Brano: [...]e floridezza mai raggiunta dal teatro in Italia, lo strato capitalistico dominante, costituito dai tre proprietari di teatro già nominati, si era consolidato con un accordo monopolistico, il cui primo e immediato programma, in previsione del triennio 191821, doveva esser quello di consolidare con un contratto tipo il dominio dei loro interessi sulle aziende capocomicali. Contro il trust SuviniZerboniChiarelliParadossi costituitosi sotto forma di Consorzio, la Lega dell'Arte Drammatica dette il grido d'allarme ai capocomici; e questi, appoggiati anche dalla Società degli Autori, trovarono il piú battagliero rappresentante dei loro interessi in Ermete Zacconi, proprietario della compagnia a lui intitolata.
Sull'Avanti! di Torino, prima ancora che questa lotta fosse impostata sul terreno economico, Gramsci aveva rilevato i pericoli del trust sul terreno culturale. « Torino — egli aveva scritto il 25 maggio 1916,
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sotto il titolo « Sfogo necessario » — è diventata una buona piazza per il trust che regola il mercato a[...]
[...]i spettacoli teatrali sostituiti da « un pullulare malsano di varietà e di canzonettisterie ».
Un anno dopo, il male si aggrava: gli spettacoli di varietà, operette, vaudevilles si sono allargati, hanno preso posto in tutti i teatri di prosa. Sotto il titolo « L'industria teatrale », il 28 aprile 1917, Gramsci scrive: « Torino è diventata una fiera, Barnum è diventato il dio tutelare della attività estetica e del gusto dei torinesi. Barnum o il consorzio teatrale: Barnum o il trust dei fratelli Chiarella ».
Qui Gramsci denunzia lo spirito animatore dell'industria teatrale, tal quale esso si rivelava allora di fronte al caffèconcerto (e tal quale si rivela oggi di fronte alla rivista): « lo spirito dell'accumulatore di quattrini, cieco, sordo, insensibile a tutto ciò che non sia cespite di guadagno. Se domani sarà provato che è piú che conveniente adibire i teatri a rivendita delle noccioline americane e dei rinfreschi ghiacciati, l'industria teatrale non esiterà un istante a farsi rivenditrice di noccioline e di ghiacciate, pur mantenendo ne[...]
[...]i che certamente deriveranno, e già cominciano a derivare, al teatro drammatico, l'industria teatrale, osserva Gramsci, non si preoccupa poiché, a causa del monopolio e della perversione del gusto, i suoi affari prosperano ugualmente. Perché dovrebbero, infatti, preoccuparsi i proprietari teatrali? Le compagnie, scrive Gramsci, « se vogliono vivere e lavorare devono passare sotto le forche caudine dei patti, dell'ingerenze, dei repertori, che il Consorzio impone ».
Fissiamo subito la nostra attenzione su questi tre temi proposti da Gramsci: patti, ingerenze, repertori; poiché si tratta di una tematica quanto mai attuale per porre in discussione le ragioni che impedivano allora e tanto piú impediscono oggi — in una situazione nuova ma analoga — quella libertà del teatro che è condizione assoluta per la sua esistenza.
Quanto ai patti, salvo alcune clausole addirittura leonine da tempo
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superate, essi sono oggi ancora, sostanzialmente, quegli stessi del contratto tipo preparato a quel tempo dal trust degli esercenti e che [...]
[...] società accaparratrice di repertorio nazionale e straniero) l'ingerenza ministeriale ha, come è noto, sotto il governo fascista e quello democristiano, raggiunto il piú alto grado, rappresentando essa la ragione basilare del regime delle sovvenzioni, predisposto appunto in modo da soffocare ogni libertà del teatro. La censura fa il resto, sopprimendo tutto quello che al sovvenzionatore sia sfuggito di sopprimere.
Nel conflitto scoppiato fra il consorzio monopolistico degli esercenti ed i capocomici, Gramsci prese posizione contro il Consorzio, pur mettendo in evidenza il rapporto di forca ed impiccato, fra capocomico e scritturato. Su tutta una serie di sfruttamenti, infatti, quello del capocomico, quello dell'esercente, e — diventato oggi sempre piú grave — quello del proprietario delle mura (che ha cominciato ad imporre la sua partecipazione agli incassi lordi dello spettacolo) poggia la struttura economica del teatro italiano; sfruttamenti tutti che aggravano la crisi del teatro, ele
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vando il costo dello spettacolo e del biglietto d'ingresso, e che possono essere eliminati soltanto dai teatri comu[...]
[...] soltanto dai teatri comunali.
Gramsci muove contro la gretta politica degli « accumulatori di quattrini » , che, avendo in programma l'accondiscendere ai gusti degli amatori di banalità, contribuisce all'abbassamento di livello del gusto generale.
Alla reazione della ditta Chiarella, che aveva id monopolio dei teatri torinesi e genovesi e che protestava contro le note dell'Avanti! egli risponde informando i lettori dell'Avanti!: «II trust del Consorzio teatrale ha già escluso dai teatri di Torino Ermete Zacconi; ora anche Emma Gramatica è caduta in ostracismo ». E poiché questa nobilissima artista, che Gramsci loderà per un tentativo di lotta per l'arte, non accettava le forche caudine del trust, l'organo milanese del Consorzio attaccò volgarmente l'artista, rimproverandole di « non fare interesse », di non rendere, cioè, tanto in quattrini, quanto ne rendevano le compagnie di pochades.
Per completare l'accenno al conflitto fra il trust degli esercenti ed i capocomici, che impegnò Gramsci a favore di questi ultimi, ricorderemo che, dopo un inutile convegno del luglio a Milano, di cui Gramsci parla negli articoli « Ancora i fratelli Chiarella », e « L'industria teatrale », fra esercenti capocomici ed attori, si formò, 1'11 ottobre 1917, presieduta da Zacconi, l'Associazione dei capocomici. La Lega degli Attori Dramm[...]
[...]emo che, dopo un inutile convegno del luglio a Milano, di cui Gramsci parla negli articoli « Ancora i fratelli Chiarella », e « L'industria teatrale », fra esercenti capocomici ed attori, si formò, 1'11 ottobre 1917, presieduta da Zacconi, l'Associazione dei capocomici. La Lega degli Attori Drammatici, e cioè dei salariati dell'industria capocomicale, dette ai suoi datori di lavoro tutta la sua solidarietà nella lotta da essi impegnata contro il Consorzio: l'Argante fu per molto tempo l'organo ufficioso di Zacconi e per molto tempo fu tessuto l'idillio della collaborazione fra attori e capocomici, salariati e padroni. Sulla validità e continuità di tale collaborazione, gli attori ebbero possibilità di meditare lungamente, allorché, un paio d'anni dopo, nel 1919, gli attori si fecero a chiedere all'Associazione dei capocomici miglioramenti economici. Zacconi disconobbe la Lega el'ingiuriò, ma dové piegarsi innanzi ad uno sciopero compatto.
Ad altro sciopero gli attori furono costretti in Milano nel gennaio 1922: durò circa un mese e fu sorrett[...]