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SAGGI E STUDI
LAHONTAN E GLI ARGOMENTI DEL SELVAGGIO
Ne signare quidem aut partiri limite campum I Fas erat... (Virgilio)
L'importanza degli scritti di Lahontan, nel loro duplice aspetto di documento e di costruzione ideologica, non è da scoprire. Dirò anzitutto che tale importanza non mi sembra direttamente condizionata dalla celebre categoria storiografica, oggi contestata 1: il mito del buon selvaggio. Ma che si dica mito o tema o fenomeno di opinione (Mauzi), il buon selvaggio è da un lato proiezione, dall'altro strumento; comporta un elemento fantasmatico e un elemento ideologico; la sua interpretazione implica problemi storici ed etnologici che appaiono sullo sfondo di ogni analisi. E un fatto che l'europeo del SeiSettecento, quali che fossero le sue reali motivazioni, ha provato un'intensa curiosità per un uomo (il selvaggio) remoto e dissimile: per quest'uomo o per le immagini che potevano offrirne relazioni e testimonianze. Gli scritti di Lahontan ci inducono a qualche osservazione sul modo in cui tali immagini potevano essere concepite e presentate come accessibili e suggestive.
1. Lahontan è un testimone diretto, un attore. Si riferisce piú volte alla sua esperienza personale, alla sua vita e ai suoi rapporti con i selvaggi: « Si je n'avois pas entendu la langue des Sauvages, j'aurois pu croire tout ce qu'on a écrit à leur égard, mais depuis que j'ai raisonné avec ces Peuples [ ... ] » 2. Dichiara di conoscere non solo la loro lingua, ma anche i loro costumi e quello che chiama le génie des Sauvages. Avverte però di aver dovuto prendere, nei confronti della sua materia, qualche precauzione di
1 Cfr. in particolare G. GLrozzr, Adamo e il Nuovo Mondo, Firenze, 1977, Introduzione e passim.
2 Rimando a LAHONTAN, Dialogues curieux entre l'auteur et un sauvage de bon sens qui a voyagé et Mémoires de l'Amérique Septentrionale, ed. G. Chinard, Baltimore etc., 1931, p. 92. Questa edizione sarà citata con la semplice indicazione della pagina, preceduta dalle abbreviazioni DL (= Dialogues) o MM (= Mémoire[...]
[...]o che chiama le génie des Sauvages. Avverte però di aver dovuto prendere, nei confronti della sua materia, qualche precauzione di
1 Cfr. in particolare G. GLrozzr, Adamo e il Nuovo Mondo, Firenze, 1977, Introduzione e passim.
2 Rimando a LAHONTAN, Dialogues curieux entre l'auteur et un sauvage de bon sens qui a voyagé et Mémoires de l'Amérique Septentrionale, ed. G. Chinard, Baltimore etc., 1931, p. 92. Questa edizione sarà citata con la semplice indicazione della pagina, preceduta dalle abbreviazioni DL (= Dialogues) o MM (= Mémoires).
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tipo espositivo: « Le Lecteur est prié de ne pas trouver mauvais que les pensées des Sauvages soient habillées à l'Européane » (MM, 81).
Non entrerò in merito alle determinazioni soggettive di Lahontan, che in parte si possono desumere dal testo. Egli dà il suo nome a uno dei due interlocutori dei Dialogues, che però, lungi dall'esprimere le opinioni dell'autore, esprime opinioni pressoché contrarie. Difensore d'ufficio della società francese, il Lahontan dialogante giudica la morale e i costumi dei selvaggi[...]
[...]RUSSO
tipo espositivo: « Le Lecteur est prié de ne pas trouver mauvais que les pensées des Sauvages soient habillées à l'Européane » (MM, 81).
Non entrerò in merito alle determinazioni soggettive di Lahontan, che in parte si possono desumere dal testo. Egli dà il suo nome a uno dei due interlocutori dei Dialogues, che però, lungi dall'esprimere le opinioni dell'autore, esprime opinioni pressoché contrarie. Difensore d'ufficio della società francese, il Lahontan dialogante giudica la morale e i costumi dei selvaggi in base a criteri convenzionali ed inconsistenti, che pretende di imporre come assoluti. Espone tesi dogmatiche, accusando il suo interlocutore, il selvaggio Adario, di non andar oltre « l'apparenza delle cose » (DL, 191): agli occhi del lettore, tuttavia, tale apparenza si configura per lo più come semplice evidenza. Pur dichiarandosi in possesso di « ragioni solide » (DL, 170), il Lahontan dialogante ritiene che Adario sia incapace di intenderle. Sembra non aver dubbi sulla sua superiorità di uomo civilizzato; quando si trova a corto di argomenti, non si discosta dalla sua abituale sufficienza: « Il y auroit tant de choses à raconter sur cette question qu'il me faudroit quinze jours pour te les expliquer » (DL, 179).
Non che il dialogante non riconosca (e non ammiri) certe qualità dei selvaggi, collettive o individuali; ma mostra di pensare che tali qualità, per essere realmente e pienamente positive, dovrebbero esercitarsi nel quadro del suo sistema. Ciò significa che, secondo lui, i valori dei selvaggi, se di valori si tratta, non sono autonomi: cosí, mentre non può « stancarsi di ammirare l'innocenza di tutti i popoli selvaggi » (DL, 174), continua a credere ch'essi debbano essere istruiti e catechizzati. Inutile dire che siffatti interventi producono presso i lettori un effetto di persuasione contrario alla loro formulazione letterale. Se il Lahontan dialogante dice ad Adario: « [ ... ] la portée de ton esprit ne s'étend pas d'un pouce au dessus de la superficie de la Terre » (DL, 168), i lettori saranno indotti a protestare contro questo giudizio sprezzante, vi saranno anzi costretti da un qualsiasi confronto con le argomentazioni del selvaggio.
Come infatti Adario, che è dotato (anche il suo interlocutore più volte lo riconosce) di un'intelligenza viva e penetrante, potrebbe essere incapace di comprendere ragionamenti tutt'altro che peregrini? Si tratta in realtà di un procedimento, nel quale i lettori del Settecento, come hanno mostrato le ricerche di Maurice Roelens 3, videro quasi concordemente un espediente a cui ricorse l'autore per esprimere il suo proprio pensiero. Come scrisse Jacob
Cfr. M. RoELENs, Lahontan dans l"Encyclopédie' et ses suites, in J. PRousT (et al.), Recherches nouvelles sur quelques écrivains des lumières, Genève, 1972, pp. 163 ss. (questo studio presenta ed analizza interessanti testimonianze sul destino postumo di Lahontan).
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Brucker, semper enim succumbit Hontanus, triumphat Adario. E come trionfa? In primo luogo, egli si mostra sempre o quasi sempre insoddisfatto delle rispos[...]
[...]e' et ses suites, in J. PRousT (et al.), Recherches nouvelles sur quelques écrivains des lumières, Genève, 1972, pp. 163 ss. (questo studio presenta ed analizza interessanti testimonianze sul destino postumo di Lahontan).
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Brucker, semper enim succumbit Hontanus, triumphat Adario. E come trionfa? In primo luogo, egli si mostra sempre o quasi sempre insoddisfatto delle risposte o delle spiegazioni che riceve: « C'est quelque chose d'étrange que depuis que nous parlons ensemble, tu ne me répondes que superficiellement sur toutes les objections que je t'ay fait; je voi que tu cherches des détours, et que tu t'éloignes toujours du sujet de mes questions » (DL, 179). Non si appaga né del ricorso all'autorità né della soggettività dell'opinione, ma richiede — naturalmente seguito, nella sua dianoia, dal lettore — prove e dimostrazioni. Le sue obiezioni non nascono dal pregiudizio, ma da tutta una serie di osservazioni e di ragionamenti coerenti. Adario ha confrontato la diversità dei costumi e quind[...]
[...]ns » (DL, 179). Non si appaga né del ricorso all'autorità né della soggettività dell'opinione, ma richiede — naturalmente seguito, nella sua dianoia, dal lettore — prove e dimostrazioni. Le sue obiezioni non nascono dal pregiudizio, ma da tutta una serie di osservazioni e di ragionamenti coerenti. Adario ha confrontato la diversità dei costumi e quindi diverse immagini dell'uomo. Non è, in quanto selvaggio, mero oggetto della curiosità o delle ricerche dell'uomo civile... Si può dire anzi che tale rapporto sia come invertito: « [ ... ] je te parle sans passion, plus je réfléchis à la vie des Européans et moins je trouve de bonheur et de sagesse parmi eux. Il y a six ans que je ne fais que penser à leur état » (DL, 199). Il suo pensiero e le sue tesi sono, agli occhi del lettore, le tesi stesse del buon senso.
2. Nella tradizione secolare delle concezioni e dei miti relativi alla bontà e alla felicità naturale, quale sarà l'apporto di un singolo autore? Un apporto limitato, certo, nella prospettiva della storia delle idee. Ma si offrono a Lahontan, come a non pochi viaggiatori prima di lui, elementi o frammenti di realtà che sembrano confermare la tradizione ideale. Esistono luoghi dove la felicità primitiva è ancora in atto. Esistono uomini che trovano la piú completa soddisfazione nella sorte e nei beni offerti dalla natura. Secondo il detto di Alain de Lille: Exiguum natura desiderat, opinio immensum 4. Ora il concetto di natura, pur nella molteplicità delle sue accezioni 5, implica il riferimento a una condizione dell'uomo conforme (o ritenuta conforme) alla sua essenza.
Non credo che si possa indicare nell'opera di Lahontan un'analisi e una distinzione teorica delle forme o degli attributi propri della condizione naturale. Vi si ritrova tuttavia, per dirla con Lovejoy e Boas (Primitivism,
p. 112), un'antitesi basilare fra la cOonç e il vóµos, e quindi l'idea che la cpúaLs possa permanere incorrotta solo nell'ambito di una società primitiva.
4 Summa de arte praedicatoria, cit. da G. BOAS, Vox Populi: Essays in the History of an Idea, Baltimore, 1969, [...]
[...]imitivism,
p. 112), un'antitesi basilare fra la cOonç e il vóµos, e quindi l'idea che la cpúaLs possa permanere incorrotta solo nell'ambito di una società primitiva.
4 Summa de arte praedicatoria, cit. da G. BOAS, Vox Populi: Essays in the History of an Idea, Baltimore, 1969, p. 58.
5 Vedi in proposito A. O. LOVEJOY e G. BOAS, Primitivism and Related Ideas in Antiquity, New York, 1965, pp. 12 ss. Cfr. anche B. TOCANNE, L'Idée de nature en France dans la seconde moitié du XVIIe siècle, Paris, 1978; J. EHRARD, L'Idée de nature en France dans la première moitié du XVIIIe siècle, Paris, 1963.
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I fatti attinti all'esperienza, i costumi dei selvaggi canadesi e la loro descrizione da parte di Adario, offrono molteplici illustrazioni di questa idea 6. Una vita naturale presuppone una società senza leggi: « Ha! vive les Hurons qui sans Loix, sans prisons, et sans tortures, passent la vie dans la douceur, dans la tranquillité, et jouissent d'un bonheur inconnu aux François » (DL, 187188). Dove non esistono leggi umane esistono però le leggi dell'istinto, che dettano atti e comportamenti indipendenti dalla prescrizione o dalla riflessione. L'istinto in quanto tale non può essere adulterato; mentre non vi è norma contraria all'istinto che sia, di fatto, osservata senza giustificabili cedimenti.
Furetière definiva i selvaggi « des hommes errans, qui sont sans habitations réglées, sans Religion, sans Loix, et sans Police ». Ma, nella misura in cui si mostrano consapevoli del pregio e del significato della loro condizione, i selvaggi divengono filosofi, Philosophes nuds, secondo l'espressione di Lahontan (MM, 76). Al termine è attribuita una connotazione positiva: verrà un giorno, dichiara Adario, in cui chiamerete selvaggi « tous les François qui seront assez sages pour suivre exactement les véritables règles de la justice et de la raison » (DL, 231). L'autore rivendica del resto apertamente, e non solo per bocca di Adario, la sua opzione: chi vede in lui un apologista dei selvaggi e (quindi) uno di loro, gli fa, senza saperlo, un grande onore (MM, 81).
Come è stato osservato', i viaggiatori del Seicento non si sono limitati a riesporre l'antica teoria della bontà naturale e primitiva, ma hanno cercato di suffragare la teoria con fatti e testimonianze. Tuttavia la tesi di fondo rimane l'idea o il presupposto che, per consenso universale, il male sia contro natura. Cosí Adario: « Y atil un seul homme au monde qui ne conoisse, que le mal est contre nature, et qu'il n'a pas été créé pour le faire? » (DL, 210). Le osservazioni degli Europei sulla bontà dei selvaggi recano la conferma di questo principio. Tale è, per Adario, la definizione dell'uomo: « J'appelle un homme celui qui a un penchant naturel à faire le bien et qui ne songe jamais à faire du mal » (DL, 184).
6 Ciò implica natural[...]
[...] con fatti e testimonianze. Tuttavia la tesi di fondo rimane l'idea o il presupposto che, per consenso universale, il male sia contro natura. Cosí Adario: « Y atil un seul homme au monde qui ne conoisse, que le mal est contre nature, et qu'il n'a pas été créé pour le faire? » (DL, 210). Le osservazioni degli Europei sulla bontà dei selvaggi recano la conferma di questo principio. Tale è, per Adario, la definizione dell'uomo: « J'appelle un homme celui qui a un penchant naturel à faire le bien et qui ne songe jamais à faire du mal » (DL, 184).
6 Ciò implica naturalmente il problema del valore etnografico dei Dialogues e degli scritti di Lahontan in generale. Nella sua introduzione a una recente edizione dei Dialogues (Paris, 1973, pp. 42 ss.), M. Roelens ha compiuto un primo e sommario esame di questo problema, concludendo che Adario (nella realtà: Kondiarok) non deve essere considerato un prestanome o una semplice comparsa. Sebbene siamo qui nel campo delle ipotesi, può sembrare significativo il fatto che l'interlocutore di Lahontan sia stato, nella realtà, un capo indiano ben noto, che ebbe effettivamente relazioni amichevoli con i Francesi.
7 Cfr. G. ATKINSON, Les Relations de voyages du XVile siècle et l'évolution des idées [...], Genève, 1972, p. 63 ss.
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Ma l'inclinazione naturale a fare il bene è propriamente un'inclinazione morale? Seneca vedeva nelle età primitive un'immagine dell'innocenza ma non della virtù: Non enim dat natura virtutem: ars est bonum fieri (ad Lucilium, xiv, 90, 44). Secondo questa concezione la natura non può sostituirsi all'arte, e cioè alla saggezza: giustizia, prudenza, forza d'animo. Tuttavia l'Adario di Lahontan non attribuisce la saggezza morale all'uomo, ma alla Natura che lo ispira: « Nous vivons simplement sous les Loix de l'instinct, et de la conduite innocente que la Nature sage nous a imprimée dès le berceau » (DL, 188). Segnato dall'impronta della Natura fino dalla culla, il selvaggio non si discosterà dalla bontà naturale. O, almeno, non se ne discosterà nella sua perfezione, poiché i Mémoires indicano nei popoli del Canada grandi differenze: gli uni sono buoni, gli altri. cattivi (MM, 149).
Sarebbe errato dedurne che l'innocenza dei selvaggi sia una condizione del tutto inconsapevole e (se cosí posso dire) animalmente istintiva. $ invece un valore, che Adario presenta come tale: « L'innocence de notre vie, l'amour que nous avons pour nos frères, la tranquillité d'âme dont nous jouissons par le mépris de l'intérest, sont trois choses que le grand Esprit exige de tous les hommes en général. Nous les pratiquons naturellement dans nos Villages [ ... ] » (DL, 181). Ciò che il grande Spirito esige da tutti gli uomini non è forse una morale universale? Il selvaggio che la mette in pratica non può forse configurarsi come un modello? È possibile limitare la sua libertà morale, la sua anima esente dalle passioni? Ma per questo l'Europeo, che ha conosciuto e conosce il morso delle passion[...]