Brano: [...]he volesse schiaf_ feggiarmi, ma non mi avrebbe mai raggiunta perché era troppo grassa e si muoveva con difficoltà.
Mai come allora desiderai il mare, perché la mia sete cresceva col passare dei giorni e anche senza sognare, ormai, vedevo la massa d'acqua, viola o verde che fosse, precedermi sempre di pochi passi. E ciò che mi faceva venire il mal di stomaco, era la coscienza di non potere mai raggiungere quel mare.
Quando vennero a prendermi, chiesi che mi portassero al mare, ma non mi ascoltavano; anzi seppi poi che volevano linciarmi, quelli della casa, e anche Trento. Sono certa che ci fosse anche lui perché l'ho visto io stessa lanciarsi contro di me imprecando e tutti gli altri lo seguivano.
Nel trambusto non mi ero accorta che tutta la parte superiore del mio corpo, dalla vita alla gola, era fasciata, di modo che potevo a stento respirare. Chiesi che mi togliessero quell'affare di dosso perché non potevo muovere le braccia; ma anche allora nessuno mostrò di ascoltare ciò che dicevo; in seguito imparai che quella era una camicia di forza. Lo imparai dopo vari giorni che vi ero imprigionata dentro ed ero contenta di averlo imparato perché io voglio sempre conoscere i nomi delle cose. In quel caso, poi, dopo avere dormito due notti abbracciata da quelle fasce, era giusto che io chiedessi e ottenessi la risposta: ecco, ero chiusa nella camicia di forza, in una stanza dai muri imbottiti. Mentre cercavo di addormentrmi rotolando su me stess[...]
[...]e dormito due notti abbracciata da quelle fasce, era giusto che io chiedessi e ottenessi la risposta: ecco, ero chiusa nella camicia di forza, in una stanza dai muri imbottiti. Mentre cercavo di addormentrmi rotolando su me stessa, infagottata a quel modo, mi ricordai improvvisamente dei miei libri. Mi alzai a sedere e cercai di appoggiarmi in modo da non cadere all'indietro. Come avevo fatto a dimenticare i miei libri durante quei giorni? Me lo chiesi tante volte,
140 DACIA MARAINI
ma non trovavo una risposta che potesse soddisfarmi. Infine rinunziai a capire perché mi fossero usciti di mente; la cosa più urgente a questa punto era di scoprire il mezzo di riaverli presso di me.
Per non abbandonare questo pensiero che mi appassionava, non tentai neppure di dormire quella notte. La mattina dopo avevo preso la decisione di tornare a casa subito, per prendere i libri. Se non mi avessero lasciato andare, sarei scappata, ancora non sapevo come, ma ero certa di trovare il modo: mi ero accorta che si occupavano poco di me. Ma era urgente che mi[...]
[...]vevo mai visto capelli così lunghi e biondi, li paragonavo mentalmente ai miei, neri e lisci, e pensavo che doveva essere piacevole passare le mani fra quei capelli sparsi sulla coperta, ciondolanti. sul bordo del letto.
Aveva il corpo piccolo e piccoli i tratti, ma i capelli più lunghi delle braccia. Cantava canzoni di cui inventava le parole mano a mano che svolgeva il motivo, ma non alzava mai troppo la voce. Non so perché fosse li né glielo chiesi mai, amavo pensare che fosse una regina e la guardavo con curiosità ma anche ammirazione. Lei non guardava mai nessuno in faccia e si voltava verso il muro ogni volta che qualcuno entrasse nella stanza.
Tutto il giorno giocava con i propri capelli e la notte si agitava nel letto come se avesse caldo; una volta ricordo di avere sentito il battito dei suoi denti.
Mi accorsi presto che qualcun altro la guardava così attentamente come la guardavo io: era la spia, la ragazza che dormiva nel letto accanto al mio. Mi disse Lode, con cui feci subito amicizia, che la spia era innamorata di Coccolett[...]
[...]uava a pettinarsi i capelli con le dita, interamente voltata verso il muro.
Lode mi aveva detto che un giorno o l'altro sarebbero venuti a prendermi per il processo, ma io non le avevo creduto, e poi me ne ero completamente dimenticata, specialmente al tempo del suicidio della spia. Perciò mi meravigliai quando venne la donna bianca a prendermi e mi disse di infilare il grembiule pulito.
Cercai Lode ma in quel momento non era nella stanza. Non chiesi niente perché della donna angelo mi fidavo poco; tanto sapevo già che mi avrebbe rassicurata con uno dei suoi sorrisi e molte parole buone ma poco chiare e anche poco vere, come avevo avuto modo di constatare altre volte.
La seguii per i corridoi fino alla stanza della direttrice; mi presentò all'avvocato. « Siedi li », disse, « e rispondi con attenzione alle domande che ti farà questo signore ».
Tutti e tre mi guardavano con curiosità; l'avvocato prese a passeggiare e per la stanza, la direttrice disse che ero ana brava ragazza. Par. RI di me come se non fossi presente, dicendo che ero un [...]
[...]cio allentò la stretta un attimo per prendere la mia testa con tutte e due le mani e sbatterla contro il muro due o tre volte. Può darsi che preso dall'entusiasmo giocasse con la mia testa per più di un quarto d'ora, ma io sentii solo tre colpi netti, come se assaggiassi il muro con la lingua; e un sapore di calce farinosa si diffuse nella mia bocca; quindi smisi di pensare perché avevo troppo sonno.
Nella camera di sicurezza trovai la spia; le chiesi che cosa facesse li ma lei non rispose. Ciò che mi colpi fu l'odore di gabbia che riempiva la stanza; un odore troppo dolce di bestie sudate e aspro di disinfettante. Cercai una finestra, ma, non trovandola, poggiai la testa contro le mie braccia e cercai di dormire.
Durante la notte vennero a prendermi; pensai che mi portassero nella mia stanza, avevo voglia di vedere Lode per parlarle delle mie avventure di quella mattina. Mi alzai contenta e seguii i due infermieri che mi spingevano dolcemente verso la porta. Invece di salire al primo piano, capii dal freddo che eravamo giunti in giardino[...]