Area dell'identificazioneForme primaria nome | Ranuccio Bianchi Bandinelli, Fatti personali (ma fino a un certo punto) [occasione di risposta ad alcune polemiche anticomuniste che hanno riguardato Ranuccio Bianchi Bandinelli, mediante narrazione a tratti autobiografica; vi si riepilogano 3 questioni afferibili all'imposizione macartista che ha inficiato il processo democratico italiano, ma con i cui protagonisti ha pur sempre mantenuto un rapporto personale cordiale; ed una morale conclusiva, valevole per tutte e 3 le questioni, che, inquadrando il proprio percorso al comunismo coerentemente a quanto già riportato in Diario di un borghese, riporta analogia con il clima di scetticismo ottocentesco sulla autenticità del frontone del partenone smontato e portato a Londra da lord Elgin nei primissimi anni dell'Ottocento, che non corrispondendo con l'immaginario dato dal Winckelmann - nell'epoca in cui non si conosceva alcunché della reale arte di periodo classico - dovevano per forza di cose essere false, non afferibili neanche lontanamente a Fidia: il pregiudizio verso i comunisti, porta a stupirsi allorquando si incontri qualcuno che non risponde alla caricatura trinariciuta che di lì a poco sarà ironicamente rappresentata dal grezzo materialista emerso sullo stereotipo della furbizia contadina andata al potere di un Peppone di Gino Cervi.] | | | | | |
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Area della descrizioneStoria | [riepilogo con qualche traduzione sintetica tramite analogia di e.v.]. Il 1° punto è relativo al consigliere dell'Ambasciata degli Stati Uniti a Roma, il prof. C. R. Morey, che in «College Art Journal» vol. X, p. 219 e sgg., per presentare in ambito statunitense la situazione italiana, premette come eccezionale attinente alla radicata cultura democratica del vecchio continente la difficoltà di epurare completamente i comunisti dal mondo accademico - per cui comunque Bianchi Bandinelli ricorda come svariate università dell'Europa del Nord siano divenute riluttanti ad invitarlo ad i propri convegni, e che, dopo la sua solidarietà contro l'isolamento di alcuni intellettuali newyorkesi, gli stati uniti gli neghino il visto di ingresso necessario all'accettazione dell'invito di alcune istituzioni culturali statunitensi -. Il 2° punto è relativo al manifesto Antoni-Silone, pubblicato in «Fiera Letteraria» di dicembre 1951, poi diffuso da alcuni quotidiani come espressione della sezione italiana dell'Associazione per la Libertà della Cultura (oppure Amici della Libertà - curioso il doppio nome dell'ente), fra i cui vertici va ricordato anche Ferruccio Parri, che alle origini, Bianchi Bandinelli, così come altri comunisti e socialisti erano intenzionati a sottoscrivere, ma dal quale furono rifiutati, con argomentazione esplicita per cui i comunisti e i socialisti non potevano farne parte; Bianchi Bandinelli ne scrisse su «l'Unità» del 13 dicembre 1951; Antoni rispose da «Il Mondo» con articolo intitolato 'Un vecchio errore' (dove non soltanto i comunisti e socialisti sarebbero intrinsecamente antiliberalisti, ma le origini di tale errore sarebbero riscontrabili già in Rousseau, o dall'altra parte in Hegel!); Bianchi Bandinelli contesta l'ipocrita concetto di libertà da essi rivendicato, e si domanda se le crociate di questi liberali siano effettivamente in contrasto con quelle analoghe gesuitiche dei padri Lombardi o del prof. Gedda sui medesimi rapporti di isolamento degli altri e soprattutto verso gli Stati Uniti: il testo del manifesto risultava condivisibile, ma nella pratica l'Associazione si è dimostrata non voler difendere quelle più condivise, e non solo comuniste, battaglie democratiche, né sui casi statunitensi, né su Neruda. Il 3° punto riguarda qualche illazione (cominciò il maestro Markevitch nel 1946, sebbene per altri versi elogiativo; poi i meno elogiativi della rivista cattolica-liberale americana «The Commonweal» del 3 novembre 1950 ed il giornale «Stockholms Tidningen» del 19 novembre 1950, entrambi a firma di G. D. Kumlien; un articolo spiritoso di Mario Praz sulla «Villa», un articolo di Paolo Pavolini nello stesso numero del «Mondo» che conteneva quello di Antoni; ed anche il prof. Morey ne ha scritto in una sua disgressioncella) sulla sua attività di proprietario agrario - od addirittura latifondista -, in un discorso che non soltanto da modo di precisare alcune inesattezze e di ricordare come dalla sua eredità paterna, 7 unità mezzadrili nel senese, lui abbia rinunciato ad ogni guadagno - salvo qualche prodotto alimentare ad uso familiare -, ma della sua esperienza su quei Consigli di gestione che non ancora iscritto al partito comunista, già nel 1943, aveva avviato con quei contadini: una prospettiva che li rendesse emancipati, capaci di autogestire ciò che in prospettiva potrebbe divenire una cooperativa]. |
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