Brano: [...]a ed. (la ed. 1948) e La Rivoluzione nell'arte moderna, trad. it. Milano 1961; F. ALTHEIM, Apokalyptik heute in `Die neue Rundschau', 1954, fast. 1; FRANE:LIN L. BAUMER, TwentiethCentury Version of the Apocalypse, in ' Cahiers d'histoire mondiale ' a cura della Commissione internazionale per una storia dello sviluppo scientifico e culturale dell'umanità, vol. I, 1954, pp. 623 sgg.; la raccolta di articoli di vari autori contenuti nel fascicolo s Apocalisse e Insecuritas a dell'Archivio di Filosofia diretto da E. Castelli, MilanoRoma 1954; H. FRIEDRICH, La lirica moderna, traduzione italiana, Milano 1961; R. VOLMAT, L'art psychopathologique, Parigi 1956; H. PETRICONI, Das Reich des Untergangs (con saggi su R. Wagner, E. Zola, M. Barrés, A. Kubin, O. Spengler e Th. Mann), Amburgo 1958; C. MAGRIs, Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna, Torino 1963; R. RUNCINI, I cavalieri della paura, in Passato e Presente n. 1617 del 1960; e, naturalmente, i saggi di Günther Anders.
(2) La tradizione apocalittica giudaicocristiana è esaminata in[...]
[...]le, rispetto al quale le diverse apocalittiche culturali, comunque atteggiate, si costituiscono tutte come tentativi, variamente efficaci e produttivi, di mediata reintegrazione in un progetto comunitario di essercinelmondo (5). Affinché sia chiaro il valore euristico del documento psicopatologico nel quadro di una ricerca storicoculturale e antropologica sulle apocalissi, occorre in via preliminare chiarire che cosa propriamente si intende per «apocalisse psicopatologica », tanto più che si possono avanzare seri dubbi sulla opportunità di considerare unitariamente, sotto questa denominazione, stati psichici morbosi cui la psichiatria attribuisce un diverso significato clinico. I vissuti di depersonalizzazione e di derealizzazione a carattere semplicemente psicastenico (nel senso di Janet), i vissuti deliranti primari di un oscuro mutamento di senso della realtà nella schizofrenia incipiente, il vero e proprio delirio schizofrenico di fine del mondo, il delirio di negazione nella melancolia, la fine del mondo come elemento allucinatorio di uno [...]
[...]ttica verso il futuro. Per quanto clinicamente diverso possa essere il modo di manifestarsi di questo precipitante finire, e diverso il modo col quale il malato si rapporta ad esso, ció che qui denuncia il carattere morboso è la caduta della energia della valorizzazione della vita, il mutamento di segno della stessa possibilità dell'umano su tutto il fronte dell'umanamente e intersoggettivamente valorizzabile. Qui dunque noi siamo di fronte alla apocalisse come rischio di non poterci essere in nessun mondo possibile, in nessuna operosità socialmente e culturalmente validabile, in nessuna intersoggettività comunicante e comunicabile. Il documento psicopatologico della fine mette a nudo tale rischio con una evidenza esemplare, e già solo con ciò consente di valutare più concretamente la qualità tendenzialmente opposta delle apocalissi culturali, almeno nella misura in cui la loro dinamica rende percepibile una mediata restituzione di operabilità del mondo, una riapertura di fatto verso determinate prospettive co
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mu[...]
[...]ni di scienza, alcuni dei quali descrivevano le forme immutabili delle specie animali, altri spiegavano la quantità di energia che si conserva integralmente nell'universo; ero li, davanti ad una finestra i cui vetri avevano un determinato indice di rifrazione. Ma che deboli barriere! Immagino sia per pigrizia che il mondo si rassomigli tutti i giorni. Oggi aveva l'aria di voler cambiare. E allora tutto, tutto poteva accadere.
Percosso da questa apocalisse degli oggetti, Roquentin fugge dalla biblioteca, percorrendo Bouville in un disperato vagabondaggio alla ricerca di un ambito familiare della realtà che gli permettesse di ricostituire il mondo in atto di perdersi: un espediente al quale del resto aveva già ricorso, come quando aveva ten
tato di difendersi dai primi vissuti di mutamento ascoltando il rassicurante rumore dei passi del commerciante di Rouen. Ma questa volta l'espediente é meno efficace:
Al principio di via Tournebride mi sono voltato e ho contemplato con disgusto il caffè illuminato e deserto. Al primo piano le persiane erano[...]
[...]a: il Caffè dei Bretoni, il Bar della Marna. Mi fermavo, esitavo un poco dinanzi alle tendine di tulle rosa: forse questi caffè ben tappati erano stati risparmiati, forse racchiudevano ancora una particella del mondo di ieri, isolata, dimenticata. Ma avrei dovuto spingere la porta, entrare. Non osavo. Temevo s'aprissero da sole. Ho finito col camminare in mezzo alla strada...
Il mondo familiare, appaesato, dell'utilizzabile, appare dunque, nell'apocalisse vissuta da Roquentin, recedere verso l'assurdo. Questa recessione é inaugurata in modo improvviso e indominabile, a proposito di occasioni estielnamente banali. L'avventura esistenziale di Roquentin, iniziatasi d'un tratto, in un certo giorno del gennaio 1932, a proposito di episodi minuti come quello del sassolino sulla spiaggia, prosegue con episodi altrettanto minuti e occasionali, come l'incontro con l'autodidatta, col bicchiere di birra, con le bretelle di Adolfo e con i libri della biblioteca pubblica di Bouville. Come dice Albert Camus in Le mythe de Sisyphe, la sensibilità assurda ha [...]
[...]l quadro di una possibile «fine del mondo»:
E se capitasse qualcosa? Se d'un tratto si mettesse a palpitare? Allora s'accorgerebbero della sua presenza e gli sembrerebbe di sentirsi scoppiare il cuore. A che cosa gli servirebbero, allora, le loro dighe, i loro argini, le loro centrali elettriche, i loro alti forni, i loro magli a va
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pore? Ciò potrebbe succedere in qualunque momento, magari subito: i presagi ci sono.
La apocalisse immaginata da Roquentin si sconfigura come irruzione del mostruoso: i vestiti avvertiti come viventi, la lingua che diventa un millepiedi vivo, l'occhio beffardo che la madre scopre nella screpolatura della carne rigonfia del bambino, l'apparizione di cose nuove per le quali occorrerà trovare nomi nuovi, come l'occhio di pietra, il gran braccio tricorno, l'allucegruccia, il ragnomascella. Lo stesso andamento dell'annunzio apocalittico ricorda quello delle profezie bibliche: «E si accorgeranno che le loro vesti sono divenute cose viventi. E un altro si accorgerà che qualcosa lo solletica nella[...]
[...]tale confronto non significa affatto assumere che il personaggio letterario Roquentin possa essere valutato come un caso clinico (ovviamente solo persone reali possono essere in una prospettiva medica valutate come casi clinici), né d'altra parte tale confronto significa che si intende ridurre La nausée ad un sintomo o ad una serie di sintomi utili per concorrere a formulare una diagnosi relativa alla persona reale del suo autore. Tuttavia fra l'apocalisse di Roquentin e quelle variamente attestate dal documento psicopatologico sussistono a somiglianze» tali da porre in modo non eludibile un problema di confronto e di rapporto, un problema che non può essere risolto con la dogmatica affermazione che si tratta di casuali somiglianze e di sostanziali diversità. Ancor meno il problema può essere eluso con qualche semplificante congettura di comodo, quale sarebbe p. es. quella che a spiegare certe « somiglianze » basta il fatto che Sartre ha utilizzato la sua conoscenza della Allgemeine Psychopathologie di Jaspers. In fondo, dietro la varia resiste[...]
[...]della comunità cristiana primitiva, la grande prova della sua produttività culturale. Questa epoca critica dovette assumere la forma di un'attesa spasmodica del ritorno del Risorto e del compimento immediato della sua promessa: a ciò accennano le
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individuare di volta in volta, anche per l'apocalittica d'oggi, l'opera mondana variamente qualificata che essa media e con
sente, risalendo la perigliosa china di cui l'apocalisse psicopatologica indica il rischio in modo esemplare. Nell'analisi dei prodotti dell'apocalittica d'oggi lo storico della cultura e l'antropologo sono quindi chiamati di volta in volta a misurare di quanto l'immediato finire della crisi radicale sia affrontato e oltrepassato nella sua incombenza paralizzante, nella sua attualità indicibilmente disforica, nella sua privata e incomunicabile fruizione euforica di paradisi terrestri e di ultramondi, ovvero nel suo furore distruttivo di tutto ciò che vive e che vale. Nell'analisi di questi prodotti spetta allo storico della cultura e all'antropolog[...]
[...]essi della crisi: ma proprio per assolvere questo compito, lo storico della cultura e l'antropologo non possono non avvalersi del sussidio euristico del documento psicopatologico.
D'altra parte il confronto della apocalittica d'oggi con le apocalissi psicopatologiche giova a mettere in evidenza come nella
apparizioni post mortem di Gesù agli apostoli e ai discepoli. Ma questi « ritorni del mortorisorto », che indirettamente testimoniano di una apocalisse imminente che rischiava di non lasciar più nessun margine operativo mondano, appaiono nel Vangelo riplasmati nel senso di restituire progressivamente respiro a quel margine, e di consentire quindi il dispiegarsi di una « civiltà cristiana ». Così l'Ascensione chiude il ciclo delle apparizioni di Gesù, suggellandone la fine con l'invito di non guardar più verso il cielo nell'attesa dell'immediato compimento della promessa: e con l'ultima apparizione di Gesù non la data della parusia viene comunicata, ma l'annunzio di una opera da compiersi sino agli estremi confini della terra mercè dello Spir[...]