[tratto dal resoconto di Elio e Lucio Varriale inviato per la pubblicazione su «Lares» [ad oggi non pubblicato] come atto del Convegno,
Le Fonti Orali - Archivi, Storie, Passioni, Competenze, Progetti, Poggibonsi 20/21 aprile 2007]
Leoncarlo Settimelli nasce a Lastra a Signa nel 1937 da Donato Settimelli e Rina Caparrini. Il padre, Donato Settimelli, aveva partecipato agli scontri di Porto di Mezzo a Lastra Signa, nell'ottobre del 1921: esule in Francia, fu arrestato, poi estradato. Sconterà dapprima una pena alle Murate, poi, dal 1927 al 1931 subirà il Confino di polizia a Ustica, Lipari, ed infine San Nicola di Tremiti. Della sua testimonianza ci rimane traccia su una audioregistrazione del Fondo Leoncarlo Settimelli:
«Ci si illudeva forse, era un'illusione, ma insomma questo entusiasmo io credo sia stato necessario, e sarebbe stato necessario in tutta la gioventù dell'epoca... insomma a molta gioventù dell'epoca, per impedire al fascismo di venire. Perché se nelle Signe cadde tardi il comunismo, insomma, l'azione operaia, lì, eccetera, fu proprio per questo entusiasmo che c'era. [...] Era venuta da allora la divisione a Livorno. [...] questo era il partito e quindi... questo entusiasmo, capisci?[...] E quindi anche lì io fui incaricato di trasformare le “squadre d'azione” in “Arditi del Popolo”. [...] La “piccola Russia”, infatti i fascisti venivano a scorrazzare a Signa, a Lastra, fino al Ponte, più in là non venivan mai, al Porto non venivan mai».
Leoncarlo, passata la guerra, dopo un breve periodo come operaio in una fabbrica di gomme, con il fratello Wladimiro nato nel 1934, intraprende l'attività di giornalista a «l'Unità», nel periodo in cui sono direttori prima Pietro Ingrao, poi Mario Alicata. Nei primissimi anni Sessanta si trasferisce a Roma dove fonda insieme a Marco Ligini, Elena Morandi, Laura Falavolti, Eduardo di Giovanni ed altri, L'Armadio, circolo da cui prenderà piede il Canzoniere dell'armadio, poi Canzoniere Internazionale dell'Armadio, divenuto infine Canzoniere Internazionale , da lui diretto. Ricordiamo uno dei suoi testi più noti sullo studio della canzone popolare italiana: Canti anarchici, che Leoncarlo ha scritto insieme alla sua compagna, Laura Falavolti. Attualmente Leoncarlo lavora con Giancarlo Governi alla serie Ritratti trasmessa su RAI 3.
Frammenti dell'intervista:
«E quando ci fu insomma questo avvento del fascismo, le squadre, quelle del Dumini... che pare fosse proprio lui che venne a Porto di Mezzo... che cosa fecero? Una spedizione che mi sembra anche testimoniata sul libro squadrismo fiorentino… una spedizione contro la casa del popolo e la cooperativa... tolsero la bandiera… non so se della casa del popolo o del partito. Ma certo saccheggiarono tutto e lì dissero che sarebbero tornati. E fu così che a Porto di Mezzo si prepararono a riceverli. Io so anche che mio padre parlava di Arditi del Popolo e non so comunque quando la loro iscrizione, la loro appartenenza, sia avvenuta, in quale spazio. [...] Si misero nei vari androni, magari in posizioni strategiche. Uno anche sul campanile della chiesa. Se non che, diceva mio padre, uno scemo si era lasciato scappare questo colpo di pistola prima dell'arrivo, e questo favorì, in una certa misura, gli squadristi. Fu un colpo molto grave con un morto anche. Gli squadristi riuscirono ad incendiare anche una serie di case. Quindi diciamo che l'ebbero vinta e molti di coloro che parteciparono a questi fatti si nascosero. Altri presero la strada più lunga, cioè quella dell'esilio, perché sapevano che sarebbero stati beccati e tradotti in carcere.
Ecco mio padre fu uno che… ecco... uno dei racconti più precisi fu questo di essere scappato a Nizza, o nei dintorni, perché la Francia prometteva proprio protezione e libertà, proprio per chi fosse stato colpito da ricerca o dall'arresto per fatti politici, se non che il tribunale non riconosceva un connotato politico a questi fatti [...] Quello che ricordo del racconto di mio padre sul carcere di Nizza... C'era un fischio ed un modo di fischiare, che poi fu preso dai miei parenti e da tutta la mia famiglia: [fischio]. Si sentiva nella notte nel carcere di Nizza questo fischio che andava da una cella ad un'altra. E gli agenti andavano dentro la cella:- Hai fischiato tu? -. Mio padre diceva :- no, io non so nemmeno fischiare -. E allora poi si sentiva aprire un'altra cella perché il fischio poi si ripeteva... E questa era una delle cose che da bambino mi piaceva sentire raccontare. E poi mio padre, in quell'occasione, aveva anche composto una canzone, che poi ho nei documenti... [...]Il 23 Febbraio in Francia fui arrestato, fui messo in cellulare…[...]
La prima isola dove fu confinato, fu Ustica. Andarono ad abitare in una casetta che era stata di Gramsci. In quel periodo però c'era Bordiga, il segretario del partito comunista d'Italia e di cui sappiamo le avventure e disavventure... Quello che di lui ricordava mia madre, è che lui da ingegnere aveva, costruito una piccola centrale elettrica a Ustica che andava a vapore, perché non c'era neppure elettricità a Ustica in quel periodo, [...] e questo ha dato la luce a Ustica ed era come un miracolo [...]
La tappa successiva fu Lipari. Però ecco: mio padre a Ustica era da solo, mentre a Lipari... mia madre... si erano sposati... chiese di poter raggiungere mio padre e dopo varie vicissitudine, permessi etc. le fu accordato. Per lei fu un viaggio enorme perché arrivare in Sicilia... [...]
Mio padre faceva il cameriere in un bar. Mia madre faceva la donna di servizio presso un principe africano, anche lui confinato... confinato perché noi eravamo andati in Libia, quindi erano nostre colonie... C'erano stati anche degli avversari politici, libici, africani riottosi che venivano qua. Mia madre mi raccontava sempre la prima volta che aveva incontrato questo principe, che era un uomo alto con questo taffetà blu e per una di Lastra a Signa non era semplice... rimase :-Ah! -. E lui :- Arabi, non mangiare, signora, non mangiare... Stia tranguila... -. E mi raccontava sempre questo mia madre... con molto divertimento. E lei cucinava per questo principe e mi raccontava... una volta aveva degli ospiti... Perché c'era questa... Con i denari si poteva far tutto, insomma. E una volta aveva ospiti questo principe, e chiese a mia madre di cucinare il pollo. Il forno per cucinare era costruito con dei fornelletti a petrolio... perché ricordiamo eravamo alle isole nel '29/'30, bisognava pompare della aria dentro che mettesse in pressione e poi si dava fuoco... Senonché mia madre, non molto esperta, pompando con questa cosa... A un certo punto si scoperchiò questo fornetto e si sparse il petrolio sul pollo... E allora lei mi raccontava... Passò due ore col bruschino a lavare sotto l'acqua questo pollo pensando :- Adesso chissà cosa succede -. E invece fu molto apprezzato, probabilmente perché nella nuova ricerca di spezie c'era questo sapore nuovo... di petrolio...»
«A un certo punto, non mi ricordo in che anno, mio padre mi disse :- Leo bisogna aiutare la famiglia, non ci si puo' permettere che tu vada a scuola, non ce la facciamo, e quindi devi andare a lavorare -. Io andai alla fabbrica, e trovai un posto per lavorare. Il mio lavoro era quello di tranciare i copertoni. La roba di gomma veniva mandata a questa fabbrica per essere riciclata con l'aggiunta di materiali chimici.[...] C'era una stecca sopra di ferro che staccava la macchina al tuo comando... però nessuno ce l'ha mai fatta a fermarla... Dovevi rimboccare un filamento e con un trincetto tagliare la gomma avvolta... tirarla così... Rimetterla dentro magari insieme a questi materiali aggiuntivi, e rimboccarla tra i due cilindri. Solamente quando eri sveglio, vigile, durante le prime ore di lavoro, ti rendevi conto che s'avvicinava troppo. Però accadeva spesso che... bastava distrarsi un momento... quello ti porta dentro... [...]
Era terribile stare nel piazzale d'inverno. Un freddo! Poi lavoravo a fare i mastici dove si lavorava col benzolo, quindi con la maschera... poi son diventato invece magazziniere di scarpe... perché si producevano anche scarpe di gomma. C'era un reparto che lavorava le tomaie. Poi queste si mettevano in degli stampi, si metteva la gomma intorno, e col calore si attacavano le tomaie. Venivano fuori delle scarpe... insomma avevano successo perché erano flessibili, costavano poco. [...]
Per un periodo ho lavorato a delle presse verticali in cui si univano due teli impermeabili. [...] In alto c'era un rullo, sopra una stoffa... che era quella interna... e quella esterna che era impermeabile e che anche quella veniva da sotto. Devi tirare per tenere. Io mi ricordo, che ho visto le dita uscire dall'altra parte...tutto il sangue... Era venuto un ragazzo... di cui non ricordo il nome... che faceva il ciclista e che rappresentava la ditta Columbus gomma. Lui faceva 2 o 3 giorni la settimana allenamenti, mentre gli altri giorni lavorava in questa fabbrica... anche lui è rimasto con le dita in questo modo. Ha avuto successo come ciclista, era molto promettente. Come giornalista son tornato 10 anni dopo[...] tutti gli operai si sono riuniti, hanno mostrato la mano ed io li ho fotografati.[...]
I turni di notte... Ti illudeva il fatto che il giorno eri più libero... però dovevi anche dormire... Mi ricordo che andavo a pattinare, andavo con le ragazze alla casa del popolo...[...] Fino a mezzanotte... dopo mezzanotte tutti i rulli che girano... le luci a neon... capito? Cominci ad aver sonno sai? E' drammatico, è drammatico! Le ore appunto dalle 1 alle alle 6 di mattina... non so chi possa farcela... è terribile...»
«Mio fratello lavorava invece a riparare le biciclette. Un artigianello... le gomme bucate... Insomma... le biciclette andavano molto... i primi motorini... i moschito, etc. Aveva voglia di scrivere, di fare il giornalista. E mio padre riuscì ad affidarlo ai redattori di toscana Nuova... che era un giornale di allora della federazione comunista. Cominciò allora a fare le prime esperienze. [...]
Io dopo la fabbrica, la sera, andavo a studiare a Firenze elettrotecnica per farmi un mestiere.
Volevo studiare radiotecnica in via S.Gallo. C'era un professore, mi ricordo, che quando ci ha cominciato a parlare di transistori... Perché nostro interesse era capire le valvole... le valvole come funzionavano. Le valvole che raddrizzavano la corrente elettrica erano due placche, no, come sai... per cui da una passava all'altra solo in un senso... e raddrizzava la corrente elettrica, la corrente alternata. [...] diceva: - Ora pare abbiano trovato questi nuovi elementi che raddrizzano la corrente elettrica, che si chiamano transistori... ma figurarsi se si tira fuori qualcosa, si starà a vedere -. [...]
La sera però, non essendo ancora contento di avere fatto la fabbrica, di essere andato a scuola e aver studiato un paio d'ore sul pullman, avevo fatto per un po' di tempo anche scuola di teatro, presso una insegnante russa, Irina... Moretti... sposata quindi con Moretti... dove studiava con me anche Carlo Cecchi... lui è diventato un grande del teatro, io no, però ogni tanto ci incrociamo... Insomma io andavo a scuola a Firenze, e prima di rientrare, a volte approfittavo, prendevo il tram con mio fratello o il motorino, e passavo dalla redazione dell'Unità... e la cosa cominciava ad appassionarmi. A un certo punto mi offrirono di occuparmi di sport... la promozione... allora c'era La Rondinella che era in promozione. Vaiano, Vernio, Castelfiorentino, la Certaldese... [...]
Però quello che facevo, era di stare dietro le spalle di Ottavio Cecchi, Alberto Cecchi, [...] Io li guardavo mentre correggevano i pezzi. Per cui imparavo che la voce del verbo avere si doveva scrivere con l'acca, e questo, e quell'altro... e così ho imparato a scrivere... vedendo come mi correggevano i pezzi. Da lì ho cominciato la mia carriera da giornalista, prima a Firenze, fino al 1959, poi interrotta dal servizio militare... purtroppo dove tu arrivi cerchi di camuffarti... ma purtroppo quelli sanno tutto. [...] Lì ho anche cominciato a cantare. [...] »
«Dopodiché mi hanno chiamato a Roma. [...] Lì c'era bisogno agli Spettacoli.
Sono andato a Roma e così ho cominciato a scrivere i primi spettacoli. Tutti i primi giri di manovella... film... a Messina, ad esempio... Il Processo di Verona con Lizzani, che evocava la vicenda di... come si chiama... ho fatto anche una puntata adesso... del livornese... quello che era ministro degli esteri nel fascismo... [...] Ho conosciuto tutto l'ambiente del cinema, solo che a un certo punto mi sono stufato di parlare degli altri... intanto avevo proseguito questa attività di canzone popolare, di canzone politica... quindi ho detto : - Voglio dedicarmi a quello -. Ho messo su un locale. Si chiamava L'Armadio. Insieme agli altri... Marco Ligini...»
Inserito da Elio Varriale il 4/9/2011 9:32:37 AM
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