Brano: [...]assero di riconoscere dei simboli di verità poetica nelle cose reali.
Tale necessaria difesa della propria verità non potrebbe mai giustificare, però, l'ignoranza, o l'assenza, o il rifiuto. Al contrario. Al romanziere (più che a qualsiasi altro artista), occorre — oggi, in special modo — la consapevolezza dei percorsi compiuti prima di lui, e del punto presente dal quale lui si muove. Per trovarsi maturo alla propria scelta, il romanziere deve avere esperimentato in sé la prova comune, fino all'ultima angoscia. E deve avere assi
26 ELSA MORANTE
milato in sé le verità del passato, e la cultura dei propri contemporanei. Avere assimilato, però, significa un arricchimento, e non una intossicazione, o un ingorgo.
Cosi, al momento della sua massima attenzione verso le cose reali (al momento, cioè, in cui si dispone a scrivere) lo scrittore dovrà fare il silenzio intorno a se stesso, e liberarsi da ogni schermo culturale, da ogni feticcio, da ogni vizio conformistico. La sua coscienza provata e matura, in quel momenta, dovrà raccogliersi e fissarsi su un unico punto: l'oggetto reale della sua scelta, inteso a confidargli la propria verità. Col sentimento avventuroso e quasi eroico di chi cerca un tesoro sotterraneo, e[...]
[...]ncese stendhaliano, dal suo inventore Stendhal.
Nella realtà poetica, propria del romanzo, un dialogo, per essere proprio vero, bisogna che sia inventato. La trascrizione documentaria di una realtà praticamente auditiva, rischia di ridursi, sulla pagina di un romanzo, a una larva spenta, che non dice nulla.
Quanto alla realtà puramente visiva predicata da una giovane scuola francese odierna (detta, se non mi sbaglio, du regard) confesso di non avere ancora letto nessuna delle opere prodotte da questa scuola; ma la sua tesi programmatica, così come é enunciata nella presente inchiesta, mi ispira qualche perplessità. Mi domando, difatti, per chi possa darsi mai una realtà puramente visiva, se non per una macchina fotografica; e in nome di quale « valore di verità » l'organismo, tutto altrimenti articolato e complesso, di un romanziere, debba costringersi a imitare il lavoro di un povero meccanismo ottico di bottega. Immagino che possa trattarsi di un degno esercizio ascetico: quale, a esempio, assistere ai concerti con gli orecchi imbottit[...]
[...]a alle brute funzioni fisiche: qua per la sordida, impossibile conservazione; e là per la cieca, impossibile repressione antiumana.
36 ELSA MORANTE
In conseguenza, bisogna che i romanzieri contemporanei siano rassegnati a dedicare quasi sempre le loro più care verità a lettori che ancora non sono nati, o che non sanno ancora leggere (è chiaro che non si tratta, qui, della capacità di leggere i rotocalchi, o i bollettini di propaganda. Si pile, avere studiato a scuola, e conoscere alla perfezione i caratteri romani o cirillici: e essere, tuttavia, imprigionati nell'analfabetismo).
El sueño de la razon produce monstruos. E in poche epoche, come nella presente, il sonno della ragione é stato assecondato, cullato, lusingato. Perfino le macchine prodotte dalla scienza, che dovrebbero rappresentare i monumenti della ragione, si riducono, invece, a dispensieri inerti di questo sonno senile. Ed é logico, allora, che, dentro una simile industria del sonno, la vera arte sia guardata come un'intrusione sovversiva, e poco raccomandabile.
Difatti, [...]
[...]del romanzo, appartengono, il più delle volte, proprio a simili tipi umani: paurosi, nel loro cuore, di ogni nuova verità poetica, e indotti a negarne l'apparizione troppo pericolosa per i loro piani, o per i loro vantaggi. Tanto più, allora, i poeti dovranno tener caro il massimo
valore della poesia e difenderlo dalle varie tentazioni interessate... E la crisi finirà (come diceva una canzonetta della nostra infanzia).
***
Mi sembra, così, di avere risposto coscienziosamente a tutte le domande della presente inchiesta. Mi rimane solo la domanda finale: quali siano i miei romanzieri preferiti, e perché; e a questa rispondo:
Omero; Cervantes; Stendhal; Melville; Cekof; Verga.
Perché questi sei poeti, più di tutti gli altri da me conosciuti, provocano sempre in me, a frequentarli, un aumento di vitalità straordinario. Tale che, più di una volta, nel corso (ormai funghetto) della mia vicenda, io credo di essere stata addirittura risuscitata dai morti, per la virtù loro.
ELSA MORANTE