«Già, perché se lo si trova ci servirà a tanto! » — commentò il Tino, che cominciava a sentirsi insoddisfatto di quel temporale avvenuto solo a metà.
« L'ho detto tanto per dire... » — fece il Remigio.
Fu proprio allora che nel cielo s'udì correre un nuovo brontolio; esso andò dilatandosi, soffocato, per tutto l'orizzonte poi, piano piano, si perse nel niente. Intanto la luce aveva continuato ad allar gar[...]

[...]ngo, la terra, Satana e la merda.
« Scommetto che quelli di sii stan pensando che é il padreterno... » — fece la Redenta, riportando gli occhi rabbiosi dalla finestra sul tavolo — « Figurarsi! — aggiunse, mentre rovesciava piselli, pezzi di patate, sedano e carote nella pentola piena d'acqua. — Ma se al padreterno interessassero veramente i casi nostri, avrebbe lasciato diluviare e diluviare fino a pulirci di tutte le rogne che abbiamo addosso! Così, invece... ».
Così, invece, col progressivo ritirarsi delle nubi, anche quest'ultima spruzzatina d'acqua cominciò ad agonizzare.
Allora la Redenta fini di mescolar per l'ennesima volta dentro la pentola, poi andò alla finestra e dicendo a voce alta:
« Un po' d'aria, santo dio! Almeno quella! » — spalancò, energicamente, i vetri.
Subito un profumo di terra e erba bagnata venne su dall'orto e cominciò a diffondersi per tutta la cucina e a rinfrescarla.
Ecco, fra un po', come ogni altra sera, si sarebbe affacciata alla finestra e come ogni altra sera avrebbe visto tornare uno per uno tutti i suoi poveri e disp[...]

[...] e nove in quella specie di stanza che avevano, la più umida, senza luce e senz'aria della casa; dei buchi ecco, non delle stanze; dietro di loro, la sorella del Luciano, quella che lavorava alla S.I.R.C.A. e che, in definitiva, era una delle poche donne del fabbricone con cui senza scambiar parola, riusciva a esser quasi sempre d'accordo; poi il Luigi, almeno se non era andato anche quella sera dalla sarta; e alla fine, dopo tutti gli altri, ma così, senza nessun orario, perché il lavoro lui lo trovava nei momenti più strampalati, il Luciano, quel povero bastando d'un boy, verso il quale tuttavia, assieme alla ripugnanza, una certa simpatia non é che lei non la sentisse...
Una mano appoggiata al davanzale, l'altra che le sosteneva la testa, gli occhi di volta in volta fissi su ciascuno di loro come se di ciascuno volesse capir tutto: cose andate bene e cose andate male; gioie e dolori; difficoltà e segreti; tutto quel che, insomma, durante il giorno gli era capitato o stava per capitargli.
Quella sera però, prima di sistemarsi in quel [...]

[...]riggio. Premurosi come sempre, i due s'era avvicinati al letto e avevano tirato indietro prima il piumino, poi le coperte, quindi il lenzuolo.
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Al contatto dell'aria, quel mucchio d'ossa, di cui la camicia da notte nascondeva tutto fuorché il gonfiore molliccio del ventre, aveva avuto un tremito tra di freddo e di sollievo, proprio mentre attorno si diffondeva, pesante ed acre, l'odore dell'essudazione e dell'orina.
« Ecco, così va bene... » — disse il vecchio.
Allora il nipote, che per eseguir meglio la manovra, s'era messo ginocchioni sul materasso, riadagiò il nonno sui cuscini, mentre dall'altra parte il figlio faceva lo stesso con le gambe che, stecchite e coperte da una pelle,bianca e grinzosa, uscivan come bacchette dal campanone della camicia.
« Vuoi che ti sistemiamo anche questi ? » — chiese il nipote. Il nonno disse di si, poi crogiolandosi al pensiero di tanta premura, aggiunse:
« Aver una famiglia così! Ecco quel che si chiamano soddisfazioni... ».
Uno a uno i cuscini furon voltati e quelli che, per [...]

[...]nipote, che per eseguir meglio la manovra, s'era messo ginocchioni sul materasso, riadagiò il nonno sui cuscini, mentre dall'altra parte il figlio faceva lo stesso con le gambe che, stecchite e coperte da una pelle,bianca e grinzosa, uscivan come bacchette dal campanone della camicia.
« Vuoi che ti sistemiamo anche questi ? » — chiese il nipote. Il nonno disse di si, poi crogiolandosi al pensiero di tanta premura, aggiunse:
« Aver una famiglia così! Ecco quel che si chiamano soddisfazioni... ».
Uno a uno i cuscini furon voltati e quelli che, per esser stati a contatto con la nuca ed il collo, s'eran inumiditi, furon battuti e ribattuti; in poco il vecchio poté così assaporare e definitivamente quel magro, ma tanto atteso piacere.
«Era tutto il pomeriggio — spiegò, mentre il figlio gli rialzava sul corpo lenzuola e coperte — era tutto il pomeriggio — ripeté — che aspettavo, ma quegli anticristi... — aggiunse, acuendo la poca luce che gli restava negli occhi e fissando così il figlio e il nipote... — quegli anticristi... »
« Non val la pena di prender rabbia, nonno. Che Dio abbia pietà di loro: ecco tutto quel che si può desiderare » — fece il nipote.
« Pietà, pietà! Pietà, un corno! Che li scaraventi all'inferno, e il più in fretta possibile! — ribatté il vecchio. — Quante volte devo dirvi che a furia di pietà, 'sti dannati stan prendendoci in mano il mondo? E dopo, quando ce li avremo anche qui, in casa? Cosa servirà, dopo, tutta la vostra pietà? Buoni sì, ma coglioni no. E a me pare che con quellilà... ».
Non era certamente questo l'avvio desiderato per la[...]

[...] volesse tener tutta per sé la goia con cui la fantasia gli mise davanti la scena dei Villa ch, ammanettati, la testa bassa, se ne uscivano, uno dietro l'altro, dal fabbricone; e che ci sputassero sopra tutti, santo dio! Perché poi, quand'è il momento, la religione la si deve difendere con le spade e le forche! Se la si vuol difendere!
« Insomma, ho capito: abbiam fatto i conigli un'altra volta; un'altra volta, un altro manifesto. E' vero che è cosí? Un altro manifesto che proclami a tutti quel che loro han fatto; un altro manifesto dove, a un certo punto, dovrebbe esserci scritto merda e merda invece, la nostra democrazia, non ci permette di scriverlo. E', o non è così? »
« Ma, nonno, cerca di capire... ».
« Il vero guaio, cari miei, è che io non posso più muovermi perché, se potessi saltar giù, vi farei veder io come si fa a farla fuori
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con quei porci. I pugni, ci vogliono, altro che i manifesti! I pugni! — cosi dicendo il vecchio aveva sollevato da sotto le coperte la mano destra e stringendo il rosario l'andava mostrando al figlio e al nipote — Poi, con comodo, ma con comodo, il resto... » — concluse, lasciando ricader il braccio sulle coperte.
La rabbia e l'agitazione gli avevan fatto uscir sulle tempie, sotto le narici e tutt'attorno la testa ed il collo, un velo gialliccio di sudore.
« Calmati papà ».
« Te l'abbiamo detto fin da prima, che non é il caso di arrabbiarsi per quei mascalzoni... »; il Luigi disse mascalzoni cercando di caricar la parola d'una indignazione che la sua natura invece,[...]

[...]tava andando, poi! Un mondo in cui sarebbe stato necessario svuotarle tutte, 'ste case d'esercizi, venderle e prender ai loro posti, cinema, teatri e televisori. Le palestre, gli stadi del foutbaal, altro che le balaustre e i pulpiti! La gente non viene più in chiesa ? E allora fuori, fuori, in mezzo alle piazze, in mezzo ai bar, in mezzo alle strade! Fuori con le radio, i microfoni, gli altoparlanti e, se era necessario, le trombe e le forche!
Così quel che, nella sua malattia, l'aveva fatto soffrire, non eran stati i dolori, che lui aveva sempre saputo a chi offrire e che in un certo senso l'avevan sempre inorgoglito, ma l'esser stato assente dalle grandi battaglie, quelle elettorali; due sole era riuscito a vederne, poi più niente, se non quel poco che, avversari e amici, ave
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van fatto li, nel cortile del fabbricone; dove, del resto, di cosa ci si poteva illudere? Tranne loro, anche quelli che magari non eran iscritti, al momento buono la crocetta l'avrebbero fatta sulle falce e martello, e amen.
Tuttavia, quattr[...]

[...]razza nella quale i settanta li avevan passati tutti, e passati quasi sempre a cavallo, c'era da sospettare che, ad andarci di mezzo, sarebbe stata la salute. Ma il giorno che, dalle conferenze, dai libri, dai giornali e dai manifesti avesse dovuto passar a pugni, come se la sarebbe cavata con quei bestioni? Perché già, quellilà eran tagliati giù con l'accetta! E anche questa era una cosa che lui non riusciva a capire; vero che, per averli fatti così, il padreterno doveva aver avuto le sue ragioni, ma, lui come lui, al suo posto, i cristiani li avrebbe messi insieme con un po' più di nerbo e di spina dorsale. Dato però che eran quel che erano, una bella iniezione di coraggio ogni mattina non gliel'avrebbe lasciata mancare.
Guardassero lui, lui che non c'era colica, non bronchite, non collasso che riuscisse a stroncarlo. E quello cos'era ? Volontà di Dio, certo, ma anche volontà sua.
« Be', allora vuol dire che vedremo, anzi vedrete 'sti nuovi manifesti... » disse il vecchio al figlio e al nipote che, imbaraz
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zati [...]

[...] che si ha voglia. La bocca, 'sto governo di preti, ce la chiude già abbastanza... ».
« Dove ha interesse. Ma su queste cose qui, cosa credi che gli importi di lasciarcela aperta ? ».
« S'illude! Perché questo é un veleno che prima o poi smangerà tutto e tutti, e loro per primi. Ce le faccian vedere dalla mattina alla sera 'ste facce di rammolliti; ce le faccian vedere 'ste feste, 'sti scandali, 'ste fuoriserie! Va tutto bene, tutto benissimo! Così, panda non ne potremo piú, andremo a prenderli e gliele butteremo in faccia, una per una, 'ste loro porcate! — adesso il Carlo aveva in mano una forchetta e la fissava unta e sporca come era; quando poi l'ebbe rimessa sul tavolo, aggiunse — E a me, tanto per dir tutto, non é che faccia molto piacere che l'Antonio, con la scusa della box, ci giri in mezzo, a tutti quei delinquenti... ».
« Ma l'Antonio lo fa perché é necessario » — disse la madre.
« Sarà! Ma non vorrei che con le loro sirene lo rammollissero ancor più di quel che é. Non sembra neanche più dei nostri! — ribatté il Carlo subito[...]

[...] Carlo ha ragione »; oppure: « giusto »; oppure: « giustissimo », e se gli altri insistevano, s'imbestialiva al punto da gridar che la veridicità di quel che il Carlo sosteneva era provata dal fatto che, di tutti loro, era stato l'unico cui i capi avevan affidato un incarico importante e preciso; e lo gridava pur sapendo di ferir il padre, la cui ambizione era sempre stata di raggiungere quel che il figlio aveva ottenuto con tanta facilità e con così unanime consenso.
« E allora, secondo te, cosa dobbiamo fare ? » — disse, a quel punto, il padre.
« Prenderlo e parlargli ».
«Ma non è meglio aspettare? » — intervenne la madre.
« Aspettar, cosa ? » — fece la Liberata.
« Aspettare — spiegò la madre — che abbia fatto davvero qualcosa o che per lo meno qualcosa abbia detto ».
« Ah, perché secondo te, tuo figlio, se sta per affogare, aspetti ad avvisarlo quand'è già sotto? ».
« Ma chi sta per affogare ? ».
«Lui! ».
« E se lo dice il Carlo... » — fece la Liberata alzandosi dal tavolo per portar la pigna dei piatti sul ripiano del lavandi[...]

[...]infine, tu cos'hai saputo di preciso? — disse il padre al figlio, che stava aprendosi davanti ii giornale — Parliamone un po' io e te, ma con calma; poi decideremo quel che bisogna fare ».
Vista l'intimità che, con quelle parole, il marito aveva richiesto, la moglie s'alzò dal suo posto e andò anche lei verso il lavandino, pronta a ricevere, uno per uno, i piatti, le fondine e i bicchieri che la figlia le avrebbe passato perché li asciugasse; e così facendo, ripensò, come sempre faceva in quei casi, a quando il marito le aveva gridato il giorno in cui avevan dovuto decidere il nome da dare al primogenito: « Antonio? — aveva gridato — E perché, Antonio? Perché si chiamava così tuo fratello? Ma, a me, i nomi dei santi non piacciono... ». Viste, però, le sue insistenze, il marito aveva finito con l'arrendersi: « se proprio tu ci tieni, ecco, chiamiamolo Antonio; ma ho paura che quel nome non gli porterà fortuna... ». In quel modo i due successivi sui quali lei non aveva piú osato avanzar proposte, eran stati chiamati, uno Carlo, non per il
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GIOVANNI TESTORI

santo, ma per l'autore del « Capitale » e l'altra Liberata, perché in quegli anni l'Italia libera non era: un nome che, nelle loro intenzioni, doveva dunque esser di speranza, insieme che di ribellion[...]

[...] più forte dell'innamoramento stesso; se dunque d'esser innamorato non poteva più dirlo, d'amarla ancora e d'amarla con il quieto e tenace affetto con cui amava le abitudini più radicate e profonde della sua vita, lo poteva e lo doveva. Le due stanze, per esempio, in cui la Margherita abitava e lavorava, là, sul fondo di Via Espinasse, eran diventate per lui il prolungamento naturale e non meno caro, delle tre in cui abitavan lui e la sorella; e così le ore che usava passarvi e tutto quel che insieme v'avevan detto e vi dicevano, v'avevan fatto e vi facevano.
Come dunque abbordar l'argomento se i nervi della Redenta, quella sera, parevano esser ancor più tesi del solito? Perché quel pomeriggio, la sarta, preda anche lei dell'agitazione che il temporale non avvenuto aveva messo nell'aria, era stata esplicita e così aveva finito per far correr tra loro parole grosse e dure: « d'aspet
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tare sono stufa... »; « non vorrei che, al momento buono, tu mi piantassi qui e amen! Perché, se devo dirti proprio tutto, il diritto d'aver un marito e d'averlo legalmente, me lo voglio conservare, E non è che a trovarlo debba far tanta fatica... »; « e la Redenta? »; « la Redenta s'impicchi! » — ecco qual era stata, a quel punto, la risposta ferma e decisa della Margherita.
Non sapeva, la poveretta, che, in fondo, anche la Redenta non desiderava di meglio, e non solo per esser finalmente libera di fa[...]

[...]ssà cosa che doveva lavargli ogni settimana: «massi! Ma che impari a lavargliela la sua bella spasimante, perché dopotutto, a tirarselo a letto insieme, è lei, non io! ».
Tuttavia anche a considerar il caso obbiettivamente, un domani, che so, una malattia, una disgrazia... No, no, era meglio che si sposasse; meglio in tutti i casi; meglio, nonostante il vuoto e il freddo d'una solitudine ancor più completa, dura e dolorosa; tanto lei ne avrebbe così avute di cose da fare per riempir quella solitudine! E poi, se il fratello si decideva davvero a sposarsi, era più che probabile che lei dovesse voltar indietro le maniche un'altra volta e trovar un'altra volta qualche posto o per lo meno qualche lavoro.
Quella sera, dunque, il Luigi stava già per arrendersi e rinviar a una giornata migliore la discussione, quando, di colpo e senza che niente di ciò che fin li avevan detto ne legittimasse il ricorso, la Redenta fece:
« E allora cos'è che hai combinato con la tua cosa là, la Margherita? ».
« Come, cos'ho combinato? » — rispose il Luigi, col[...]

[...]».
III
Finito il temporale, sulle case della città l'aria era tornata ben presto quella di prima, sporca, cioè, polverosa e pesante; sulla periferia, invece, essa aveva conservato il frizzo del dopopioggia, frizzo che sarebbe durato per tutta la notte, se dalle raffinerie del Pero non fosse cominciata, lenta ma inesorabile, l'infiltrazione degli odori.
Si trattava d'un tanfo che in poco riusciva a infettare e a corrompere tutta quanta I'aria. Cosi la fiamma che dalle finestre più alte del fabbricone, come da tutte le case minime e le cascine di Roserio, di Vialba, di Musocco e della Certosa, si vedeva brillare verso nord, non diventava altro che il segnale d'un fuoco nauseante e malefico, fuoco che si ripeteva ogni sera con la monotona rego, larità d'un fatto meccanico, né più né meno dell'odore, quasi che
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ogni sera, quelle povere, grandi caserme, addossate l'una all'altra, dovessero immergersi, invece che nella pace del sonno, nella melma e nel fango. Che però malgrado l'ora, quella sera, nel fabbricone, qualcuno[...]

[...]tali, conosceva con certezza.
« Si sbaglia e si sbaglia di grosso; il mio Luciano che il suo Sandrino esiste lo sa, giusto perché lo vede qui, per il resto, se propria vuol sfogarsi, vada a prendersela coi delinquenti del Parco, perché é lá che m'han detto che gira, e di notte e di giorno... ».
« Giá, perché il suo Luciano bazzicherà invece le case dei re e dei principi! ».
Adesso il colloquia di poco prima tornava alla mente della Schieppati così, a pezzi, e non per dimostrarle quanta ragione avesse avuto nel pensar che, a iniziare il figlio su quella strada, fosse stato il Cornini, quanto l'abiezione cui il figlio era giunto. Diciassette anni, diciassette appena compiuti e già così!
Tuttavia, arrivata a quel punto, cosa poteva fare?
Toglierlo da quella strada, se il destino pareva far apposta a non permettergli di trovar un posto che era un posto? E poi; quando uno ha lazzaronato o s'è arrangiato in quella maniera o addirittura ha trovato, come era chiaro che il figlio aveva trovato, una tal fonte di guadagno, in che modo convincerlo a voltar indietro le maniche e a lavorare ?
Mentre l'ago passava e ripassava, ora di qua, ora di lá, lungo la trama della maglia più gialliccia che bianca, in modo che il buco apertosi nella parte più bassa restasse chiuso il più tempo p[...]

[...] maniera o addirittura ha trovato, come era chiaro che il figlio aveva trovato, una tal fonte di guadagno, in che modo convincerlo a voltar indietro le maniche e a lavorare ?
Mentre l'ago passava e ripassava, ora di qua, ora di lá, lungo la trama della maglia più gialliccia che bianca, in modo che il buco apertosi nella parte più bassa restasse chiuso il più tempo possibile, la Schieppati si chiedeva come avesse potuto metter al mondo un figlio così diverso dagli altri; perché gli altri, se ci pensava... Magari diversi eran anche loro, ma diversi per quel che riguardava il colore dei capelli e degli occhi, il carattere e la forma della faccia, perché per il resto...
Ed ora, eccoli lá, buttati giù tutti e sei, a dormire: quattro
IL FABBRICONE 101
nella prima stanza, con un posto vuoto; vuoto perché, naturalmente, il Sandrino non era ancor tornato... No, era meglio, meglio che non pensasse dove e con chi adesso si trovava, perché se si fosse lasciata andare a quei pensieri... Quel giorno poi, col temporale che c'era stato!
« Figurati E[...]

[...]o.
« Be', sai, se é per quello potrebbe anche esser una scusa... ».
« Una scusa? E perché, una scusa ? ».
Dopo un breve silenzio, in cui due o tre pagine del mensile
girarono nervosamente, il Carlo riprese il suo interrogatorio, giusto
come se tra lui e il fratello l'ordine degli anni si fosse scambiato.
« E con chi sei tornato ? Si può sapere almeno quello? ».
« Col presidente » .
« Di pure, con quel maiale del Morini ».
« Ah, la metti così? — ribatté l'Antonio, poi prendendo la va
ligia e muovendosi per passar in camera, aggiunse con una voce
più stanca che irritata — Buonanotte ».
« Antonio — fece il Carlo — Senti, Antonio... ».
104 GIOVANNI TESTORI
« Cosa devo sentire ? Lo sai bene anche tu che da un po' di
tempo in qua non andiamo più d'accordo... ».
« Certo, fin che continui a frequentar della gente come i tuoi
compagni di palestra e i loro capi! Ma tu ti dimentichi chi sei,
da che famiglia vieni fuori e che idee hanno tuo padre, tua madre
e tua sorella ».
« Non mi dimentico di niente ».
« No ? E allora spiegami[...]

[...]re aveva li, in tasca, e che gli assicurava oltre ai pasti per un giorno o due, il cambio dei calzoni, giusto come quelli che, verso sera, aveva visto al Carrobbio, nelle vetrine dell'« Araldo ».
Quando poi, percorsa Via Aldini, arrivò al fabbricone, trovò sull'ingresso la Candida che stava baciandosi con uno di cui non
106 GIOVANNI TESTORI
gli fu possibile veder niente; poiché al rumore dei suoi passi lo sconosciuto si girò subito, mostrando cosí solamente la schiena. Tl Sandrino guardò per un attimo la moto che se ne stava ferma dietro i due, poi riprese a camminare, riuscendo a sentir a malapena la Vaghi che, a voce non molto bassa, diceva:
«Niente, niente. È uno di qui, uno che ha tutto l'interesse a tacere... »
Afferrato il riferimento e scrollatasi di dosso ogni irritazione con un colpo di spalle, lo Schieppati attraversò l'orto. Quando poi, salite le scale, fu sul punto d'aprir la porta, uno scroscio precipitò giù per la tubatura di scarico così fragoroso da far credere che volesse trascinar con sé un pezzo di casa.
«
Addio![...]

[...] che se ne stava ferma dietro i due, poi riprese a camminare, riuscendo a sentir a malapena la Vaghi che, a voce non molto bassa, diceva:
«Niente, niente. È uno di qui, uno che ha tutto l'interesse a tacere... »
Afferrato il riferimento e scrollatasi di dosso ogni irritazione con un colpo di spalle, lo Schieppati attraversò l'orto. Quando poi, salite le scale, fu sul punto d'aprir la porta, uno scroscio precipitò giù per la tubatura di scarico così fragoroso da far credere che volesse trascinar con sé un pezzo di casa.
«
Addio! » — fece, come se salutasse un amico che se ne andava per sempre ed entrò.
La luce che, filtrando da sotto la porta, l'aveva preparato a quel che certo sarebbe successo, l'accolse accecante; così non era ancor riuscito a ritrovarsi che la madre gli piantò addosso gli occhi stanchi e disperati facendogli segno di star in silenzio:
«...perché la gente onesta, a quest'ora, è a letto che dorme... »
— disse per finir di spiegarsi.
«
Allora? — aggiunse, una volta che gli fu arrivata talmente vicino da poterne sentir il respiro e col respiro tutto l'odor di bagnato che aveva addosso. — Ma guarda che faccia hai, guarda! »
— aggiunse contro la sua stessa volontà, presa, come fu, dall'aria distrutta e dagli occhi incavati del ragazzo — Se vai avanti così finirai tisico in qualche sanatorio[...]

[...]segno di star in silenzio:
«...perché la gente onesta, a quest'ora, è a letto che dorme... »
— disse per finir di spiegarsi.
«
Allora? — aggiunse, una volta che gli fu arrivata talmente vicino da poterne sentir il respiro e col respiro tutto l'odor di bagnato che aveva addosso. — Ma guarda che faccia hai, guarda! »
— aggiunse contro la sua stessa volontà, presa, come fu, dall'aria distrutta e dagli occhi incavati del ragazzo — Se vai avanti così finirai tisico in qualche sanatorio ».
«Ma cosa vuoi che finisca tisico! » — ribatté il Sandrino, alzando le spalle.
« Dunque vuoi dirmi dove e con chi sei stato? Perché appena ne so uno, di nomi, quei maiali li denuncio e faccio metter dentro tutti! ».
« Ma che nomi vuoi che faccia! » — disse per tutta risposta il Sandrino.
« Sembra impossibile che un figlio possa sentirsi far da sua madre delle accuse così e non disperarsi, non piangere; — adesso la Schieppati parlava con voce soffocata si dal bisogno di non farsi
IL FABBRICONE 107
sentire, ma piena poi di dolore e d'indignazione — Perché ormai
lo so con precisione; ti posso dir tutto, guarda; e te lo posso dire
per filo e per segno... »
« E allora, dillo ».
« Non far così, Sandrino, non far così con tua madre... »
« Dillo, su, sentiamo, sentiamo cos'è che hai saputo... »
« Ieri, uno dei tuoi zii... »
« Uno dei miei zii ? E cosa vuoi che m'importi, a me, dei
miei zii? »
« Uno dei tuoi zii, lo zio Mario, ecco, lui, ieri, verso sera... »
« Verso sera? »
« T'ha visto... »
« M'ha vista? E dove? »
« Ai Boschetti... »
« Ai Boschetti ?... »
« Si, ai Boschetti, intanto che combinavi con un tale... »
« Ma non farmi ridere! »
« Ah, ti faccio ridere! E allora ascolta: fuori dal coso lá...
Mi fa schifo a dirlo, schifo! Be', fuori di lá, sei poi salito con quel
delinquente sulla sua[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Così, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---Ciò <---Diritto <---italiano <---Pratica <---abbiano <---italiana <---Perché <---Del resto <---Più <---comunista <---comunisti <---socialista <---Ecco <---ideologia <---fascista <---Dialettica <---italiani <---Filosofia <---socialismo <---Stato <---socialisti <---Dio <---Sulla <---fascismo <---marxismo <---Francia <--- <---marxista <---realismo <---Basta <---Già <---Logica <---capitalismo <---ideologica <---Poetica <---Come <---Cosa <---Dinamica <---comunismo <---cristiana <---ideologico <---Lenin <---fascisti <---Scienze <---Voglio <---d'Italia <---italiane <---storicismo <---Fisica <---La sera <---Meccanica <---Psicologia <---Quale <---cristiano <---psicologica <---Però <---capitalisti <---individualismo <---marxisti <---psicologia <---psicologico <---Estetica <---La lotta <---Marx <---Stalin <---dinamismo <---ideologici <---ideologie <---imperialismo <---lasciano <---Dico <---Niente <---Sei <---Sociologia <---colonialismo <---cominciano <---cristiani <---ideologiche <---leninista <---liberalismo <---lista <---materialismo <---sociologia <---Andiamo <---Certo <---Dogmatica <---Il lavoro <---Metafisica <---Mi pare <---Sistematica <---Viene <---cinismo <---comuniste <---conformismo <---dell'Italia <---idealismo <---metodologico <---ottimismo <---Agraria <---Bibliografia <---Chimica <---Engels <---Fenomenologia <---Folklore <---Ma mi <---Medicina <---Partito <---Povera <---Presso <---Retorica <---Storiografia <---antifascista <---artigiano <---banditismo <---capitalista <---d'Europa <---dell'Europa <---leninismo <---nazionalista <---opportunismo <---socialiste <---staliniana <---stiano <---umanesimo <---Agli <---Davanti <---Dei <---Freud <---Gli <---La notte <---Linguistica <---Meglio <---Ministero <---Noi <---Nuovi Argomenti <---Orgosolo <---Perchè <---Russia <---Sardegna <---Tenuto <---Trovo <---URSS <---USA <---Unione Sovietica <---Vado <---artigiani <---crociana <---d'Africa <---dell'Istituto <---dell'Unione <---denunciano <---eroismo <---etnologia <---etnologico <---facciano <---fenomenologia <---feticismo <---filologico <---imperialista <---mitologia <---mitologica <---nazionalisti <---progressisti <---psicologici <---relativismo <---scetticismo <---separatiste <---staliniano <---Chiesa <---Contemporaneamente <---Etica <---Etnologia <---Hai <---Hegel <---Infine <---Inghilterra <---La casa <---La guerra <---Londra <---Macché <---Mosca <---Non voglio <---Nuoro <---Oltre <---Pochi <---Presto <---Spagna <---Statica <---Stilistica <---Supramonte <---Teologia <---U.S.A. <---Va bene <---autista <---autonomismo <---centesimi <---crociano <---dell'Africa <---determinismo <---diano <---dualismo <---escatologica <---imperialisti <---incominciano <---indiana <---liste <---mangiano <---nazionalismo <---nazista <---nazisti <---nell'Africa <---nell'Unione <---parallelismo <---progressista <---radicalismo <---rischiano <---romanticismo <---sappiano <---siciliano <---sociologica <---teologia <---teologico <---terrorismo <---Adesso <---Antropologia <---Benedetto Croce <---Berlino <---Bisogna <---Bologna <---Cagliari <---Chiesi <---Cominciò <---Corea <---Corriere della Sera <---Diplomatica <---Entro <---Ernesto De Martino <---Finita <---Fuori <---Gramsci <---Guarda <---Jugoslavia <---La Chiesa <---Lascio <---Locoe <---Mussolini <---Oliena <---PCUS <---Pensiero filosofico <---Prophetismus <---Psicanalisi <---Sarà <---Scienza politica <---Siniscola <---Slesia <---Stati <---Storia religiosa <---The Hague <---Tornano <---Ustica <---anticolonialista <---antifascisti <---antropologia <---antropologica <---anziane <---apprendista <---autonomista <---biologica <---biologico <---burocratismo <---cattolicesimo <---centralismo <---classista <---colonialista <---colonialisti <---conservatorismo <---cristianesimo <---dell'America <---dell'Asia <---differenziano <---economisti <---escatologico <---espressionismo <---fanatismo <---fasciste <---feudalesimo <---filologica <---gramsciana <---gramsciano <---hitleriano <---idealista <---idealisti <---immobilismo <---indiano <---infantilismo <---lismo <---militarismo <---mutismo <---naturalismo <---nazismo <---nisti <---oggettivismo <---paganesimo <---paternalismo <---persiane <---positivismo <---profetismi <---profetismo <---protestantesimo <---psicologiche <---razionalismo <---sacerdotalismo <---siciliana <---siciliani <---simbolismo <---sincretismo <---sociologico <---stalinista <---studiano <---teologica <---testimoniano <---vogliano <---zarista <---Afrique Noire <---Alpi <---Andate <---Archives de Sociologie <---Artiglieria <---Aspettate <---Autorità <---Balzac <---Barbagia <---Baronia <---Beria <---Berlina <---Biologia <---Braque <---Buenos Aires <---Buonasera <---Capodanno <---Christianity <---Cipro <---Clinica <---Col <---Cuba <---D'Annunzio <---Dentro <---Diego Carpitella <---Discipline <---Ebrei <---Egitto <---Elettronica <---Emiliano Succu <---Eranos Jahrbuch <---Fai <---Filosofia della storia <---Frazer <---Fundales <---Genetica <---Giustizia <---Giù <---Gold Coast <---Hitler <---Horn-Wien <---Ibsen <---Indonesia <---Kimbangismo <---Lanusei <---Le Monde <---Leeuw <--- <---Lévy <---Lévy-Bruhl <---Mamojada <---Materiali di Storia <---Mereu Giuseppe <---Mircea Eliade <---Murate <---NATO <---NEP <---Nenni <---New Haven <---Non parlare <---Northern Rhodesia <---Nuovo Testamento <---Orani <---Orgolese <---Orulu <---Pasquale Tanteddu <---Passò <---Patria <---Potete <---Presidente <---Principi del leninismo <---Problemi <---Proceedings <---Psichiatria <---Pure <---Qui <---Regno di Dio <---Religions <---Repubblica <---Resta <---Robbe Grillet <---Sarai <---Sassari <---Scienze naturali <---Senato <---Shakespeare <---Sicilia <---Società <---Sopramonte <---Spagnoli <---Statistica <---Storia universale <---The <---Torno <---Tornò <---Troia <---Turchia <---Ungheria <---Urzulei <---Van Gogh <---Zeitschrift <---abbracciano <---analfabetismo <---annunciano <---antagonismo <---antagonista <---antropologiche <---archeologiche <---assolutismo <---astrattismo <---attivisti <---autonomisti <---biologia <---brasiliani <---cambiano <---classiste <---collezionisti <---conformista <---cristiane <---d'Israele <---d'Oro <---decadentismo <---dell'Accademia <---dell'Alto <---dell'Esercito <---dell'Occidente <---dell'Ottocento <---denunziano <---dogmatismo <---egoismo <---empirismo <---esistenzialismo <---estremismo <---etnologica <---etnologiche <---etnologici <---eufemismo <---fenomenologica <---fenomenologico <---fisiologica <---fisiologico <---formalismo <---guardiano <---hegeliana <---hitleriani <---illuminismo <---internazionalismo <---lanciano <---marciano <---meccanicismo <---messianismo <---metodologia <---metodologica <---millenarismo <---minacciano <---misticismo <---mitologiche <---mitologie <---morfologico <---nativisti <---naturalisti <---nazionalismi <---nazionaliste <---nell'Europa <---nell'Italia <---ontologia <---ontologico <---ostruzionismo <---personalismi <---pigliano <---positivista <---positivisti <---professionista <---proselitismo <---provincialismo <---psicologismo <---razzista <---realisti <---reumatismi <---riconquista <---riformista <---rigorismo <---sentimentalismo <---separatista <---separatisti <---simbologia <---sincretismi <---sindacalismo <---snobismo <---sociologiche <---staliniani <---stalinismo <---stalinisti <---statalismo <---tecnologico <---teologici <---tismo <---trasformismo <---trotskisti <---umanismo <---viaggiano <---virtuosismo <---Abbiate <---Abissinia <---Accendi <---Acustica <---Ad Ustica <---African <---African Studies <---Afrique <---Agricoltura <---Ah <---Ahi <---Allora <---Almeno <---Alto Commissario <---Altri <---Amburgo <---American <---Americhe <---Amsterdam <---Ancora <---Angius <---Anno V <---Antonio Gramsci <---Apocalisse <---Aragona <---Arborea <---Archives de Sociol <---Aritmetica <---Aritzo <---Armi <---Arrivò <---Arts <---Ascolta <---Aut-Aut <---Avere <---Avete <---Babbo <---Babemba <---Babilonia <---Bakongo <---Basterà <---Bastide <---Bernstein <---Bevan <---Bibbia <---Bitti <---Borneo <---Brahms <---Budapest <---Buddismo <---Bulganin <---Bulletin <---Buoni <---Bwiti <---C.P.P. <---Calabria <---Calmati <---Campidano <---Cananei <---Canzoniere <---Capitano <---Capo <---Cargo Cult <---Carogne <---Carta de Logu <---Castro <---Catgiu <---Celere <---Cercherò <---Cercò <---Che Dio <---Chiama <---Chianti <---Chiliasmus <---Christus <---Civiltà Cattolica <---Clemenceau <---Codice <---Colonia <---Commissione <---Congo <---Congo Belga <---Contestado <---Corraine Nicolò <---Corrias <---Cosi <---Credetemi <---Cremlino <---Cristo Negro <---D.C. <---Dal <---Dare <---De Sanctis <---Delacroix <---Diecine <---Disgraziatamente <---Ditemi <---Diversi <---Domus <---Don Carlo <---Donna Beatrice <---Dresda <---Eleonora Giudichessa di Arborea <---Engels a Paul <---Entrò <---Etudes <---FIAT <---Famagosta <---Fang del Gabon <---Farmaceutica <---Farmacia <---Fedone <---Figlia <---Filologia <---Filosofia della natura <---Fisiologia <---Floris Raffaele <---Fonetica <---Fonni <---Formosa <---Forza del Destino <---Fosse <---Francesco De Sanctis <---Frobenius <---Funtana <---Galvano Della Volpe <---Gangas <---Garbatella <---Gegenwart <---Gehalt <---Geova <---Germania Occidentale <---Germania Orientale <---Gerusalemme Liberata <---Gettò <---Ghost Dance <---Giamaica <---Giambattista Vico <---Giappone <---Giava <---Gigantes <---Giolitti <---Giovanni Gentile <---Giudicato di Arborea <---Giudice Istruttore <---Giulio Einaudi <---Giunti <---Giuseppe Lovicu di Orgosolo <---Grande <---Grave <---Gregorio I <---Guardò <---Gusdorf <---Hamburg <---Handbook <---Handsome Lake <---Hemingway <---Himmler <---History <---I Promessi Sposi <---Ibid <---Il Messaggero <---Il XX <---Images <---Incominciò <---Indios <---Indipendentemente <---Ingegnere <---International Review <---Ioro <---Isaiah Shembe <---Iui <---Jamaican <---Jensen <---Joazeiro <---John Rave <---John Wilson <---Jung <---Junge Welt 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<---Mythologie <---Nativismus <---Nicò <---Nocera Inferiore <---Non lo so <---Nord <---Nord e Sud <---Nuova <---Nuova Guinea <---Nuraghi <---Nyassa <---Ogliastra <---Ogni <---Ohi <---Onorato Succu <---Ontologia <---Orgurui <---Orotelli <---Osporrai <--- <---P.C.I. <---Paese <---Pais-Serra <---Pakistan <---Palermo <---Papa <---Parco <---Partito Comunista <---Passano <---Paul Ernst <---Paura <---Pausania <---Pedagogia <---Peggio <---Peiotismo <---Piazza <---Pierre Janet <---Pii <---Poichè <---Ponte <---Ponte Milvio <---Ponte Vecchio <---Porta <---Portò <---Posta <---Prata <---Presidente del Consiglio <---Preuss <---Primitive Psychology <---Prophétisme <---Proust <---Présence Africaine <---Psicoanalisi <---Psicopatologia <---Pubblica Sicurezza <---Puligheddu <---R.D.A. <---RAFFAELE CRIVARO <---Rabelais <---Rapallo <---Ras Tafari <---Raul Castro <---Reaction <---Religious <---Repubblica Democratica Tedesca <---Repubblica Italiana <---Resistenza Europea <---Retrospettivamente <---Rhodesia <---Rhytmus <---Ricominciò <---Rinascimento <---Rinascita <---Risorgimento <---Riuscì <---Rivista <---Rivista di Antropologia <---Robbe-Grillet <---Robert Volmat <---Rodolfo Morandi <---Roosevelt <---Ruhr <---S.E.D. <---S.S. <---Sacro <---Salutandola <---Salvemini <---Santissimo Padre <---Sartre <---Sarò <---Saverio Tutino <---Savona <---Scese <---Schlosser <---Schouten <---Scienze sociali <---Semantica <---Senti <---Serra-Sanna <---Sierra Leone <---Signore <---Singapore <---Society <---Sociologia religiosa <---Solares <---Soldi <---Sperò <---Spesse <---Stato guida <---Statti <---Stia <---Storia locale <---Storia moderna <---Storia mondiale <---Storia sociale <---Studi <---Sud <---Sukarno <---Sundkler <---Sverdlov <---Svizzera <---Tanno <---Te-Ua <---Tecnologia <---Terzo Programma <---The Ghost <---Thoreau <---Thule <---Togliatti <---Tola <---Tor <---Tortoli <---Trattoria <---Traversò <---Trotzki <---Trovandosi <---Tua <---Uganda <---Uno di noi <---Untersuchungen <---Uppsala <---Urzeit <---Valle Padana <---Varsavia <---Venuti <---Verlaine <---Vescovo <---Villagrande <---Wade Harris <---Watch Tower <---Wehrmacht <---Weltanschauung <---Wowoka <---Zinoviev <---Zio Alfonso <---Zootecnia <---abbaiano <---affacciano <---anticolonialismo <---anticomunismo <---anticomunista <---anticomunisti <---antifasciste <---antifeticista <---antimperialista <---antinazionalisti <---antisocialista <---antistregonista <---antropologici <---antropologico <---appaiano <---archeologica <---astrattisti <---atlantismo <---australiani <---autonomiste <---autopiste <---autoritarismo <---avviano <---bolscevismo <---bruciano <---burocraticismo <---capitaliste <---carrierismo <---cipazionista <---classicismo <---comparativismo <---conformiste <---conformisti <---crociani <---d'Aosta <---d'Asia <---d'Austria <---d'Avorio <---d'Azione <---d'Egitto <---d'Ivoire <---d'Orient <---d'Ottobre <---danubiana <---dell'Avana <---dell'Esilio <---dell'Idea <---dell'India <---dell'Industria <---dell'Ordine <---dell'élite <---democristiano <---disfattismo <---dispotismo <---economista <---emancipazionismo <---emancipazionista <---engelsiana <---ermetismo <---eroismi <---escatologia <---espressionisti <---estetismo <---etimologico <---etiopiste <---feticista <---feudalismo <---filologia <---fisiologia <---fisiologici <---freudiana <---futurismo <---gentiliana <---giolittiana <---giudaismo <---gnoseologico <---gradualismo <---gramsciani <---grossista <---hegeliano <---hitleriane <---ideologismo <---imbrogliano <---immanentismo <---indigenista <---indonesiana <---indonesiani <---indonesiano <---industrialismo <---intellettualismo <---intrecciano <---irredentismo <---irredentista <---junghiana <---junghiani <---kantiana <---kantiano <---kimbangista <---laburista <---laburisti <---latifondisti <---leninisti <---machiavellismo <---magismo <---marxiana <---marxiste <---massimalismo <---massimalista <---materialista <---messianismi <---metodologiche <---metodologici <---militarista <---mitologico 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Duro <---Alberto Goddi <---Alberto Lorenzo Padilla <---Alberto Mi <---Albino da Silva <---Alcesti <---Alchemie <---Alchemìe <---Alcuni <---Aldo Serio <---Aldrich <---Alejo Carpentier <---Alessandra Riccio <---Alessandro D'Ancona <---Alessandro Neri <---Alessandro Nievskii <---Alexander Bedward <---Alexander Mitscherlich <---Alexei Karpov <---Alfarache <---Alfredo Guevara <---Alice Lenshina Mulenga <---Aliena <---Aliud <---All Souls <---Alla C I <---Alla Camera del Lavoro <---Alla Conferenza <---Alla Direzione <---Alla F <---Alla Prefettura <---Alla U I L <---Allaert <---Allah Walter Cult <---Alleati <---Allentò <---Allgemeine Psychopathologie di Jaspers <---Allinearli <---Allineàti <---Allocutiones <---Allontanatisi <---Allontanatosi <---Allontanò <---Allò <---Alphonses <---Alta Italia <---Altro <---Alzati <---Alzo <---Alzò <---Amakhehlane <---Ambrogio Fornet <---Ambrogio Lorenzetti <---Ambrosio Fornet <---Amedeo Fontana di Brescia <---America Archeology <---American Academy 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