Brano: QUESTIONE DI PRATI
I
César Borgne posò sul tavolo una bottiglia di grappa con il tappo ancora affondato nel collo. « Questa », disse, « per festeggiare ».
« Oh », disse Salomone Croux. « Compi gli anni? ». Sapeva, come tutti in paese, che Borgne aveva venduto un prato, il suo unico prato. Lo aveva venduto a un industriale di Biella, certo Marconi o Maltoni. Questo tale era capitato quassù una domenica e si era — come dicono i ricchi — innamorato del luogo. Sul prato di Borgne avrebbe costruito una villa. Una villa in cemento armato, più finestre che muri, con riscaldamento centrale, garage e relativa strada d'accesso. Tutto si sapeva, tutto fuorché una cosa: quanto Borgne avesse preso del prato. Il geometra del comune era stato chiamato solo per rilevare i confini. Il compromesso e[...]
[...]garage e relativa strada d'accesso. Tutto si sapeva, tutto fuorché una cosa: quanto Borgne avesse preso del prato. Il geometra del comune era stato chiamato solo per rilevare i confini. Il compromesso era stato stilato in città nello studio di un dottore commercialista. Un affare misterioso. Tanto più misterioso in quanto nessuno, non essendo questa una zona di ville, aveva mai venduto un prato a gente di fuori. « Cosi », disse Salomone Croux, « compi gli anni. Beh, auguri ».
«Auguri vivissimi », disse l'altro, il ragazzo Attilio Glarey, e sorrise.
« Ho venduto il prato », disse César Borgne. « A un industriale. Ci costruisce una villa. Una villa in cemento armato, con riscaldamento centrale, garage e tutto il resto. E un signore. E il più grosso industriale di Biella ».
« Bel colpo », disse il ragazzo Attilio Glarey.
Così », disse Salomone Croux, « hai venduto un prato s.
« Già », disse César Borgne.
«Che prato? ».
« Che prato? Il mio. Il prato sotto il canale ».
« Proprio un bel colpo », disse il ragazzo Attilio. Sorrideva.
« Pe[...]
[...]ande ma nemmeno diventa più piccolo. Quest'anno ci hai fatto tre fieni. L'anno venturo ci fai tre fieni. Tutti gli anni ci fai tre fieni. Più buoni, meno buoni, sono sempre tre fieni. Venisse anche il diluvio universale, quando l'acqua scola via cosa trovi? Il tuo prato. Questo, nella mia testa ignorante, è un prato ». Parlava lentamente, teneva la mano destra aperta con il palmo all'insù e le dita allargate come vi reggesse il prato, la fissava compiaciuto come se le fienagioni vi si susseguissero l'una via l'altra. Quindi chiuse la mano destra a pugno per significare che il prato non c'era più e dischiuse la sinistra sollevandola a scatti come vi facesse saltare monete. « E il danaro? Cos'è il danaro? Guardate quella bottiglia. E o non è piena di grappa? ».
César Borgne non voleva mostrarsi condiscendente. Tuttavia non poté fare a meno di guardare la bottiglia. Altrettanto fece il ragazzo Attilio.
« Per forza è piena », disse il ragazzo Attilio. « E ancora da stappare ».
« Dunque è piena», disse Salomone Croux. « E una bottiglia piena[...]
[...]oneva il bicchiere, alzava una mano ed arricciava la punta di un baffo, ora questa, ora quella; questa in fuori, quella in dentro. `L'avrei dato via in ogni caso', si diceva, pensando al prato. `In ogni caso'.
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S'arricciava un baffo in fuori, lanciava un'occhiata al ragazzo Attilio. L'approvazione di Attilio: bella roba! Quel figlio di una madre e di chissà quanti padri. Quella mezza cartuccia. Uno che a diciannove anni compiuti — ci avrebbe messo la mano sul fuoco — l'amore lo faceva solo con il proprio cuscino. César beveva un'altra sorsata, deponeva il bicchiere, lanciava un'occhiata a Salomone. `Sta a vedere se questo porco pensa che ho fatto un cattivo affare o se parla per invidia'. Si arricciava la punta dell'altro baffo, in dentro, . rabbiosamente. È che a lui non gliele andava mai bene una. Come guida era un fallito. Beveva. Forte e in gamba com'era, s'annoiava a portare clienti in montagna. Bevendo, partendo già dalla base con le gambe incerte e la testa annebbiata, si avviliva, s'abbassava al loro livel[...]
[...]« Non ci credo. César non lo farà ».
«Quando sei sbronzo sei intelligente », disse César a Salomone. Ma aveva dispetto che Salomone avesse indovinato il suo piano. « E poi, dimmi, poi che si fa? ».
« Poi, poi, poi », canticchiò Salomone.
« Vedi, non sai niente. Oh, oh Claretta, oh » disse César dando la voce alla mucca che procedeva sempre più a strappi. Se si rompeva
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una gamba, guastava tutto. « Poi si suona a martello. Compito tuo, Salomone. Tutto ciò che è rumore è compito tuo ».
« Non ci credo », disse il ragazzo Attilio. « Fate i furbi. Io so che fate i furbi ».
« Quando tutto il paese è riunito », seguitò César, « caliamo Claretta in piazza e la cuociamo ». La mucca esausta, si era fermata. César la lasciava riposare. Non mancava ormai che una decina di gradini. « La cuociamo allo spiedo ».
« Allo sspiedo! », disse gioiosamente Salomone. « Una mmucca allo sspiedo! ».
« Con questo freddo? » disse il ragazzo Attilio.
« Chi non dorme mangia e chi mangia non ha freddo », sentenziò César. « E chi non mangia è perché è invidioso. E chi è invidioso si impicc[...]
[...]re ondeggiava. Una delle due, la cosa non cambiava, la folla lo tirava giù.
Nel medesimo istante in cui, sparato da Cyprien Berthod, un colpo di fucile '91 raggiungeva la mucca a mezzo la fronte e l'abbatteva, César Borgne, mollata la presa, piombava giù senza un grido.
XIII
« Grappa », sospirò. Era caduto nel triangolo fra campanile, lavatoio e pioppo. In quel punto vi era un mucchio di neve accumulata dall'assessore Chénor il quale aveva il compito, dopo ogni nevicata, di
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QUESTIONE DI PRATI
aprire il passaggio alla chiesa e al lavatoio. César vi era precipitato di schiena, ne aveva sfondato la crosta gelata, vi era sprofondato fino al collo. Dalla neve emergevano il viso, reso ancor più terreo dalle macchie scure dei baffi, le avambraccia con le maniche a brandelli e le mani spellate, scarnificate, sanguinolente. La sua unica mossa fu di aprire un occhio, uno solo. Lo rinchiuse subito e restò a palpebre abbassate. « Grappa », ripeté in un sospiro.
Prima ancora che si riavessero coloro che dalla piazza avevano assistito alla [...]