Brano: [...]ciava in dentro. Adesso, ogni qualvolta, tra una sorsata e l'altra, deponeva il bicchiere, alzava una mano ed arricciava la punta di un baffo, ora questa, ora quella; questa in fuori, quella in dentro. `L'avrei dato via in ogni caso', si diceva, pensando al prato. `In ogni caso'.
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S'arricciava un baffo in fuori, lanciava un'occhiata al ragazzo Attilio. L'approvazione di Attilio: bella roba! Quel figlio di una madre e di chissà quanti padri. Quella mezza cartuccia. Uno che a diciannove anni compiuti — ci avrebbe messo la mano sul fuoco — l'amore lo faceva solo con il proprio cuscino. César beveva un'altra sorsata, deponeva il bicchiere, lanciava un'occhiata a Salomone. `Sta a vedere se questo porco pensa che ho fatto un cattivo affare o se parla per invidia'. Si arricciava la punta dell'altro baffo, in dentro, . rabbiosamente. È che a lui non gliele andava mai bene una. Come guida era un fallito. Beveva. Forte e in gamba com'era, s'annoiava a portare clienti in montagna. Bevendo, partendo già dalla base con le gambe[...]
[...] che gli avanzava nel bicchiere di Attilio. Rovesciato il proprio bicchiere, lo premeva con la mano lunga e ossuta. Era disgustato per la grossolanità di César, irritato per
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le ore di sonno sprecate, rabbioso perché già sentiva bruciare lo stomaco. Con tutto ciò nemmeno gli passava per il capo di andarsene. Era li e ci stava. Stava immobile, la mano ad artiglio sopra il bicchiere rovesciato, lo sguardo strabico fissato su chissà quale punto del tavolo. E un uomo senza baffi, si diceva César Borgne, meditando. E senza baffi, non beve, non ha una donna. Che uomo è? Non è un uomo. Una donna non è. Cos'è? È un rospo. Prendi un rospo, guardagli sotto la pancia e provati a dire se è maschio o femmina. È un rospo ma se fosse una rana sarebbe lo stesso. Con tutto ciò, se Salomone se ne fosse andato, César si sarebbe infuriato. A uno che ha venduto il suo prato non si dice peccato, non si parla di disgrazia senza nemmeno sapere a quanto è stato venduto; senza spiegare perché.
Fortunatamente c'era anche il ragazzo Attilio. At[...]
[...]arantirsi tutto il fieno per la mucca. Gli dà le ventimila che gli doveva dalla primavera scorsa. E quello: « Oh, siamo diventati
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ricchi? ». Cretino era stato, cretino. Se teneva il debito, lo zio, pur di prendere un po' di quattrini, gli avrebbe dato altro fieno a credito. D'ora in avanti, invece, avrebbe preteso pagamento a consegna. Morale, quattro bigliettoni partiti. E non finiva qui. A casa, ecco la moglie lamentarsi: chissà quanti soldi spesi per quelle scarpe, come se lei non poteva tirare avanti con le scarpe vecchie, con quei soldi, piuttosto, andava ad Aosta e si faceva fare la radiografia, si, era inquieta, adesso non poteva più stare zitta, era troppo inquieta, da tre notti sognava serpenti. Serpenti? Si, serpenti: vipere. E va bene, andasse ad Aosta. Si capisce, quando si diventa ricchi, nascono le esigenze. Una donna incinta sogna vipere? Occorre la radiografia. Viaggio, visita, radiografia: un altro bigliettone. Un altro bigliettone? Cosa volete che sia un altro bigliettone? Ce n'é tanti. Ce n'é tanti a[...]
[...]entire cosa ne pensa Salomone. Che io sappia, Salomone ha trattato molti prati in vita sua. Ha trattato prati contro prati. Prati contro denaro mai. Non sa cosa farsene, Salomone, del denaro. Né di uno né di due mucchi di denaro ».
« In questo caso César é un disgraziato », disse Attilio, « e non c'è nulla da fare. Per tutta la vita sarà un disgraziato ». Quasi, in un ritorno di affetto, s'inteneriva. Reagì. « Che farci? Se l'è voluta lui ».
« Chissà », disse Salomone con voce distaccata, come parlasse di una persona lontana. « Infinite sono le vie del Signore. Può darsi che gli vada bene. Tutto può darsi. Ti ricordi Pession Eliseo? Era malato di cancro e nessun medico gli dava più di tre mesi di vita. Invece é morto un anno dopo e non di cancro. È morto perché, per paura del cancro, si é buttato nella Dora ».
« Povero Eliseo », disse il ragazzo Attilio.
« E Brunod? Ti ricordi la notte in cui bruciava il fienile di Brunod? ».
« Di Luigino Brunod? », disse il ragazzo Attilio.
« Non c'era uno che non giurasse che il fuoco gli avrebbe pr[...]
[...]tondità del ventre della bestia ed i muri del vicolo vi era uno spazio di pochi palmi. Se fosse stato pássibile, avrebbe gridato. Anche questo gli era impossibile. La paura lo soffocava. Quando, superato un ostacolo e riavutosi un poco, apriva la bocca, una nuova emozione — un sobbalzo più forte, lo spigolo di una casa, il buco d'ingresso di una stalla seminterrata, un trave sporgente da un muro — gli frantumava il grido in gola. Una sola volta, chissà come, gridò. Fu quando gli si parò innanzi, basso, nero e minaccioso, l'arco di pietra che copre il passaggio dal vicolo alla piazzetta della chiesa. « Mamma », gridò, appiccicò il viso al collo della mucca e chiuse gli occhi, certo di dover morire.
Quando li riapri, si trovò sulla neve. Sopra di lui c'era la cappa di nebbia grigia e bassa come un coperchio. Tra lui e quel coperchio dondolava una massa tondeggiante. Era il ventre della mucca Claretta. La mucca beveva, il muso immerso nel lavatoio fino alle narici fumanti. Oltre le gambe della mucca c'erano le gambe di César.
César riaccese [...]
[...]a, in effetti, non durò che pochi istanti. Il tutto, dacché il frastuono della padella precipitata in fondo al campanile aveva imbestialito Claretta, era durato meno di mezzo minuto.
X
«Oh! », chiamò Salomone Croux dalla fine della rampa. I minuti passavano, c'era buio e silenzio, solo un lieve chiarore, dall'esterno, lasciava intravedere il posteriore della mucca che ostruiva lo sbocco. Salomone si sedette. « Oh! ». Nessuna risposta. Rise: « Cchissà ccosa diavolo ccombina ».
Uno scalatore, un capocordata che venga a trovarsi in difficoltà quand'è in parete, due cose non deve fare: non deve guardare giù e non deve gridare. César Borgne non aveva guardato giù e non aveva gridato. Aggrappato saldamente alla sbarra di ferro, il corpo penzoloni nel vuoto, annaspava con i piedi alla ricerca di un appiglio, anche piccolo, su cui poggiare almeno la punta degli scarponi. Ne trovò uno insperatamente comodo. Senonché, non appena riversatovi sopra una parte del peso, l'appiglio cominciò a muoversi. Era la lancetta lunga dell'orologio del campanile.[...]
[...]sso per la vendita del prato; a mezzoggiorno era in un'osteria a far chiacchiere con i cugini di Valtournanche (lo zio tale che si è preso una brutta malattia, la vedova talaltra che ha sposato uno della Finanza, i prezzi, le tasse); a sera era in casa con la moglie che parlava di vipere (hanno sempre presentimenti, le donne, maledette loro) e le bambine che si contendevano i regali del Bambin Gesù; un'ora fa beveva e spaccava bottiglie; adesso, chissa perché, doveva morire. Chissa perché. Perché era un disgraziato, ecco tutto. Nato disgraziato, vissuto disgraziato, morto disgraziato. Non poteva capitare a Salomone di salire davanti alla mucca? Certo. Bastava dirglielo. Invece a Salomone capitavano tutte le fortune. A che scopo? Per morire ottantenne nel suo letto, solo come un cane, con un patrimonio di prati e di mucche che non sapeva a chi lasciare? Non si diceva, in paese, che Salomone era iettatore? Lo era, lo era. Diceva: `Vedete questa bottiglia piena di grappa? Ebbene, è vuota'. E la bottiglia era vuota. `Ne hai un'altra?', diceva `Se ne hai un'altra sei a posto[...]