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tipologia: Catalogo dei Citati - Correnti di pensiero, religiose, etiche/estetiche, politiche; Id: 307+++


Area dell'identificazione
Forme primaria nome
Roberto Longhi, [a sostegno delle interpretazioni di Raffaele Causa (che ha trattato nel medesimo fascicolo di «Paragone» in Raffaele Causa, Francesco Nomé detto Monsù Desiderio). L'appunto si sviluppa a partire da alcuni quadri del seicentista fiorentino, «professore del disegno», Orazio Vannini, come punto di partenza per attestare la compresenza presumibilmente ancora relativamente vincolata a medesime collezioni parziali, di altro quadro chiaramente ricondotto a Pacecco de Rosa, da cui Roberto Longhi approfondisce la ricerca, riscontrando dapprima sul principale biografo locale, il Baldinucci nell'edizione 1846, il legame del Vannini con Andrea del Rosso, e poi, approfondendo mediante Le bellezze di Firenze, del Cinelli, del 1677 [https://www.memofonte.it/home/files/pdf/bellezze_della_citta_di_firenze.pdf], relativamente alla descrizione della «"casa di Andrea, del Canonico Ottavio, e di Lorenzo del Rosso"» - collezione ancora consistente attorno al 1765 in quanto citata nel Cambiagi, L'antiquario fiorentino, che ricorda «l'abitazione di Balì del Rosso ricca di pitture singolarissime» -, la presenza di consistente pittura napoletana nella collezione dei Del Rosso, a partire da una Firenze probabilmente già di inizio Seicento; sono ivi citati non soltanto i Luca Giordano, ma descrizioni che indubitabilmente rimandano a Ribera (l'incarnato inconfondibile), Pacecco de Rosa, e la denominazione di Franzesino - soprannome in uso italiano, meno imponente, per un pittore tardo-manierista che nell'Italia controriformistica non se la poteva passare molto bene, e che Roberto Longhi, che considera «arruffone pre-surrealista», attesta come denominazione principale avutasi in Italia per quel pittore lorenese, che ha operato molto a Napoli e Venezia, che fiorì attorno al 1610, e per il quale Roberto Longhi propone una distinzione netta fra il Franzesino, alias Françis Nomé e Monsù Desiderio, alias Didier Barra, successivamente al Seicento fra loro confusi, ipotesi la cui verifica affiderebbe a Raffaele Causa] [segue]   
Area della descrizione
Storia [critica di e.v.: Il Franzesino allo stato degli studi di relativamente facile accesso, al momento del mio catalogo non risulta riscontrabile quale soprannome di François de Nomé, al di fuori dell'ipotesi di Roberto Longhi, e delle fonti da lui utilizzate; ma mi parrebbe che la più plausibile delle ipotesi non sia stata sufficientemente valutata, cioè quella di considerare una svista napoletana la trasformazione del significante soprannome (nomé, francoitalianizzato in denomé) in cognome, laddove poteva chiamarsi originalmente con nome e soprannome Francesco denominato Desiderio, di fu Simeone Barra, ma il cui cognome compare negli atti soltanto del secondo periodo (fra l'altro non si hanno neppure documenti sulla scomparsa precoce di François de Nomé) e non mi pare si possa eccessivamente far pesare una variante stilistica nella maturazione di tre decenni e di disegno non a mano libera ma riportata meccanicamente su quadrati come necessitato dalle opere su estese dimensioni; laddove da qualche riferimento a nuovi studi, ma sostanzialmente confermativi delle principali questioni poste nel citato articolo di Raffaele Causa (dopo alcuni sue precedenti ipotesi, che era stato costretto a rettificare Lettera di Raffaele Causa a Félix Sluys, pubblicata nell'articolo da quest'ultimo in «Les Beaux Arts», Bruxelles 4-VI-1954 (rettificato in data 25 giugno, secondo equivoco che lo stesso Causa ammette e che fece protendere per l'erroneo tentativo di interpretare tutta la produzione di «Monsù Desiderio sotto il solo nome del Barra»); nell'articolo di Causa viene pubblicato per la prima volta, parte rilevante del contratto di nozze, come documentazione gentilmente fornita da Prota Giurleo che aveva pubblicato un precedente volume su Pittori Montemurresi, Comune di Montemurro, 1952 - in cui aveva citato il pittore François Nomé come frequentatore della casa del pittore Loise Croys nel periodo in cui frequentava la casa anche Carlo Sellito, pittore montemurrese, che pensava di sposare una delle figlie del Croys; permane la dubitazione aperta da Raffaele Causa, senza averla risolta, per cui il Baldassarre romano, presso il quale l'undicenne François de Nomé svolse il primo apprendistato, non sia pienamente accertabile come quel vedutista romano Baldassarre Lauri, italianizzazione del paesaggista fiammingo Balthazar Lauwers, che negli studi sui vedutisti napoletani, e più in generale dal De Dominici - ma già nel primo Settecento Françis de Nomé Didnomé o Denomé Desiderio era sinonimo di Monsù Desiderio -, era stato intessuto in una ricostruzione unitaria che giungeva al vedutismo (da Raffaele Causa, sulla base di una dicitura riportata - ma come ammesso dal medesimo Causa, da ascrivere a successivi restauri, che parrebbero riportarne lo stile anche linguistico: «DESIDERIUS BARRA EX CIVITATE METENSI IN LOTHARINGIA F. 1647» -, sul retro di una tavola, da attribuirsi a Didier Barra, in base ai casi delle opere del Museo di San Martino, proposto quadraturista addirittura come topografo o cartografo); relativamente agli imitatori di de Nomé, lo stesso Causa constata in nota come la prima comparsa dell'ipotesi di una scuola in cui considerare anche un terzo pittore imitativo anonimo, sia stata di Pariset (in «Commentari», 1952). Altri recenti studi o divulgazioni enciclopediche facilmente reperibili on-line riportano date discordanti (Metz, 1593 circa - Napoli, 1644 oppure Metz c. 1593 – Napoli 1624) [nonostante le varie stagioni di rinnovato interesse, le notizie ad oggi rimangono parziali, e sostanzialmente rimaste quelle ricapitolate anche in M. R. Nappi, in Civiltà del Seicento a Napoli, catalogo della mostra a cura di R. Causa e N. Spinosa, Napoli 1984, vol. I, p. 249, n. 2.62; l'argomento è tornato negli ultimi anni di attualità, ad esempio il romanzo di Fausta Garavini, Le vite di Monsù Desiderio, Giunti, 2014, e si consideri https://www.lacittavegetale.org/2022/01/24/francois-de-nome-attualita-di-un-pittore-del-seicento/ ]. [I dipinti del pittore si ispirano alle elaborate composizioni architettoniche di Hans Vredeman de Vries e alle scene teatrali di Jacques Callot e Giulio Parigi. [impressioni di e.v.: continuità riformistica, passata per il tardo-manierismo, con influenze da ambito teatrale - e difatti fu attivo anche in quell'ambiente -, per taluni può ricordare il Buontalenti ma trasposto in una forma di cupo quasi chiaroscuro ad olio; ma che Longhi, in dialettica potenziale con Breton, riconduce a quel surrealismo per cui già Breton ebbe a recuperare memoria di quel pittore: il medesimo François de Nomé, Didier Barra ancora attivo nel 1647, che probabilmente subentrò nel medesimo studio, ed una scuola di anonimi].
Nomi
Raffaello Causa, Francecso Nomé detto Monsù Desiderio+++
  confronta con+++   
Area delle relazioni generali
Relazioni multiple ++
[collezione] di casa Del Rosso, a Firenze. [collezione ricordata da Longhi nel proprio appunto Un collezionista di pittura napoletana nella Firenze del '600, in «Paragone», n. 75 (1956/3), dove l'appunto si sviluppa a partire da alcuni quadri del seicentista fiorentino, «professore del disegno», Orazio Vannini, come punto di partenza per attestare la compresenza presumibilmente ancora relativamente vincolata a medesime collezioni parziali, di altro quadro chiaramente ricondotto a Pacecco de Rosa, da cui...+++ include+++ [insieme]Pitture napoletane seicentesche [lasciando pure a parte Filippo Napoletano (che aveva lavorato anche a Firenze negli ultimi anni di Cosimo II), non solo Luca Giordani - e dunque del Seicento inoltrato -, ma anche del primo seicento, Ribera, Pacecco De Rosa, Il Franzesino - per Longhi soprannome predominante di François de Nomé, non necessariamente Monsù Desiderio soprannome che riserverebbe a Didier Barra che Longhi non considera essere secondo nome di François de Nomé, ipotizzando una confusio...+++


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