Brano: RECENSIONI
Livio Antonielli, I prefetti deU’Italia napoleonica. Repubblica e Regno d’Italia, Bologna, il Mulino, 1983, pp. 568.
Da tempo è stata avvertita l’opportunità di studiare con maggiore attenzione che nel passato la classe dirigente dellTtalia napoleonica; le risultanze di tale approfondimento dovrebbero chiarire diversi aspetti della politica francese verso PItalia e delle intenzioni anche recondite del Bonaparte riguardo la situazione italiana. Un’altra ragione di questo indirizzo di ricerca è quella di verificare il reale apporto dato dagli italiani al regime napoleonico e i limiti entro i quali si poteva parlare di una loro autonomia. Il lavoro dell’Antonielli, come emerge dal volume ora pubblicato, mostra come questo itinerario di ricerca sia proficuo e, oltre ad offrire nuovi elementi di giudizio, possa consentire di correggere luoghi comuni della storiografia tradizionale. Va precisato che il volume non comprende Papparato biografico dei 52 prefetti della Repubblica e del Regno che sarà pubblica[...]
[...]he per quanto riguarda la nomina dei prefetti, è abbastanza differente durante la Repubblica e durante il Regno. Nel primo periodo alla testa del governo italiano è il vicepresidente Melzi d’Eril che cerca di salvaguardare i caratteri nazionali; nel secondo periodo, con Eugenio viceré, prevale in modo deciso la volontà di considerare la situazione italiana nella prospettiva dei prevalenti interessi francesi.
Durante il periodo repubblicano il Bonaparte aveva lasciato una notevole libertà d’iniziativa al Melzi, vicepresidente della Repubblica, incaricato di provvedere anche alla designazione dei prefetti; il nobile milanese aveva ereditato lo238
RECENSIONI
spirito illuministico del Settecento lombardo, era alieno da atteggiamenti rivoluzionari e diffidente nei confronti dei vecchi giacobini tanto da essere verso di loro più rigido e intransigente del Bonaparte. Il Melzi avrebbe voluto designare quali prefetti uomini nei quali si trovassero, contemporaneamente, le qualità di proprietario (quindi non assillati da problemi economici e meno propensi, presumibilmente, alla corruzione) e di fautore del governo repubblicano senza precedenti compromissioni cisalpine; la difficoltà maggiore che il Melzi incontrò fu quella di trovare proprietari disposti ad abbandonare la loro residenza e la diretta cura dei loro affari per trasferirsi nei dipartimenti che venivano loro assegnati.
Secondo l’Antonielli, poche delle scelte operate dal Melzi risultarono posi[...]
[...]definitivo. Il lavoro dell’Antonielli consente di rilevare come non si possa parlare di completa liquidazione, nel periodo napoleonico, del personale di provenienza giacobina e cisalpina. Lo stesso Melzi, nonostante la diffidenza nutrita per i rivoluzionari, fu costretto a ricorrere ad alcuni di essi con risultati quasi sempre positivi; molti rivoluzionari proseguirono nella carriera amministrativa e politica e raggiunsero cariche importanti. Il Bonaparte non pensò mai di emarginare gli exrivoluzionari avvertendo come essi potessero costituire un fattore di equilibrio ed evitare involuzioni moderate destinate ad avere ripercussioni negative in una parte dell’opinione pubblica. Le qualità politiche di Napoleone emergono dalla ricerca dell’Antonielli il quale non può, d’altra parte, non evidenziare la fragilità della costruzione bonapartiana italiana e soprattutto il distacco tra gruppi dirigenti e larghi strati della popolazione che ha quale conseguenza la costante inquietudine dello spirito pubblico.
Attendiamo con interesse le biografie de[...]