Brano: RECENSIONI
FRIEDRICH NIETZSCHE, Scritti su Wagner, traduzione italiana di Sossio Giametta e Ferruccio Masini, con un saggio introduttivo di Mario Bortolotto, Milano, Adelphi, 1979, pp. 266.
senz'altro da Thomas Mann che Mario Bortolotto ha appreso la sottile arte di leggere Nietzsche contro Nietzsche stesso, tenendo conto cioè della natura bifronte, del geniale « strabismo » che consentiva al filosofo tedesco di guardare gli oggetti ad un tempo con l'occhio dell'amore e con quello dell'odio. D'altronde già in un altro suo bel saggio — Introduzione al Lied romantico, Milano, Ricordi, 1961 — Bortolotto si era riallacciato proprio a Mann per sostenere, contro la storiografia che ne collega la fioritura alle antichissime manifestazioni del canto tedesco, la tesi di un Lied romantico come fenomeno quasi ex nihilo nella storia della musica. Anche in questo nuovo saggio, Altra aurora, preposto agli scritti di Nietzsche su Wagner, Bortolotto trova non tanto, o non soltanto, nei vari Foucault, Lyotard, Bataille, ecc. piú volte citati nel testo, quanto piuttosto in Thomas Mann il musagete pronto a guidarlo attraverso l'intrico delle ambiguità e delle ambivalenze che intessono il rapporto tra il filosofo e il musicista.
L'analisi acuta e avvincente con la quale Bortolotto esamina quella specie di feuilleton che è stata la vicenda dell'amicizia e della successiva inimicizia tra i due, trova il suo ideale punto di riferimento nei saggi di Mann su Nietzsche e nel discorso su Wagner, col quale, nel 1933, lo scrittore tedesco si era guadagnato l'esilio dalla Germania bayreuthiana e nazista.
Senza lasciarsi infatti ingannare dalle dichiarazioni di appassionata ammirazione, né, tantomeno, dai furori e dalle veemenze, Bortolotto è pronto, sulle orme di Thomas Mann, a cogliere nell'idillio di Triebschen le diffidenze e i sospetti, nei pamphlets non tanto l'apostasia quanto piuttosto un atto di superiore fedeltà. Nella ripugnanza di Nietzsche per il wagnerismo, che egli fini per riconoscere in Wagner e non soltanto nei « wagneristi », Bortolotto decifra i segni di un amore mai sopito, il proposito di difendere Wagner contro Wagner stesso, di salvare, nella sua musica, le « piccole cose preziose », i frammenti sublimi, distaccandoli dall'affresco ipertrofico e magniloquente del WortTonDrama. Operazione di salvataggio che comporta però, da parte di Nietzsche, il misconoscimento della totalità raggiunta, dell'architettura perfettamente compiuta della musica di Wagner.
E da Bayreuth, insomma, non da Wagner che Nietzsche si difende. E, per tratteggiare lo spirito di Bayreuth, Bortolotto schizza la silhouette di Cosima « avvolta nel plaid[...]
[...]stesso, di salvare, nella sua musica, le « piccole cose preziose », i frammenti sublimi, distaccandoli dall'affresco ipertrofico e magniloquente del WortTonDrama. Operazione di salvataggio che comporta però, da parte di Nietzsche, il misconoscimento della totalità raggiunta, dell'architettura perfettamente compiuta della musica di Wagner.
E da Bayreuth, insomma, non da Wagner che Nietzsche si difende. E, per tratteggiare lo spirito di Bayreuth, Bortolotto schizza la silhouette di Cosima « avvolta nel plaid di cincillà » in attesa che si compia « la trasmutazione da Geneviève in Oriane ». Perché se Bortolotto è buon lettore di Mann, non meno lo è di Proust: tra le righe del suo saggio si indovinano infatti le emblematiche pagine che Proust ci ha dato del « cretinismo bayreuthiano », del quale l'esempio piú pregnante è pur sempre rappresentato dalle emicranie di Madame Verdurin.
Dalla matrice manniana — ed anche proustiana — l'analisi di Bortolotto si sviluppa e si evolve inserendosi nel filone della piú recente esegesi nietzschiana, quella che riscatta il filosofo tanto dalla indebita appropriazione nazifascista, quanto dalle
486 RECENSIONI
accuse di irrazionalismo avanzate da Lukács. Bortolotto ripensa infatti e verifica in chiave musicale gli schemi interpretativi che da Heidegger giungono fino a Deleuze, valendosi del fatto che il rigetto del mondo eticopolitico e della gerarchia dei valori è compiuto da Nietzsche anche, o meglio, soprattutto « in nome della musica ». Considerando quella di Nietzsche una critica essenzialmente profetologica, Bortolotto coglie in essa il filo rosso del « destino » della musica e osserva come esso conduca — se pur non a Cage o a Kagel, come vorrebbe invece il Lyotard — alle composizioni telluriche e alla parodia neoclassica di Strawinski. È dalla parodia infatti, dal riso e dall'operetta, oltre che dalla musica « mediterranea » di Bizet, che la profezia di Nietzsche prende le mosse. E a questo punto Bortolotto, ben lungi dagli « ohibò! » di un Anacleto Verrecchia, prende in esame la predilezione di Nietzsche per l'operetta mettendo in luce come essa significhi per il filosofo il trionfo della fisiologia ritmica e la gioia esaltante che scaturisce dallo scuotersi di dosso la gerarchia dei valori. Questo sarà il terreno sul quale Nietzsche tenterà di trarre anche Wagner e, paradossalmente, proprio l'ultimo Wagner, quello dell'ascesi e del misticismo.
Sarà infatti la musica ipnotica del Parsifal, che come un anestetico spoglia l'ascoltatore di ogni volontà, ad essere definita dal filosofo: « una musi[...]
[...]
Sarà infatti la musica ipnotica del Parsifal, che come un anestetico spoglia l'ascoltatore di ogni volontà, ad essere definita dal filosofo: « una musica da operetta par excellence ». In essa Nietzsche scorge una segreta intenzione di gioco e di parodia, « il supremo riso di superiorità su se stesso, il trionfo della sua ultima, suprema libertà di artista, della sua trascendenza di artista, un Wagner che sa ridere di se medesimo ». E, rincalza Bortolotto controbattendo il « non abbastanza » di Boulez, il Parsifal è davvero un dramma « per nulla » cristiano. Tesi in linea con quella sostenuta da Massimo Mila che ritiene questa un'opera non cristiana bensí nibelungica. Proprio tra i vapori misticheggianti del Parsifal Nietzsche ravvisa la redenzione di Wagner dai valori, il supremo riscatto della schlegeliana transzendentale Buffonerie.
Su questo Höhepunkt Bortolotto conclude un'analisi che ha tra l'altro il merito di colmare — insieme alle preziose note di Mazzino Montinari — i vuoti che staccano i tre scritti nietzschiani contenuti nel volume. Nonostante le lusinghe del titolo infatti la nuova edizione uscita presso la casa Adelphi, comprende soltanto i tre saggi: Richard Wagner a Bayreuth, Il caso Wagner e Nietzsche contra Wagner, rispettivamente nelle belle traduzioni di Sossio Giametta e di Ferruccio Masini. Non sono pertanto incluse le molte pagine che, a cominciare da quelle contenute nella Nascita della tragedia e in Aurora, stringono i nodi essen[...]
[...]uzioni di Sossio Giametta e di Ferruccio Masini. Non sono pertanto incluse le molte pagine che, a cominciare da quelle contenute nella Nascita della tragedia e in Aurora, stringono i nodi essenziali del rapporto tra il filosofo e il musicista.
Il saggio introduttivo è inoltre corredato da un'estesa bibliografia dalla quale è assente però la bellissima monografia di Gianni Vattimo — Il soggetto e la maschera, Milano, Bompiani, 1974 — nella quale Bortolotto avrebbe potuto trovare ulteriori elementi per focalizzare la questione della parodia, del riso e dell'operetta, poiché per Nietzsche nessun volto si cela dietro le maschere dell'esistenza e nessuna « verità » è possibile tranne quella che tintinna, variegata e multiforme, sul berretto a sonagli del buffone.
ANNA GIUBERTONI
LUCIANO GUERCI, Libertà degli antichi e libertà dei moderni. Sparta, Atene e i « philosophes » nella Francia del Settecento, Napoli, Guida, 1979, pp. 284.
C'est d'un discours célèbre de Benjamin Constant: De la liberté des anciens comparée à celle des modernes (1819), qu[...]