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tipologia: Catalogo dei Citati - Correnti di pensiero, religiose, etiche/estetiche, politiche; Id: 306+++


Area dell'identificazione
Forme primaria nome
falsi antiquari - il caso del Trono di Boston che Enrico Paribeni nel suo Catalogo delle scultre greche del V secolo nel Museo Nazionale Romano considera come falso, e per cui è attacato nell'«American Journal of archaeology» [segue]   
Area della descrizione
Storia [Pico Cellini difesa in generale della libertà di giudizio relativamente alle ipotesi di falsificazione, ed in particolare sulla vicenda del trono di Boston. Aneddoto d'esempio: durante la seconda mostra dell'Arte italiana a Palazzo Venezia del 21 Maggio '45, ebbe modo di contestare un probabile falso; il giorno seguente, invitato dall'archeologo pontificio Umberto Maggi nel privato salotto del direttore generale per le Antichità e Belle Arti dove vi erano convitati anche altri archeologhi, come Becatti e Mingazzini, ed il dott. Castelfranco, del ministero della Pubblica Istruzione, ottenendo dopo una serie di esposizioni tecniche, che andavano pericolasemente scivolando su altre dubitabili autenticità di altre opere nel locale, il commento scherzoso del Maggi "Ne sutor ultra" (ragioni a partire dal tipo di marmi ed ai blocchi disomogenei, ai punti irragionevoli ove vi erano rotture, alla procurata precoce erosione mediante aceto e della coloritura dorata ottenuta col permanganato e l'acqua di ruggine, etc.). Sviluppo della vicenda in questione: trovatosi a Boston per studio, Pico Cellini fu interpellato dal Museo di Boston relativamente ad una testa colossale di prigione dacio, che considerò falsa, e che dunque fu rimossa dall' Art Fog Museum di Boston nonostante fosse strenuamente difeso dal direttore del reparto, George Hanfmann, che lo aveva già illustrato in «Art Quarterly» nel 1949 ; memoria del fatto che di ritorno dagli Stati Uniti dette in visione alcuni opuscoli e cataloghi d'arte ad Enrico Parabeni, ma che lui già era convinto della falsità del secondo trono, quale falso nato dall'interesse suscitato dal precedente ritrovamento dell'autentico Trono di Venere - emerso nei lavori di scorporo della Villa Ludovisi, nel 1887, esposto a Palazzo Piombino, poi nel Museo [Ludovisi Boncompagni] alle Terme] -, di cui si ricorda l'interesse all'acquisto da parte del ricco Edward Perry Warren consigliato dall'amico archeologo John Marshall, ma bloccato poi per tutela statale del 1901, quando il secondo trono - comparso nel 1894 - era già stato acquistato da Warren e spedito in Inghilterra, venduto come reperito nelle vicinanze [oggetto di cui nessuna descrizione storica ci fornisce traccia] di quello che sarebbe divenuto, con acquisizione del 1908, il cosiddetto Trono di Boston]
Condizione Giuridica Componimento che al di là della specifica vicenda è esemplare di una magistrale oratoria, composta quasi ad operetta morale, che esplicita sin dal titolo il suo percorso logico, sviluppato con un primo aneddoto, sui falsi del 1945, che ci induce la morale del titolo "ne sutor ultra crepidam" - non calzolare, lesinare, cucire, compilare (ma anche giudicarci le sòle) oltre il sandalo - da dedurre sulla vicenda più recente (la provenienza del trono di Boston, potenziale sòla della Roma di fine XIX secolo, ma anche dell'inghilterra della Lewen House, dove la famiglia del giovane ricco Warren acquirente del secondo trono comparso nel 1894 ad imitazione del primo, "ad abundantiam", era stato spedito, per approfonditi studi), per la quale Pico Cellini dichiara la propria libertà di avallare il parere di Enrico Parabeni, nonostante Pico Cellini avesse già prestato il proprio esperto parere al Museo di Boston, nel 1950, parere per buona educazione limitato a ciò per cui era stato chiamato a giudicare nel 1950 - ne sutor ultra crepidam -.


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