Brano: [...]i eidola per gli antichi Greci 2.
Secondo Kerény, infatti, gli eídola possono essere descritti come immagini in uno specchio, come immagini che abbiano una somiglianza spettrale: « gli
eídola erano creati dagli dei per ingannare i mortali » (p. 168), mentre tutt'altro significato hanno le eikónes; « eikón, in senso stretto, è l'immagine storica [...]
1 E. H. GOMBRICH, Art and Illusion, New York, Pantheon Books, 1960, p. 114.
2 KAROL KERENYI, Agalma, Eikón, Eidolon, in Demitizzazione e Immagine, Padova, Cedam, 1962, pp. 161171.
NOTERELLE E SCHERMAGLIE 341
troviamo detto esplicitamente che agli dei convengono gli agálmata e agli uomini le eikónes ». Solo per il cristianesimo le eikónes sono considerate immagini di culto: « la icona cristiana vuole essere storica e non soltanto simbolica ». Quanto al termine ágalma « questo termine, usato per lo piú per le immagini sacre, [...] è la fonte perpetua d'un evento al quale si suppone che la divinità prenda parte non meno dell'uomo [...] gli agálmata erano la gioia degli dei ai quali, attraverso gli agálmata, andava l'adorazione ».
Forse questa antica tripartizione delle immagini (un po' diversa e piú sottile di quella adottata dagli odierni semiologhi), può avere ancora una sua ragion d'essere; soprattutto in quanto supera la polemica, alquanto sterile, attorno all'iconismo e per contro privilegia l'immagine (l'icona) meramente mimetica rispetto a quella che contiene in sé un quid di religioso; o diciamo meglio — per allargare i termini della sua sfera d'azione — addirittura di magico.
Ancora oggi, infatti, dopo che tanti prodigi tecnologici — piú o meno benefici — ci hanno consentito la rep[...]
[...] che partecipa della nostra personalità e forse della nostra stessa « entelechia », non riesce ad abbandonarci: ne sono una prova i tanti episodi di un istintivo terrore per il « furto della propria immagine » (nel caso, ad esempio di una normale ripresa fotografica) da parte, non solo di popolazioni « barbariche », ma persino di coltissimi monaci buddisti i quali spesso sono giunti a vietare che venissero fotografate le statue (i simulacri: gli agálmata, dunque) delle loro divinità, proprio per una ragione analoga a quella delle superstizioni barbariche.
Tutto ciò sta dunque a dimostrare che c'è in noi il desiderio e l'impulso a copiare, a replicare, a rappresentare, nel modo piú esatto possibile, la realtà del mondo esterno; e, al tempo stesso, un impulso a credere che questa copia, questo simulacro (o diciamo addirittura: questo feticcio, se vogliamo usare la parola nella sua accezione portoghese di feitiço) abbia davvero le caratteristiche — iconiche in questo caso nel senso piú completo della parola — dell'oggetto o della persona di c[...]