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tipologia: Inventari generici; Id: 60742+++


Area dell'identificazione
Titolo gieffe [Giovanni Frediani], Cronaca di 6 Ore [«4 novembre 1966», Alluvione]
Area della descrizione generale
Descrizione generale A causa di alcuni problemi intercorsi sui nostri server, per la consultazione integrale si utilizzi eccezionalmente il link https://drive.google.com/file/d/1DZ5_y6KcU2K9uBqdXtmN3y0UQaCBSZuS/view


Estensione descrittiva: Archivistico - ISAD(g)
Area dell'identificazione
Consistenza 3 fogli 22x33 cm, dattiloscritti su 3 facciate, con correzioni e ampliamenti manoscritti (lapis - cancellature, parentesi e punteggiatura -, penna blu 1 - punteggiatura, piccole correzioni, ampliamento a piè di pagina -, penna blu 2 - sopratitolo «Alluvione» e data in intestazione, firma «gieffe» in terza pagina)
Area delle informazioni sul contesto
Storia archivistica Premessa alla Scandicci del decennio 1965-1975
Rutilio Reali, che fu sindaco nel rapido boom industriale di una Scandicci prevalentemente agricola, non aveva ancora contezza del rapido declino a cui la saturazione avrebbe destinato la città dopo appena una ventina di anni se si fosse continuato a perseguire quel passivo modello consumista; mancava una idea di città da opporre alle mire di speculatori che avrebbero voluto farvi risiedere sino a centomila abitanti, destinandola dunque a diventare un quartiere dormitorio che presto o tardi si sarebbe trasformato in uno dei vari satelliti periferici della Firenze post-industriale. Già sul finire degli anni '50 si potettero osservare i primi epifenomeni causati da interessati investitori: avvisaglie palazzinare, stando alle impressioni del Sindaco uscente (anche pubblicate postume per amorevole cura del marito medico, in due volumi incentrati sulle memorie), Eleonora Benveduti Turziani (di nobile discendenza, partigiana di Giustizia e Libertà poi divenuta comunista, professoressa di filosofia, attorno alla fine degli anni '50 su posizioni cosiddette filocinesi, radiata per frazionismo da una federazione fiorentina PCI che agì secondo prospettiva più amendoliana che in difesa di quel Togliatti bersagliato dalla stampa albanese e poi cinese - che paradossalmente, affossando il policentrismo, contribuì non poco al nazionalismo krusceviano... -; Turziani a cui rimase molto legato il bibliotecario storico, Arbuez Giuliani, e sua moglie Elena Pirona, a loro volta molto legati a Giovanni Frediani che fu garante di una unità democratica inclusiva, che cercò di tenere insieme, ad esempio, Ernesto Ragionieri e Paolo Spriano, Cesare Zavattini e Guido Aristarco, Massimo Mila e Luigi Pestalozza, Farulli ed il Premio Suzzara dei Lavoratori nell'arte, Luigi Nono e Claudio Abbado, I Cantacronache ed I dischi del Sole e le ricerche filologiche e risorgimentali di Diego Carpitella, etc.). A Scandicci, destinata a divenire modello esemplare di uno sviluppo comunista, fu proposta una discontinuità rispetto alle precedenti amministrazioni localistiche: il maggior prestigio fu trovato con Orazio Barbieri, di ritorno dal suo periodo romano, già protagonista della Stampa e propaganda durante la resistenza fiorentina (collezione di propaganda agit-prop stampata a via del Palazzo Bruciato si può riscontrare in terza pagina del primo fascicolo del nostro 70° Resistenza e Liberazione il tutto consultabile all'URL https://drive.google.com/file/d/1au9rXGrHL5iggXTXzIODgtLfLeFqxGW_/view ), già deputato, autore de I ponti sull'Arno, co-presidente nazionale dell'Associazione Italia-URSS; anche Giovanni Frediani, fra i primi eletti a fine 1964, era del tutto estraneo alle logiche localistiche delle precedenti amministrazioni.
Fra i giovani, chiamato a Scandicci per intervento diretto di Orazio Barbieri, va ricordato Stefano Sbraci (nei racconti familiari rimase epico lo stupore con cui Stefano, dalla fine degli anni '50 giovanissimo segretario della più grande sezione comunista di Firenze, quella di Rifredi, della matura democrazia operaia, abituato alle disciplinate assemblee di Rifredi, si trovò per conto della federazione ad assistere ad una animata assemblea scandiccese; mentre stava tornando in auto fu raggiunto al confine di Firenze da Orazio Barbieri, che gli chiese di interessarsi a Scandicci).

Per comprendere storicamente lo sviluppo del progetto fra 1965 - giunta comprensiva dei socialisti -, e 1966-1970 - monocolore comunista -, occorrerebbe guardare anche ad alcuni fatti nazionali ed internazionali: la prosecuzione di un centro-sinistra escludente i comunisti ed il PSIUP (che nel frattempo si era riformato a partire da alcune correnti, ivi compreso Lelio Basso, e di altri gruppi che avevano base nell'operaismo milanese), e la ricaduta che dal livello nazionale metteva in crisi le consolidate alleanze frontiste locali - determinando in molti Comuni toscani maggioranze socialiste-democristiane, ma nel caso di Scandicci, all'opposto, una maggioranza PCI -; la scomparsa di Giovanni XXIII, la scomparsa di Togliatti, la pubblicazione del Memoriale di Yalta, il riuscito test di esplosione da fissione nucleare della Cina Popolare del 16 ottobre 1964 – e bomba H nel 1967 - con relativa riammissione all'ONU dopo il periodo di rappresentanza taiwanese, le improvvise dimissioni di Kruscev... Nel dopo Togliatti, predisposto un percorso che in un paio di anni porterà la parte amendoliana a proporre il superamento del partito comunista di stampo risorgimentale con un partito del lavoro di stampo secondointernazionalista, adattato il fondamentale democratico risorgimentale secondo particolarità ingraiane, il PCI, nonostante lo sforzo di un Longo che rinunciando alle sue particolarità proverà a farsi continuatore dell'Unità togliattiana e resistenziale, inizierà una lenta ma inesorabile disgregazione in correnti, che dal 1973 alla Bolognina renderanno difficile il lavoro dei segretari; al fine della nostra piccola ricostruzione può essere interessante inquadrare il pensiero di Giovanni – indubbiamente, anche per generazione, proveniente da quello spirito risorgimentale con il quale era stata svolta opera nella clandestinità e nella Liberazione -, complementare a quello di Stefano – che dall'infanzia maturata nell'epica della clandestinità garibaldina, in cui ebbe grande influenza ideologica e politica lo zio Mario Gianassi, passò gradualmente ad una età adulta in un differente clima, in uno sviluppo che negli anni '50 poteva contare sul Presidente della Provincia, Mario Fabiani -. Ciò detto, di converso, si consideri che Stefano, nipote di Mario Gianassi (antifascista condannato nel 1940 ad 8 anni di carcere dal Tribunale Speciale, poi, dopo l'8 settembre 1943 evaso dal carcere di Sulmona, divenuto commissario politico di una componente della Brigata Lanciotto, sino al 1947 sorta di prefetto ciellenistico nella contesa gestione dello stato), sebbene fosse cresciuto nel clima polarizzato che nei primi anni '50 portò allo scontro elettorale fra il sindaco uscente Fabiani ed il nuovo, La Pira (campagna di poco precedente ma per alcuni tratti analoga a quella bolognese di Dozza e Dossetti), riconobbe netta discontinuità della politica democristiana nella presenza fiorentina di Gronchi; sono gli anni dell'acquisizione da parte dell'ENI della fallimentare esperienza della Pignone; Gronchi intervenne a Firenze, alla Madonnina del Grappa, ad indicare a modello esemplare l'esperienza di Don Facibeni. Stefano ricordava un evento a lui particolarmente caro: la sede della Società di Mutuo Soccorso di Rifredi era stata espropriata al movimento dei lavoratori dalla sibillina legge per la rinazionalizzazione dei beni ex-fascisti (più propriamente una legge per la rifascistizzazione dei beni ex nazionali), ed in opposizione, le occupazioni per la resistenza della Società di Mutuo Soccorso, avevano dopo qualche anno trasformato la propria forma in movimento per la Ricostruzione: un nutrito gruppo di bambini aveva preparato una lettera per il Presidente della Repubblica Gronchi, in cui si richiedeva una nuova sede. Gronchi la accolse gentilmente pur avendo chiaramente connotazione comunista: gli anni dell'irrigimentazione atlantica, della scomunica ai comunisti, della crociata di Pio XII, erano chiaramente terminati.

Una considerazione sull'importanza del decentramento nel percorso pedagogico verso la democrazia di massa, verso una autentica emancipazione, grande orizzonte in cui potrebbe essere inscritto l'intero percorso di Giovanni, così come del più nobile secondo Risorgimento - ed andando al precedente secolo, nei diversi momenti storici, nella pedagogia dell'uomo nuovo azionista e cristiano, da Filippo Buonarroti e Gino Capponi a Mazzini e Marx -: concretizzando sul territorio istanze democratiche dapprima diffusesi in una letteratura progressiva (fra le altre riviste si pensi ad esempio a «Comune democratico»), ancora utopica ossia priva di luogo ove concretizzarsi, e precedendo di qualche anno la nuova tendenza democratica nazionale, un grande impegno di Giovanni ebbe l'AGISCA, Associazione Genitori-Insegnanti Scandicci il cui acronimo lo ricollega coscientemente alla migliore tradizione dell'azionismo risorgimentale, fu agli albori contestata dalla parte destra della democrazia cristiana; già nel settembre 1966 (gruppo vicino a quel Bargellini che era riuscito a diventare sindaco di Firenze, e che è comprensibile non avesse simpatia per un Assessore alla Pubblica Istruzione, Cultura e Sport nell'adiacente comune rosso in procinto di una rivoluzione urbanistica di grandi proporzioni, che quindici anni prima lo aveva pubblicamente contestato da Domodossola, anche tramite l'articolo giornalistico “Falsi storici nei libri di testo”; comunque gruppo che non riuscì a suscitare alcuna seria polemica, come è possibile intuire, dopo il 4 novembre del medesimo anno...).
L'azione trovò presto grande consenso anche nella parte più progressiva della Chiesa sociale, coinvolgendo fra gli altri l'amico parroco di Vingone, Don Fabio Masi.

https://drive.google.com/file/d/1FzNZtRgYxq4wWFx98g9VXJbATuiF4AMm/view?usp=sharing

Scandicci in quegli anni stava subendo una trasformazione vertiginosa, che la farà raddoppiare nel giro di un quinquennio i propri abitanti (quasi raddoppio secondo i dati ufficialmente censiti, ma a cui va aggiunta una piccola quota non censita, legata alla temporanea migrazione interna, dalla Firenze alluvionata). Vingone è uno dei principali quartieri dove questa nuova immigrazione dovrà risiedere. Per molti aspetti, sebbene da giunta rossa scandiccese, è un quartiere con analogie a quell'Isolotto che un decennio prima era stato urbanizzato da La Pira secondo i nuovi equilibri cristiano sociali di Gronchi e di Giovanni XXIII [cfr. sull'Isolotto anche https://www.youtube.com/watch?v=pT02_yc9diA, Enzo Mazzi in presentazione del trailer documentario «Gli Archivi si Raccontano» - che forse riconduceva al precedente piano Fanfani perché il testo del capitolo storico ne aveva fatto un accenno, ma evidentemente il nucleo centrale è di poco successivo -, approfondimento sulla Comunità dell'Isolotto in due capitoli – eccezionalmente scritto direttamente da Elio Varriale quello storico ed avallato da Sergio Gomiti, e da Paola Ricciardi quello sulla guida all'archivio e all'attività attuale, mentre è rimasto a stato di ipotesi una ulteriore ricerca nelle carte della curia di Florit che avrebbe potuto operare Maria Poggi]; i rapporti conviviali che superavano gli steccati di un clericale partito cattolico erano una priorità per Giovanni. La Comunità di Vingone nacque nel periodo del cosiddetto catto-comunismo. Qui riportiamo, ad esempio, una lettera di Don Fabio Masi in cui invita i cristiani di Vingone e qualche amico prete a partecipare alla messa che lui celebrerà nella Comunità dell'Isolotto di Don Mazzi.

https://drive.google.com/file/d/1g7y6_T3Yz5nbqd5ruf-uXFj6Nqny1bzY/view?usp=sharing

L'ampio consenso porterà fra l'altro all'assegnamento a Giovanni Frediani dell'Istituto delle Tradizioni popolari in Toscana, ente nato su mandato consiliare del 1965 generale a Sindaco e giunta consiliare (mentre lui era Assessore al personale), poi riassegnato nuovamente nel 1966 in mutuata forma dalla giunta e dal Sindaco, secondo denominazione Casa della cultura; oltre che per suo riconoscimento personale emerito fu come responsabile di tale ente (non soltanto una accademia chiusa nelle polverose biblioteche, ma una struttura che alle origini doveva rappresentare uno dei principali strumenti per il decentramento democratico, nell'ottica intercomunale ed interprovinciale di costruzione dell'ente regionale), che nei primi anni '70 fu membro permanente del direttivo della biblioteca civica – da cui continuò a promuovere ogni possibile forma di decentramento -; negli anni successivi, nonostante la sua piena disponibilità a collaborare, donando fra l'altro sue importanti collezioni di riviste (fra cui «Il Ponte» e «Riforma della scuola»), l'orizzonte politico era ormai mutato, e dovette rimanere personalmente conservatore di quell'Ente, così come dei precedentemente costituiti che non erano stati chiusi, ma congelati, poi compartecipato dagli anni '90 da Elio Varriale, ed infine a lui assegnato, alle origini dell'Associazione Culturale Controtempo e dell'Istituto della Memoria in Scena stesso.
Sulla questione si rimanda allo Statuto ed atto costitutivo di quell'Istituto che nelle aspettative iniziali doveva trovare sede nel Castello di Torregalli. [ https://www.kosmosdoc.org/Inventari/60743/d1.html ]. Si rimanda a tale indirizzo anche per un rapido sommario della valenza intercomunale ed interprovinciale del progetto della Scandicci 1965-1970, ma qui si riporta, per converso e conferma parziale trascrizione dell' intervento critico al progetto, di Muzio Cesari, sindaco di Vicchio, di origine contadina, già segretario della Camera del lavoro di Vicchio: «Mi sembra veramente lodevole questa iniziativa del Comune di Scandicci che, come si è detto, è stato un Comune pilota, in questo caso, per elaborare un piano economico valido. Vi premetto che le cose che vi dirò, proprio perché sono sindaco di un Comune che vive le manifestazioni opposte che voi vivete, potranno suscitare anche dei dissensi fra voi. Cioè, la vostra preoccupazione è quella dell'urbanistica, dei servizi scolastici, sanitari, di questa valanga di popolazione che si è riversata sul vostro Comune, in conseguenza della crisi – soprattutto – dell'agricoltura e dello sviluppo che hanno preso le attività industriali. […] E mentre voi avete un fenomeno, almeno dai dati che ho constatato io, che da 216 abitanti per ogni Kmq, nel 1931, siete attualmente a circa 400 e prevedete entro il 1969 di arrivare a 46.000 abitanti, e quindi a qualcosa come 550-600 abitanti per Kmq, la situazione che invece abbiamo noi è [… anteguerra] 100 abitanti prima per ogni Kmq, 50 circa ora […] Sono quindi giuste le iniziative dal basso, dei Comuni per elaborare programmi ecc., ma si avverte anche la necessità della presenza attiva di organismi come la Provincia, la Regione, il Comitato regionale per la programmazione che valutino da una visuale più ampia queste cose. [...] »

Novembre 1966
Anzitutto occorre collocare la forte polemica del gruppo consiliare democristiano di Scandicci del settembre 1966, che si sentiva evidentemente sfidata sul terreno dell'istruzione che più di ogni altro sentiva per consuetudine propria roccaforte, in un contesto del tutto differente da quelle caricature alla Don Camillo ed il Sindaco Peppone che avevano offerto all'immaginario il tipo del comunista come inveterato ateo materialista grezzo e poco tollerante, trinariciuto se non provvisto di zampe di caprone; viceversa, a partire dall'Emilia (e dalla narrativa sui 7 fratelli cervi, ampiamente diffusa nell'integrazione tanto cattolica quanto comunista, potrebbe rappresentare più noto esemplare di quella comunità che seppe trovare l'unità popolare nella comune resistenza, preservandone una memoria capace di contrastare i tentativi di polarizzazione liberal-clericali), i comunisti erano pienamente integrati, e spesso, in Toscana come in Emilia, ancora cattolici. La questione specifica scaturì dalla partecipazione in una Casa del Popolo (ma se glielo avessero consentito avrebbe partecipato volentieri anche in Parrocchia) dell'Assessore alla Pubblica Istruzione, Giovanni Frediani, ad una di quelle riunioni pubbliche, organizzate per la promozione della democrazia decentrata (in particolare parte di una serie di incontri che avrebbero portato alla costituzione della sopracitata AGISCA, ma si consideri in generale il suo impegno collaborativo all'intero operato di un Comune che in quella consiliatura, istituì, fra i primi in Italia, anche i consigli di Frazione, prima dei fiorentini Consigli di Quartiere - che, grazie soprattutto ai movimenti post-alluvione, furono istituiti negli anni '70), fuori da ogni logica clientelare - di partito o personale.

La “Cronaca di 6 ore”, relativa alla sua direzione del Comune nell'emergenza, dopo una prima collegiale dei vari assessori, e dopo il turno serale di Orazio Barbieri e Renato Castaldi chiusosi alla mezzanotte, il turno di Giovanni compiuto fra la mezzanotte e le 6 di mattina; il racconto, scritto a ridosso dell'alluvione del 4 novembre 1966, non è casualmente firmato gifre.

Riguardo al contesto storico in cui Giovanni Frediani scrisse l'articolo "Falsi storici nei libri di testo", che ovviamente Bargellini non apprezzò, già riportato in uno dei 26 documentari audiovisivi della prima serie de Gli Archivi si Raccontano (presente in proiezione continuativa e nelle piattaforme multimediali kosmos allestite nella mostra La Vetrina degli Archivi, Archivio di Stato di Firenze, aprile-maggio 2007; poi incluso come extra nel doppio DVD del 2010 concesso in distribuzione SDIAF della nostra seconda e più elaborata serie Gli Archivi si Raccontano comprensiva di approfondimento per soli 16 istituti del territorio; in versione priva della voce narrante nella presentazione iniziale sull'Istituto, è riscontrabile in https://www.youtube.com/watch?v=Nuick8RE7bM ) in una Domodossola che dopo i primi anni di egemonia culturale democratica stava tornando un po' alla volta a quell'ordine liberale e clericale che la Repubblica aveva esplicitamente esiliato, si rimanda a https://www.kosmosdoc.org/Inventari/51501/d1.html .


Per completezza sia consentito allo scrivente, conservatore, nipote di nonno Giovanni - e di zio Stefano -, considerare la polemica del tutto superata da parte della gran parte dei democristiani scandiccesi, e riportare questa breve considerazione in prima persona: «Giulio Bambi, all'epoca consigliere comunale democristiano, che fu un buon Maestro elementare, stimava molto me e la mia famiglia. Nonostante fosse molto tradizionalista, in una scuola dove la condizione socio-culturale piuttosto omogenea lo consentiva, apprezzava, tanto da portarle a modello didattico, oltre a poesie e canti lirici a memoria la cui esibizione, ottimo allenamento per un'autostima senza la quale kosmosdoc.org non esisterebbe, mi veniva richiesta applaudita da nutrito pubblico adulto durante la ricreazione, quelle preliminari sperimentazioni informatiche con cui avevo svolto i compiti di geografia, programmando un semplice software di disegno bitmap composto da un cursore in posizione accesa o spenta, con cui ricalcavo a video i confini delle varie regioni italiane, prima di stamparle ad aghi e colorarle a mano; considerava di livello universitario la relazione che scrissi in quinta elementare, figlio di professore di Elettrotecnica, sulla storia dell'informatica dai tempi di Pascal (difatti la riciclai sino alle superiori, inalterata)...»

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