Brano: [...]orché una cosa: quanto Borgne avesse preso del prato. Il geometra del comune era stato chiamato solo per rilevare i confini. Il compromesso era stato stilato in città nello studio di un dottore commercialista. Un affare misterioso. Tanto più misterioso in quanto nessuno, non essendo questa una zona di ville, aveva mai venduto un prato a gente di fuori. « Cosi », disse Salomone Croux, « compi gli anni. Beh, auguri ».
«Auguri vivissimi », disse l'altro, il ragazzo Attilio Glarey, e sorrise.
« Ho venduto il prato », disse César Borgne. « A un industriale. Ci costruisce una villa. Una villa in cemento armato, con riscaldamento centrale, garage e tutto il resto. E un signore. E il più grosso industriale di Biella ».
« Bel colpo », disse il ragazzo Attilio Glarey.
Così », disse Salomone Croux, « hai venduto un prato s.
« Già », disse César Borgne.
«Che prato? ».
« Che prato? Il mio. Il prato sotto il canale ».
« Proprio un bel colpo », disse il ragazzo Attilio. Sorrideva.
« Peccato », disse Salomone Croux.
«
Peccato? », disse César Bo[...]
[...]zzo Attilio. « E ancora da stappare ».
« Dunque è piena», disse Salomone Croux. « E una bottiglia piena di buona grappa. Uno è contento di avercela, no? Si, uno è contento di avercela. È tanta grappa. È un'intera bottiglia di grappa. Adesso ne prendi uno, due bicchieri, perché due? siamo in tre, ne occorrono tre. Facciamo tre bicchieri. La grappa è andata un po' giù? Eh, ce n'è, ce n'è tanta! Bevi e non ci pensare. Bevi e versa. È andata giù un altro po'? Eh, ce n'è tanta ancora tanta! ». César e Attilio tenevano gli occhi sulla bottiglia. Loro malgrado, gli occhi scivolavano lungo la superficie
QUESTIONE DI PRATI 75
liscia del vetro. « Un altro bicchiere? », disse Salomone Croux. « Certo. Ce n'è tanta! Cosa volete che sia un altro bicchiere! Un altro bicchiere è niente. Un altro ancora è niente. Un altro ancora è ancora niente. Mon djeu me! Cosa è successo? Cosa è successo? ». Salomone Croux si piegò in avanti fino a che i suoi occhi strabici non furono a un palmo dalla bottiglia. « È vuota! ». Sollevò la bottiglia contro l'orecchio, la scosse. « Vuota », confermò. « Com'è come non è, poco fa era piena sino al collo e adesso non ce n'è nemmeno una goccia per inumidire le labbra. Così, signori, è il danaro. Esattamente così ». Con una smorfia di sprezzo depose la bottiglia sul tavolo, riportò soddisfatto il busto all'indietro chiudendo a pugno anche la mano sinistra.
« Al diavolo », imprecò C[...]
[...]ttilio. L'approvazione di Attilio: bella roba! Quel figlio di una madre e di chissà quanti padri. Quella mezza cartuccia. Uno che a diciannove anni compiuti — ci avrebbe messo la mano sul fuoco — l'amore lo faceva solo con il proprio cuscino. César beveva un'altra sorsata, deponeva il bicchiere, lanciava un'occhiata a Salomone. `Sta a vedere se questo porco pensa che ho fatto un cattivo affare o se parla per invidia'. Si arricciava la punta dell'altro baffo, in dentro, . rabbiosamente. È che a lui non gliele andava mai bene una. Come guida era un fallito. Beveva. Forte e in gamba com'era, s'annoiava a portare clienti in montagna. Bevendo, partendo già dalla base con le gambe incerte e la testa annebbiata, si avviliva, s'abbassava al loro livello. Ormai, se ancora gli capitavano clienti, una, due volte per stagione, erano fanatici che si lasciavano incantare dal nome: la guida César Borgne, della famosa famiglia dei Borgne. Una seconda volta, con César Borgne, non tornavano più. Come contadino, non parliamone. Nella divisione paterna aveva [...]
[...]ssa. Sarai troppo duro per essere
ficcato in una cassa. Duro e secco come un baccalà ».
« Che discorsi », disse il ragazzo Attilio. « Io vado a letto ».
« Avanti, Salomone. Riempiamo il bicchiere e poi basta », disse
César.
« No ».
« Crepa ».
« Dopo di te », insisté Salomone.
« Uh », sbuffò il ragazzo Attilio. « Perché é venuto a guastarci la
festa ? »
« Come è venuto può andarsene », disse César.
III
Erano incattiviti l'uno contro l'altro, i due anziani, e ciascuno contro se stesso. S'eran ficcati in un vicolo cieco senza speranza di un solo passo avanti; Salomone per sapere quanto César aveva preso del prato, César per sapere cosa ne pensava Salomone.
Salomone aveva travasato la grappa che gli avanzava nel bicchiere di Attilio. Rovesciato il proprio bicchiere, lo premeva con la mano lunga e ossuta. Era disgustato per la grossolanità di César, irritato per
QUESTIONE DI PRATI 79
le ore di sonno sprecate, rabbioso perché già sentiva bruciare lo stomaco. Con tutto ciò nemmeno gli passava per il capo di andarsene. Era li e ci s[...]
[...]come te ne intendi di donne », disse Salomone. Era contento che il ragazzo avesse riportato il discorso sull'affare del prato. Lo provocava appunto per farlo parlare.
Attilio arrossi. « Ne so un bel po' più di te », disse. « A me César dice sempre tutto. Sa che di me si può fidare ».
Salomone staccò la mano da sopra il bicchiere, ma solo per un momento, solo per agitare un dito nell'aria. « No, non ci credo. Un uomo parla di affari solo con un altro uomo ».
Era un'aperta provocazione. « Infatti », ribatté Attilio, « a te non. dice niente. Non vedi che non ti dice niente? Lo sai, tu, quanto ha preso del prato? Io lo so. So che ha preso tanti, tanti quattrini, che adesso si comprerà... un'automobile ». Era stato incerto se dire toro o automobile. Appena detto automobile, la cosa gli parve perfettamente verosimile.
« Un'automobile? Per farne? », disse Salomone simulando credulità e meraviglia.
« Si, un'automobile rossa. E il giorno in cui lo vedrete arrivare in paese sull'automobile rossa, creperete tutti d'invidia ».
César Borgne immag[...]
[...]entavano crampi. Per fortuna non dovette rispondere perché il ragazzo Attilio intervenne con foga. « Dove la tiene? Dove vuoi che la tenga? La tiene in garage. Con i soldi che ha preso cosa vuoi che sia costruire un garage? So tutto, io. So che César sta trattando il terreno. E un prato di Belfront Augusto. Sarà un garage come ce n'è uno ad Aosta, con la saracinesca che va su e giù da sola. Si preme un bottone, vrrram, va sottoterra. Si preme un altro bottone, vrrram, torna su. César ha ordinato il progetto a un geometra d'Ivrea, vero César? ». Più Attilio inventava, più si sentiva sicuro. La cosa non era soltanto verosimile, era vera. Non temeva smentite.
« Per ora ho fatto fare solo il progetto della saracinesca che va su e giù », riuscì a dire César, accompagnando la frase con una smorfia cattiva. Non era cattiveria. Era dolore. Erano i crampi che diventavano insopportabili. Con una mano si comprimeva il ventre, con l'altra si pizzicava una coscia e ne torceva la pelle; perché, come si dice, chiodo scaccia chiodo.
Salomone Croux non s[...]
[...] uomo forte, duro, tenace quale César. Premette il ventre con entrambe le mani, disse con voce supplichevole: « Basta, basta, non ne posso più ». Ed esplose. La grande bocca si spalancò con una secca detonazione seguita da un rovinare di risa miste a singhiozzi. Il busto gli si rovesciò indietro contro lo schienale della panca. Di li, con un contraccolpo, si ripiegò in avanti fino a toccare con la fronte il piano del tavolo. Tra uno scroscio e l'altro emetteva, nel tentativo di prendere fiato, fischi aspirati, striduli e acuti, irresistibilmente comici. Salomone non ebbe tempo di sentirsi interdetto. Investito dallo scoppio di César, anch'egli si rovesciò all'indietro, senza fiato, mentre la risata gli montava a ondate su per la gola. Gli usci come staffetta, una risatina. Cercò, serrando le labbra, di resistere. Non era sua abitudine ridere. Non voleva assolutamente ridere. Le ondate trattenute gli si comprimevano in gola. Contrasse il viso in una smorfia arcigna. Al limite della resistenza un rantolo gli sfuggi dalle labbra. Attraverso i[...]
[...]er Salomone il fischio aspirato di César che tentava di prendere fiato. Anche Salomone si sforzava di frenarsi, di calmarsi. Pensava a sua moglie morta, pensava a com'era brutta quando l'avevano messa dentro la bara. Inutile, tutto inutile. In questo trascinarsi a catena la risata montava, si dilagava, raggiungeva proporzioni assurde rispetto al motivo che l'aveva originata. « Basta, basta », supplicava l'uno. « Smettila, sacrenom », imprecava l'altro. Se poi i loro sforzi combinati sortivano l'effetto che l'uno e l'altro accennava a quietarsi, bastava che i loro occhi umidi s'incontrassero perché il riso inesauribile, riprendesse a sgorgare. Tra i due, offeso, torvo, i gomiti piantati sul tavolo e la testa affondata nei pugni, stava il ragazzo Attilio. Tanto più il ragazzo Attilio si incupiva, tanto più gli altri erano costretti a ridere; e viceversa.
Alla lunga, esausti, i due anziani si calmarono. E mentre s'asciugavano gli occhi e soffiavano il naso, accadde che César riempisse, insieme al proprio, il bicchiere di Salomone e Salomone non protestasse, che tenesse, anzi, il bicchiere alzato finché César non[...]
[...]pere quanto hai preso del prato. Non mi interessa », disse Salomone.
« Bene. Allora non parliamone più ».
« Non mi interessa », ripeté Salomone. Meditava. Meditando portò il bicchiere alle labbra. Si ricordò che non voleva bere. Ripose il bicchiere sul tavolo. L'aveva appena posato che, meditando, tornò a portarlo alle labbra. Una buona grappa, distillata nella cantina di casa,. una grappa di pura vinaccia, brucia alle prime sorsate. Bevine un altro poco. Non brucia più. Bevine ancora. Più ne bevi, più ti sembra di bere acqua fresca. « Puoi aver preso molto, puoi aver preso poco; la cosa non cambia ».
« Cambia si », disse César.
« Non cambia », disse Salomone. « Uno che vive in una grande.
QUESTIONE DI PRATI 83
città, o ha il conto in banca o è un disgraziato. Uno di noi, o è padrone sulla sua terra o è un disgraziato ».
« Certo », scattò sù il ragazzo Attilio. « Certo. È un disgraziato ». « Tu sta zitto », disse César.
« Mettiamo che hai preso mezzo milione », disse Salomone. Fece una pausa e scrutò in viso César. César non reagì.[...]
[...]rarne uno uguale. Con il prato la prova non serve. Perché? Perché non troverai mai un prato uguale a quello che hai venduto ».
« Era un buon prato », disse il ragazzo Attilio.
« Stai facendo il furbo », disse César a Salomone. « Fai l'esempio del bicchiere e tu stesso dici che un prato è un'altra cosa ».
«Torniamo pure al bicchiere », disse Salomone. Portò il bicchiere vicino agli occhi strabici, lo rigirò sulla punta delle dita, sorseggiò un altro po' di grappa. « Mettiamo che non esista un bicchiere uguale a questo. Per sapere se ho fatto un affare buono o cattivo non ho che un mezzo : provo a ricomperare il bicchiere che ti ho venduto ».
« Vorresti dire... ». César adesso sudava. Beveva, sudava e si tirava in dentro la punta del baffo.
« Sei in gamba, César. Hai già capito. Per sapere se hai fatto un affare buono o cattivo non hai che un mezzo : provare a ricomperare
84 GIOVANNI PIRELLI
il tuo prato ». Il ragionamento chiudeva in modo così impeccabile che Salomone si sentì intelligente più di quanto già sapeva di esserlo. Si acco[...]
[...]», disse César. La voce gli tremava.
Salomone allargò le braccia. « Se invece è il Marconi che ha fatto un buon affare, lui si tiene il prato e tu il tuo cattivo affare. Amico mio, gli affari sono affari ».
César stette alcuni istanti zitto. Sudava e si asciugava la fronte con il dorso della mano. « Non ci vado. Non mi va d'andarci », disse impetuosamente, puntando l'indice contro Salomone. « Perché ho capito che, se ci vado, in un caso o nell'altro il fregato sono io. Non ci vado », ripeté mentre le vene del collo gli si facevano gonfie, « perché se me lo vedo davanti, l'industriale, il gran signore, finisce che gli spacco il muso. Pochi o molti, mi tengo i quattrini ».
« Ho capito », disse Salomone. « È come pensavo. Hai fatto un pessimo affare ».
« E invece no. Ho preso tanti soldi come tu nemmeno te li sogni ».
QUESTIONE DI PRATI 85
«Ah si? ».
« Si ».
« Quanti? »,
« Tantissimi ».
« Ecco », disse Salomone con tono calmo e distaccato. « E vuota ».
« Che cosa? », disse César trasalendo.
« La bottiglia. Pareva tanta grappa, tan[...]
[...] Valtournanche. Quanto tempo che non ci si vede, come mai da queste parti, sai che lo zio tale si é preso una brutta malattia, ricordi la vedova talaltra?, s'é risposata con un brigadiere della Finanza, i prezzi del fieno, delle patate, del vino, i prezzi di tutto, le tasse... pago io (erano finiti, naturalmente, all'osteria), eh no, non mi fate questa offesa, oggi no, un'altra volta, oggi pago io... Era dovuto andare al cesso a sfilare fuori un altro bigliettone perché le poche centinaia di lire che avanzavano del primo non erano sufficienti per pagare i due fiaschi più il mezzo litro di giunta. Arriva sù e va diritto da un suo zio che gli aveva dato del fieno. Adesso che il prato era stato venduto, gli toccava garantirsi tutto il fieno per la mucca. Gli dà le ventimila che gli doveva dalla primavera scorsa. E quello: « Oh, siamo diventati
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ricchi? ». Cretino era stato, cretino. Se teneva il debito, lo zio, pur di prendere un po' di quattrini, gli avrebbe dato altro fieno a credito. D'ora in avanti, invece, avrebbe pr[...]
[...]i per pagare i due fiaschi più il mezzo litro di giunta. Arriva sù e va diritto da un suo zio che gli aveva dato del fieno. Adesso che il prato era stato venduto, gli toccava garantirsi tutto il fieno per la mucca. Gli dà le ventimila che gli doveva dalla primavera scorsa. E quello: « Oh, siamo diventati
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ricchi? ». Cretino era stato, cretino. Se teneva il debito, lo zio, pur di prendere un po' di quattrini, gli avrebbe dato altro fieno a credito. D'ora in avanti, invece, avrebbe preteso pagamento a consegna. Morale, quattro bigliettoni partiti. E non finiva qui. A casa, ecco la moglie lamentarsi: chissà quanti soldi spesi per quelle scarpe, come se lei non poteva tirare avanti con le scarpe vecchie, con quei soldi, piuttosto, andava ad Aosta e si faceva fare la radiografia, si, era inquieta, adesso non poteva più stare zitta, era troppo inquieta, da tre notti sognava serpenti. Serpenti? Si, serpenti: vipere. E va bene, andasse ad Aosta. Si capisce, quando si diventa ricchi, nascono le esigenze. Una donna incinta sogna[...]
[...]come se lei non poteva tirare avanti con le scarpe vecchie, con quei soldi, piuttosto, andava ad Aosta e si faceva fare la radiografia, si, era inquieta, adesso non poteva più stare zitta, era troppo inquieta, da tre notti sognava serpenti. Serpenti? Si, serpenti: vipere. E va bene, andasse ad Aosta. Si capisce, quando si diventa ricchi, nascono le esigenze. Una donna incinta sogna vipere? Occorre la radiografia. Viaggio, visita, radiografia: un altro bigliettone. Un altro bigliettone? Cosa volete che sia un altro bigliettone? Ce n'é tanti. Ce n'é tanti ancora, tanti...
Salomone Croux lo osservava gongolante. Sbronzo e gongolante. Dei tre era l'unico con la sbornia allegra. La sbornia del ragazzo Attilio era, ancora più che triste, tetra. Quanto alla sbornia di César, si stava facendo rabbiosa. Malediceva se stesso per aver venduto il suo unico prato e sua moglie che si era opposta alla vendita. Malediceva il pessimo affare e Salomone che si permetteva di insinuare che era stato un pessimo affare. Indietro nel tempo, malediceva la zia Jacqueline che, morendo, gli aveva lasciato quel prato. Più indietr[...]
[...] fuoco! Invece la casa si é salvata. È vero che per rifare il fienile ha dovuto ipotecare la casa. Però, dico io, gli é andata bene. Sinceramente, mi auguro che anche a César vada bene. Bevo a che gli vada bene », concluse, levando il bicchiere.
« A che gli vada bene », disse il ragazzo Attilio levando il bicchiere. Bevvero. Il solo César non bevve. Non beveva e non parlava. Salomone ed il ragazzo Attilio bevevano e parlavano tra loro come se l'altro non esistesse.
« Io un prato ce lo avrei », disse Salomone, « come quello che César ha dato via. Quanto sarà stato il prato di César? Se non sbaglio (é difficile che sbagli) milletrecento metri quadri. Il mio é milledue e rotti. Poca differenza. Per il resto é identico, prende lo stesso sole, prende acqua dallo stesso canale. È proprio di fianco al prato che César ha dato via ».
« Credevo », disse il ragazzo Attilio, « che non ci fossero mai due prati identici ».
« Certo che non ci sono. Di proprio identici non ce ne sono mai. Forse che ci sono due bicchieri proprio identici? Forse che que[...]
[...] é identico, prende lo stesso sole, prende acqua dallo stesso canale. È proprio di fianco al prato che César ha dato via ».
« Credevo », disse il ragazzo Attilio, « che non ci fossero mai due prati identici ».
« Certo che non ci sono. Di proprio identici non ce ne sono mai. Forse che ci sono due bicchieri proprio identici? Forse che questi due bicchieri sono identici? Se guardi bene, uno ha sempre qualcosa
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di diverso dall'altro. Però è un bel caso che ci siano due prati quasi
identici come due bicchieri ».
« E tu glielo daresti? », disse il ragazzo Attilio.
« Farei così. Gli direi: non voglio sapere quanto hai preso del tuo
prato. Non mi interessa. Tanto hai preso, tanto mi dai ».
« Oh », disse il ragazzo Attilio. « Gli daresti il prato senza sapere
se ha preso poco o molto? ».
« Certo. Ma non quel prato di cui parlavo. Un altro. Il prato di
cui parlavo non lo darei nemmeno per un milione ».
« Quale prato gli daresti? ».
« Un buon prato. Un tantino più piccolo, più in pendenza. Invece
di essere sotto il canale, è sopra. Sarebbe un prato più che bastante per
chi ha una mucca sola. Mucca », disse Salomone levando il bicchiere alla
mucca di César, « bevo alla tua salute ».
« Alla salute di Claretta », disse il ragazzo Attilio levando il bic
chiere alla mucca.
« Di Claretta », disse Salomone con un rutto. « Che il tuo padrone
ti ricomperi un buon prato ».
« E se l'affare non si combina? ».
Salomone allargò le[...]
[...]e crepare. Improvvisamente ebbe molta paura.
«Oh! », chiamò.
« Oh », disse Salomone, dalla fine della rampa. « Ffinalmente! ». « Sono nei guai », disse César. Gli seccava dire di piú. « Salomone? ».
« Oh », disse Salomone.
« Tira indietro la mucca ».
«Pperché? Ccosa c'è? ». Più che non dalla situazione che non tentava nemmeno di spiegarsi, Salomone era sconcertato dalla strana voce che di lontano gli giungeva all'orecchio. Era la voce di un altro. Chi poteva essere quest'altro? E César, dove si era cacciato costui?
« Ho freddo », disse il ragazzo Attilio. « Io me ne vado. Vado a letto ».
La voce si fece ancora sentire. Era la voce di César per il solo motivo che non poteva essere d'altri. « Sacrenom, non capite che sto crepando? ».
Addirittura? A chi credeva di darla da bere? No, Salomone non
QUESTIONE DI PRATI 101
ci cascava. « Hai ssentito? », disse ad Attilio. « E César. Ddice che ccrepa ».
« Che crepi », disse il ragazzo Attilio. « Crepo anch'io. Crepo di freddo. Digli che faccia presto ».
« Presto! », fece eco la voce di César. « Tirate indietro la mucc[...]
[...] corta la memoria di una mucca, la mucca Claretta sapeva di avere dietro di sé una scala ripida e un vuoto. Prese paura, puntò gli zoccoli, s'agitò. Agitandosi premette con un fianco l'orlo della campana. La campana cominciò a dondolare, il movimento crebbe, il battacchio urtò il bronzo. Ne usci un suono strascicato e cupo. La paura della bestia aumentò. S'agitò più scompostamente, urtò con maggior vigore la campana ancora oscillante, provocò un altro, più forte rintocco, un terzo, un quarto rintocco. Terrorizzata, la mucca si spingeva in senso opposto agli strattoni di Salomone e d'Attilio, cioè in avanti. Così facendo urtava con le ginocchia le mani di César aggrappato alla sbarra di ferro. La pelle delle dita di César, già indurite dal freddo, prese a spaccarsi.
« Smettetela! », urlava adesso César. « Basta! Basta! ».
« Più fforte, più fforte », diceva Salomone al ragazzo Attilio.
« Vi ammazzo! Assassini! », urlava César. « Vi ammazzo! ».
Più gridava, più i due dalla scala tiravano, più la mucca s'agitava. I rintocchi si diffondevan[...]
[...] gridando: « Bisogna fare qualche cosa! Bisogna fare qualche cosa! ».
Il ragazzo Attilio piagnucolava : « Ho freddo. Ho freddo ». Invece Salomone Croux ripeteva: « È ttutto uno sscherzo, uno sscherzo di quel ppazzo ».
Alcuni del fondo della rampa gridarono: « Cosa state a discutere invece di smuovere via quella mucca? ».
« Perché non vi provate voi! », grida giù Laurent Pascal.
« I soldi gli hanno datò alla testa », disse il padre Chénoz.
« Altro che soldi », disse Luigino Brunod. « Suo zio Emile, buonanima, ricordate come é finito? Tornava sbronzo da una veglia ed é cascato in una concimaia ».
« Bisogna fare qualche cosa! », gridava Lino Guicherdaz. « Bisogna fare qualche cosa! ».
Giù nella piazzetta, disposti a mezzaluna, a rispettosa distanza dal punto dove César poteva cadere, stavano coloro i quali, giunti in ritardo, avevano trovato il campanile completamente ingombro. Tra costoro mancava un tipo deciso come Laurent Pascal. Il solo a fare una specie di proposta era stato il figlio dell'idraulico Grange, il lettore di romanzi a[...]
[...]rono addossi gli altri, scesi precipitosamente dal campanile quando avevano udito lo sparo.
« Svelti », gridò il padre Chénoz, « portiamolo a casa ».
« Siete matti? », intervenne Luigino Brunod. « Non lo toccate. Lasciatelo immobile finché non viene il medico ».
« Il medico! », gridò Lino Guichardaz, il giovane cognato di César. « Muovetevi, mandate per il medico! ».
« Se lo lasciamo qui muore di freddo », si oppose il padre Chenoz. « Ha ben altro di che morire », disse gravemente Luigino Brunod. « Il prete! Il prete! », gridò Lino Guichardaz dietro al figlio Chénoz che partiva correndo a chiamare il medico.
« Ahi, ahi », presero a piangere le donne. Il pianto delle donne si comunicò ai bambini.
« Grappa », implorò Cesar.
«César, come stai? Cosa ti senti? ».
« Dove hai male? Alla schiena? Alla testa? ».
« César, parla, rispondi. Sono io, sono tuo cognato Lino. Non mi conosci piú? Perché non rispondi? César! ».
César sollevò faticosamente una mano e se la passò sulla bocca. « Grappa », disse. « Grappa. Grappa ».
« Vergine Santa »[...]
[...]i bere ». Bevve e disse: « Non è bene, no. Meglio dare il danaro a te».
« Il denaro a me ? », disse Salomone. « Io non voglio danaro ».
« Ahi », si lamentò César. « Muoio, Salomone, muoio. Svelto, fammi bere ».
« Perché il danaro a me? », disse Salomone.
« Bevi, Salomone, bevi. Tu fingi di bere. Tu non bevi. Oh, bravo. Quel prato, sai?, che mi volevi dare, sai? Ci ho ripensato ».
«Quale prato? ».
« Quello sotto il canale, accanto al mio. L'altro no, non è un buon prato. Per quello accanto al mio ti dò quattrocentomila. Te li dò in contanti, subito ».
« Impossibile », disse Salomone. « Per quella cifra posso darti il prato sopra il canale. Proprio perché sei tu che me lo chiedi ».
« Ah », si lamentò César. « Ah, la mia schiena ». Fece un'orribile smorfia. « Da bere ». Bevve e scosse la testa. « L'altro no, non è un buon prato, no. Per il prato accanto al mio, quattrocentomila in contanti. Non sarai come l'industriale di Biella, vero ? Non sarai così crudele... ». Aveva alzato la voce. Tossi. Tossendo fece ancora quell'orribile smorfia.
« Impossibile. Impossibile », disse Salomone. « Quel prato, a dire poco, ne vale seicentomila ».
« Seicentomila », si lamentò César. « Hai sentito, Attilio? Prende per il collo un moribondo. Vuole seicentomila ».
«Seicentomila », piagnucolò il ragazzo Attilio. Si volse alla cerchia di coloro che assistevano in silenzio e disse, come chiedendo aiuto : « Vuo[...]
[...] volgendosi intorno, « la colpa è sua. Tutta
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GIOVANNI PIRELLI
sua. Perché devo rimetterci io? ». Non incontrò che volti chiusi, sguardi nemici. « Perché », gridò in uno scatto d'ira, « non date voi i vostri. prati? Perché devo darli io? Ve li paga, non avete sentito?, ve li paga in contanti. Avanti, perché non gli fate una offerta? ».
Nessuno parlò. Se qualcuno fece una mossa, fu per ritrarsi, per defilarsi dietro le spalle di un altro. Se c'era chi doveva accontentare il povero César, chi doveva rinunciare a un prato, era giusto fosse Salomone Croux. Se non altro perché era antipatico.
« Non parliamone più », disse César. « Bevi, Salomone. Bevi e non parliamone più. Attilio, vieni ragazzo, vieni vicino a me. Bravo. Tu sei bravo. Adesso metti la mano sotto la giacca. Trovato? Tira, tira fuori ».
La mano tremante del ragazzo Attilio estrasse da sotto la giacca di César un pacco di banconote ancora legato con lo spago. Erano banconote da diecimila tutte nuove fiammanti. Era un grosso pacco. Un mormorio di stupore corse fra i paesani. Salomone Croux spalancò gli occhi. Settecentomila? Di più? Più di settecentomila?
César disse: «Ragazzo, porta questo p[...]
[...]l malloppo delle banconote ma si era accorto che Attilio ne aveva cinque o sei ancora in mano. « E quelle? ». Poteva rassegnarsi al fatto di aver concluso un cattivo affare. Poteva giustificarsi dicendo di averlo fatto per pietà. Ma che César, ad affare con
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cluso, avanzasse ancora soldi, era una truffa, una truffa intollerabile. «E quelle? a, gridò.
César apri un occhio, fece una smorfia, puntò i gomiti sulla neve, apri l'altro occhio, sollevò il busto. «Avaro», disse. Raccolse le ginocchia, vi spostò sopra il peso del bacino e del busto. « Avaro », ripeté. « Avaro, avaro, avaro », disse con voce sempre più forte, levandosi in piedi. «E il funerale chi me lo paga? Me lo paghi tu? ».
In quel momento giungeva, gli occhi fuori dall'orbite, mugolando, la moglie di César. « Perché piangi, fagiana », disse César. « Asciugati gli occhi e tienili bene aperti. Devi andare con Salomone Croux a scegliere dalla sua stalla una mucca e una manza. Oh, mi raccomando! ». Si chinò a passare sulla neve le mani sanguinolente, raccolse[...]